Tre dannate D

di Blue Eich
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 Desolazione

 

Un filo di nebbia cinerea avvolgeva quel luogo di desolazione, quasi a nasconderlo. Fiamme accese si consumavano con movimenti mistici, sfondo di corpi inermi l'uno sull'altro.

Una risata – spensierata, pazza – echeggiò. Sui polsi di Flandre scorrevano cascate di sangue, fresco di ossa appena rotte, di toraci squarciati più e più volte e arti sparsi in giro. Le si riversava dappertutto, a fiotti sulle braccia, piacevole in mezzo alle dita, dandole un senso di onnipotenza totale. D'intorno alla bocca aveva delle macchioline, come una bimba dopo che ha mangiato un piatto di pasta al ragù. Per lei era un gioco lanciare sfere ai bersagli, spezzandoli con la facilità con cui si piega il gambo di una margherita. Gattonava a tentoni verso di loro, gli afferrava una caviglia, scagliandoli poi lontano o sbattendoli ripetutamente a terra. Le sue manine, morbide e paffute, erano come rapidi artigli. I suoi dentini piccoli, inconsapevoli carnefici.

Remilia stava immobile, a piedi uniti, in mezzo a quel delirio. I pugnetti le tremavano. Era inorridita. Non capiva perché sua sorella si comportasse così, perché distruggesse tutto, sempre.

Flandre si rotolava in una pozza rossa, profonda poco più di un millimetro, tra una risatina e l'altra, incurante degli spruzzi scuri sulla sua graziosa gonna. Si succhiò il pollice, che aveva quel sapore tanto buono che stava ancora imparando a conoscere, sdraiata in posizione fetale.

 





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