Il
colore del cielo in tempesta.
Erano trascorsi circa due giorni dall'ultima volta che si erano viste.
Eppure
il profumo -il suo profumo,
quel sentore quasi impercettibile, ma persistente, di vaniglia- era
ancora impresso sui vestiti.
Le
sue mani. Le sue mani sui suoi fianchi, attorno al suo collo, sui seni.
Era
stata Daphne a cercarla, quella volta.
Nel
tardo pomeriggio, mentre camminava spedita diretta -come al suo solito-
alla Biblioteca, l'aveva afferrata bruscamente per un braccio e l'aveva
trascinata in uno dei tanti passaggi segreti ormai in disuso.
Un
cunicolo buio e freddo, uno dei tanti che avevano scoperto assieme,
impegnate com'erano a nascondersi agli occhi del mondo.
Alla
luce tenue delle torce appese alle pareti, la pelle pallida della
Serpeverde sembrava brillare nella penombra.
Hermione
l'aveva guardata— gli occhi azzurri, del colore del cielo in
tempesta, le guance arrossate dalla corsa e dal calore fra i loro
corpi, i capelli lunghi, biondi e fini, legati in uno chignon fatto
all'ultimo minuto,
e
aveva considerato, in silenzio, che non ci fosse qualcosa di
più bello al mondo.
Non
riusciva a ricordare quando, di preciso, il bisogno di lei si fosse
fatto così pressante.
Si
era solo resa conto, ad un tratto, di non poterne fare a meno: era
diventata come una droga, per lei. Ormai ne era assuefatta.
Non
ne aveva mai abbastanza; dei suoi baci, delle sue carezze, del suo
profumo.
Inutile
dire che più di una volta si era ritrovata a chiedersi se ne
valesse davvero la pena.
Bruciare
dall'interno, a lungo e in silenzio, solo per il piacere effimero di un
istante.
Erano
come il ghiaccio ed il fuoco: complementari, ma che contemporaneamente
si annullavano a vicenda.
Tra
loro non c'erano mai state troppe parole, nessuna delle due era
disposta ad ammettere ciò che provava -o forse erano
entrambe troppo confuse per farlo- e d'altro canto c'erano i contatti,
le
loro mani che si sfioravano, si stringevano, a colmare i loro silenzi.
Facevano
l'amore con lo sguardo e se qualcuno avesse mai prestato attenzione ad
un loro scambio di occhiate, avrebbe visto come si cercavano, si
stringevano, come il cioccolato delle iridi di Hermione annegava
nell'azzurro degli occhi di Daphne.
Hermione
Granger fu costretta a sedersi, colpita da una fitta al bassoventre,
mentre nella mente le si affollavano pensieri e ricordi, stordendola
nell'accavallarsi di suoni ed immagini.
Ormai
gli incontri fra le due ragazze -che avevano avuto inizio circa cinque
mesi prima- si erano fatti sempre più frequenti, sempre
più spesso entrambe si erano scoperte ad avere bisogno l'una
dell'altra.
E
la Grifondoro ormai era stanca di nascondersi, stanca di mentire, lei
che aveva sempre predicato l'obbligo morale della sincerità.
Non
era sicura dei propri sentimenti, certo, ma si conosceva abbastanza a
fondo da credere che non lo sarebbe mai stata.
Era
stanca di essere un ripiego, la dose giornaliera di morfina a cui
qualcuno ricorreva perché ormai troppo assuefatto da poterne
fare a meno.
Aveva
iniziato, ed ora era decisa ad andare fino in fondo a quella storia:
ciò di cui doveva essere certa, però, era che
Daphne fosse della sua stessa opinione.
Si
alzò in piedi e raggiunse l'uscita della Sala Comune, a
quell'ora deserta, a grandi falcate, certa che si fosse fermata a
pensare a ciò che si apprestava a fare non sarebbe mai
più andata avanti.
E' ora di dissipare i dubbi,
si disse, e prendere il
coraggio a due mani finché ne ho la possibilità.
Nonostante
avesse la testa da tutt'altra parte, furono le sue stesse gambe a
guidarla, mentre il cuore prendeva a batterle come impazzito,
rischiando di sfondarle la cassa toracica.
Raggiunse
l'ala ovest del castello quasi di corsa, e dovette fermarsi per
riprendere fiato prima di iniziare a salire i trecentonovantaquattro
gradini esatti che la separavano da lei.
A
dividerla dalla cima della Torre di Astronomia c'erano in
realtà quattrocento gradini, ma Hermione Granger sapeva che,
ogni qualvolta Daphne Greengrass era sovrappensiero,
l'avrebbe
trovata esattamente sul trecentocinquesimo gradino, con lo sguardo
vacuo e una sigaretta fra le dita affusolate.
A
conferma della sua ipotesi, una scia di profumo alle vaniglia la
raggiunse già al trecentesimo passo.
« Puntuale come al solito »
mormorò la bionda con voce atona, lo sguardo fisso
su un punto indefinito davanti a lei.
« Francamente, non credevo saresti venuta. »
« A quanto pare, ancora non mi conosci a fondo. »
si limitò a risponderle Hermione in un soffio, afferrandole
un braccio e facendola alzare di scatto.
« Ma che diavolo—»
Non lasciò spazio alle parole: non l'avevano mai fatto e non
era disposta a perdere tempo prezioso proprio quella volta.
Si fece strada con avidità nella sua bocca, assaporandone il
sapore come non aveva mai fatto.
Le prese il viso fra le mani, accarezzandole la pelle come se fosse
stata la prima volta, scendendo poi sul collo ed infine sulle spalle,
seguendone la linea esile.
D'altro canto, Daphne non si risparmiò di certo. Le strinse
i fianchi, rispondendo ai suoi baci in una domanda implicita e muta.
« Che ti succede? » biascicò sulle sue
labbra dopo qualche istante, gli occhi annebbiati dal languore.
Per tutta risposta Hermione la spinse al muro, percependo l'arcuarsi
della sua schiena contro la parete fredda, e posando la fronte sulla
sua spalla.
Si concesse un attimo per riprendere fiato, per poi prendere a baciarla
dall'attaccatura dell'orecchio fino alla base del collo.
Quando, infine, alzò la testa, la Serpeverde aveva gli occhi
chiusi e la testa abbandonata contro la parete.
Alcune ciocche bionde sfuggite allo chignon le addolcivano il profilo
affilato del viso, attaccandosi alla pelle sudata e accaldata, mentre
le labbra rosse erano leggermente socchiuse alla ricerca di aria.
« Guardami. » sussurrò la Grifondoro,
posando la fronte sulla sua.
Le palpebre della bionda si aprirono di scatto, lasciandola sprofondare
in un baratro senza fine.
Come poteva annegare nel suo sguardo, restando senza respiro, eppure
desiderare di non fare altro per tutta la vita?
Sarebbe stata disposta a cadere per sempre, se si fosse trattato di lei.
« Io ti amo. »
Le strinse il viso fra le mani, costringendola a non distogliere lo
sguardo.
« E ho bisogno di sapere che tu provi lo stesso. »
Una richiesta muta nei suoi occhi. Non lasciarmi, ti prego.
Lasciami annegare, se lo desideri, ma non da sola. Non sarò
più in grado di riemergere.
« Ho bisogno di sapere che non mi lascerai.
»
Quando Daphne, sorridendo dolcemente, posò di nuovo le
labbra sulle sue, almeno per quella sera non ci fu bisogno di altre
parole.
Nessuno prestò attenzione alla sigaretta della bionda che,
sfuggitale dalle dita poco prima, continuava a bruciare.
Angolo Autrice.
Sì, lo so: la maggior parte di voi, se non
tutti, non ha mai sentito parlare di questa ship.
E' nato tutto grazie al GdR in cui partecipo— ruolo Hermione,
mentre una meravigliosa ragazza, Melania, ruona Daphne.
E nulla, interpreta meravigliosamente il personaggio della bionda
ereditiera Greengrass, e avendo i nostri personaggi molti aspetti in
comune nel carattere, ad esempio un grandissimo senso dell'onore e
della dignità,
abbiamo notato che fra loro sarebbe potuta nascere una splendida
amicizia. Si tengono testa strordinariamente. Ovviamente litigherebbero
quasi sempre, ma per il resto sarebbero due amiche fedelissime e leali.
Subito dopo ci siamo rese conto che fra loro c'era un bel po' di
tenzione zenzuale. No okay, scherzo HAHAHAHAH
Ma che comunque sarebbero state un'ottima coppia e che, comunque,
questa non sia meno assurda di quanto lo siano molte altre ship di
questo fandom.
E quindi— TADAAAN! Abbiamo battezzato questa coppia Greenger.
Adorabile, no? Questa fanfic risale ad un bel po' di tempo fa, ma non
ho voluto apportare modifiche.
Spero vi sia piaciuta! Accetto sia complimenti che critiche,
ovviamente, purché siano costruttive!
Love you always,
—afterallthistime.
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