¿Quién soy yo?

di Kerkira2000
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Cap.1

La neve cadeva serena e silenziosa, in quel modo di cui solo lei è capace. Creava un’atmosfera di mistero e misticismo…
Odio la neve. E’ bagnata, fredda e mi fa sentire come una foglia che è stata per troppo tempo esposta alle intemperie. Non che io odi l’acqua (anzi, adoro l’oceano, i laghi, i fiumi e perfino quello stupido stagno ghiacciato vicino a casa su cui sono scivolata parecchie volte) ma la neve non la sopporto proprio, con quel suo modo di attaccarsi ai vestiti – e di penetrare anche lo strato più spesso di lana - e ai capelli - e di farmi rabbrividire fino al midollo -. Gli altri possono dire quello che vogliono, possono anche sostenere che sia l’ottava meraviglia del mondo, ma io non cambierò mai opinione: la odio, di quell’odio che c’è, ad esempio, tra il genere femminile e il calcio. E quel tardo pomeriggio di fine gennaio, caratterizzato dalla caduta imperterrita di quei fastidiosi fiocchi bianchi, non faceva che rendermi ancora più sicura della mia opinione. Nonostante mi fossi messa il mio maglione più pesante, quello di lana rossa e nera, i pantaloni felpati e gli stivali al ginocchio, percepivo il freddo come affondi di spade.
Abitavo in un piccolo paese di montagna (che ironia, direte voi) e la mia scuola, l’unico liceo nel raggio di alcune miglia, era distante parecchi chilometri da casa mia (ammesso che 2 km possano rientrare nella categoria dei parecchi). Quel fatidico giorno, dopo sette estenuanti ore di lezione, mi ero diretta tutta contenta verso la mia Blue-chine (come chiamavo il mio bolide, che altro non era se una Hyundai blu metallizzata), perché avevo intravisto dei nuvoloni portatori di neve. Girando la chiave per accenderla, mi sono accorta che la fortuna, buona sorte o comunque voi vogliate chiamarla mi aveva abbandonata: “Necessario rifornimento” recitava la scritta che lampeggiava a intermittenza . imprecai e , ricordandomi che l’ultimo ad averla usata era mio fratello Marco, mi ripromisi di fargliela pagare.





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