OUR LAST TEARS
These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that time cannot erase
(My
Immortal – Evanescence)
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Capitolo 1: Promesse
Allungò lentamente una mano. L’appoggiò delicatamente sul
cuscino accanto a lei: niente. La fece scorrere sul lenzuolo, come per
accertarsi che non ci fosse veramente.
Si girò su un fianco e aprì gli occhi. La stanza era ancora
immersa nell’ombra più assoluta.
Andando per tentativi cercò la sua bacchetta sul comodino e
mormorò “Lumos”, con la voce ancora impastata da un sonno, troppo spesso
agitato.
I suoi occhi si chiusero di scatto, rifiutando quella luce
inattesa.
Passarono alcuni secondi e, superando il rifiuto iniziale, i
suoi occhi si riaprirono.
Guardò l’ora. 1:37
E lui non è ancora
tornato.
Non
era una cosa strana. Capitava spesso che lui (e qualche volta, anche se
raramente, lei) rientrasse anche molto tardi. E non per dar sfogo a qualche
passione notturna, lei lo sapeva bene. Era tutto per lavoro. Il loro lavoro li
portava anche a quello (che in effetti era il minimo). Lei, non poteva che
accettarlo.
Ma spesso aveva paura.
Paura di aspettare invano la notte il suo rientro. Paura di
non vederlo più. Paura che gli fosse successo qualcosa. E non erano paure
insensate o sfoghi della sua mente razionale. Conosceva uomini, conosceva
donne. Un tempo felici e sposati. Ora solo soli con una tomba in giardino. Li
conosceva. Ed era per questo che aveva paura.
In effetti era l’unica cosa che temeva veramente.
Non temeva la morte. Non la sua per lo meno. Temeva la morte
delle persone accanto a lei. Delle persone che le volevano bene. A cui lei
voleva bene. Delle persone che l’amavano. Di lui.
Troppe persone erano morte. Troppe forse ne sarebbero morte.
Ed era per questo che aveva paura.
Sentì un rumore proveniente dal piano di sotto che la fece
tornare in sé.
Con ancora la bacchetta in mano, cercò di infilarsi la
vestaglia. Aprì la porta della camera da letto e iniziò a scendere le scale.
Quelle scale che ei stessa aveva stregato per protezione. Era stata lei a
proporgli quell’incantesimo. Lui aveva obiettato qualcosa del tipo “Se vogliono
entrare, non lo faranno dalle scale”. Lei sapeva perfettamente che aveva
ragione… ma alla fine si era impuntata. Aveva fatto tutto di nascosto. Aveva
creato l’incantesimo (in effetti molto simile a quello applicato alle scale
femminili di Hogwarts) e gliel’aveva presentato. Alla fine aveva ceduto… più
per farla contenta che altro.
L’incantesimo trasformava le scale in uno scivolo, qualora
qualcuno di non autorizzato avesse deciso di salirle.
Non davano una sicurezza totale, era ovvio… come aveva detto
lui, erano, in effetti, abbastanza inutili, ma permetteva a loro di avere un
margine di tempo necessario per organizzarsi… caso mai qualcuno fosse entrato
di notte…
Non aveva ancora messo il piede sull’ultimo scalino che
sentì la sua voce. E tirò un sospiro di sollievo. Un’altra notte era passata.
Per un’altra notte era tornato.
“Mione?”
”Si…”
Arrivò davanti a lui. Si stava togliendo la sciarpa. Le
guance arrossate dal freddo, i capelli spettinati dal vento… i suo occhi
azzurri che la guardavano. A Hermione apparve semplicemente bellissimo.
I ragazzo la fissò e capì che doveva essersi appena
svegliata. I capelli sembravano una massa informe, gli occhi solo leggermente
aperti.
“Com’è andata?”
La sua voce gli fece ricordare dove si trovava.
“Bene… come al solito”
“Uhm… sicuro?” lo guardò meglio, come per soppesare la
verità delle sue parole…
“Si… non preoccuparti…”
“Già… gran belle parole”
Abbassò gli occhi… non era così facile non preoccuparsi. Lui
doveva capirlo.
“Dai Mione sei stanca… torna a letto adesso arrivo…”
Il ragazzo le si avvicinò, le prese una ciocca ribelle che
era andata a oscurare i suoi occhi e gliela mise dietro un orecchio.
Poi si chinò e la baciò sulla fronte, per poi finire
delicatamente sulle sue labbra.
Hermione si strinse a lui. Ancora una volta era a casa.
Ancora una volta era vivo. Ancora una volta erano vivi.
A malincuore si staccò. Velocemente gli accarezzò la guancia
destra, dove un segno del passato lo aveva marchiato anche per il futuro. Un
segno che nessuno avrebbe potuto cancellare. Un segno che sarebbe rimasto
sempre e per sempre. Un segno che mai nessuna felicità avrebbe potuto
offuscare. Un segno di sei anni prima. Un segno che sembrava essere stato fatto
solo pochi giorni prima da quanto il dolore era ancora presente.
“Vado a letto… fai presto, sai che non riesco a dormire
tranquilla…”
“… se non ci sono, lo so” terminò al posto suo.
Iniziò a salire le scale. Aveva fatto solo pochi scalini
quando si girò di scatto.
“Ron?”
“Si?”
“Prima che me ne dimentichi… ti amo…”il volto della ragazza
anche se stanco e assonnato si illuminò in un sorriso che, se possibile,
divenne ancora più bello quando la voce del ragazzo le rispose “Anch’io.
Anch’io ti amo.”
Un’altra notte era passata. Ancora una volta era tornato
vivo. Ancora una volta erano vivi.
E anche per quella notte, sarebbe riuscita a dormire almeno
un po’.
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Ron scese l’ultimo scalino e si diresse verso a cucina.
Hermione era già lì, tutta indaffarata per preparare la colazione. Il suo
sguardo si posò sulla tavola, dove dei piatti e bicchieri si stavano
posizionando.
Ron non riuscì a trattenere uno sbadiglio e solo in quel
momento Hermione si accorse della sua presenza.
“Buongiorno”
“’Giorno”
Ron prese una sedia e si sedette, non molto elegantemente.
“Ti ricordi vero?”
“Cosa?”
Hermione sospirò.
“Come cosa? Stasera arriva Ginny…”
“Ah… si è vero… è domani… l’avevo dimenticato…” Ron fissò il
tavolo.
E così era passato un altro anno. Ogni volta che ci pensava
sembrava così assurdo… e invece era tutto vero. Tutto reale.
“Tieni” una mano davanti a lui reggeva una tazza di caffè.
L’afferrò e alzò gi occhi giusto in tempo per vedere gli occhi di Hermione
pieni di lacrime. La ragazza si girò di scatto, nonostante sapesse che ormai
lui l’aveva vista.
“Hermione…”
Ron appoggiò la tazza e si alzò. Andò dietro di lei e le
mise le mani sulle spalle. Hermione appoggiò le sue sopra quelle del ragazzo.
“Hermione…” ripeté Ron, ma Hermione lo bloccò.
“No Ron… non dire niente… non servirebbe…”
Il ragazzo si limitò a sospirare e l’abbracciò. Lentamente
la fece voltare e lei affondò il volto nella sua spalla. Non piangeva. Ormai
non aveva più lacrime. Non avevano più lacrime. Ma faceva ancora molto male. Un
male che non se ne sarebbe andato. Ma che ormai non permetteva più di piangere.
Troppe lacrime aveva versato. Troppe lacrime erano uscite
dai suoi occhi. E un’antica promessa. Basta. Da quel giorno.
Aveva speso le sue ultime lacrime quel giorno. Le loro
ultime lacrime. Adesso non ne avevano più. Adesso non restava nient’altro che
andare avanti.
“Hey…”
Hermione alzò gli occhi, fino ad incontrare quelli azzurri
del ragazzo.
“Ci sono… sta passando”
“Bene”
Rimasero abbracciati per qualche istante, poi lentamente si
staccarono. Ron la accarezzò sulla testa e la baciò di nuovo. Poi prese la sua
tazza di caffè, ormai completamente freddo, e buttò giù il liquido dal sapore
amaro.
“A che ora esci?”
Ron bevve l’ultimo sorso. “Mah… adesso… tu?”
“Tra un po’… ho ancora tempo.”
“Sei alla riunione vero?”
“Si”
“Allora ci vediamo”
Hermione annuì. Ron appoggiò la tazza sul tavolo e uscì
dalla porta, per rientrare qualche secondo dopo.
“Mione… ti amo”
La ragazza gli sorrise dolcemente. “Me l’avevi già detto oggi…”
Il ragazzo fece finta di pensarci, alla fine sospirò. “Già,
ma che vuoi farci? Sono un romantico… meglio una volta in più, che una in
meno…”
“Lo so…” il ragazzo fece per uscire “Ah Ron… anch’io ti
amo…”
“Ovvio… come non potresti?”
“Me lo chiedo spesso anch’io…”
Il ragazzo sorrise e uscì.
Una volta al giorno. Non te lo dimentichi mai…
Se l’erano promessi. Non tanti anni prima… solo alcuni. Il
giorno… anzi, la sera del loro matrimonio… si erano promessi di non avere
rimpianti… e di dirsi ogni giorno che si amavano… e tutto questo li aveva
aiutati. Erano stati a galla con la speranza di sentire ogni giorno quelle due
parole, pronunciate dalla bocca dell’altro. E ogni giorno se lo ripetevano,
senza sosta… senza paura… senza vergogna… perché avevano promesso.
Dalla sera del loro matrimonio non dovevano avere più
rimpianti. L’avevano promesso a loro… e a Harry…
Mai più rimpianti…
Quello era l’unico modo per riuscire a vivere almeno una
vita ‘decente’… una vita che valesse la pena essere vissuta.
Hermione osservò per qualche secondo la porta della cucina.
Sentì un rumore provenire dall’altra stanza.
È andato. E già mi
manca… odio stare da sola… e lo odio ancora di più se è lui la persona che
manca…
Hermione
andò di sopra a prepararsi.
Quel
giorno ci sarebbe stata una riunione per discutere degli ultimi arresti, e poi
una serie di fogli di compilare… ovviamente quando si trattava di inutili
scartoffie, Ron le ‘cedeva’ volentieri l’onore.
C’era
da dire che quando gli venivano affidati incarichi pericolosi, non stava a
sentire nessuno… rimanere a casa. Stronzate. Ci andava anche lei… e,
ovviamente, si dimostrava più che all’altezza.
Non
si lasciava mettere i piedi in testa, lei. E Ron lo sapeva bene. E poi era lui
che la voleva con se nelle missioni. E lei gliene era grata.
Essere
Auror per una donna delle volte era molto faticoso. Ma era felice. E amava il
suo lavoro.
E
non l’avrebbe mai cambiato. Mai.
Entrò
nella camera e si infilò i primi vestiti che trovò. Prese la sua bacchetta e si
guardò allo specchio.
Stasera arriva Ginny.
Stasera. E domani… domani andremo a trovare Harry tutti insieme… ne sarà
felice… ne sono sicura…
Sorrise
alla sua immagine. O almeno ci provò. Guardò la sua mano sinistra e il suo
anello.
Prese
un respiro profondo e si diresse alla porta…
Forza Hermione
Granger… andiamo a fare qualcosa di buono…
E
quel pensiero in testa, si diresse al lavoro.
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Pietà della mia povera mente! Comunque…
Mi farebbe enormemente piacere se decideste di recensire…
e mi verrebbe molta più voglia di continuare a scrivere, no? Per favore! ^___-
Ci conto eh! Almeno qualcuno!
Al prossimo capitolo…