Un mondo privo di suoni

di Kastel
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Non conoscevi il linguaggio che ti avrebbe permesso di parlare a te stesso.
Il mondo, dentro e fuori, era formato e plasmato nell'assoluto silenzio, poiché neppure tu sapevi come comunicare a dovere.
Solo parole che non potevano essere pronunciate o ascoltate da nessuno.
Solo la vuotezza di un qualcosa che non poteva essere compreso, neppure da te stesso.
Non soffrivi, perché non conoscevi il significato di tale parola.
Non sorridevi, perché nessuno ti aveva insegnato a farlo.
Eri qualcosa che non poteva esistere nel rumore.
Nessuno ti notava e se lo faceva ti prendeva a calci.
Eppure neppure così potevi urlare.
Non ti era concesso.
E, forse, non avresti saputo rispondere a quella domanda di Worick.
Non c'era un perché nel tuo modo di affrontare tutto quello: non esistevano altri modi per sopravvivere.

 

 

Pian piano hai imparato ad esprimerti.
Non con un linguaggio convenzionale e comprensibile da chiunque ma con il tuo corpo.
Sei diventato più espressivo, hai lasciato che le mani parlassero al tuo posto. Non ti interessa che tutti ti ascoltino, non ha alcuna importanza che il mondo apprezzi i tuoi discorsi.
Ti basta solo essere compreso da chi veramente si è preoccupato per te, portandoti via da quella merda.
Anche se hai sofferto vedendo tuo padre abbandonarti, non ti sei disperato troppo.
In fondo non avrebbe avuto senso sprecare quelle poche parole che conoscevi per un uomo del genere.
O così ami ripeterti.

 

 

E adesso guardarti.
Puoi parlare.
Puoi sorridere.
Puoi persino apprezzare la voce di Alex cantare un qualcosa che non sai realmente cosa sia ma che percepisci sia meraviglioso.
Guardati mentre salti fra i tetti, inventandoti una musica che solo tu puoi ascoltare, ma che potresti comunque trasmettere agli altri se solo volessi.
Adesso non sei più un mondo privato del suono.
Adesso puoi comunicare anche tu.

 

 

E forse anche tuo padre ascolterebbe, ora. 





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