I missed You
Erano
anni che non lo vedevo.
Di
persona, si intende.
Ovviamente,
non ho mai perso la minima
apparizione televisiva…e tutti i concerti ai quali ho avuto
la possibilità di
andare.
Succede
sempre così…lui fa strada…e lei si
ritrova ad essere l’ex- migliore amica del frontman di una
band di successo.
All’improvviso…la
persona con cui condividevi
tutto, diventa un’estranea…che potresti benissimo
incrociare per strada, senza
accorgerti del suo passaggio.
E
per lui…molto probabilmente…sarà
così.
Mi
piace osservarlo mentre parla e ride con la
gente…mi ricorda quando lo faceva con me.
Sono
passati secoli da quando io, Joel e Benji
giocavamo per le strade di Waldorf.
Ricordo
ancora le lotte per conquistare il
triciclo più colorato o quando, finalmente un po’
più grandi, mettevamo insieme
i soldi per comprare il nuovo cd dei Rancid, facendo a turno per
ascoltarlo.
Li
adoravo.
Erano
i migliori amici che si potessero
desiderare.
Sempre
presenti, con il loro accento da East
Coast e il loro sorriso stupendo.
Ma
molte cose sono cambiate da allora.
Ormai
li chiamano: la band leader del pop-punk,
i gemelli più sexy del pianeta.
E
chi più ne ha più ne metta.
Insieme
a Billy e Paul hanno messo su un
bell’affare, non c’è che dire.
E,
mi sembra naturale, sono la mia band
preferita.
Ma,
per prima, sono io ad essere cambiata.
Seduta
in questo locale…drink in mano.
Le
mie unghie smaltate di nero sono l’unica
cosa rimasta al proprio posto.
I
riccioli castani che un tempo mi ricadevano
sulle spalle, coperte da maglie dei Ramones o dei Misfits, hanno
lasciato il
posto a delle ciocche viola e nere leggermente mosse.
Un
tempo portavo gli occhiali, ora non più.
Lentine
fastidiosissime, fanno ormai parte del
mio stile.
Continuo
ad osservarlo e sorrido, pensando che
se il Joel presente si voltasse adesso, mi inviterebbe sulla pista
senza
pensarci due volte.
Il
Joel che conoscevo un tempo, avrebbe un
violento calo di zuccheri.
So
di non essere più la stessa.
La
ragazzina di qualche anno fa non si
avvicinerebbe mai, come invece sto facendo io in questo momento.
Sono
già a metà strada e ancora non me ne sono
pentita.
Dovrei
fermarmi, tornare a sedere, finire il
mio drink e pagare velocemente.
È
solo ormai.
Consuma
il Margarita che ha davanti,
perdendosi in pensieri fissando il bicchiere.
La
maggior parte della gente qui dentro, è
abituata ad intravedere Vip seduti ai tavoli.
Mi
è capitato più volte di scambiare due
chiacchiere con Sebastien Lefebvre o fare una foto con Jared Leto.
Ma
Joel Reuben Madden non aveva mai varcato
questa soglia prima d’ora.
Contro
ogni aspettativa anche da parte mia, mi
siedo accanto a
lui, facendo cenno al
barista di avvicinarsi.
-Ciao,
bella serata, vero?…Perché non mi offri
qualcosa?- domando spudoratamente, mordendomi il labbro inferiore.
Lui
annuisce e, sorridendo, si allontana.
In
questi anni ho imparato ad essere schietta,
esplicita, questi arrogante.
Eppure…mi
accorgo di essere arrossita al solo
pensiero che un semplice movimento, adesso, basterebbe a farci sfiorare.
Non
so se voltarmi, cercare di parlargli,
invitarlo a ballare.
Stento
a credere che mi potrebbe riconoscere.
E
non sono sicura di volerlo realmente.
Insomma…lui
ha la sua vita ormai.
Cambierebbe
niente se adesso mi voltassi e,
con un enorme sorriso stampato in volto, gli dicessi “Hey,
Joel!!! Cazzo,
quanto tempo!! Ti ricordi di me?? La tua scimmietta??”.
Ne
sarebbe contento..ne sono sicura..!
Ma,
dopo avermi offerto da bere ed augurato
fortuna per la vita, se ne andrebbe…lasciandomi ancora
più delusa di quanto non
sia già.
Il
ragazzo torna con un in mano un flute
riempito di liquido rosato.
Alzo
lo sguardo e, con un cenno del capo, lo
ringrazio.
Rimane
lì impalato, come a volere conferma che
mi piaccia.
Sarà
un suo esperimento.
Annuisco
e appoggio le labbra al bicchiere,
lasciando per un attimo che l’odore dell’alcool si
trasmetta al cervello.
Poi
mi bagno di poco il palato ed un intenso
aroma di pesca mi fa rabbrividire.
-Allora?-
mi chiede, speranzoso.
-Come
ti chiami?- domando, prima di un sorso.
-Luke…-.
-Luke…tu
hai talento!!- rispondo allora,
facendolo sorridere.
Lo
imito a mia volta, continuando a tenere il
bicchiere in mano, facendovi rigirare lentamente il liquido
all’interno.
Qualcuno,
poco lontano, attira la sua
attenzione e si allontana.
Adesso
sono io ad essere sola con i miei
pensieri ed il mio bicchiere.
Evitando
di alzare il capo, sposto leggermente
lo sguardo alla mia sinistra e sgrano gli occhi nel notare che Joel ha
finito
il suo drink e mi fissa divertito.
Ha
appoggiato un braccio al bancone, voltandosi
completamente verso di me e, adesso, attende che mi volti.
Classica
tecnica di abbordaggio da bar.
Oppure,
mi ha semplicemente riconosciuto.
Vorrei
sprofondare.
Sì,
avvicinarsi è stata una mia idea…ma…
-Ciao...!-
mi dice, come ad informarmi di aver
capito benissimo che mi sono accorta di lui.
Faccio
un respiro profondo, chiudo gli occhi,
li riapro lentamente.
Poso
il bicchiere sul marmo nero del bancone e
mi volto, sfoggiando una delle espressioni più gentili ed
innocue possibili.
-Ciao…-
rispondo fievolmente, schiarendomi poi
la voce.
Continua
a fissarmi sorridendo.
Rallegrato
dalla mia reazione smarrita,
probabilmente.
Non
dice niente, si limita a guardarmi negli
occhi, senza levarsi quell’espressione ebete dalla faccia.
Se
mi ha riconosciuto…non ci metterà molto a
sferrarmi un pugno sul braccio e saltarmi addosso…come
abbiamo sempre fatto…
…come
facevamo sempre…
Trattengo
il fiato.
Perché
sono stata così affrettata nel
giudicarlo?
Insomma...è
stato il mio migliore amico per
ben 17 anni…
Gli
sarà pur rimasto qualcosa.
-Io
sono Joel Madden…!- mi dice invece,
facendo sbiadire, anche se di poco, il mio sorriso.
Mi
porge la mano ed io mi sento morire.
Cazzo.
“Piacere,
Hailey…mi sa che ci conosciamo
già…”
sarebbe l’ideale…eppure…
-Io
sono Eva…piacere mio! Ma non ti ho già
visto da qualche parte?-.
Ed
eccolo che parte con la sua solito
modestia.
-Se
segui i media, sicuramente.-.
Cerca
spudoratamente di fare colpo!
Esattamente
come lo ricordavo.
-Attore…?-
e a questa ha una risatina sommessa.
-Qualche
volta! Ma più che altro…canto!- mi
risponde, aggiustandosi il colletto della camicia.
-Ah…ma
tu non sei…quello…che ha un gemell…-.
-Benji!-
mi precede –Io, però, sono quello
bello ed intelligente!-.
Non
è cambiato di una virgola, questo ragazzo.
-Ne
sono certa!- lo assecondo allora, ridendo.
Rimaniamo
per un attimo in silenzio, fissando
il vuoto sotto i reciproci sgabelli.
Una
volta ci succedeva soltanto dopo aver
parlato molto, quando entrambi rimanevamo a riflettere sulla
discussione appena
avuta.
All’improvviso,
però, lui alza la mano per
attirare l’attenzione del ragazzo di prima.
-Lascia
che ti offra qualcosa…!- mi dice,
sporgendosi sul bancone.
Non
controbatto subito.
Aspetto
che Luke sia abbastanza vicino.
-Dopo
quello che mi ha portato lui…non credo
di riuscire a sopportare qualcos’altro…!- rispondo
raggiante, lasciandolo
deluso. –O ci tenevi a farmi ubriacare per poi approfittarti
di me?-.
Ride.
-Di
solito non ho bisogno di questo genere di
trucchetti…- risponde a tono, facendomi arrossire.
Ho
sempre saputo della sua sfacciataggine con
le donne…ma non ero mai stata nei panni della diretta
interessata.
Il
barista ci fissa per qualche secondo, poi,
decide di non intromettersi nella discussione.
E
adesso…?
Dovrei
ringraziarlo di tutto, uscire dal
locale e dalla sua vita…? Questa volta definitivamente.
Ci
ho parlato dopo anni, finalmente.
Potrebbe
anche bastarmi.
-Ehy…scherzavo…-
dice allora, causa il mio
mutismo.
Scuoto
la testa e annuisco, continuando a
fissare il bancone.
Sento
il suo sguardo su di me e non posso fare
a meno di abbozzare un sorriso.
Prende
il mio silenzio come un invito a
chiudere l’argomento e, da bravo Madden, ne comincia uno
nuovo.
-Come
mai una fanciulla come te, sola in un
locale come questo..?- mi domanda ed io alzo di scatto la testa nella
sua
direzione.
-E
cosa ti fa pensare che sia sola…?- ribatto
a mia volta, come offesa.
-Il
fatto che è una buona mezzora che ti
fisso…indeciso se avvicinarmi o
no…e…nessuno è arrivato a farti
compagnia…-
risponde, inarcando un sopracciglio.
Beccata.
Eppure..non
ho mai reputato strano venire al
locale da sola.
Di
solito lo faccio con le amiche.
Ma,
se mi capita, prendo la borsa e vengo qui,
così, senza uno scopo preciso.
-Ah…e
così mi fissavi?-.
-Colpito!
Sì, lo facevo! E anche da parecchio!
Ma sembravi non accorgerti del bel ragazzo seduto al
bancone…-.
-Bel
ragazzo? E perché è andato via? Giuro che
non era mia intenzione ignorarlo!-.
Ha
messo il broncio. Ci avrei scommesso.
Se
non avessi trascorso i primi diciassette
anni della mia vita in compagnia di questo ruffiano, lo ammetto, sarei
già
caduta nella sua rete.
-Lo
so di non essere il massimo…ma detto
così…- finge di piagnucolare, rivolgendo uno
sguardo implorante anche al povero
Luke, che stava asciugando dei bicchieri e adesso si allontana
scuotendo la
testa.
Rimaniamo
così, immobili, a fissarci.
Quella
piccola lucina nei suoi occhi, quel
riflesso che rende il suo viso e il suo sorriso ancora più
speciali, guizzano
allegramente alle luci della pista da ballo…ed è
come se mi spingessero a
saltargli al collo e sperare che tutto possa tornare come una volta.
Quando
sbucava in camera mia ed io, nel bel
mezzo di una ricerca di chimica, lo trascinavo fuori dalla porta
promettendogli
una serata all’insegna di film e patatine se soltanto mi
avesse lasciato
continuare.
Quando,
dopo una notte insonne, scavalcavo dal
mio balcone per comparire nel suo letto e stringerlo forte.
Mi
chiamava “ la sua scimmietta”.
Ed
io odiavo quando lo faceva.
Ma
adoravo il modo in cui lo diceva.
-Ti
va di scendere in pista…?- domanda, con un
cenno del capo.
Declino
l’invito con un semplice sguardo,
quando lui ormai è in piedi.
-Scusa…ma…non
amo dimenarmi in mezzo alla
gente…- aggiungo poi.
Trae
un sospiro di sollievo che non mi aspettavo.
-Speravo
lo dicessi…-.
Sorride.
Ed
è qui che mi blocco.
Toccherebbe
a me parlare…come in ogni
conversazione che si rispetti.
Invece,
mi limito ad uno sguardo
interrogativo.
-Colpito
ancora una volta!- dice,
tossicchiando. –Semplicemente…non va neanche a
me…!- aggiunge, e torna a
sedersi.
-E
cosa ti va di fare, invece?- domando,
ritrovando finalmente il senno.
-Vorrei…vediamo…saltare
su un aereo diretto in
Italia! Atterrare a Roma ed attraversarla a piedi, ammirandola
illuminata dalla
notte! Credi sia fattibile?-.
Scuoto
la testa, facendo di tutto per sembrare
scioccata, e lui ride.
In
realtà…con me faceva sempre questo genere
di sogni.
Sedevamo
davanti ad una gigantesca busta di
marshmellows e parlavamo di tutto ciò che avremmo voluto di
irrealizzabile.
Adesso,
naturalmente, gli basterebbero due
minuti per prendere il telefono e qualche ora per arrivare a Roma.
Ma
il fatto che, in questo momento, sia il
Joel che conoscevo, mi fa rabbrividire.
-E
allora, sai cos’altro vorrei? Uscire da qui,
ti va?-.
Sgrano
gli occhi e, dalla sua espressione, ne
sembra divertito.
-Scusa…?-.
-Che
c’è di male?? Dai, vieni?-.
Detto
questo mi prende per un braccio e, dopo
aver lasciato qualcosa all’entrata, mi trascina fuori.
L’aria
frizzante delle serate di agosto mi
invade i polmoni.
Non
faccio nemmeno in tempo a rendermi conto
che tiene ancora la mano intorno al mio polso, che lo molla
delicatamente.
-Dove
vuoi andare?- mi domanda, probabilmente
indicando il parcheggio con un cenno del capo.
Fa
per prendermi nuovamente il braccio, ma io
lo ritiro.
-Aspetta!
Che ti è preso? Non mi conosci
neanche…- dico, senza riuscire a dare
un’espressione alla mia frase.
Scuote
il capo.
-Uno
squallido locale all’ultimo grido, ti
sembra il posto ideale per conoscere una persona?-.
Sorrido.
Forse
ha ragione.
Non
deve per forza essere al corrente della
mia vita per decidere di trascorrere la serata con me.
E
poi, lui è Joel Madden.
Il
ragazzo che un tempo doveva implorare sua
madre per rimanere a casa da scuola quando non era riuscito a capire la
lezione
e aveva paura di prendere un brutto voto, adesso può
ottenere tutto ciò che
vuole con un semplice sguardo.
Prende
la mia reazione per un permesso a
continuare e, così, mi trascina fin l’altro lato
della strada, quasi correndo.
-Visto
che non rispondi, decido io il posto!-
quasi grida, per farsi sentire.
Potrei
annuire, adesso, ma non mi vedrebbe
ugualmente.
Ed
ecco la sua auto.
Non
me ne intendo. Per niente.
Non
ho neanche la minima nozione che mi
permetta di individuarne il nome.
Ma
è nera…ed è quella che ha sempre
desiderato.
Ne
sono certa.
Non
sarò un’esperta. Ma ne ho viste molte,
foto di auto simili a questa, girare per casa mia tra le mani dei
gemelli
pestiferi.
Rimango
immobile, mentre lui continua a
camminare.
Mi
ha lasciata andare, pensando che ormai
fossi in grado di trovare la direzione da sola.
Ma,
mi sento ancora troppo a disagio.
Mi
sembra ancora tutto inverosimile.
Cinque
minuti fa, sedevo ad un divanetto con
il mio drink in mano, aspettando che la serata trascorresse senza
troppe
complicazioni.
Qualche
secondo dopo, sedevo al bancone con
davanti Joel Madden, il mio migliore amico di sempre, che
però non riesce a
riconoscere la sottoscritta fin troppo diversa, sperando che la serata
continui
a trascorrere senza complicazioni e, magari, qualcosa da raccontare.
Adesso,
mi accingo a sedere nell’auto del
sopracitato artista, senza il più piccolo argomento da
trattare, quasi certa
che la serata avrà fin troppe complicazioni.
-Dai,
salta su!-.
Ha
messo in moto, e mi indica il sedile con la
mano. –Non ti mangio mica!-.
Cedo,
aprendo lo sportello per, dopo qualche
esitazione, adagiarmi su quella pelle profumata.
-Mi
sento tanto una groupie…- sospiro in tono
scherzoso, evitando di incontrare il suo sguardo.
-Tranquilla!
Non sono tutte groupie quelle che
mi porto a letto!- ride.
Sussulto,
ma mi rendo conto di essere stata io
ad averlo provocato e che il suo era, certamente, un modo altrettanto
spiritoso
per rassicurarmi del contrario.
In
ogni caso, non riprendo l’argomento, lasciando
calare il silenzio all’interno dell’abitacolo.
Non
ho la minima idea su dove mi stia portando
e guardo raramente la città che ci scorre intorno.
Le
luci quasi mi abbagliano, ed evito di
incontrare le insegne dei negozi, alimentate 24 ore su 24.
Avrei
tante cose da dirgli.
Raccontargli
del college, della mia nuova casa
qui a Los Angeles, dei miei nuovi amici, delle delusioni
d’amore di cui non è
mai potuto essere al corrente e, di conseguenza, tutti gli stronzi a
cui, un
tempo, sarebbe stato lieto di spaccare la faccia.
Sono
ancora tentata di sbottare con un
semplice “Cacchio, Joel!! Ma allora sei proprio cieco! Non
hai ancora capito
chi sono??”.
Ma
capisco che non è il caso quando ormai sono
arrivata a sfiorargli la mano con il favore del buio.
-Ti
dispiace se mettiamo su un cd?- mi domanda, riportando sul volante la
mano che
ancora stavo fissando.
Scuoto
velocemente la testa e subito dopo
annuisco, deglutendo.
Ho
sempre adorato la sua risata.
E
stasera ha riso molte volte.
In
un momento di egoismo vorrei pensare che
abbia riso per me…non di me.
Sporge
lo sguardo verso il vano del cruscotto,
mentre cerca di stare attento alla strada.
-Scusa…potresti
passarmi…ecco…quello a
destra…? L’ultimo…!-.
Annuisco,
stranita dal fatto che me lo abbia
chiesto, ed allungo la mano verso la sua collezione da auto.
Non
posso fare a meno di sorridere.
Sex
Pistols.
Glielo
porgo, ma scuote la testa.
-Potresti
inserirlo tu, per favore…?
Preferisco stare attento alla strada.-.
Per
un attimo, mi sembra sorrida anche lui.
E,
tenendo il ritmo di “Belsen Was a Gas”, mi
adagio sul sedile, godendomi il fascino di questa città
illuminata dalla luna.
*
Quando
riapro gli occhi, tutto ciò che riesco
a distinguere dall’oscurità che mi circonda,
è la gigantesca insegna di un fast
food.
A
prima vista, sembra che l’auto sia ferma in
un terreno di campagna, abbandonato da tutto e da tutti.
Non
ricordo il preciso istante in cui sono
caduta tra le braccia di Morfeo e, non posso negarlo, se me ne fossi
accorta in
tempo, avrei fatto di tutto per impedirlo.
Non
è proprio l’ideale, per qualsiasi essere
umano di sesso femminile, ma anche maschile, perché no?,
essere invitata a
passare la serata con Joel Madden ed addormentarsi sul sedile anteriore
della
sua auto che ancora profuma di nuovo.
Sarà
anche vero che il Joel Madden in
questione, la prima volta che ha preso in mano un volante, era quello
della mia
vecchia, anzi vecchissima, Cadillac…ed il sopracitato, al
tempo, ha avuto
l’immane capacità di schiantarla contro il muro
della scuola... Ma la regola
vale ugualmente.
Mi
guardo intorno e non lo vedo in giro.
Non
è un posto eccessivamente illuminato e non
riesco proprio a capire il motivo per cui una
“celebrità” come lui si sia
fermato in un posto del genere.
Fa
uno strano effetto la parola
“celebrità”…
Ma…è
quello che è diventato ormai.
Era
il suo sogno…ed è arrivato dove solo pochi
riescono.
Inutile
dire che sono felice per lui.
Il
mio Joel.
Ed
è proprio questo il momento in cui scatta
la consueta gelosia.
Il
senso di possessività nei suoi confronti.
Ma
è normale provare questi sentimenti per
colui che per te è sempre rimasto la persona più
importante sulla scala degli
affetti.
Il
tuo punto di riferimento.
La
spalla su cui piangere.
-Ti
sei svegliata!!- esclama, mettendo dentro la
testa dal finestrino.
Sorrido
lievemente mentre mi porto una ciocca
di capelli dietro l’orecchio.
Rimango
a fissarlo in attesa che parli.
-Ti
va di mangiare qualcosa…?- mi domanda
infatti, indicandomi, con l’apertura del braccio, il piccolo
locale dall’insegna
a forma di bibita gigante, a cui manca qualche lucina.
Inarco
il sopracciglio con fare interrogativo.
Mi
ci fionderei subito…ma…
Che
gli è saltato in mente??
-Qua…?-
chiedo, fingendomi stupita.
-Lo
sapevo…- inizia, aprendo la portiera e
facendo per sedersi. –A prima vista mi sei sembrata una di
quelle
ragazze…sai…quelle che preferiscono un
bell’hamburger, invece di una serata al
ristorante…ma…non ne ero davvero
sicuro…-.
Detto
questo si accomoda e poggia le mani
sullo sterzo, emettendo tutta l’aria che ha in corpo.
È
davvero questa la loro vita…?
Sono
acclamati dalla metà del mondo abitato,
fanno concerti in qualsiasi locale o stadio che sia, possiedono
strumenti,
case, auto, anche singoli orologi, che da soli ammontano allo stipendio
che potrei
guadagnare in tutta una vita…ma sono ancora capaci di
tornare i vecchi ragazzi
della Est Coast quando meno te l’aspetti.
-No…nono..non
hai capito!-.
Questa
volta è lui ad assumere un’espressione
interrogativa.
-Io,
sì, cioè…certo che preferisco
centomila
volte questo posto ad un qualsiasi ristorante, ma, tu,
insomma…credevo, credevo
che fossi diverso…ecco tutto…-.
Sono
riuscita ad impappinare una cazzata, come
se avessi dovuto cantare l’inno degli Stati Uniti
d’America davanti al
Presidente.
-Questo
significa che entrerai al…al “Pianeta
della Pizza”…?-.
-Entrerò
al “Pianeta della Pizza” con te!-
sorrido.
Dove
sono finite le storie da groupie?
I
momenti che durano solo una notte e poi
svaniscono nel nulla, come se niente fosse accaduto…?
O
almeno…dove finiranno…?
Esco
dall’auto e le mie All Star poggiano
sulle pietre di questa strada sterrata.
Non
vesto mai in maniera eccessiva.
La
mia tenuta da “Serata da sola all’Hard Rock
Café”, può benissimo trasformarsi in
“Serata al fast food con Joel Madden” o,
più semplicemente, “Serata al fast food in
compagnia della mia immaginazione”.
Entriamo
e un leggero sottofondo musicale ci
avvolge.
È
uno di quei posti che generalmente si vedono
nei film.
Un
vecchia signora vestita di rosa, con il
grembiulino bianco e il blocco per le ordinazioni in mano, tiene una
mano
appoggiata al bancone mentre guarda, come anche il signore seduto
davanti a
lei, l’ultima edizione del telegiornale notturno.
Non
vedo nessun altro, a parte una coppia un
tantino stagionata.
La
moglie si è appena alzata ed ha alimentato
le casse del Jukebox a monete da mezzo dollaro e voce di Frank Sinatra.
Credevo
che posti del genere non esistessero
ormai più.
Ma
ammetto che è il genere di locale ideale
per chi, come lui, vuole passare una serata tranquilla evitando di
farsi
rincorrere da Paparazzi alla ricerca dell’ultimo scoop.
-Si
accomodi, signorina…!- dice, spostando la
sedia da sotto il tavolino quadrato ed indicandola con la mano.
Lo
ringrazio con lo sguardo e sorrido.
Non
passano che pochi secondi per vederlo
seduto davanti a me, intendo a fissare una macchiolina di ketchup
proprio al
centro del tavolo.
Prende
un tovagliolino dal distributore e,
dopo averla ripulita, me lo lancia contro.
-Come
osi??-.
Spalanco
la bocca e ripeto il suo gesto, cosa
che lui imita ancora.
Alla
fine, glielo infilo dentro il colletto
della camicia, ridendo.
-Volete
ordinare…?-.
Il
tono seccato e leggermente insonnolito
della cameriera confetto, ci riporta alla realtà.
Sono
quasi le due di notte ed ancora non ho
toccato cibo.
Ci
voltiamo simultaneamente, con la bocca
aperta come due pesci lessi.
-Sì…certo…allora…-
inizia Joel, tentando
inutilmente di darsi un tono. –Credo che patatine e cola
bastino…-.
Mi
guarda, sorridendo.
-No…no…bastano
per te, caro mio…Io voglio un
hamburger, grazie!- sbotto, mettendo le mani sul tavolo.
La
donna annuisce, appuntando il tutto e si
allontana.
Non
ho molto da dire adesso e, a quanto pare,
neanche il signorino.
È
rimasto incantato a fissare la strada.
O
meglio…adesso sbuffa, prende il tovagliolino
di prima ed inizia a giocherellarci, prima di aprire bocca per parlare.
-Eva…?
Ma proprio…Eva…? O è il diminutivo di
qualcosa…?-.
Alzo
lo sguardo e rimango in silenzio per
qualche secondo, soltanto guardandolo.
-Soltanto
Eva..-.
-Mi
piace!- esclama.
Gli
sorrido.
Non
esiste una vera e propria risposta ad
un’affermazione del genere.
Il
proprio nome non lo si sceglie.
C’è
qualcuno che lo fa per te, prima ancora
che tu comprenda la funzione di quella parola che tutti usano per
attirare la
tua attenzione.
Anche
se in questo caso sono stata io a
chiamarmi così…o meglio, a dare
un’identità a colei che sono per questa sera.
-Pensavo…che
ancora non hai risposto alla mia
domanda…Come mai eri sola stasera al locale…?-.
Credevo,
anzi, speravo che se ne fosse
dimenticato.
Ma
ero io ad aver scordato che i gemelli
Madden non dimenticano mai.
Distolgo
lo sguardo per un attimo.
-Non
mi accade spesso…- mento. –Ma stasera
avevo voglia di starmene sola…magari abbordare qualche bel
giovane…- sorrido.
-E
non lo hai trovato…?-.
-Oh,
sì, certo…ma è andato via prima che
potessi avvicinarmi…!-.
Si
solleva leggermente dalla sedia per
allungarmi un buffetto sulla guancia.
-Umorismo
tagliente…- sottolinea, piegando gli
occhi in una smorfia divertita.
-Come
pochi!- rispondo, mentre la cameriera
torna con le nostre ordinazioni.
Sono
ore che non tocco cibo.
Afferro
il mio panino e, senza fiatare, lo
addento con la soddisfazione nello sguardo.
So
che mi sta fissando…come so che sta
sorridendo.
Sorride
alla mia espressione buffa.
Lo
faceva sempre.
-Lo
sai…quando ti guardo mi sento
strano…felice…- mormora, dando un morso al suo
panino.
Deglutisco
in fretta senza masticare,
inarcando un sopracciglio.
Controllo
l’orologio sullo schermo del
cellulare ed esordisco.
-Mi
conosci…esattamente da un’ora e mezza…-.
So
di aver assunto un’aria scettica e non me
ne pento.
-Cazzo,
Eva…sarà l’ottantesima volta che
sottolinei questo punto…! Me la vuoi dare
l’opportunità di conoscerti o no??-
ride.
Detto
questo si alza, mi afferra per il
braccio e mi fa mollare la cena sul piatto, tirandomi.
-Hey!!
Io non ho finito il mio panino!!- lo
rimprovero, ma lui non mi ascolta.
Mi
trascina fuori dalla porta, mentre continuo
a fissare con rimpianto il tavolo.
Tempo
due minuti e siamo di nuovo in
autostrada.
Non
fiata, solo sorride.
Lo
fisso come incantata, mentre tiene d’occhio
la strada.
Solo
la luce della luna ad illuminare
l’abitacolo.
Chissà
a cosa sta pensando…?
E
mi ritrovo a chiedermi come ancora stenti a
riconoscermi…
Distolgo
lo sguardo, indignata per qualcosa
che lui non può capire.
Ma
in fondo ha ragione…non sono più la stessa.
-A
che pensi…?- mi domanda, rivolgendomi
un’occhiata veloce.
Sono
seduta poco delicatamente sul sedile e ne
sono consapevole.
-A
che penso…? Mmm…mi chiedo dove mi stai
portando, Madden…-.
Sì…va
bene come risposta.
Sono
fiera di me stessa…!
Sto
imparando.
Scuote
la testa.
-Ti
fidi?-.
-Di
un pazzo conosciuto meno di due ore fa…?
Per niente, ciccio…-.
Ride.
-E
fai bene!-.
*
Non
ci abbiamo messo molto ad arrivare.
O
almeno…se era questo il posto dove dovevamo
proprio approdare.
E’
buio pesto.
Non
riesco ad individuare la forma di nulla
che stia qui fuori.
Ma
Joel non sembra per niente confuso.
Spegne
il motore e si volta verso di me.
-Allora…?-
domando stranita.
Piega
la testa da un lato.
-Vuoi
vederla una cosa…?-.
-Attento,
Madden…che finiamo suoi
giornali...!-.
Ride
ancora.
-Ma
esci, scema!-.
Scende
dall’auto, scomparendo dalla mia vista.
Qualche
secondo e viene ad aprirmi la
portiera.
-Dove
siamo…?- chiedo, questa volta
timidamente.
-Aspetta
di svoltare l’angolo e mi amerai!-.
Deglutisco.
Idiota.
-Solo
un gigantesco Mc Donald’s…in questo
momento…riuscirebbe a farti amare da me…-
rispondo a tono, evitando di lasciare
troppo silenzio tra una frase e l’altra.
Dove
è finita la mia sicurezza…?
-E
allora niente amore, temo…! Ma…- inizia,
prendendomi per mano e trascinandomi dietro di sé.
Non
completa la frase.
Sento
la terra fresca sotto le scarpe.
Il
suo profumo.
-Che
schifo di posto è questo, Madden…?- mi
lamento, inciampando tra le radici che intralciano il mio passaggio.
Ma
lui non risponde.
-Joel…in
quale discarica mi stai portando…?
Vedi che così non fai colpo su una ragazza…! Le
fai prendere un colpo!! Sto
morendo dalla paura!!-.
Continuiamo
a camminare nella penombra, prima
che lui mi spinga in avanti, facendomi svoltare a quello che sembra un
albero.
E
trattenere il fiato…è tutto quello che posso
fare.
Forse
non aveva tutti i torti.
È
come se ogni cosa, intorno a me, si fosse
fermata.
Vedo
la città stagliarsi di fronte a me, con
la sua luce, il suo movimento, mentre io, quassù, sono
avvolta dal silenzio.
È
una sensazione che non avevo mai provato.
Quella
di sentire i clacson così lontani da
sembrare solo un’illusione.
Quella
di essere accecata dal bagliore delle
insegne in lontananza e, un attimo dopo, potersi voltare e scrutare la
collina
circostante immersa nel buio.
O
forse…è l’essere qui con lui che mi fa
provare tutto questo come se fossi una bambina ancora alla scoperta del
mondo…?
-Eh..?
Com’era…? Discarica…?-.
Mi
tira uno schiaffetto sulla nuca, andando
avanti e sedendosi sulla terra.
Non
bada alla marca jeans che indossa, al
tessuto della camicia che sta macchiando, forse irreparabilmente.
E
mi sembra di essere tornata a qualche anno
fa.
La
piccola differenza…è che, questa volta, lui
non mi tratta da migliore amica.
-Ti
siedi…o preferisci fare la muffa lì
impalata…?- domanda, senza voltarsi.
Sarei
tentata di non rispondere, ma mi
avvicino lentamente e lo imito.
Da
qui la città sembra il triplo di quanto non
sia già.
Mi
chiedo se anche il fast food sperduto non
fosse già premeditato per arrivare in questo posto stupendo.
-Ci
tratti tutte così…?
Cioè…è qui che porti
tutte…?-.
Voltati
e guardami male adesso.
O
fammi il broncio.
Continua
a scherzare con me, ti prego.
E
invece no.
Rimane
immobile, guardando dritto dinanzi a
sé.
-Madden,
scusa…io scherzavo…non te la prend…-
-Ci
ho portato solo te…se è questo che vuoi
sapere…- mi interrompe freddamente.
Abbasso
lo sguardo, pentita di aver parlato
troppo.
Pentita
di aver abusato di ciò che mi sta
dando adesso.
Rimaniamo
in silenzio per minuti che sembrano
interminabili.
E
proprio quando sto per prendere parola per
chiedere scusa ancora una volta, lo sento ridere sommessamente.
Lo
guardo stranita, mentre la risata si fa
sempre più fragorosa.
È
ormai sdraiato e si tiene la pancia con le
mani.
-Ma
te l’ha mai detto nessuno che fai proprio
domande da grandissima stronza…?-.
Si
sta proprio sbellicando.
Ebete.
-Ah,
io sarei stronza???? Mi hai fatto
mortificare, deficiente!!!!! Non sapevo come scusarmi, cretino!!!!- e
con
questa, comincio a sferrargli pugni in pieno petto, che sortiscono
l’unico
effetto di farlo divertire ancora di più.
Mi
metto in ginocchio per sferrare con più
energia, ma non ne vuole sapere di smetterla.
-Stronza
a me…- continuo a
mormorare.
-Esattamente…!-.
Passano
un paio di minuti prima di perdere
entrambi le forze.
Mi
sdraio accanto a lui, rivolgendo lo sguardo
alla luna.
Lo
sento ancora riprendere fiato, con qualche
spasmo di risata ogni tanto, prima che il respiro torni regolare.
-In
fondo non hai tutti i torti…-.
È
tornato serio.
-Insomma…da
come la vedete voi… “me ne faccio”
una a sera, giusto…? E forse c’è un
fondo di verità…-.
-Se
con “voi” intendevi dire “comuni
mortali”
ti spacco il naso, sia chiaro…-.
-E
poi si lamenta se la chiamano stronza…-
commenta ad alta voce. –Intendevo “voi”.
il mondo…quelli che non mi
conoscono…-.
Lo
ammetto.
Questa
ha fatto davvero male.
-Forse
è perché sei tu che ti poni in questa
maniera…con la faccia da schiaffi che ti
ritrovi…- rispondo allora,
recuperando.
-Sarò
anche io…ma non mi va di essere preso
come un idiota mollaccione…-.
Rimane
in silenzio per qualche secondo.
-Insomma…l’unica
cosa che volevo era fare
musica…trasmettere agli altri quello che
provavo…la celebrità viene dopo…Passa
in secondo piano a tutto, quando sto davvero bene…-.
-E
adesso stai bene…?-.
Sorride.
-Non
lo so…-.
Si
solleva per un attimo, mettendosi su un
fianco per potermi parlare meglio.
-Ma…ti
ho portato qui per mia iniziativa… non
c’entra niente, adesso, essere il cantante di qualsiasi
band…-.
Ed
è qui che le mie barriere crollano
totalmente.
Sorrido.
Lo
faccio sinceramente.
Forse
perché è ormai troppo vicino.
Forse
perché, sì, desideravo da ore questo
momento.
-Mi
prendi a pugni se lo faccio…?- mi
sussurra, vicino all’orecchio.
Scuoto
la testa.
Chiudo
gli occhi e aspetto.
Aspetto
di sentire il suo calore.
E
non so perché gli permetto di sfiorarmi le
labbra con le sue…
Non
so perché le nostre lingue si stanno
accarezzando...
…So
soltanto che io amo Joel Madden…
…dal
momento in cui ho incontrato il suo
sguardo…
...per
la prima volta…
E
non riesco a capire cosa sto provando
adesso…
Se
gioia…
…Gioia
di averlo rincontrato…
Di
averlo qui adesso…
O
rabbia…amarezza…tristezza…
Perché
lui non sta baciando me…
Non
sta baciando Hailey… ma una sconosciuta…
Eppure
non voglio rovinare questo momento…
Lascio
che una calda lacrima mi righi il
volto, aggiungendo un sapore salato all’intreccio delle
nostre labbra…
Mi
accarezza i capelli…come faceva quando
guardavamo un film insieme…o rimanevamo sul tetto a parlare
fino a notte fonda.
Ma
questa volta è diverso.
Mi
sfiora il viso, portandomi una mano dietro
la nuca per attrarmi di più a sé…come
a non voler lasciarmi fuggire via, da
solita fan da una notte.
Sono
felice, lo ammetto…
Non
sto pensando a nient’altro che a noi
due…adesso…
So
che nessuno ci potrebbe vedere in questo
momento.
Continua
a farmi scorrere le dita lungo le
braccia…
Rabbrividisco…
E
per la prima volta…questo non è come un
ricordo già vissuto.
Non
avevo mai provato niente di simile…con
nessuno…né tantomeno con lui.
Mi
bacia, si allontana guardandomi negli
occhi, mi sfiora leggermente il collo con le labbra…
Sarebbe
fantastico dirgli chi sono proprio ora…ma
rovinerebbe tutto.
Si
fermerebbe all’istante…
E
sono egoista…
Sì…
Perché
ho bisogno di sentire che mi sta
sfiorando, ho bisogno di sentire il suo calore...le sue mani…
-Sei
convinta, adesso…?- mi domanda, senza
lasciare che le nostre labbra si separino.
Annuisco
soltanto.
Annuisco
perché ho paura di interrompere
quest’attimo..
Ho
paura di rivelare quello che ho lasciato
nell’ombra per tutta la sera…
Mi
sta facendo sentire bene…
Sembrerò
ingenua…ma voglio pensare che questo
sia solo per me…
Che
non sia quello che fa con tutte…
Che
questi baci li stiamo inventando insieme…
Gigantesca
illusione…
Passano
attimi…secondi…minuti…
Non
ricordo neanche io da quanto il mio cuore
rischia di esplodere…
Eppure…so
che ci sfioriamo ancora quando
chiudo gli occhi…
*
Non
è neanche mattina…
L’unica
porzione di sole visibile, basta a
stento ad illuminare i miei movimenti.
Ci
siamo addormentati…
Ancora
abbracciati…
Stretti
l’uno all’altra…
Come
facevamo un tempo…
Mi
sollevo lentamente, evitando di farlo
muovere troppo…
Dovrei
andare via subito…scomparire…ma non
posso evitare di guardarlo dormire…
Tiene
la guancia appoggiata sul braccio, con
un espressione dolcissima…
Lo
amo…
È
tutto quello che mi viene in mente adesso…
Vorrei
che lo sapesse…
Vorrei
che sapesse chi era quella ragazza che
“lo ha fatto sentire
strano…felice…”…
Ma
non lo rivedrò mai più…
È
questo il punto…
Lo
amo…
E
lo ringrazio per quello che ha fatto, anche
non sapendo…
Non
abbiamo fatto l’amore…
Ma
è stato ugualmente speciale…
Per
me…
Mi
ha fatto capire che sono diversa…
Non
come tutte le altre…
Che
anche io…nel mio piccolo…posso essere
importante per qualcuno…
Scatto
in piedi, rivolgendogli un ultimo
sguardo.
-Addio,
Madden…-
Evito
di perdere altro tempo.
Raggiungo
la macchina e recupero la borsa.
Alla
luce del giorno, qui intorno non sembra
poi tanto sperduto.
Ringrazio
la mia mania di non vestirmi mai al
massimo dell’eleganza, anche per una serata in un locale, e
scendo velocemente
verso quella che sembra la strada principale.
Non
c’è ancora nessuno, ma bastano pochi
minuti per raggiungere il fast food di ieri sera.
-Buongiorno…!-.
La
cameriera confetto non c’è più.
Ha
lasciato il posto ad una leggermente più
giovane e affabile.
-Buongiorno…saprebbe…saprebbe
indicarmi la
fermata dell’autobus più vicina…?-.
Mi
sistemo freneticamente i capelli,
consapevole del fatto che tutti, qui dentro, hanno intuito che non
cambio i
vestiti da ieri sera.
-Ce
n’è una proprio qua fuori…non
l’hai
notata…?- e mi indica il cartello dall’altro lato
della strada.
-Oh…oh
mi scusi…mi scusi tanto…arrivederci…-
Esco
come un razzo, senza prestare attenzione
ai richiami della donna che mi invita a comprare un biglietto.
Chi
vorrà mai controllarmi il biglietto alle
cinque del mattino...?
Pochi
minuti e l’enorme veicolo si ferma
proprio davanti a me…
-Prego,
signorina…-.
Un
signore, probabilmente diretto al fast
food, mi invita a salire quando lui ha ormai già percorso la
discesa.
Gli
sorrido, ringraziandolo con lo sguardo, e
salgo a bordo.
Non
è vuoto come mi aspettavo.
Trovo
posto accanto ad una signora con un
bambino dall’aspetto assonnato, il quale mi saluta con la
manina.
Rispondo,
ridendo.
Poi
mi appoggio allo schienale, guardando
fuori.
Strana
la mia vita…
-Signorina…mi
scusi…ha il biglietto…o desidera
acquistarlo qui…?-.
Ed
ecco il famoso controllore…
Non
potevi rimanere a casa…?
Mancavi
solo tu a rovinarmi la giornata…
-Oh…sì…lo
compro adesso…aspetti soltanto un
minuto…-.
Mi
chino sulla borsa e comincio a frugare
all’interno.
Chiavi,
cd, cellulare…
Portafogli…!
Lo
apro, alla ricerca di qualche spicciolo…
-Hey…ti
è caduto questo…-.
Il
bambino interrompe la mia ricerca,
porgendomi un foglietto.
Non
adesso…
Lo
prendo, quasi strattonandolo e consegno una
banconota al controllore.
Il
piccoletto mi guarda deluso…forse si
aspetta che controlli cos’è…
Solite
cianfrusaglie, qualche scontrino…
Forse
l’ultimo acquisto nel negozio di cd…
-Non
lo leggi…?- mi domanda.
Gli
sorrido.
-Se
proprio insisti!-.
Ma
non è il solito conto quello che ho
davanti…
Il
nome di un supermercato non figura tra le
righe…
Saranno
anche passati anni…ma riconosco ancora
la sua scrittura…
-Signorina…?
Signorina…ecco il suo
resto…signorina…mi scusi…-.
Mi
dispiace, signore…non credo di poterla
ascoltare adesso…
“Ciao,
Scimmietta…mi sei mancata…”
Storia
dedicata ad una delle persone che adoro di più al mondo.
Frutto di una serata in montagna con la sola compagnia di carta e penna.
<3
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