Music Inside

di Charlotte Atherton
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Capitolo 1

Oggi non voleva proprio saperne di staccare gli occhi da me. Non avevo ancora iniziato a suonare eppure continuava a fissarmi con insistenza, i suoi occhi di cielo fissi nei miei verdi.
Decisi di avvicinarmi a lui, volevo conoscerlo. Nonostante continuassi a ridurre la distanza tra noi il biondo non si spostava, anzi, continuava a scrutarmi imperturbabile. Arrivai a pochi centimetri dal suo volto e mi sorrise: sembrò illuminarsi, era bellissimo. Avrei risposto al sorriso se non fosse che mi ritrovai le sue labbra sulle mie. Spalancai gli occhi per la sorpresa, era una cosa totalmente inaspettata: avevo il cuore a mille e il respiro accelerato, ma credo sia normale al primo bacio.
Si allontanò leggermente, imbarazzato: “S-scusami… I-io…” sorrisi, finalmente sentivo la sua voce, era calda e piacevole da ascoltare: proprio come me l’ero immaginata! Aveva però un accento strano: non sembrava italiano, menchemeno di Roma, piuttosto aveva una vaga inflessione inglese, anche se non avrei saputo dire con certezza da dove provenisse.
Lui era visibilmente confuso dalla mia reazione: “Ma… come?! Non sei arrabbiata?” scossi la testa. Lui inclinò leggermente il capo: “Tu non parli?”. Negai nuovamente. “Come mai?” chiese. Io mi toccai la gola con la mano, poi scossi l’indice: purtroppo era un po’ difficile spiegare a gesti che avevo una malformazione alle corde vocali, ma sembrò comunque intuire: “Sei muta?”. Annuii, poi però accennai un paio di note col violino. Le sue labbra si inclinarono all’insù: “È il violino la tua voce” feci un cenno, felice che avesse capito.
Incominciò a parlare, e le sue gote si tinsero di rosso: “Sei… sei incredibilmente talentuosa e… E così aggraziata mentre suoni e balli!”. Le mie guance erano in fiamme, non ero abituata a ricevere così tanti complimenti, il mio capo abbassato in un inchino di ringraziamento. Mi sollevò il mento con un dito: “Non essere in imbarazzo” le nostre labbra si incontrarono ancora. Stavolta fui io a interrompere il contatto per prima: si stava facendo tardi e dovevo tornare a casa. Lui mi guardò confuso, allora gli indicai il mio orologio da polso, fortunatamente capì e mi propose di accompagnarmi a casa. Non avrei dovuto accettare, in fondo eravamo poco più che sconosciuti: non sapevo nemmeno il suo nome! Del resto però neanche lui sapeva il mio, senza contare che avrei sempre potuto fami lasciare all’inizio della via, così non avrebbe scoperto l’esatta collocazione della mia abitazione, quindi accettai.


Spazio autrice:
Spero che la storia vi piaccia, l'ispirazione mi è venuta guardando "August Rush: la musica nel cuore", film davvero stupendo, e leggendo il libro "Schegge di me" di T. Mafi. Per qualunque cosa (dal "fa schifo, devi assolutamente migliorare!" al "mi piace, non sei male") scrivetemi nei commenti, così so regolarmi.
Vostra,
-Charlie <3




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