Note: storia nata dopo una lettura sulle piante e gli acari... Il titolo è il nome scientifico del ragnetto rosso, acaro delle piante. Longbottom è il cognome originale di Neville Paciock, è una storia Slash, ma non ci sono contenuti forti.
Tetranychus
urticae
Il
ragnetto rosso è
invisibile ad occhio nudo. Infesta le piante succhiandone la linfa
vitale,
intesse ragnatele con fili sottilissimi e impercettibili, visibili se si bagna la pianta e la si
guarda contro
luce. Le foglie gravemente colpite disseccano e
cadono
precocemente, lasciando la pianta spoglia, senza vita.
Severus aveva l’abitudine
di fare sempre lo stesso percorso
quando doveva recarsi verso le serre.
Ci
andava esclusivamente per raccogliere alcune bacche e radici che gli
erano
necessarie per le sue pozioni, ed evitava accuratamente i momenti in
cui ci
sarebbe potuto essere qualcun altro.
Camminava seguendo una linea
immaginaria che tratteggiava il
lago, poi una fila rada di alberi e infine svoltava dietro la capanna
di Hagrid
fino alla sua meta.
Predilige
alberi come
il melo, l’olmo e il pino, non disdegna le piante
più piccole e tenere. Tende a svilupparsi
maggiormente nei mesi
caldi, diffondendosi rapidamente da pianta a pianta, come un epidemia.
Non che gli studenti stessero dentro
alle serre un minuto di
più di quanto era necessario per le lezioni di Erbologia
naturalmente, ma gli
piaceva la sensazione di silenzio e calma ovattata che respirava
insieme all’odore
della terra e delle piante, nella completa solitudine di quelle case di
vetro.
Era come stare in una di quelle
chiese Babbane, dove gli era
capitato di entrare per il funerale di una sorella di suo padre, senza
però il
fastidioso odore di incenso e le nenie che venivano recitate
incessantemente
durante il rito.
A volte aveva bisogno di quel
silenzio. Con una smorfia
rivolta a se stesso doveva anche ammettere che gli piaceva affondare le
mani
nella terra, come un bambino che fa qualcosa per la quale verrebbe
certamente sgridato
da sua madre e invece la passa liscia. Come qualcosa di proibito.
Ogni tanto ne ha bisogno per sentirsi
vivo. Ogni tanto
vorrebbe dimenticarsi di essere un adulto e mandare al diavolo
chiunque, persino
se stesso.
Quel giorno, come ogni volta,
accarezza la terra calda e
corposa con la punta delle dita. La sente morbida e cedevole e
lentamente
affonda i polpastrelli, dimenticandosi la ragione per la quale vi si
era
recato.
Socchiude gli occhi e immagina che le
sue dita diventino
rigide e lunghe, come radici. Come sarebbe trarre la linfa e il
nutrimento da
essa? Immagina il suo busto come se fosse l’esile tronco di
un piccolo albero,
troppo sbattuto dal vento e per questo stanco e piegato, ma ancora
integro.
Con gli occhi ancora chiusi si vede
sopra una collina, un
arbusto solitario che oscilla, muove le fronde e ascolta il silenzio.
Si
dondola leggermente seguendo il filo della sua fantasia.
Ora è albero, è
tutt’uno con la terra ed il cielo. E non
vorrebbe essere nient’altro.
Severus si sente trascinare via
violentemente da quella
collina. Le sue radici/mani perdono il contatto con il terreno, il
vento smette
di mormorargli parole di calma e tranquillità,
perché improvvisamente si
ritrova di nuovo dentro alla serra nel terreno di Hogwarts e due occhi
stupiti
e perplessi lo fissano da molto vicino.
Per un secondo, quasi dimentica di
togliere le mani dal
grande vaso in cui erano infilate. L’imbarazzo è
grande per essere stato
sorpreso in un atteggiamento tanto intimo, proprio da un alunno.
Longbottom ha ancora la mano sulla
sua spalla, la spalla che
aveva scosso preoccupato nel vederlo in quello stato di semi-trance.
In
questo caso, le
cure devono essere tempestive. Alcuni rimedi sono efficaci
purchè vengano
applicati frequentemente.
“Si sente bene,
professore?”
“Stò
benissimo.” Risponde scortese, scuotendo la spalla e
voltandosi a prendere un panno con cui ripulirsi le mani.
“Che ci fa nella serra? Non
mi sembra che vi sia lezione a
quest’ora.”
Neville si gratta la guancia e
arriccia le labbra.
“Ho il permesso della
professoressa, sto eseguendo una ricerca.”
Dice, indicando alcuni vasi messi in fila sopra il tavolo.
Severus crede di aver riacquistato la
sua aria
imperscrutabile. Cerca di accantonare l’incidente per poterci
pensare più
tardi, in privato.
Gli occhi del ragazzo lo sfuggono
come sempre. Nonostante
ormai abbia diciotto anni e lo conosca da ben sette, non ha mai
superato le sue
paure infantili. Allora lo fissa in silenzio provocatoriamente, un
po’ per
vendicarsi della sua magra figura, un po’ perché
improvvisamente nota i cambiamenti
positivi avvenuti in quel giovane ragazzo e ne è attratto.
Riesce a catturarne lo sguardo solo
per pochi istanti e vede
una luce, una sfumatura che non aveva mai notato. Severus prova di
nuovo la
stessa sensazione che aveva provato infilando le mani nella terra.
Calma e
calore e qualcosa che lo fa sentire a posto.
Neville ha coraggio qualche volta, e
per una volta decide di
usarlo proprio in quel momento, per rispondere a
quell’incontro all’ultimo
sguardo.
Severus ha sempre ammirato il
coraggio, non può fare a meno
di alzare un sopracciglio per la sorpresa.
Decide di giocare un po’
con lui come il ragno con la mosca,
quindi si dirige
verso il tavolo da
lavoro.
Neville lo segue senza fretta,
incuriosito dal suo modo di
fare.
“Di che ricerca si
tratta?”
Neville lo affianca, grato di non
doverlo più guardare negli
occhi. Anche lui ha sentito una sensazione strana, a cui per ora
preferisce non
pensare.
Si facilita il compito afferrando uno
dei vasi e
portandoselo vicino. Le foglie rosse e larghe gli solleticano il mento
e quel
contatto lo fa sorridere incoscientemente.
“Ho incrociato due specie
diverse e questo è il risultato. Ogni
giorno studio i cambiamenti, annoto dati su quanto cresce, su quale
forma e
colore assumono le foglie.”
Neville stesso è stupito
della tranquillità con cui è
riuscito a rispondere senza fremere, accarezza con un dito il tronco
della
pianta in segno di ringraziamento.
Severus avvicina la sua mano alla
pianta e ripete il gesto
di Neville sfiorando il suo dito volutamente, salendo poi pian piano
fino alle
foglie, percorrendo il bordo seghettato di una di esse.
Ritrae il dito conscio
dell’attenzione dell’altro su di lui
e si guarda la mano.
In contro luce vede un piccolo filo
lanuginoso e si pulisce
sfregando insieme due dita.
Neville ha sentito un brivido, ma non
vuole chiedersi perché.
“Dovrai anche trovare una
cura allora. E’ malata.”
Neville guarda il professore e poi la
pianta con la bocca
semi aperta, una ruga di preoccupazione gli segna la fronte.
“Forse ho qualcosa nel mio
ufficio che può essere utile.”
Gli dice senza attendere risposta, per poi voltarsi e andar via.
Diverse
specie di
ragnetto possono procurare danni rilevanti su piante spoglianti o
sempreverdi,
erbacee o arboree.
Spesso
la sua presenza si
avverte solo quando ormai il danno
è irreversibile.
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