Warnings: Hurt/Comfort,
Missing Moment 2x06, Implied Child Abuse.
N/A: Scritta
per LDF's
The Pirates,
prompt Ambientazione #01.
Till human voices wake us
La
sveglia il silenzio, una sensazione come di un respiro a stento
trattenuto. Gli occhi si spalancano nel buio e subito mettono a fuoco,
ma non subito riconoscono. La prima impressione è che i muri
si muovano intorno a lei come a volerla afferrare per i capelli, e il
suo corpo si irrigidisce d'istinto, già pronto alla lotta,
solo per rilassarsi immediatamente dopo, quando Helena riconosce la
tenda che ondeggia nel vento freddo della notte. Allora ride piano. Testa
di rapa,
dice a sé stessa.
Il
silenzio deve averlo solo sognato, però, perché
intorno a lei c'è lo scricchiolio di decine e decine di
piccoli rumori, com'è giusto che sia. Si volta per cercare
con lo sguardo la forma addormentata di Sarah e di nuovo, per un
istante, si irrigidisce senza quasi accorgersene, sicura di trovare, al
suo posto, solo un spazio vuoto. È un istante colmo di una
paura antica e sconosciuta, che però dura meno di un battito
di ciglia, perché invece lei è lì,
proprio dove dovrebbe essere.
La
paura non le dà tregua e un altro dubbio le assale la mente
subito dopo, un dubbio atroce e beffardo, e muovendosi con quanta
più cautela possibile, Helena striscia sui gomiti fino a
raggiungere la sua gemella, quindi le agita nervosamente una mano
davanti al viso per assicurarsi che stia ancora respirando.
A
tranquillizzarla del tutto ci pensa dunque il respiro profondo e
regolare di Sarah, che le sfiora immediatamente il palmo, ed
è così caldo contro la sua mano fredda, come una
piacevole carezza fatta senza toccarsi. È una bella
sensazione quel calore, e le piace moltissimo. Così rimane
lì a contare i respiri che le solleticano le dita: uno, due,
tre, quattro, ed intanto osserva il volto di Sarah, pacifico come non
l'ha mai visto prima.
Sestra.
Sorella. Strane
parole.
All'improvviso
le palpebre di Sarah fremono piano, mentre un brivido ─ probabilmente
simile a quello che ha destato Helena ─ inizia a svegliare anche lei.
Forse è soltanto la loro vicinanza, così inusuale
per entrambe. Non ci sono ancora abituate, e chissà se ci si
abitueranno mai. Intanto Helena vi pone rimedio scivolando via
velocemente e senza far rumore; una volta tornata al suo posto si posa
la mano ancora calda sulle labbra, mentre osserva sua sorella aprire
gli occhi e subito tentare di localizzarla nel buio.
«Ehi»,
borbotta Sarah con la voce rauca e un leggero sorriso sulle labbra.
«Ehi»,
replica Helena.
«Credo
di aver fatto un brutto sogno.»
«Anch'io.»
«Davvero?»,
domanda Sarah, sbadigliando e massaggiandosi il collo. «Il
mio aveva a che fare con degli zombie. Tu cosa sognavi?»
Helena
esita un po' prima di rispondere.
«L'inverno»,
dice infine, scoprendosi sincera.
Inverno.
La piana desolata che circondava il convento, i cancelli di acciaio che
sembravano recintare il mondo intero. La neve che copriva tutto, senza
lasciare via di fuga. Come una tomba. Neve, solo neve. Neve e silenzio.
Nessuno ti sentirà urlare. L'inverno uccide lentamente,
prendendoti un pezzettino alla volta, colorandoti di blu e di viola.
Non ti picchia, no, questi non sono lividi che fanno male, ti ammazzano
e basta. Come dormire. Una dura lezione imparata da bambina.
«Era
così brutto?», chiede ancora Sarah. I suoi occhi
luccicano appena nella penombra della tenda. La sua voce è
calda, proprio come il suo respiro. La mano di Helena invece
è già tornata fredda, e lei la spinge con
più forza contro la bocca e contro il naso, tentando di
riscaldarla di nuovo. Non risponde.
Sarah
non se la prende. Impara in fretta.
«Tutti
abbiamo qualche incubo strano», continua semplicemente.
«Kira, ad esempio, ha paura del mostro che secondo lei si
nasconde sotto il suo letto. Credo sia stato Felix a metterglielo in
testa. Le ho spiegato che non ci sono mostri sotto i letti, e sai cosa
mi ha risposto? Che lo sa benissimo, ma che comunque si può
dare un'occhiata giusto per sicurezza.»
Sarah
ridacchia, quindi Helena ridacchia con lei, anche se non capisce bene
il significato della storia. I mostri non se ne stanno sotto i letti,
perché dovrebbero? I mostri stanno sopra ai letti. Ti legano
le mani e ti strappano i vestiti. Ti toccano e ti graffiano e qualche
volta provano anche a baciarti, almeno fino a quando non si accorgono
che mordi. Ma se questo Kira e Sarah non lo sanno, è una
buona cosa. Molto buona.
Le
risate si spengono fin troppo presto.
«Andrà
tutto bene», mormora ancora Sarah, dopo qualche minuto di
silenzio. Frase di circostanza, ma non riesce a pensare a nient'altro
da dire, e nemmeno lei sa chi sta cercando di convincere, se sua
sorella o sé stessa. Nessuna delle due è
così ingenua. Eppure in qualche modo bisogna pur andare
avanti, e in fondo si può pur credere che, da qualche parte
nel grande e magico disegno dell'universo, esista una nota a
piè di pagina in cui c'è scritto che forse,
magari, con un po' di fortuna e le giuste circostanze, anche loro
possono essere felici. E avere una vita abbastanza normale. E vivere.
Sempre
senza una parola, Helena distoglie lo sguardo dalla sorella per
mettersi ad osservare gli strani disegni che le ombre formano sulle
pareti della tenda, perdendosi lungo i loro contorni per un minuto o
per un'ora. Quando si ridesta da quella specie di ipnosi autoindotta,
comunque, Sarah si è già riaddormentata. Soltanto
allora Helena torna a scivolare di nuovo verso di lei, ma questa volta
non si avvicina abbastanza da rischiare ancora di svegliarla. Solo
quanto basta perché, allungando il braccio, riesca ad
infilare la propria mano sotto quella di Sarah, rubandole
così un po' di calore.
«Sì»,
sussurra poi in risposta, anche se sa che Sarah non può
più sentirla. Andrà tutto bene. Ora sono in due.
|