*** Salve ^^ mi prendo questo spazietto
solo per precisare che il momento in cui si collocherebbero queste
“riflessioni” è quando Kasumoto si presenta al
consiglio e rifiuta di consegnare la spada. Ho tentato di vedere
attraverso un'introspezione dell'Imperatore quel momento... spero non
sia tutto da buttare ^^” buona lettura! ***
Imperatore,
Dio in terra. Padre della terra che ami, padre del popolo che ami.
Imperatore, ricordalo, gli Dei non
hanno mai paura.
Non hai paura, no, non puoi avere
paura. Ma...
... vuoi seguire il tuo maestro,
perchè è buono, perchè è lui che ti ha
insegnato, non i servitori viscidi che sognano di notte un coltello
piantato nella tua schiena, non la civiltà a cui aspiri e che
ti sprezza. La civiltà a
cui aneli per il tuo popolo.
Il popolo -che scusa facile e
verosimile- per nascondere che desideri soltanto essere ricordato.
Essere eterno, come chi ti ha preceduto. Essere un Dio, è
ciò che ti hanno insegnato.
Non mentire, Imperatore.
Senti un'ansia terribile, da troppo
tempo ormai, Dio in terra.
Perchè lui, il maestro è
saggio e dev'essere ricordato, ma tu hai bisogno di non
scomparire, ti sembra di annaspare tra un mare tempestoso di ere,
troppi anni di meravigliose tradizioni che sei incapace di far
risplendere; come fare, come fare per non essere solo uno dei tanti
in questo tempo?
Cosa deve fare il Dio, maestro degli
Dei?
Come fare per rimanere nei ricordi di
un popolo, come fare per eguagliare e superare il maestro tanto caro?
Per non deluderlo.
Ma lui se ne va per
la sua strada, la strada del giusto, quella via di perfezione che -lo
sai fin troppo bene- dovresti proteggere e non allontanare.
Solo che non ne hai
il coraggio.
È così
comodo avere mille maschere... non parlare, perchè sei
Imperatore e puoi permettertelo; e rimani in un limbo
confortevole, non pensavi proprio che il limbo fosse fatto di
tradizioni sbiadite e di emozioni vaghe, ma è bello, e
niente può colpirti e penetrare il silenzio che ti sei
imposto.
Gli occhi della
tigre, però, possono.
Sono come una lama,
colmi di rimprovero; ma perchè, perchè mi colpisci
così, maestro?
Due lame del
migliore fabbro, affilate e avvolte di fuoco, ecco cosa sono gli
occhi della tigre, fanno male, maestro, basta! - Gli occhi del
maestro, quando rimproverano un dio in terra.
Ansia. Ansia
perchè non sai come dire quello che vuoi; che vuoi continuare
a seguire il tuo maestro, come può abbandonarti adesso?
- e soffri imperatore, soffri la tua debolezza, ti fa capire con
lucidità che non sei un Dio in terra, e nessuno lo penserebbe
mai sul serio.
E ti chiedi perchè
il maestro non ti venga incontro a sostenerti e a insegnarti la
forza, debole debole Imperatore senza radici, ma ti guarda con
gli occhi di tigre e di ferro e di fuoco.
Quegli occhi, non
li sai ascoltare.
Chini il tuo
sguardo, sei sconfitto Imperatore, sconfitto Dio in terra,
sconfitto bamboccio di uomini spietati, sconfitto succube della paura
di essere assassinato, sconfitto e precipiti in un baratro di
sconforto nero.
Alza la testa,
parla, rifiuta di essere uno schiavo e per una volta rallegra il tuo
maestro!
Ma sai che non lo
farai, e resti in silenzio perchè dentro di te l'ancora della
paura, della maledetta debolezza che ti rincorre negli incubi e
che non sai allontanare, continua a trascinarti verso il buio.
Ti pieghi alla
paura, Imperatore abietto, larva inutile e soggiogata, aborto che non
sai trovare l'equilibrio e la perfezione – ecco, ecco come si
sente il Dio in terra, maestro.
Compatiscilo,
almeno tu maestro, non disprezzarlo, compatiscilo.
Non si piega, il
maestro.
Resta forte in
eterno, il maestro.
Raggiunge la
perfezione, mentre si rifiuta di obbedire a chi non è il suo
Imperatore.
E vorresti piangere commosso, umano
mascherato da Dio, vorresti servirlo, tu Imperatore che volti le
spalle al tuo popolo.
Viene portato via,
e non muovi un solo dito, rimani incatenato a questa ansia,
rimani preda delle forze buie del tuo animo, che soffocano gli
insegnamenti del maestro e i precetti del buon senso; i precetti
degli antenati e gli insegnamenti del giusto.
-E vieni
travolto-, mentre parlano in una lingua che ti sembra brutta e
imperfetta, del popolo come di una merce e della merce come il senso
della terra che ami, -dalla consapevolezza-, nera e
appiccicosa, densa e sgradevole, come la sostanza di cui sono
costruiti gli incubi.
Imperatore, Dio in
terra, padre della terra che ami e del popolo che ami.
Incapace di salvare
il tuo maestro, incapace di onorarlo.
Vigliacco.
|