When Michael met Mark

di rainicornsan
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Ciao a tutti!
Sono tornata con l'epilogo.
Signori e signore, ringrazio tutti quanti per avermi sopportato e supportato.
E magari la mia fanfiction vi rimarrà un altro po' in mente, chi lo sa (??).
Ad ogni modo, grazie a tutti. Davvero.
Se le cose non sono andate proprio come volevo, è soprattutto colpa mia!
Penso che questo capitolo sia davvero corto (sì, persino più degli altri!).
Infatti, lo tratto come un minuscolo epiloghino.
#lovetinythings
Detto questo, buona lettura ❤




Se lo era chiesto molte volte, perché aveva scelto lui.

Erano passate settimane, praticamente.

Insomma, come era potuto accadere così dal nulla?
Non era normale.

Michael aveva paura per questo.
Non voleva essere solo un esperimento gay, ed era stufo di temerlo.

Glielo aveva chiesto solo una volta, senza fronzoli, e tutto quello che aveva ottenuto era una sberla indignata -che aveva schivato- e un lungo bacio che gli aveva fatto dimenticare persino il suo nome.

Ma per quanto a lungo poteva ancora lasciar correre via le risposte prima che si stancasse?

Nonostante tutti i pensieri intimidatori continuava ad amare senza limiti tutto quello che l'essere di Mark era, quanto e più di prima.

Ogni mattina si vedevano in quel bar.
Un cornetto o un cappuccino preso dal bancone, un bacio sull'uscita e ognuno tornava al proprio lavoro.

Ma quel giorno era stato diverso.
Era uscito da casa, aveva controllato la posta...

Ed eccola là, una busta verde chiaro, grande meno di un Ipad e più di un telefono.
Non sapeva perché, ma nella sua vita avrebbe sempre ricordato quel paragone.

Era la prima cosa a cui aveva pensato.
Seguita dal rumore plastico che aveva fatto la busta mentre la scartava.

Infine le righe che gli avevano cambiato la vita.

Avevano accettato.
La casa discografica. Aveva accettato. 

Tutto quello che gli stava attraversando la mente in quel momento era fatto di lustrini, la sua voce, un'orchestra, palloncini colorati e ragazze grasse in tutù*, una folla festante sotto di lui.

Cellulare alla mano, aveva subito chiamato sua madre.

Venti minuti al telefono.
Un record.
Tutta la sua famiglia, e sì, pure qualche vicino, che si accalcava per fargli le congratulazioni!

Poi Anna.
Aveva quasi pianto dalla felicità.
"Il coso nella mia pancia avrà uno zio cantante.
The great Michael!".

Mark.
Quella era stata la cosa più difficile da fare.

"Hei.".

"Hei." aveva sussurrato l'altro.
Aveva la tipica voce da sonno, quella roca, quella che qualche volta aveva sentito e che adorava.
Ovviamente, a venti minuti dal loro appuntamento quotidiano era ancora a letto.
Non sapeva mai come faceva a presentarsi in forma smagliante, vestito e pimpante in così poco tempo.

"Ti devo parlare...".

"Facciamo quando arrivo, uh?
A meno che non sia una cosa urgente...".

"No, no... Non lo é.".
Tratteneva a malapena la gioia... E sì, anche il dispiacere.

Sapeva che avrebbe dovuto andarsene da lì e lasciare tutto, oppure essere così impegnato da non poter fare altro che una continua spola fra l'edificio e casa.

_____

"Io vengo con te.".

"Non se ne parla!
Non voglio che tu perda il tuo lavoro, i tuoi amici, la tua famiglia o la tua casa.".
Odiava pensarlo, ma aveva davvero bisogno di lui.

"Il mio lavoro é dove sei tu...".

"Questa é la cosa più schifosamente romantica che qualcuno mi abbia detto!" ghignò Michael.

"...e il mio computer.".

Michael lo guardò male.
"Cattivo.".

"No, scherzo." rise chinandosi a baciarlo Mark.

Se le prime volte che si comportava così in pubblico era stato davvero imbarazzante -per entrambi-, ora era normale.
I pochi che ancora li guardavano in modo strano o disgustato venivano ignorati.

"Era solo un modo per dire che... Beh, scrivere è la mia vita. E tu sei...
Stai diventando... La mia vita.".
Ora parlava a bassa voce, con un vago rossore sulle guance e gli occhi luccicanti.

Non li aveva mai visti brillare così tanto.

Michael aveva la gola secca.
"Davvero?".

Si morse un labbro.

Mark gli sfiorò la mano delicatamente in una implicita risposta.

"Oh.".

"Andiamo?" chiese giocosamente Mark, ripresa la solita baldanza in un secondo.

"A fare cosa?".

"A preparare le valigie!" rise in risposta l'altro.

Michael gli sorrise, spostando poi lo sguardo verso il cielo.
Quel giorno era strano, tutto l'azzurro era ancora sommerso dall'arancione soffuso dell'alba.



*Inutile alludere a 'Big girl, you are beautiful'.




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