Nota
iniziale: questa
storia è uno spin-off di "Rovi
& Rose" di vannagio. Buona lettura!
GATTE RANDAGIE
Non
adesso. Non proprio adesso, aspetta, ci sono quasi, non adesso, non
adesso… Cazzo.
Lampo, tuono e
pioggia a catinelle, improvvisa, con gocce che sembravano secchiate.
Oggi va
così, pensò Darla. Aveva aspettato che il tizio
che aveva rimorchiato quella sera si fosse addormentato e poi era
sgattaiolata fuori da casa sua, silenziosa come una gatta, per non
svegliarlo. Non era stata una gentilezza, era solo che non voleva
vederlo mai più. Scopava anche malissimo: scopava come
quello scroscio di pioggia, lei c’era quasi e invece niente,
lui non aveva guardato in faccia a nessuno. Letteralmente,
dato che ero a pecora.
Darla
sbuffò. Una cosa che odiava dei temporali improvvisi era che
l’acqua le bagnava i piedi, e quando aveva i sandali era come
camminare dentro un’enorme pozzanghera. Per non parlare dei
capelli; si era messa il giubbotto di pelle sulla testa per cercare di
ripararli, così almeno la mattina dopo non si sarebbe dovuta
alzare un’ora prima per lavarli.
Fu a quel
punto, vedeva già il suo palazzo in fondo alla strada, che
sentì il miagolio. Forse avrebbe lasciato perdere, se non
fosse passata una macchina che l’aveva costretta a scansarsi
per non essere completamente annaffiata; e da lì, vicino a
un bidone dei rifiuti particolarmente pieno, vide il gatto.
Oddio,
“gatto” era una parola grossa. Era un cosino
minuscolo, che sembrava ancora più piccolo perché
era completamente fradicio, solo occhi e bocca spalancata quando
miagolava. E miagolava, poverino, in una maniera straziante.
‘Fanculo, si disse Darla. Si
avvicinò al bidone, ma il gatto quando la vide
indietreggiò e fece un patetico tentativo di soffiarle
contro. –Senti, micio, se vai ancora indietro finirai sotto
una macchina. Vieni qui.
Si
piegò sulle ginocchia e gli tese un dito; il gatto si
avvicinò appena, ma poi indietreggiò di nuovo.
Darla
cercò di scattare per afferrarlo, ma lui si
infilò dietro al bidone dei rifiuti. Miagolò.
-Sei un gatto
del cazzo. Stai male, io cerco di aiutarti, tu hai paura e scappi. Ti
ci vuole lo strizzacervelli, sai?
Si
inginocchiò di nuovo. Quando il gatto le si
avvicinò lei ancora una volta provò a prenderlo;
non solo non ebbe successo, ma nello scatto il giubbotto le
scivolò giù dalla testa. La pioggia ebbe ragione
dei suoi capelli in meno di due secondi.
-Ok, adesso ti
lascio qui. Io ci ho provato.
Si
alzò e si avviò verso casa sua, sbuffando.
Miagolio, miagolio, miagolio.
-Va bene,
gatto. Però stavolta si fa sul serio.
Tornò
indietro. Nel vederla arrivare come una furia il gatto si
incuneò dietro al bidone.
-Non ci
provare.
Darla
spostò il bidone in mezzo al marciapiede; il gatto cerco di
scappare, ma lei gli tirò contro il giubbotto di pelle e
riuscì ad afferrarlo per la collottola prima che sgusciasse
via da lì sotto.
-E adesso
andiamo a casa.
Darla,
fradicia, fissava il gatto, fradicio, che aveva appoggiato in mezzo al
tavolo. Incredibilmente stava fermo; forse era contento di essere in un
posto caldo e asciutto.
-Sarà
solo per stanotte, gatto. Non ti posso mica tenere, la padrona di casa
è stata categorica: niente animali. Chissà
perché, poi, ci ho portato degli uomini qui dentro che erano
nettamente peggio di te…
Il gatto
miagolò. Era bianco e aveva degli occhi bellissimi, da
ammaliatrice. Darla lo afferrò e gli sollevò la
coda; non poteva esserne certa con un micio così piccolo, ma
le sembrava una femmina.
-Andiamo a
prenderti un asciugamano, gatta. Oh, se poi sei un maschio pazienza,
sarai gay. Dovrai scontrarti con la società bigotta, ma
quello lo faccio anch’io, ci si abitua.
Si
alzò e prese in braccio la micetta, che miagolò
una volta ma poi restò ferma. Calciò via i
sandali e si diresse verso il bagno, cercando di spogliarsi con una
mano sola. –Ha! Niente di più facile, gatta, so
spogliarmi anche incatenata a testa in giù in una cassa
piena d’acqua!- La gatta la fissò, incuriosita.
Darla le fece l’occhiolino.
L’avvolse
in un asciugamano rosa, si buttò anche lei un telo sulle
spalle, poi cercò di asciugarle il pelo col phon,
asciugandosi contemporaneamente i capelli lei. Il risultato finale fu
che la gatta era un’adorabile palla di pelo bianco, mentre i
suoi capelli sembravano una specie di criniera scura. Domattina avrebbe
dovuto alzarsi un’ora prima. E avrebbe dovuto trovare una
sistemazione definitiva per la gatta, e magari comprarle delle
scatolette… Il cibo!
-Gatta, non ti
ho nemmeno dato da mangiare. Sono una pessima padrona. Bisogna trovarti
qualcuno al più presto.
Recuperò
del latte e i resti di un hamburger, che passò un attimo al
microonde. La gatta divorò tutto, doveva avere molta fame.
Quando Darla le accarezzò la testa, si mise a ronfare. Poi
sbadigliò.
-Hai ragione
gatta, è tardissimo ed è ora di dormire. Guarda,
ti regalo l’asciugamano.
La
appoggiò sulla poltrona e poi si andò a buttare a
letto. Tempo due minuti e sentì una specie di tonfo
soffocato, che la fece scattare a sedere. Il miao annoiato le
rivelò il colpevole.
-Ah,
è così? Prima cercavi di scappare e adesso vuoi
venire a letto con me? Sai che di solito si fa il contrario, vero?
La gatta si
stirò. Miagolò, poi le si acciambellò
contro. Darla la accarezzò e lei cominciò a
ronfare; era minuscola, il suo cuoricino batteva veloce sotto le sue
mani. Si spostò in modo da non schiacciarla per sbaglio, e
si mise a dormire.
Strano che
Darla non fosse ancora arrivata, pensò JD. In genere, quando
alzava la saracinesca lei era già lì a
metà di una sigaretta o, se era particolarmente di buon
umore, con due bicchieroni di caffè bollente. La vide
arrivare da lontano, correndo sui tacchi altissimi (“devo
capire come fa”, diceva sempre Honey), con una sporta della
spesa e gli occhiali da sole.
-Buongiorno.
Bella giornata oggi, eh?-, le disse, guardando il cielo coperto dalle
nuvole.
-Non fare lo
stronzo, ho dormito pochissimo e non ho avuto tempo di fare colazione.
Quindi stamattina sarò professionale ma scarsamente
operativa.
-Ricevuto-. La
fissò. –Il tipo di ieri ti ha presa in ostaggio?
-Che tipo di
ieri? Ah, no, lui non c’entra. Per la cronaca, hai vinto la
scommessa: scopava di merda.
Lui fece
un’espressione saputa. Poi la fissò di nuovo.
-Quando mi
vuoi dire che cazzo ti è successo stanotte, sono di
là che disegno.
Darla sorrise.
–Sempre così, tu, eh? Raccogli gatte randagie e
poi ti affezioni e… oh cazzo!
-Cosa?
Lei fece un
sorriso furbo. –Stasera, quando chiudiamo, passo da casa e
poi vengo da te: ho un regalo.
-Darla,
stasera viene Honey e non credo sia pronta per una cosa a
tre…
-Oh, ma il
regalo piacerà anche a lei. Anzi, forse più a lei
che a te. Passo, lo lascio e vado via, promesso.
-Darla…
-Niente
storie. Vai a disegnare, veloce, io apro la cassa e poi vado a fumare.
Alle dieci viene Maria Goretti a farsi tatuare, o forse a benedire,
ricordati!
-Chi
è che deve venire, scusa?
-Ha detto che
passa, mi lascia una cosa e va via. Non preoccuparti, non
starà a lungo.
JD
passò le dita sulla nuca di Honey, accarezzandola. Lei
reclinò la testa.
-Sentiti pure
libero di continuare… una cosa cosa?
-Non so, ha
detto che è un regalo.
Suonò
il campanello. JD si alzò per andare ad aprire, Honey fece
un versetto di disappunto.
Darla aveva in
mano una scatola da scarpe con dei buchi. Entrò ancheggiando
e la appoggiò sul tavolo.
-Questo
è il regalo?
La scatola
fece miao. Honey
sobbalzò e aprì il coperchio. -Oddio, ma
è un gatto! È un gatto bellissimo!
JD
fissò Darla. Stavolta era lei a guardarlo con lo sguardo da te
l’avevo detto.
-Un gatto?
-Io non posso
tenerlo, lo sai. Niente animali in casa, tranne quelli a due gambe e
con un grosso cazzo. Non le faccio io, le regole.
-Sì
ma come faccio a tenere un gatto…
-Gli compri
una lettiera e gli dai da mangiare. Toh, queste sono le scatolette che
ho preso io stamattina.
-È
maschio o femmina?- Honey era estasiata. La gatta giocava con le sue
dita, che lei si faceva afferrare e mordicchiare senza fare una piega.
-Credo
femmina. Se poi scoprite che è un maschio lo castrate e lo
tramutate in trans.
-Sì
ma un gatto? Darla!
-Era una gatta
randagia. L’ho trovata ieri notte sotto il temporale.
Miagolava disperata, poverina. Aveva fame. Cosa dovevo fare, lasciarla
lì? Tu l’avresti lasciata lì?
-Io
l’avrei… oh, fanculo, Darla. Tu e questa storia
delle gatte randagie.
-Quello che
vuoi. Ora vado però, vi lascio soli.
-No, Darla,
aspetta!
-Ma non ci
penso neppure. Me l’hai detto tu, no? Honey non è
pronta per una cosa a tre.
Honey, che
stava cercando di convincere la gatta a saltare dicendogli
“zompa! Dai, zompa!”, si girò di scatto.
–Che cosa non sono pronta a fare io?
Darla le fece
un sorriso smagliante. –Te lo spiego tra qualche
anno… Ciao, JD! Tratta bene la micia, non quella bionda,
l’altra!
Il
–Fanculo, Darla!- rimbombò giù dalle
scale. Assieme alla risata di lei.
-L’ha
chiamata Minou.
-Cosa? Chi?
-La gatta,
Darla. Honey l’ha chiamata Minou.
Lei
sbuffò. –Banale. Le ha messo un fiocco rosa?
-Per ora no,
il problema è quello che ha detto dopo.
-Ha detto che
voleva scopare in tre, però col gatto?
Lui
sgranò gli occhi. –Darla, ma come ti
vengono… A proposito, grazie, eh. Poi ha voluto sapere come
ti era venuta in mente quella cosa di farlo in tre.
-Guarda che
prima o poi dovrai dirglielo, JD, che abbiamo scopato. Io
sarò una tomba, ma lo sa tipo mezza New York, quanto credi
che ci voglia prima che lo venga a sapere anche lei?
Lui gemette.
–Lo so. Solo… devo trovare il modo e il momento,
ok?
Darla rise.
–Insomma, cos’è che ha detto?
-Che quella
è Minou, e vabbè. E che quindi, e ti giuro che
non ho capito il passaggio logico, dovevamo trovare il suo Scat Cat.
-Non
è mica difficile, JD.
-In che senso?
-Tu hai il
kink per le gatte randagie, no?
-Diciamo di
sì.
Darla fece
un’espressione trionfante. –Ecco. Honey ce
l’ha per gli artisti alternativi più vecchi di
lei. Sigaretta?
Anche JD rise.
Voleva quasi mandarla a cagare, ma alla fine aveva ragione lei. E
comunque, una Marlboro non si rifiuta mai.
Note: bagatella a caso sul JDverse,
del quale potete trovare le storie originali di vannagio
in questa serie: "Una
storia di metallo e inchiostro".
Minou e Scat Cat sono
personaggi de “Gli Aristogatti”. Invece Maria
Goretti è il personaggio di un altro spin off, che non
è ancora stato pubblicato. Non è neanche stato
del tutto scritto, ma confido che prima o poi qualcuno di voi quattro
gatti riesca a conoscerla. “Zompa!” era il comando
che davamo io e mio fratello al nostro gatto per tentare di farlo
saltare. Ovviamente zompava solo quando gli pareva.
Questa storiella
è dedicata a tutte le gattare, e anche a Pusci e alla gatta
di vannagio, che non ci sono più.
E visto che siamo
sotto le feste, Buona Pasqua a tutti! <3
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