"Sei
il suono, le parole, di ogni certezza
persa dentro il tuo
odore.
Siamo gli ostaggi di
un amore che esplode
fragile di istinto e
sudore."
L'odore,
Subsonica.
Quando
si concedeva una pausa dal ruolo di spia tra i licantropi, Remus veniva
ospitato alla Tana e in quelle rare occasioni, complice la compagnia di
maghi e streghe normali, riusciva quasi a tornare com'era prima di
offrirsi per quella maledetta missione.
Purtroppo,
lo stesso non si verificava se la strega che gli stava accanto era
Ninfadora Tonks.
In
sua presenza l'istinto di lupo esplodeva in lui e avvertiva impellente
la voglia di toccarla con mani, labbra, unghie, denti.
E più si tratteneva, più l'eccitazione cresceva,
tanto che aveva spesso temuto che si notasse sotto ai suoi malconci
abiti.
Sapeva
che forse sarebbe stato meglio se Tonks se ne fosse accorta,
perché avrebbe finalmente capito che l'uomo che era convinta
di amare era solo quello: un animale che a stento riusciva a resistere,
quando l'odore della femmina che desiderava gli arrivava sotto al naso.
Ma
Remus era troppo vigliacco per sopportare una simile umiliazione,
così teneva il capo chino, nascosto sotto ai capelli
sporchi, le spalle chiuse e le braccia incrociate a nascondere, in
qualche modo, il proprio corpo.
“Perché
sei qui? Aspettavo Alastor per fare rapporto,” disse
bruscamente a Tonks, rifiutandosi di guardarla.
Si
trovavano al limitare della New Forest, dove le distese d'erica
prendevano il posto delle felci del sottobosco e gli alberi si
diradavano fino a scomparire. Tutta quella luce lo metteva a disagio,
era più difficile sfuggire a Tonks se non poteva sottrarsi
al suo sguardo.
Lei
accennò un pallido sorriso.
“Il
rapporto lo farai a me. È lo stesso, no?”
Remus
non era affatto d'accordo.
“Non
è lo stesso e tu lo sai bene,” camminò
in tondo come un animale in gabbia, agitato da un'incontrollabile
tensione, “sei venuta per tormentarmi, ancora,
e io non ne posso più,” la accusò, la
voce incrinata dal ringhio del lupo che si portava dentro e che mai era
stato così vivo prima
del soggiorno tra i suoi pari. C'era qualcosa di antico, nella foresta,
qualcosa che lo chiamava insistentemente giorno e notte e che sarebbe
riuscito, prima o poi, a ottenere ciò che voleva:
rovesciarlo come un indumento, liberando il lupo e intrappolando la sua
parte umana. Allora sarebbe stato come Greyback, sempre.
Tonks
non si lasciò impressionare.
“Fa'
rapporto e basta,” tagliò corto, “volevo
solo accertarmi con i miei occhi che tu stessi bene.”
'Io
non sto bene', pensò Remus. “Sto
bene,” le disse però, sperando che sentirsi dire
ciò che voleva sarebbe bastato a convincerla ad andarsene.
“Vedo,”
commentò seccamente lei, indugiando sfacciata sui suoi abiti
strappati, sulle mani sporche con le unghie rosicchiate fino alla
carne, sui capelli scarmigliati, sulle sue nuove ferite.
Anche
lei non stava bene: i capelli incolori acutizzavano la magrezza e il
pallore della giovane, ma il suo odore non era cambiato. Remus avrebbe
voluto averlo addosso, incollato alla propria pelle.
“Ottimo,
ora vattene.”
“Mi
devi dire...”
“Te
l'ho già detto: non ti voglio vicino, perciò
vattene!”
Il
viso della donna si accese di rabbia.
“Intendevo
dire che voglio il tuo cazzo di rapporto, idiota,
cosa me ne faccio di un altro rifiuto?” gli urlò
in faccia. “Sei così fissato che mi riesce
difficile credere che davvero non t'importa nulla di noi. Mi uccide
sapere che ti sei ficcato in questo pericoloso casino per scappare da
me!”
“Lo
scopo era quello, ma purtroppo non ha funzionato, visto che mi stai
ancora tra i piedi!” replicò lui, con una
crudeltà che gli procurò un doloroso spasimo allo
stomaco.
Lei
strinse le labbra, gli occhi scuri velati di lacrime.
“Vorrei
proteggerti, se Greyback dovesse capire chi sei...” la voce
le si spezzò, facendolo sentire un verme per come la stava
trattando, “lo sai che ti amo,” concluse Tonks, con
una semplicità disarmante.
Remus
tremò, ma si impose di non cedere. Non poteva cedere.
“Nel
branco ci sono molte donne,” le disse atono, fissando un
punto imprecisato dietro le sue spalle, “fa molto caldo e
loro sono nude, sempre. Ne ho scopata qualcuna,”
colpì duro, certo che quella menzogna avrebbe funzionato.
Era caduto molto in basso ma ne valeva la pena se sarebbe servito a
salvarla.
Tonks
sobbalzò come se l'avesse percossa, ma un istante dopo nella
sua espressione baluginò qualcosa, pur avendo accusato il
colpo sembrava sospettasse che mentiva.
La
osservò rigirarsi la bacchetta nel pugno, preparandosi a
parare uno Schiantesimo o peggio, invece lei gli parlò.
“Riferirò
al più presto il tuo rapporto a Malocchio,”
sibilò gelida, pronta ad andarsene.
Remus
inorridì all'idea che potesse farlo davvero.
“Aspetta...
non dirgli nulla, non è questo il mio rapporto!”
“Gli
dirò che hai scoperto che il sesso è un'ottima
arma di persuasione. Scommetto che le donne che ti sei fatto hanno
abbracciato la nostra causa, dopo la scopata.”
“Non
l'hanno fatto, Tonks, ora sei arrabbiata, ma forse, tu...”
“Io
non cambierei fazione neppure per amore, figuriamoci per una scopata.
Non ripudierò per nulla al mondo ciò in cui
credo,” disse con fierezza, poi sogghignò,
“ma non ti preoccupare, non sono arrabbiata, visto che
anch'io mi sono fatta due o tre Auror dopo che te la sei data a gambe
sarebbe ipocrita.”
Remus
sentì il sangue salirgli alla testa. Tonks si stava solo
vendicando, si disse, e anche se avesse detto la verità era
esattamente quello che voleva per lei: un uomo giovane, sano e con un
ottimo impiego. Ma anche se si fosse ripetuto le proprie buone
intenzioni in eterno non sarebbe riuscito a stemperare la selvaggia
gelosia che lo aveva assalito.
In
un secondo le fu addosso e seppe che, nonostante la furia che lo aveva
guidato, non l'avrebbe colpita per nulla al mondo, così
abbandonò le braccia lungo i fianchi e lasciò
cadere il viso nell'incavo del suo collo. I capelli di lei, ispidi come
rovi, gli solleticarono il naso.
“Non
è vero,” mormorò, sentendosi fragile
come una foglia secca, ed erano entrambi quasi in lacrime quando le
lambì con le labbra la pelle, posandole un bacio vicino
all'arteria pulsante che le andava dritta al cuore.
Era
fine estate e un caldo umido soffocava la foresta sotto a un mantello
bagnato, anche la pelle di Tonks era velata da minuscole, brillanti
gocce e lui si riempì le narici del suo odore, sulle labbra
il gusto salato della pelle accaldata.
A
Remus parve di sprofondare dentro di lei come fosse fatta di creta, il
contatto con il suo giovane corpo era una giornata di sole che gli
veniva rovesciata addosso. Capì che quello che sentiva
esplodere dentro non era l'istinto del lupo, ma un sentimento nuovo.
Non si era mai innamorato, prima conoscere la buffa, piccola Ninfadora.
Finalmente
Tonks si mosse: gli affondò le dita nei capelli,
stringendolo fino a fargli male e lui alzò una mano e le
accarezzò la morbida guancia, la certezza che anche il
più sottile graffio che vi avesse lasciato sarebbe stato una
cicatrice che lei avrebbe portato per sempre gli provocò un
dolore incessante al petto. Poi, anche quella consapevolezza
andò perduta nel contatto dei loro corpi; i vestiti leggeri,
incollati alla pelle dal sudore, lasciavano percepire ciò
che si muoveva al di sotto. Tonks girò il viso, cercando la
sua bocca e Remus volle baciarla, morderle le labbra piene, pur sapendo
che la propria saliva era infetta e se l'avesse mescolata al suo sangue
l'avrebbe maledetta.
Tensione
dolorosa al basso ventre, la mano di lei si avvicinava, lo aiutava.
Quanto
gli costò staccare la bocca dalla sua e avvicinargliela
all'orecchio, tanto che Remus faticò a credere di possedere
una tale, sovrumana forza.
“Dimenticami,
o giuro che mi uccido,” le bisbigliò disperato,
offrendo a Tonks l'ultima opportunità di salvarsi da lui.
La
sentì trasalire, era sconvolta.
Remus
soffocò il rimorso e il dolore, le voltò le
spalle e se ne andò. Per la prima volta da quando aveva
iniziato a fuggire da lei, Tonks non tentò di fermarlo.
Note: alcune
delle informazioni contenute in questa storia provengono dai contenuti
speciali di Pottermore, ad esempio il fatto che la saliva dei
licantropi, anche quando sono in forma umana, è infetta, o
che Remus non si era mai innamorato prima di conoscere Tonks.
Il titolo è una strofa della
canzone dei Subsonica.