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PageBreeze
Ha
aperto gli occhi. Finalmente!
È
stato facile prenderlo, stava sempre da solo, è un lupo solitario. Ed è anche un
abitudinario, si rinchiude nella sua baracca subito dopo il lavoro e lì rimane
fino al mattino dopo, quando torna in paese e riprende il nuovo ciclo. Poteva
ingannare tutti con la sua gentilezza e la tristezza del suo sguardo…ma non
me!
Ogni
anno in questo paesino del cazzo sparivano almeno tre persone. Nel nulla, senza
lasciare traccia. È molto bravo a far sparire ogni prova, e non ha alcuna
relazione con nessuna delle sue vittime. Inoltre ogni uomo, donna o bambino con
cui ho parlato me lo ha descritto come una persona gentile, affabile,
fondamentalmente buona. Mi dicevano sempre che soffriva molto la perdita di un
figlio, ma sono quasi certo che sono tutte stronzate. Ho controllato nel
database, non c’è traccia di lui prima della sua apparizione in questo paese
poco più di vent’anni fa. La sua baracca è sempre pulitissima, non ci sono
tracce di DNA da nessuna parte, non un pettine, non uno spazzolino, ogni
stoviglia ben lavata e riposta, persino le lenzuola sono sempre pulitissime.
Sembra che dorma avvolto nella plastica, e che ogni mattina faccia sparire ogni
sua traccia.
Beh…ora
nella plastica ce l’ho avvolto per davvero! È sul mio tavolo! È
mio!
I
suoi capelli bianchi sono lunghi e si sparpagliano sul tavolo ben illuminato, e
la sua barba non mi ha permesso di chiudere la sua bocca con lo scotch. Ho
dovuto usare il cotone.
“Ciao, Derril
Mason!
Immagino
tu non riconosca la tua abitazione così ben impacchettata, c’è voluto un po’ per
renderla così accogliente come di solito piace a te. Due giorni fa era quasi
nelle stesse condizioni, ricordi? Walter Freeman, lo hai fatto a pezzi con
un’accetta, non ti sei fermato neanche quando è morto, non è riuscito nemmeno a
gridare, gli avevi legato le mani e imbavagliato la bocca. Lo hai diviso in sei
pezzi, poi lo hai caricato sul tuo pick-up e lo hai seppellito vicino al fiume,
in una zona in cui a nessuno sarebbe venuto in mente di cercare. Lì ho trovato i
resti di molte altre persone, quasi tutti passanti diretti a Miami. Sei stato
bravo a scegliere le tue vittime, nessuno le avrebbe ricollegate a te erano
sempre turisti, o passanti, o camionisti. Facevi ritrovare le macchine lontano
da qui. Era tutto perfetto.”
Si
lascia sfuggire uno sbuffo. Che sia un risolino?!
“Ora ti toglierò
il fazzoletto dalla bocca. Ma se urli ti taglio la lingua! Non che nessuno possa
interromperci, ma odio i casinisti!”
Con
delicatezza prendo il fazzoletto per un lembo e lo tiro via dalla sua bocca. Lui
si passa la lingua sulle labbra, poi mi sorride. Perché mi
sorride?
“Tu come hai fatto
a trovarmi?!”
La
sua voce è roca, ma calma, piatta, priva di emozione. Non ha paura. Forse perché
è vecchio?
“C’è voluto molto
tempo, e non mi hai aiutato per niente. Ti ho dovuto seguire parecchio, ho
piazzato un GPS sotto la tua macchina. Sei stata la preda più sfuggente che io
abbia mai avuto!”
“Mi
dispiace…”
È
strano. Tutte le persone che io abbia mai avuto sul mio tavolo erano sempre
spaventate, isteriche, qualcuno fingeva di essere pentito. Lui invece è così
calmo. Vediamo cosa succede alla vista della morte che si
avvicina.
Tirerò
fuori un coltello, vediamo come si comporta.
“Posso farti una
domanda?”
Finalmente
“Certo, non vedo
perché no!”
“Chi ti ha
insegnato tutto questo? La plastica, i coltelli, questo modo di
parlare…”
Faccio
silenzio per un istante. Sta forse cercando di entrare in contatto con me?!
Quali sono le sue reali intenzioni? Sta per morire, ma non ha nessun cenno di
nervosismo.
“Mio
padre”
“Davvero?!”
Adesso
ride pure?!
“Siamo molto più
simili di quanto pensassi!”
“No! Io elimino la
feccia come te, uccido solo le persone che non meritano di vivere! Tu uccidi
delle persone innocenti! Non sono come te!”
Gli
metto il coltello vicino alla gola. Lui deglutisce, ma rimane calmo. Forse sta
fingendo. Ma perché fingere di fronte alla morte?
“Che fine ha fatto
tuo padre?!”
“È morto! Ma non
l’ho ucciso io, se è quello che stai pensando. È stato colto da una tempesta
venticinque anni fa mentre era in mare con la sua
barca.”
“Cavolo, una
brutta storia…ma tu…non hai più di trent’anni. Hai detto che tuo padre ti ha
insegnato a uccidere, ma non credo lo abbia fatto quando avevi cinque
anni.”
Sorrido
nel ricordare tutto quello che mi è successo. Come ho fatto a diventare
così.
“Va bene, ti
racconterò tutto. Non era il dialogo che avevo in mente per questa scena, ma
visto che ci tieni, ti racconterò tutto. Tanto abbiamo un po’ di
tempo.
Si, ciò che sono
diventato lo devo a mio padre. Lui lo faceva prima di me, e la mia madre
adottiva me lo ha insegnato quando ha visto che ero uguale a lui. Mi ha dato un
codice, mi ha detto come lui nascondeva le prove, come faceva a farla franca.
Era un uomo incredibile. Per poter diventare come lui sono entrato in polizia,
sono un tecnico forense, capo investigatore scientifico. Eh, ci
crederesti?!”
“Dov’è la tua
madre biologica?”
“…è morta…l’hanno
uccisa davanti a me quando ero poco più che un
neonato”
“E questo evento
ti ha segnato, per questo sei diventato quello che
sei”
“Tutta la mia
famiglia era…particolare!”
Sta
sospirando. È forse un segno di esitazione?! La sua voce ora è più
insicura.
“…e la tua madre
adottiva?!”
“…morta anche lei,
qualche anno fa. Cancro.”
Un
altro sbuffo dal naso. Ma che ha quest’uomo?!
“E ora tu sei
solo. Completamente solo…”
Ha
chiuso gli occhi, ora è silenzioso. Sarei curioso di sapere, ma forse sono solo
i deliri di un vecchio che non ha contatti umani decenti da anni ormai, e sta
legando con il suo assassino perché è l’unico legame vero che può creare. Ma io
non riesco a creare legami! Ogni legame della mia vita si è spezzato, è finito
sempre nel sangue. Mia madre, mio padre, la zia Deb, Hannah, tutti. Forse è
questo l’unico legame che sono in grado di creare? Quello con le mie vittime? In
fondo è appropriato, anche in questo caso finirà nel sangue. E va bene, andrò
fino in fondo!
“…no, non sono
completamente solo.”
Lui
mi guarda sorpreso.
“…mio padre…mi
accompagna sempre! Mi da consigli, mi aiuta nei momenti di difficoltà. A volte
lo odio, perché mi ha abbandonato troppo presto. Ma per una persona come lui,
crescere un figlio non dev’essere stato affatto facile. Eppure Hannah mi ha
sempre raccontato di come mi volesse bene, di come avrebbe fatto di tutto per
me, di come mi trattasse quando ero un bambino. Ho pochi ricordi e mi sembra
quasi di ricordare che non mi ha mai sgridato in vita mia…forse mi sbaglio, ma è
l’immagine che mi è rimasta di lui.
Non so perché ti
racconto queste cose. Ti avrei dovuto chiedere perché hai ucciso così tante
persone, che tipo di mostro sei, ti avrei dovuto spaventare e ora dovrei
ucciderti!”
“Io uccido perché
non avevo più nulla nella vita. Speravo un giorno di essere scoperto da una
persona come te, qualcuno che mi avrebbe fermato, qualcuno più furbo di me, in
grado di scoprire il mio segreto e di porre fine alla mia inutile vita. Ma nei
miei sogni più vivi, mai ho ardito a immaginare questa
scena!”
“Ti fa
paura?”
Sembrerebbe
quasi che voglia piangere.
“No…è bellissima!
Non potevo desiderare di più”
“Mi fa piacere
Derril”
Ora
mi preparo. È la notte giusta, e ho aspettato tanto per questo. Il mio oscuro
passeggero potrà nutrirsi ora. Un po’ mi dispiace, quest’uomo non è il mostro
feroce che immaginavo di trovare sul mio tavolo, ma non fa niente. Stringo le
mani sul coltello, e guardo per un’ultima volta il suo volto. Mi sta
guardando…mi sta aspettando…
Lo
desidera!
Chi
sono io per negarglielo?!
Affondo
il coltello nel suo petto.
Lui
espira con la bocca, ma non muore immediatamente. Gli vedo affiorare del sangue
dalla bocca. Mi tremava la mano, era parecchio che ero sulle sue tracce e
l’ebbrezza di un omicidio dopo così tanto tempo era enorme. Credo di aver solo
sfiorato il cuore, ma gli ho colpito un polmone. Quando cerca di inspirare il
sangue esce leggermente a spruzzi dal buco nel petto. Ma lui sorride
ancora.
“Grazie…Harrison…Sono…fiero…di te… ”
Il
ragazzo sgranò gli occhi. L’uomo aveva appena pronunciato il suo nome, ma lui
era sicurissimo di non averglielo detto fino a quel momento. Cercò di fermare
l’emorragia con le mani inguantate, per guadagnare del tempo, e cominciò a
gridargli innumerevoli domande. Ma l’uomo spirò
inesorabilmente.
Harrison
lo guardò con i suoi occhi azzurri, cercando di riconoscere in lui qualcosa, ma
non aveva nulla di familiare. La pelle ruvida, raggrinzita, le rughe, la barba
bianca imbrattata di sangue, i capelli lunghi, le stempiature, non c’era nulla
che potesse dargli degli indizi. Gli occhi stanchi. No, era sicuro di non
conoscerlo affatto. Così prese un vetrino e raccolse una goccia del suo
sangue.
Dopodiché
si affrettò a pulire ogni cosa e a distruggere le prove. Non fece a pezzi il
corpo come suo solito, lo portò dove Derril teneva i suoi e lo sotterrò in una
fossa che aveva lasciato aperta appositamente.
Il
giorno dopo era in laboratorio. I risultati arrivarono in fretta, così poté
inserire il DNA nel database.
Un
riscontro
Al
99.9%
Restò
a fissare lo schermo, paralizzato di fronte a quel nome