Il concorso prevedeva che ogni partecipante scegliesse una
tra le dieci immagini proposte riguardanti Roy e Riza e poi sviluppasse una storia ad essa concernente,
descrivendo il loro rapporto, non necessariamente in termini amorosi. Io ho scelto l’immagine n°
7, riportata qui sotto.
Dedicata alle amanti del RoyAi,
E a quanti leggeranno la mia fic
comunque, per fedeltà.
Sweet Watching
by elyxyz
Il Tenente Hawkeye sondò per la
milionesima volta l’area circostante la sua postazione, sbatté le palpebre più
in fretta che poté, un occhio alla volta, per non perdere neppure un infinitesimale
movimento sospetto di fronte a lei. Ma niente. Niente di niente. Calma piatta.
Ingoiò un sospiro di insofferenza, perché dopotutto era in
servizio, e non ci si sarebbe aspettato da lei niente di meno che la più
assoluta, metodica osservazione scrupolosa.
Anni e anni passati in appostamenti
l’avevano forgiata per questo, e lei sapeva essere la migliore, in quel campo.
Eppure… non riusciva a sopprimere del tutto un sottile, strisciante disagio.
Perché, per quanto lo negasse, un po’ si sentiva fuori
posto.
E non solo per colpa del braccio che le cingeva le spalle,
con fare possessivo, o del calore altrui che percepiva nitidamente attraversare
gli strati di tessuto… forse c’era dell’altro. Ma era più semplice non chiedersi cosa. E riconcentrarsi sul lavoro.
“Sa, Signore… ho il forte dubbio che anche oggi il nostro
pregiudicato non si farà vedere…” sbuffò, guardandosi vagamente attorno, senza
apparire troppo curiosa, come avrebbe fatto una persona normale, un civile. “Magari ha subodorato la
nostra presenza, e la copertura è saltata!”
Mustang sorrise mentalmente, poi si
tolse quell’espressione ebete dal viso e girò lentamente la testa verso di lei,
per poterle parlare senza essere visto, imponendosi un tono quantomeno
professionale. “Ti sbagli, Tenente.” La corresse. “Il
nostro informatore è certo che quel
malvivente venga in questo parco regolarmente, per vendere informazioni
alchemiche e - cosa assai più pericolosa - notizie riservate che
una talpa ha sottratto all’interno della Prima Sezione della nostra Biblioteca.”
“Ma Signore…”
“Niente ma, soldato!” la redarguì, con militaresca
fermezza. “Il Generale Hakuro mi ha assegnato questa
missione, che io ho preso molto seriamente, e ho scelto come aiutante il mio
sottoposto più valoroso per portarla a termine, chiaro?”
“Signorsì, Colonnello!” rispose lei, in tono solenne, e per
poco non scattò sull’attenti.
Mustang sorrise nuovamente, stando
bene attento che lei non lo scorgesse. Poi posò l’attenzione sull’erbetta che
calpestava con la punta delle scarpe.
Quella primavera un po’ sonnacchiosa non si decideva ad
arrivare.
L’aria a metà pomeriggio era ancora frizzante, pizzicava
piacevolmente la loro pelle.
Poche coppiette coraggiose amoreggiavano indisturbate su
altre panchine davanti a loro; altre, più riservate, s’infrattavano
tra i cespugli scarni che Madre Natura non aveva ancora rimpinguato.
La bella stagione era ancora lontana, tutto sommato. Ma Roy
non poteva chiedere di meglio.
Da quasi due settimane, veniva metodicamente in questo
parchetto a poltrire, assieme al suo Primo Tenente, e - cosa ancor più
straordinaria - era anche autorizzato a
farlo, visto e considerato che si trattava di un ordine preciso del suo
diretto superiore.
Farsi pagare per passare il tempo a non fare niente, e per
giunta passarlo con Riza, era quanto di meglio
potesse sperare di ottenere. Meglio ancora se - ma forse questo era davvero chiedere troppo - il suo malfattore non si fosse presentato quel giorno, e
magari neppure quello successivo.
Dalla panchina scelta, quella sopra una bassa collinetta, ai
piedi di una grande quercia, avevano una panoramica completa del cancelletto
d’entrata e di tutte le anime che si trovavano ad orbitare in quel perimetro
circostanziato. Il punto era doppiamente strategico, perché era in controluce
rispetto a chi stava più in basso, mettendo a disposizione una cappa frondosa e
consistente, che offriva loro riparo e confondeva un po’ le idee altrui.
Nel corso dei giorni, ad ogni buon conto, avevano utilizzato
diverse tecniche fuorvianti per non destare sospetti: maglioncini di cotone
lavorati ai ferri o ricami a punto croce, per lei; grossi e barbosi libri o il Central Times del giorno prima da
leggere, per lui.
A volte, per non essere scambiati per dei guardoni, Roy s’era
costretto ad ingegnarsi in divertenti
e imbarazzanti chiacchierate con la donna al suo fianco. Talvolta si era spinto
a flirtare con lei, che sistematicamente arrossiva in maniera così
deliziosamente pudica da sconcertarlo. In quei momenti si chiedeva come
potessero mai convivere, dentro di lei, quelle due nature: la Riza
che s’imbarazzava, per un complimento garbato o una battutina un po’ spinta, e
il cecchino implacabile, il militare ligio e perfezionista, da temere persino a
debita distanza.
Un’alchimia strana, che l’aveva fatto innamorare di lei.
Assieme ad altre mille ragioni che passavano dalla stima reciproca al sogno
comune, spaziando per le esperienze condivise sui campi di battaglia e i rispettivi
segreti incisi sulla pelle e nel cuore.
Un movimento impercettibile al suo fianco gli fece riportare
l’attenzione su di lei, che si stava massaggiando i muscoli doloranti del
collo, rimasto per troppo tempo nella medesima posizione.
Gli venne il forte istinto di spostare il proprio braccio,
che la circondava, e di offrirle un amichevole
- quando mai? - massaggio ristoratore. Ma, trattandosi di lei, non era così sciocco da voler morire ancora così giovane. Doveva destreggiarsi in
qualcos’altro.
“Sei stanca?” le chiese
garbatamente.
“No, Signore.” Mentì lei, riprendendo la sua ronda visiva.
“Sai che ti dico? Mi è venuta una gran sete…” si lagnò, nel
suo miglior tono da lamentazione. “Che ne diresti, se-”
Ma non riuscì neppure a finire la frase, che si era
ritrovato una bottiglietta d’acqua naturale sotto al naso.
La sua efficientissima e previdente sottoposta l’aveva
estratta dalla sua borsa a tracolla, di cui ignorava - e al contempo temeva -
il segreto contenuto.
“Gradisce anche qualche biscotto?” offrì, facendo comparire dal nulla una piccola confezione di frollini.
Si ritrovò a boccheggiare, perché il suo piano non era esattamente quello.
“No, grazie.” Declinò. “Piuttosto… ho una gran voglia di
gelato!” esclamò, come un bambino viziato.
“Non è ancora la stagione dei gelati.” Appuntò lei, con
molto buonsenso.
“Ma, nel chiosco che c’è all’entrata, mi sembra che li
vendessero di già!” obiettò Roy, estraendo il portafogli. “Ti andrebbe di andare a prendermi un-”
“Certo, Signore. Subito.” Scattò in
piedi, malgrado le gambe indolenzite dalle lunghe ore
in cui era rimasta seduta immobile.
“Ovviamente, devi farmi compagnia.” Precisò lui, ben sapendo
quanto Riza amasse i gelati: menta e fondente, in
contrasto con la cialda dolce del cono.
“Nossignore, non mangio mai in servizio.” Rifiutò, e lo
deluse.
Per un attimo, Roy pensò quasi che fosse più giusto ritrattare,
rinunciando anche lui. Con che coraggio
avrebbe consumato la sua merenda, lasciandola a bocca asciutta?
Poi però riconsiderò il suo obiettivo primario, quindi
insistette. “Prendi il gelato che preferisci, sia per me che
per te, Tenente. E non tornare a mani vuote.” S’impuntò. Ed ella obbedì,
incamminandosi.
Fu in quel mentre che Black Hayate fece la sua ricomparsa, spuntando da chissà quale
aiuola, e andando dietro alla sua padrona, scodinzolando festante.
Il Colonnello la osservò allontanarsi, con passo aggraziato
e letale, a seconda dei casi.
Anche se Riza non l’avrebbe mai
ammesso, si vedeva che era stanca di starsene lì, in completa inattività. Lei, sempre così indaffarata.
E perciò l’aveva mandata a sgranchirsi le gambe - due lunghe,
bellissime gambe - con la scusa di un ordine.
A volte si costringeva a fare il prepotente, se voleva
ottenere qualcosa da lei, perché sembrava impermeabile alle gentilezze
gratuite.
Un po’, poteva persino capirla.
Se il tuo capo si chiama Roy Mustang, ed è il farfallone più
incallito di Amestris, è bene che tu stia attenta a
ciò che vuole da te.
Quindi diventa saggio filtrare ogni messaggio, più o meno
inconscio che egli ti manda.
Ma, almeno in quel caso, l’infallibile tiratore scelto Hawkeye aveva sbagliato la sua mira in modo clamoroso;
perché, quello che forse Riza non sapeva, era che Roy
non avrebbe mai, mai giocato con lei
o con i suoi sentimenti.
Lei non era un
passatempo, una distrazione piacevole tra le lenzuola.
Certo che, arrivare addirittura a ordinarle di prendersi un gelato, non rientrava tra le sue più
rosee aspettative relazionali. Il Flame Alchemist sbuffò, a mezza via tra il rassegnato e il
divertito. E un grosso cono con tre palline fece capolino a una spanna da lui.
“Colonnello… ha fatto la guardia in mia assenza, vero?”
s’interessò lei, restituendogli alcuni spiccioli di resto.
L’Alchimista di Fuoco impostò un’intonazione professionale. “Sì,
ovviamente.” Come no?!
Consumarono quell’intermezzo goloso in silenzio, un silenzio
che - tutto
sommato, e benché fossero in missione - era pacato e rilassante.
Le prime rondini tornavano a fare il nido sotto ai tetti
delle case vicine, il loro garrire riecheggiava nell’aria fresca e un vento
birichino spettinava i capelli di Riza, sollevando -
di quando in quando - la lunga frangia o qualche ciocca bionda.
Il Colonnello le aveva chiesto di indossare un abbigliamento
informale, quello che normalmente sceglierebbe una ragazza della sua età in libera
uscita col fidanzato. Lo sguardo perplesso di lei non lo aveva dissuaso dalla
sua intenzione di unire l’utile al dilettevole e, quando il Tenente gli aveva
chiesto delucidazioni in merito, si era prodigato nell’elencare come si aspettava di trovarla agghindata.
In cuor suo, Roy sperava che lei non avesse fiutato la sua
sordida macchinazione, o sarebbero stati guai. Ma ne valeva la pena, senza
dubbio.
Anche fasciata in quel maglioncino d’angora indaco e con quella
gonna chiara, era semplicemente bellissima.
E lui se n’era perdutamente innamorato. Questo era il suo
problema.
A costo di diventar strabico, lanciava in alternanza
occhiate a lei e al possibile malvivente, mentre - per qualche attimo - Riza si concedeva una pausa e abbassava il cono affinché
anche Black Hayate potesse
dare una leccatina al dolce.
Benché a Roy quel gesto facesse abbastanza schifo, apprezzò
la sollecitudine che lei dimostrava verso la sua bestiola. A parte qualche
caricatore svuotatogli contro, o altri metodi educativi poco ortodossi… quel
cucciolo non se la passava di certo male, con lei. Anzi. Riceveva la sua buona
dose di coccole, carezze e attenzioni.
Ecco. Non avrebbe
dovuto pensarlo. Perché riscoprirsi gelosi
di un cane è veramente toccare il fondo
dell’autoumiliazione.
“Scusa… ti potresti sedere verso il bordo della panca?” le
chiese, indicandole la direzione.
La donna lo esaminò, perplessa.
“C’è qualche problema, Signore?”
“Forse sì, Tenente.” Rispose, mortalmente serio. “Siamo l’unica coppia che sta ferma come uno stoccafisso.
Dobbiamo proteggere la nostra
copertura.” La ragguagliò, sprizzando determinazione.
“Crede che qualcuno sospetti di noi? Ha intravisto il
pregiudicato?”
“Lascia fare a me, ok?” le suggerì, invitandola nuovamente a
spostarsi come poc’anzi. Ed ella eseguì.
Quando Riza raggiunse la
postazione, egli sollevò le proprie gambe, schiena contro legno, la testa mora
sulle ginocchia di lei.
“Ma che…?”
“Shhh!” la zittì, facendole
l’occhiolino.
Le sussurrò qualcos’altro, che lei non udì, perciò decise di
accostarsi, per capire.
Ignorò il brivido che le corse lungo la schiena quando
l’alito caldo del Colonnello le sfiorò il sensibile padiglione auricolare.
“Resteremo così, per un po’. Io fingerò
di dormire.” Diede le spalle al parco, affondando la guancia nella morbida lana
della maglia.
“Ma, se si volta in questo modo, non vedrà più nulla...” obiettò turbata, e fu un sussurro ragionevole.
Mustang sorrise. “Mi fido di te, Riza.
Sarai tu, i miei occhi.”
E fu un bene che lui li avesse appena chiusi, altrimenti
avrebbe scorto quel sottile, delizioso velo porpora che si andava pennellando
sulle gote di lei.
Riza si costrinse a distogliere lo
sguardo.
Perché osservarlo così apertamente violava il comune senso
del pudore.
E poi lei aveva un compito, e non voleva deludere il suo
Colonnello.
S’impose di scrutare ancora il parco, le solite coppiette intente a scambiarsi tenerezze e baci, Hayate
che saltellava spensierato dietro ad una farfalla precoce.
Una foglia cadde tra loro, finendo in faccia a Roy. Lo sentì
starnutire per il solletico, prima che potesse intervenire.
Un’altra gli cadde tra i capelli, formando un buffo
contrasto cromatico tra verde smeraldo e nero corvino.
Allungò una mano per levarla, ma all’ultimo si fermò a
mezz’aria, incerta.
“Puoi toglierla, se ti va.” Le suggerì, senza sprecarsi ad
aprire le palpebre, accordandole un permesso che temeva di non avere.
Le sue dita entrarono in contatto con quella scura massa
setosa, per un istante si concesse il diritto di toccarla in una maldestra
carezza.
“Se continui… non è che mi dispiace, sai?” la avvertì,
sfoderando uno di quei sorrisi che facevano tremare le ginocchia di ogni donna
sana di mente del mondo conosciuto.
Lei ripeté il gesto, titubante.
“Ti dà fastidio?”
No, che non le dava
fastidio. Però trovava che fosse assai sconveniente permettersi un atteggiamento
così confidenziale con lui.
Erano lontani i tempi in cui era solo Roy-kun,
l’allievo prediletto di suo padre.
“Mi sa che devi esercitarti. Da
oggi sarà una variante più sicura da applicare assiduamente.”
La avvertì. “A meno che tu non voglia fare pratica di altri esercizi…” la
pungolò sfacciatamente.
“Nossignore.” Rispose lei, scuotendo il capo, benché l’altro
non potesse vederla.
“Perfetto.” Concordò. “Quindi, ora io farò una simulazione
di… uhm… un pisolino pomeridiano, e tu resterai di vedetta. D’accordo?”
“Sì, Colonnello.”
Mustang non replicò, accoccolandosi meglio su quel cuscino
improvvisato, mentre le dita agili e gentili di Riza
gli lambivano ora la frangia, ora l’attaccatura dei capelli, con movimenti
lenti e ipnotici.
Si rilassò. Completamente.
Black Hayate
si accucciò ai piedi della sua padrona, mugolando un po’, perché probabilmente
aveva fame. L’ora della pappa serale era passata da un pezzo, a ben vedere. Riza se n’era accorta; perché, piano piano,
tutte le altre coppiette del parco se n’erano già andate, verso altri momenti
d’intimità e case accoglienti.
Ma le sue mani non avevano ancora finito il loro
andirivieni, e il Colonnello sembrava aver preso molto seriamente la sua
simulazione, perché quel ronfare lieve e il respiro regolare facevano pensare
che stesse dormendo della grossa.
Il Tenente Hawkeye sorrise
teneramente, regalandosi il tempo di godersi anche lei quel momento di pace.
Nessun contrabbandiere d’informazioni sarebbe giunto, quella
sera, a disturbare la loro quiete.
Nessuna calorosa accoglienza la aspettava nella sua vuota e
fredda dimora, perché Hayate era lì, con lei.
E neppure Mustang Taisa sembrava
così frettoloso, nel voler far ritorno al suo appartamento.
Riza non si chiese neppure se lui avesse
un possibile appuntamento con qualche fiamma. Non le andava di avvelenarsi
l’anima, non quella sera.
Rabbrividì, accarezzando la tempia destra, scostando dei
ciuffi scuri, tracciando il profilo spigoloso, la mascella pronunciata.
Per un assurdo istante desiderò di sfiorare anche le sue
labbra dischiuse.
Poteva prendersi tutta
questa libertà?
No. Certo che no.
… A meno che non fosse una delle imminenti strategie ideate
dal Colonnello per depistare i curiosoni, in uno dei prossimi pomeriggi che
avrebbero trascorso nuovamente lì…
Arrossì, imbarazzata. Era ancora in servizio, non doveva…
non…
No. L’orario di lavoro era finito da un pezzo, quindi -
tecnicamente - per quel giorno avevano finito. Sospirò. Stanca ma felice.
Fare appostamenti era una cosa noiosa, senza dubbio.
Ma, se c’era lui,
sarebbe rimasta così anche per l’eternità.
Fine
Disclaimer: I personaggi citati in questo racconto non sono miei;
appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Mi sembra giusto riportare il giudizio ricevuto dai giudici:
Commento di Valy:
Una piccola rilassante storia, è così che definirei la
fan fiction di elyxyz. Mentre leggevo questa storia,
un senso di pace mi avvolgeva e solo dopo, alla fine, mi sono accorta di avere
il sorriso stampato sulla faccia. Ecco la mia faccia post-lettura sarebbe stato
un commento migliore di questo. Grammaticalmente nessun errore, pertanto
perfetta anche la sintassi, una lettura facile, senza troppe pause che possano
stancare il lettore. Una storia né troppo lunga, né troppo corta, perfetta così
com’è scritta.
La storia descrive un tiepido pomeriggio quasi primaverile, in cui Roy e Riza svolgono il loro lavoro con “fatica” su una panchina,
beh l’immagine scelta dall’autrice è perfettamente attinente a ciò che essa ha
descritto, pertanto non le si può dire nulla neanche da questo punto di vista.
Parlando dei protagonisti, penso che siano loro; quelli descritti da elyxyz si avvicinano molto ai protagonisti del manga, lui
così poco attento al lavoro (preferisce farsi un pisolino) lei invece ha occhi
dappertutto, e che non riesce mai a dire di no al colonnello, quindi gli porge
l’acqua, gli va a comprare il gelato (mi sono divertita a leggere quel passo),
anche sulla caratterizzazione dei personaggi non c’è nulla da dire. Pertanto
posso solo complimentarmi con l’autrice, per il suo modo di scrivere così
particolare, che racchiude dolcezza, tranquillità e anche un po’ di ironia che
non guasta mai. Bellissima storia.
Commento di Shatzy:
Un tenero idillio, è stata la prima cosa che ho pensato a fine lettura. E’ una
storia accattivante e dolce allo stesso tempo, rilassante per la pacifica calma
che trasmette, con una trama ben costruita che non trascura i particolari più
piccoli e uno stile fresco e lineare, senza il minimo errore grammaticale o
sintattico, che incolla il lettore allo schermo fino alla fine.
Ci sono Roy e Riza, seduti su una panchina per tutto
il tempo della fic, più a riflettere che a parlarsi.
La scena è sempre centrata su di loro, eppure mai una volta che sia risultata
noiosa, o banale, o scontata. I personaggi hanno quell’ironia di fondo presente
anche nell’opera originale, non risultano mai forzati, e quel velo appena
accennato di sentimento che aleggia su tutta la storia fa emergere
spontaneamente la loro “alchimia strana”.
Il ritmo è veloce, ma le scene si susseguono con una naturalezza così spontanea
che una volta giunti alla parola “fine” ci si chiede se è davvero tutto qui, se
non ce ne è ancora. Ma basta il sorriso che rimane a
fine lettura per indicare che questa fic è molto più
che piacevole. Non può essere spiegata a parole, va sentita.
L'uso corretto della grammatica e della sintassi: 10
L'attinenza al tema: 9,5
La caratterizzazione dei personaggi (IC): 9,5
L'originalità: 7,5
TOTALE: 9,1
Vincitrice del Concorso RoyAi –
EFP Forum/RoyAi Forum
Ringrazio i giudici e quanti leggeranno la fic, e mi congratulo con le altre partecipanti.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Grazie (_ _)
elyxyz