Fandom:
Kyo
Kara Maoh
Rating:
Verde
Personaggi/Pairing:
Yuuram,
Un Po' Tutti
Tipologia:
OneShot
Genere:
Fluff,
Angst, Sentimentale
Avvertimenti:
Yaoi,
Shonen-Ai
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho
elaborato la seguente storia, non mi appartengono.
A
FAMILY'S SMILE
Non
che a Yuuri Shibuya, 27esimo Maou dei Mazoku di Shin Makoku, fosse
mai mancato il supporto di una famiglia.
Per
quanto eccentriche, era molto legato ad entrambe: sia a sua madre che
a suo padre, per non parlare di Shori, suo fratello maggiore; ma
anche a quella non di sangue che aveva sempre trovato ad aspettarlo
al castello non era stata da meno.
Protezione,
affetto, consigli e amore erano le cose più preziose che il
Destino
gli aveva riservato.
Amava
sua figlia, Greta, e suo marito ma anche tutti coloro che avevano
condiviso con lui momenti di guerra e momenti di pace, da
Günter a
Gwendal, da Lasagna a Cheri-sama, perfino i Kohi che svolazzavano
liberamente sui torrioni del castello, e anche Murata, il quale non
aveva fatto altro che metterli e levarli dai pasticci negli ultimi
anni: e proprio in quel momento, sull'orlo del baratro, avrebbe tanto
desiderato rivederli, anche solo un'ultima volta.
A
20 anni, Yuuri Shibuya sapeva che non gli restava più molto
da
vivere.
Lo
sapeva per il freddo che provava, per la debolezza dovuta al sangue
che, copioso, macchiava il prato attorno a sé già
ingombro di
cadaveri; lo sapeva e non poteva evitare di piangere, un po' per il
dolore fisico ma soprattutto per il rammarico e la paura: non era
pronto – e, in fondo, chi mai lo era – e morire
lì, da solo, era
la cosa più raccapricciante possibile.
“Shinou...”
rantolò con in pugno l'elsa sporca di sangue di Morgif che
si
lamentava debolmente, come se sentisse la sua sofferenza attraverso
le dita strette convulsamente: “Se è proprio
questo il mio
destino, almeno non da solo...” mormorò al cielo
che minacciava
pioggia.
Neppure
Ao si vedeva in giro: che fosse riuscito a fuggire e a mettersi in
salvo?
Lo
sperava e ci sperava, Yuuri, mentre si preparava alla fine con una
lacrima a lambirgli la guancia sporca.
§§§
“CORRETE!”
Wolfram,
il quale guidava la spedizione alla ricerca di Yuuri, copriva la
ritirata dei soldati dagli attacchi nemici di Dai-Shimaron, erano
alle loro spalle e li inseguivano: “NON VI
FERMATE!” gridava
nella notte buia, “CONTINUATE A CORRERE!” li
incalzava mentre
aiutava uno dei suoi sottoposti a rimettersi in piedi,
“Eccellenza,
mi lasci qui...” sussurrò lui con le lacrime agli
occhi, era
ferito ad una gamba e non riusciva a camminare.
“Assolutamente
no!” gridò il biondo Mazoku: “Se il tuo
Maoh ti vedesse ora,
farebbe quello che sto facendo io, ti porterebbe via con le proprie
braccia! E ora andiamo!” disse con urgenza.
Le
truppe erano scoraggiate: la mancanza del loro sovrano era fonte di
preoccupazione per tutti e in più ci si era messa
quell'imboscata...
La
notte venne illuminata per un attimo da una scarica di fulmini poi la
pioggia cominciò a cadere, fitta e feroce; Wolfram era
livido, zuppo
ma stringeva i denti e trascinava il proprio commilitone dietro ai
compagni, allontanando a suon di palle di fuoco gli incauti umani che
osavano avvicinarli troppo: il maryoku di fuoco del giovane consorte
regale abbatteva i nemici come mosche, dando il tempo ai soldati di
Shin Makoku di mettersi in salvo al di là del confine, dove
il
potere magico era più forte e dove potevano senza dubbio
dirsi al
sicuro.
Dovevano
riorganizzarsi in fretta perché il loro amato sovrano li
aspettava.
“Correte!
Ormai ci siamo!”.
Wolfram
e il ferito erano in coda al gruppo in fuga, il giovane incalzava e
spronava i suoi uomini, incurante del fatto che egli stesso fosse
spompato all'inverosimile ma la stanchezza e l'angoscia lasciarono il
posto ad un sorriso sollevato quando distinse la sagoma di Conrad
oltre il crinale su per il quale si erano inerpicati:
“Wolfram!
Vieni! Aggrappati!” gridò il fratello nella
tempesta, tendendogli
la mano con urgenza.
Finalmente
in salvo, i soldati poterono tirare il fiato: non erano più
da soli,
erano giunti i loro compagni e sarebbe andato tutto bene; il gruppo
lanciò alte grida di giubilo mentre si abbracciavano
fraternamente
tra loro e si mischiavano, dandosi vicendevolmente l'aiuto
necessario.
Von
Bielefield poggiò cautamente a terra il commilitone - che
venne
subito condotto via tra i lamenti da altri compagni - e si
lasciò
cadere a terra senza forze: prima la notizia dell'agguato nei
confronti di Yuuri e della sua piccola scorta di ritorno dalle terre
dei Grisela, poi l'imboscata di Dai-Shimaron...
Tutto
era stato un disastro fin dal primo momento.
Le
altre truppe attorno a loro, intanto, s'affannavano per soccorrere i
feriti - Wolfram poteva vedere chiaramente Gisela girare senza posa
per dispensare senza tregua le cure necessarie - ; poi, la sergente
lo avvicinò con un sorriso amichevole:
“Eccellenza, dove sente
dolore?” chiese lei, amichevole come sempre
“Da
nessuna parte!” decretò con enfasi il giovane:
“Non ho bisogno
di nulla.” tagliò corto, allontanandone la mano
con un colpo
brusco, “Dobbiamo andare a soccorrere Yuuri, ci sta
aspettando!”
gridò.
I
feriti già rattoppati e che potevano, al contempo, ancora
muoversi
annuirono e mormoravano sottovoce mentre cercavano di darsi il
supporto necessario per rimettersi in piedi: “Sua Altezza ha
bisogno di noi!” disse qualcuno.
Ma
Gisela scosse la testa: “Eccellenza, ha una ferita al braccio
piuttosto grave, devo medicargliela.” cercò di
imporsi lei,
conscia allo stesso tempo che lo stato d'animo generale – che
ella
stessa condivideva ma che cercava di tenere a bada – era
dettata
dall'ansia per il loro sovrano e, per Wolfram, per la sorte del
marito.
“Devo
andare da lui...” rantolò il biondo con le lacrime
agli occhi.
“Prima
devo curarla... Non posso farla andare in giro
così...”
“Che
succede?”
Una
voce risuonò all'improvviso nel campo provvisorio e gli
uomini,
seduti sotto frasche improvvisate, videro distintamente le sagome
inconfondibili di Weller e Von Voltaire attraversare il breve spazio
che li separava dal punto in cui stava avvenendo la discussione:
“Che
succede?” chiese ancora il fratello maggiore.
“Eccellenza,
io...” cercò di giustificarsi la giovane.
“Dobbiamo
salvare Yuuri!” gridò invece Wolfram, scattando in
piedi e
mordendosi un labbro per non lasciar trasparire il dolore fisico che
provava..
I
due fratelli si guardarono negli occhi e guardarono il minore di
loro, poi Gwendal spostò lo sguardo lontano, anche nel buio
Wolfram
poteva distinguerne l'espressione corrucciata e preoccupata allo
stesso tempo: “Ci muoveremo all'alba, non prima.”
disse soltanto,
“I nemici ormai sono in fuga.” aggiunse Conrad,
rinfoderando
infine la lama, “Si tratta soltanto di aspettare una
mezz'ora.”.
Ma
all'improvviso un alto nitrito ruppe il silenzio e la notte mentre la
figura snella e agile di Ao irrompeva nel campo improvvisato; i
soldati, sbalorditi, videro il maestoso destriero del Maoh
accasciarsi a terra senza forze, temettero il peggio:
“AO!” gridò
Wolfram, raggiungendolo.
L'animale
era ferito, ansimava esausto e Gisela non perse tempo: le cure
durarono parecchio e la lasciarono prostrata, ma poi Ao, infine, ebbe
le energie di alzarsi, seppur malfermo, sulle quattro zampe.
Nello
sguardo che gli dava, Wolfram lesse una muta richiesta di aiuto.
Il
biondo capì e gli balzò in sella – o
quel che ne rimaneva – e
ne afferrò le briglie strappate: “Ci
condurrà lui da Yuuri! E'
tornato per aiutarci!” urlò febbrilmente.
Motivate
più che mai, le truppe lanciarono alte grida di entusiasmo:
“Per
il Maoh!” la pianura risuonava del loro coraggio e della loro
volontà mentre il maestoso animale alzava il muso al cielo;
aveva
smesso di piovere e, nell'umidità di quella notte infinita,
sembrava
fare capolino un lembo di cielo da dietro le nubi ormai scariche.
“ANDIAMO!”
ruggì Gwendal, Conrad era al suo fianco già in
sella.
§§§
“Papà
Yuuri!”
Greta
correva incontro al Maoh con le braccia aperte e un sorriso enorme
sul viso che scaldava il cuore; il sovrano la prese tra le braccia e
la fece volteggiare nell'aria profumata d'estate: la sua risata era
contagiosa.
Il
loro castello... La loro famiglia...
“Papà
Yuuri.” sussurrò Greta, abbracciandolo forte:
“Ti voglio bene...
torna a casa. Torna qui da noi con papà Wolfram...”
Yuuri
non capiva: “Dove dovrei andare?” le chiese con un
filo di voce,
“Sono qui, siamo qui.” disse voltandosi, sicuro di
vedere Wolf al
suo fianco come al solito.
Ma
non c'era nessuno, tutto si era all'improvviso fatto buio e anche
Greta era scomparsa dalla sua stretta; si alzò il vento,
fischiava
forte, più forte del solito e portava l'inconfondibile
olezzo di
morte e dei cadaveri che si era lasciato alle spalle.
“Resisti,
papà... Wolf sta venendo a salvarti... Non andartene... Non
lasciarmi sola...”
§§§
Con
Ao e Wolfram in testa, le truppe di Shin Makoku cavalcarono a ranghi
serrati nell'alba livida e nel mattino nuvoloso e umido: faceva
freddo, molti feriti si lamentavano – pur resistendo
stoicamente e
aggrappandosi alle briglie con tutte le loro forze – nel
mentre
della corsa ma nessuno voleva cedere.
Shin
Makoku aveva certamente bisogno del suo Maoh ma questi ne aveva della
sua gente in quel momento e loro non lo avrebbero lasciato cadere; fu
nel silenzio più estremo e pesante che giunsero infine alla
pianura
ingombra di cadaveri.
Il
puzzo tutto attorno era insopportabile, l'aria era greve di pioggia e
lo spettacolo raccapricciante: in guerra, soldati e ufficiali ne
avevano viste di tutti i colori, Conrad aveva perso tanti amici in
battaglia ma non era certamente preparato ad una scena simile, tanto
più che la paura che il suo prezioso figlioccio fosse tra i
morti
non lo aiutava certo a mantenere la calma.
“DIVIDETEVI!”
ordinò Gwendal, smontando da cavallo e imitato dai fratelli:
“Cercate il Maoh!” gridò ancora, dando
precise e rapide
istruzioni su come muoversi, “Non preoccupatevi dei nemici,
occupatevi soltanto di coloro che portano le insegne di Shin Makoku e
ritroviamo il nostro sovrano.”.
Un
grido di approvazione eruppe dalle truppe che si sparsero
efficientemente in ogni dove ma fu Wolfram che, mosso come da una
forza misteriosa, si allontanò dal gruppo di compagni e
infine lo
vide; Yuuri disteso a terra con un cadavere ai piedi e Morgif in
pugno che si lamentava piano.
“YUURI!”
La
sua voce esplose come una bomba e, con la divisa sporca di sangue e
la spada in pugno a propria volta, Wolfram corse al fianco del
marito, cadendo in ginocchio con un tonfo sordo – e metallico
nel
momento in cui la propria lama era caduta sulla Maken – e lo
raccolse tra le proprie braccia con espressione addolorata e un
dolore al cuore che non avrebbe mai pensato di poter provare.
“Yuuri...”
sussurrò, accarezzandogli la guancia sporca di sangue:
“Stupido,
svegliati...” bisbigliò, stringendolo con forza,
“Non puoi
andartene...”.
“SPOSTATEVI!”
Gisela
comparve al loro fianco con espressione livida nella mattinata
ventosa: “Mi occupo io di lui, state indietro!”
esclamò la
giovane guaritrice, affannandosi attorno al corpo del suo sovrano; il
maryoku scorse copioso dalle sue mani per parecchie ore, il suo viso
trasfigurato per la concentrazione e la preoccupazione era magnetico
per i presenti, che lo fissavano con trepidazione e attesa, Wolfram
compreso, le cui mani ancora non avevano mollato quella di Yuuri
stesso, lasciata libera dalla spada demoniaca.
Fu
solo quando ormai il Sole avrebbe dovuto essere alto in cielo che
Gisela interruppe il flusso e, chiudendo gli occhi, si
lasciò cadere
all'indietro, tra le braccia spalancate di Gwendal: “Sta
bene...
Sta bene...” rantolò lei, senza forze e con la
fronte imperlata di
sudore freddo.
Alte
urla di gioia proruppero dai soldati, che si abbracciarono ridendo e
piangendo ad un tempo: “IL MAOH E' SALVO!”.
Gisela
sorrideva appena, aveva il fiato corto ma era sollevata dalla piega
che era riuscita a far prendere agli eventi: il Maoh era stato sul
punto di abbandonarli più volte ma lei non si era data per
vinta e
aveva tanto combattuto che era riuscita infine a strapparlo alla
morte che minacciava di portarselo via.
Conrad
si inginocchiò accanto a lei e le accarezzò la
guancia pallida:
“Tuo padre sarà fiero di te.” disse con
tono serio e il viso
sereno.
“Torniamo
indietro!” ordinò il maggiore dei figli di
Cecilie, si sarebbe
occupato lui della giovane erede dei Von Christ: “Torniamo al
castello!”
Il
secondogenito annuì e poggiò una mano gentile
sulla spalla del
fratello minore: “Wolfram, andiamo... Lascialo a
me...” cercò di
suonare incoraggiante ma lo stesso Von Bielefield sembrava apatico;
lo era sguardo fisso nel vuoto e le lacrime che scorrevano senza
fermarsi picchettavano la mano serrata del biondo attorno a quella
sottile del Maoh.
Weller
sospirò: dovevano riportare in fretta i loro morti e i loro
feriti a
casa, quello non era senza dubbio un posto adatto a loro.
“Wolfram...
Dobbiamo portare il Maoh al sicuro...” cercò di
scuoterlo.
“Yuuri...”
mormorò invece lui: “Yuuri... stava per
andarsene...” realizzò
con un singulto spezzato.
Per
un attimo, il cuore di Conrad minacciò di creparsi per il
dolore che
permeava la voce del fratello più giovane, ma non poteva
permettersi
esitazioni: “Wolfram, ci sarà tempo per pensare...
Ma non ora. Lui
ha bisogno di noi, dobbiamo portarlo via da qui, dobbiamo portarlo a
casa dove sarà al sicuro.”.
“Eccellenza,
venga con me...”
Conrad
alzò la testa e vide il medesimo soldato che Wolf aveva
portato in
braccio poche ore prima tendere la mano verso il proprio salvatore:
“Sir Weller si occuperà di Sua Maestà,
lei venga con me,
forza...”
Lo
spadaccino lo osservò con gratitudine e, mentre il fratello
veniva
portato via ancora sotto shock, si mise in piedi: tra le braccia,
stretto come un prezioso fagotto e coperto dalla parte superiore
della sua stessa divisa, c'era il Maoh privo di sensi.
“Torniamo
a casa, Yuuri...” disse con tono affettuoso.
“La
aiuto a salire in sella!” si offrì un altro
ufficiale, comparso al
suo fianco all'improvviso; Conrad annuì e, dopo neppure
mezz'ora, si
erano infine rimessi in viaggio.
Con
una rapida occhiata, Weller aveva subito identificato sia Wolfram
–
che si reggeva a malapena in sella ad Ao – che Gwendal:
Gisela era
stata invece distesa su di una delle lettighe per feriti e sembrava
ormai addormentata mentre, attorno a lei, si era formato un plotone
che voleva proteggerne il riposo forzato, la gratitudine dei soldati
nei suoi confronti era immensa.
Aveva
salvato il Maoh.
§§§
“Le
truppe stanno tornando!”
Quando
la notizia – data dalle sentinelle – che il gruppo
di ritorno
dalla missione si stava avvicinando al castello, l'intero palazzo
venne messo in stato di allerta.
E,
da parte loro, anche i soldati non facevano mistero del loro arrivo:
erano troppo felici di rivedere quei torrioni familiari e di essere
tornati vittoriosi; chi ancora era in grado di usare il maryoku si
prodigava a lanciare segnali agli abitanti della fortezza e, in
breve, le notizie giunsero anche al momentaneo reggente che sedeva
nel proprio studio con espressione corrucciata.
“Zio
Günter!” Greta aveva spalancato la porta del
suddetto e si era
precipitata all'interno nella speranza di trovare chi stava cercando.
Von
Christ, per fortuna, non si era mosso dalla stanza per tutta la
giornata, preoccupato e in ansia mentre si occupava di compilare
alcuni documenti troppo urgenti per essere ignorati come altrimenti
sarebbe stato più logico in una situazione di crisi come
quella che
stavano vivendo.
“Cosa
succede, Greta?” chiese lui, sorridendo appena alla ragazzina
che
si trovava di fronte a lui.
“Stanno
tornando!” gridò lei con le lacrime agli occhi:
“E papà Yuuri è
con loro!”.
La
piuma cadde letteralmente di mano all'uomo, che incominciò a
tremare
convulsamente mentre le medesime lacrime della nipotina acquisita
aggredivano anche i suoi occhi con la forza di un'ondata di sollievo
e liberazione; Günter scattò in piedi e
abbracciò Greta di
slancio.
“Andiamo!
Andiamo!” gridò poi lei, tirandolo con urgenza.
L'uomo
annuì e, seguendola, attraverso i corridoi gremiti di
persone
festose, raggiunse infine il cortile nel momento in cui le truppe
avevano fatto il loro ingresso attraverso la grande porta di accesso.
Dacascos
li aveva preceduti, intanto, e aveva già provveduto non solo
a dare
ordini ma anche ad indirizzare i feriti gravi verso l'infermeria e ad
aiutare al contempo Gisela ad alzarsi dalla lettiga.
“Padre.”
salutò lei con tono sereno non appena i loro sguardi si
furono
incrociati: “Yuuri-heika è salvo.” disse
appoggiandosi al
compagno e amico di una vita per non cadere rovinosamente a terra.
“Si
è sforzata troppo.” spiegò un soldato
di passaggio con una
sfumatura di orgoglio nella voce: “Ha consumato molto maryoku
per
salvare la vita di Sua Maestà.” aggiunse lui,
allontanandosi
subito dopo, non prima però di averle dato una pacca
amichevole
sulle spalle.
Günter
guardò la figlia con orgoglio poi la accolse tra le braccia:
“Sono
fiero di te.” le sussurrò all'orecchio mentre
Dacascos, resosi
conto del momento intenso tra i due, si scostava con gentilezza.
“Hanno
portato il Maoh nelle sue stanze, Wolfram-kakka è con lui e
anche
Greta-hime.” un soldato portò solerte la notizia
al sergente
calvo, che annuì, congedandolo con un cenno della mano:
avrebbe
comunicato lui la notizia ai due Von Christ una volta concluso il
loro abbraccio.
Tutto
però poteva aspettare.
Le
buone notizie sono come il Sole: vanno assaporate e abbracciate con
forza subito, prima che se ne vadano dietro una nuvola.
§§§
Nell'alloggio
reale, intanto, la situazione non era delle migliori.
Dopo
aver depositato il corpo privo di sensi del figlioccio sul letto,
Conrad si era tirato indietro – restando però nei
paraggi in caso
di necessità – mentre Gwendal era andato a
chiamare le domestiche
di corte: sarebbero state loro ad occuparsi delle necessità
del
Maoh, in mancanza delle preziose cure di Gisela; il consorte reale e
la principessa, invece, sedevano al capezzale di Shibuya.
Nessuno
aveva ancora informato il Daikenja ma una colomba messaggera era
già
stata mandata a riportare la notizia.
Jozak,
appostato dietro la porta, provvedeva alla protezione del sovrano.
Tutti
coloro a cui Yuuri Shibuya aveva intensamente pensato prima di
sprofondare nelle nebbie di un'incoscienza di sangue erano
lì,
attorno a lui: la sua famiglia era lì per lui.
Il
silenzio era profondo e cupo: Greta sedeva in braccio al padre biondo
e singhiozzava aggrappata alla sua divisa sporca e strappata, questi
la stringeva con forza per cercare di rassicurarla e di venire
rassicurato dal calore corporeo della bambina che amava come se fosse
stata veramente sangue del suo sangue, la piccolina che lui e Yuuri
avevano preso come loro erede.
All'improvviso,
un rantolo soffocato proveniente dal letto fece saltare in piedi
tutti gli occupanti della stanza e Von Bielefield dovette avventarsi
sul marito per bloccarne i movimenti guizzanti di chi, divorato da
una febbre senza tregua, delira e si agita, incapace di trattenersi
in una spirale di allucinazioni indotte dalla propria mente
sofferente.
"Yuuri...
non agitarti..." Wolfram non sapeva come fare altrimenti a
calmare il Maoh: “Sei al sicuro... Non devi
preoccuparti.”, con
quelle parole, egli sperava di fare breccia nel delirio e ricondurlo
per mano nella realtà.
Shibuya
rantolò e si rotolò su di un fianco prima di
afferrarne la manica
strappata: "Wolf...ram..." lo chiamò con un filo di voce.
Il
biondo gli teneva con forza la mano.
“Shinou...
Shinou...” il Maoh singhiozzava e piangeva: “Non mi
fai morire da
solo... Volevo vedervi...” mormorò con voce
fievole.
“Tu
non morirai, Yuuri...” Conrad intervenne a caricare su di
sé parte
dello tsunami emotivo che rischiava di investire Wolfram senza
pietà;
lo spadaccino sorrideva cautamente mentre, con la mano fresca, dava
sollievo alla fronte rovente del figlioccio che amava come se fosse
un quarto fratello, più di un figlio.
“Tu
resterai con noi, bocchan.” Jozak aveva affiancato il suo ex
comandante – aveva sentito tutto anche da fuori e si era
precipitato all'interno per correre a rassicurare il suo sovrano
–
e aveva aggiunto la propria mano a quella di Weller: “Ci
prenderemo
cura noi di te.”
“Papà
Yuuri... Greta è qui...” pigolò la
principessina, allungandosi ad
abbracciare il padre adottivo.
“Heika,
siamo qui anche noi...”
Gunter
e Gisela erano comparsi, uno affianco all'altra, sulla soglia della
porta e il corollario di amici si scostò un poco per fare
loro
spazio: “Heika, il Daikenja sta arrivando, presto saremo
tutti qui.
Lei non morirà, la salverò di nuovo se
necessario.” mormorò la
giovane sergente, stringendo il polso del sovrano
Julia,
amica mia, dammi la forza...
La
muta preghiera di Gisela sgorgò sincera dal cuore, avrebbe
fatto
appello ad ogni sua stilla di energia, sacrificandosi come l'amica
aveva fatto in guerra.
Non
visto, seduto su una delle travi più alte del soffitto,
Shinou
sorrise, vagamente commosso in volto: Yuuri non sarebbe morto, non
era questo il suo destino, almeno per il momento, ma osservare
l'amore di cui era circondato faceva ben sperare Shinou-heika per il
futuro del suo regno.
Il
Primo Sovrano di Shin Makoku restò a osservare a lungo la
riunione
di anime attorno al letto, assistette al ritorno di Gwendal Von
Voltaire seguito dalle cameriere di palazzo, vide il Daikenjia
raggiungere il gruppo – anche se non lo aveva degnato di uno
sguardo, era certo che quest'ultimo avesse percepito la sua presenza
– e restò lassù, vegliando sulle sorti
del più caro tra i suoi
successori.
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