Je
vois la vie en rose
Elizabeth
chiuse gli occhi, e si lasciò andare. Il dolore alla testa
era
troppo forte, e il sangue scendeva lentamente sul suo volto. Sapeva
che ben presto avrebbe perso conoscenza, e allora per lei sarebbe
stato troppo tardi.
Nonostante
questo, era felice. Aveva visto il futuro. Sally, assieme a tutte le
altre Sorelline, sarebbe stata salvata. Avrebbe avuto una casa, e
qualcuno che si prendesse cura di lei; avrebbe avuto una vita
normale. Tutte cose che a lei erano state negate.
Mentre
Elizabeth sentiva la vita che lentamente scivolava via dal suo corpo,
la bambina che tanto aveva voluto salvare stava cantando.
“Quand
il me prend dans ses bras
Il
me parle tout bas
Je
vois la vie en rose....”
Era
la sua canzone preferita, una di quelle che aveva ascoltato di
più
quando era confinata nella statua-torre di Columbia. Le ricordava il
suo sogno impossibile, quello di scappare e andare a Parigi.
Passeggiare per le strade con un croissant in mano, e osservare la
Tour Eiffel dalla riva della Senna.
Con
un po' di immaginazione, poteva quasi sentire il suono degli
strumenti che accompagnavano la voce di Sally, e il vociare della
folla che rimpiazzava la solitudine e il silenzio di quell'area di
Rapture. Poteva sentire il freddo umido del pavimento che lasciava
spazio al dolce tepore del sole primaverile.
Tutto
questo dolore, sostituito dalla felicità. Se
solo si fosse trovata lì, invece che in un luogo
così triste....
Aprì
lentamente gli occhi, e si rese conto che tutto ciò che
stava
provando era reale, e non solo una creazione della sua mente. Davanti
ai suoi occhi, infatti, c'era uno squarcio. E, al di là
dello
squarcio....
Parigi.
Era
esattamente come l'aveva
sempre sognata, proprio lì, davanti a lei, a portata di mano.
Raccogliendo
le ultime forze che le restavano in corpo, guardò Sally, che
ancora
le teneva la mano, e alzò piano il braccio, attraversando lo
squarcio con esso.
È
giunto il momento di andare, Sally, pensò.
Subito
dopo si sentì fluttuare, mentre si allontanava sempre di
più dal
luogo freddo in cui si trovava, per raggiungere quella Parigi
colorata di rosa. Non voleva guardarsi indietro, ma era abbastanza
certa che il suo corpo fosse rimasto indietro.
Era
morta. E non
c'era più modo di
cambiare la situazione.
Elizabeth,
nonostante questo, non aveva paura. La parte più importante
di lei
aveva realizzato il suo sogno. Attorno a lei, tutto era colorato, la
via piena di fiori. Tutto le trasmetteva felicità: il sole
che le
baciava la pelle, il vociare in francese, il profumo di pane appena
sfornato. Il dolore provato fino a qualche attimo prima era quasi
stato dimenticato, sostituito da una nuova energia.
La
ragazza rise, mentre passeggiava per le strade. Tutti la salutavano,
e tutti ballavano attorno a lei, come in un sogno. Tutto era troppo
bello per potersi trovare in una dimensione reale, ma Elizabeth era
finalmente felice.
Un'orchestrina
da strada suonava La vie en rose, accompagnando
il canto di una ragazza. Accanto a loro c'era un uomo, forse l'unica
persona che, nel profondo del suo cuore, avrebbe voluto con
sé in
quel momento.
Booker.
Suo padre.
Le
stava tendendo una mano, sorridendo. Durante il tempo che avevano
passato assieme, Elizabeth non l'aveva mai visto sorridere.
-
Benvenuta dall'altra parte... Anna.
Quando
era ancora in vita, Elizabeth era stata in grado di vedere attraverso
tutte le porte. In quel momento, però, ferma davanti a
Booker nel
bel mezzo di quella Parigi da sogno, poteva osservare soltanto la
dimensione in cui si trovava.
Vide
soltanto lei e Booker, assieme. Davanti alla Tour Eiffel. Mentre
pranzavano in un ristorante carino. Su una mongolfiera, pronti a
solcare il cielo. Avrebbero vissuto tanti piccoli momenti di
felicità, mai più separati.
In
quel mondo, Comstock non esisteva. In quel mondo, suo padre non
avrebbe mai giocato d'azzardo. In quel mondo, lui non sarebbe mai
caduto nel vortice dell'alcool. In quel mondo, non l'avrebbe mai
venduta. In quel mondo, loro sarebbero stati soltanto Booker e Anna
DeWitt, un padre e la sua adorata figlia che vivevano felici, lontani
da ogni preoccupazione. In quel mondo, tutti i suoi desideri sarebbero
diventati realtà.
Elizabeth
sorrise, e prese la mano del padre. Subito dopo, lui la
abbracciò, e
alla ragazza venne in mente che mai, in tutte le sue vite che aveva
potuto osservare, aveva ricevuto un abbraccio paterno. In quel mondo
perfetto, Elizabeth aveva qualcuno che la circondava di affetto.
In
quel mondo perfetto, Elizabeth si sentì per la prima volta
veramente
amata.
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