Ora
i miei occhi vedono
perché
vedono te.
Bugo, Ora i miei occhi vedono.
Il giorno in cui Drake compì nove anni, Rosso non si
sentì
immediatamente più vecchio. Al contrario, trascorse una
giornata
piacevolissima con la sua famiglia e nel primo pomeriggio si
occupò
volentieri della festa di compleanno: ricevere gli ospiti,
intrattenere i genitori, sorvegliare i giochi...
Era una bella giornata e i bambini giocarono perlopiù in
giardino,
urlando e rincorrendosi e sporcandosi i vestiti. Rosso li sorvegliava
dalla porta, girandosi pensierosamente in mano un piatto di plastica
ormai vuoto, e sorrideva delle loro urla. Quanto tempo era passato da
quando anche lui aveva giocato agli stessi giochi in quel giardino,
rincorrendosi con Blu?
"Papà, papà, stasera posso andare a dormire dal
nonno? Ha
detto che domattina mi fa vedere i Pokémon del suo parco!"
esclamò a un tratto l'acuta voce di Drake. Sorpreso, Rosso
chinò
gli occhi a incontrare quelli del figlio: era arrivato correndo di
gran carriera dal cancello, dove si stava affacciando in quel momento
Oak. L'anziano professore camminava ormai a passi tardi e lenti,
affaticati, eppure conservava ancora una vitalità
instancabile, una
voglia di vivere, scoprire, indagare... Rosso sollevò una
mano a
salutarlo, prima di chinarsi di nuovo sul figlio: aveva le guance
arrossate per le corse e i giochi, la fronte lucida di sudore, i
biondi capelli come fili sottili, scarmigliati e umidi. Rosso glieli
sistemò con la mano, sorridendo: anche lui, un tempo, era
stato così
impetuoso, dinamico, vivace.
"Certo, Drake. Ora vai ad aiutare tuo nonno e fallo accomodare
in casa, poi torna pure a giocare coi tuoi amici. Io arrivo subito. E
non tormentarlo per sapere se ti ha portato un regalo!" lo
ammonì poi, ma inutilmente: Drake stava già
correndo attraverso il
vialetto, gridando esattamente la frase che Rosso gli aveva appena
raccomandato di non dire.
Scuotendo il capo, Rosso rientrò in casa e andò
al piano superiore
alla ricerca di Blu: era salito da quasi quindici minuti, ma ancora
non era ridisceso. Tuttavia il bagno era vuoto, la loro camera
deserta: dove poteva...
Ma certo. Blu era in piedi, immobile sull'uscio di quella camera:
teneva le braccia incrociate, la spalla appoggiata contro lo stipite
della porta. Era in silenzio: si limitava a osservare la cameretta di
Drake, i poster appesi alle pareti, i mobili verniciati di bianco, il
copriletto con una delicata fantasia di Vileplume e Bellossom, i
costosi giocattoli sugli scaffali, la culla che avevano lasciato,
quando ancora non sapevano se volevano adottare un altro figlio...
"Blu" lo chiamò con un senso lieve d'incertezza: sentiva
di starsi intromettendo in un momento molto delicato. Ma Blu non
parve turbato: voltando leggermente il capo verso di lui, sorrise
appena e tornò a dargli le spalle, forse per nascondere il
naso
arrossato e le palpebre gonfie. "Amore."
In due ampie falcate, Rosso fu al suo fianco e lo avvolse tra le
braccia. Blu non si oppose: affondò interamente nel suo
petto,
sorridendo appena, e levò gli occhi su di lui.
Sì, aveva pianto.
Rosso lo scrutò vivamente.
"Blu, amore... che cosa c'è?"
"Non importa. Solo un po' di malinconia. A te non capita mai?"
"Non in camera di Drake" affermò Rosso seriamente. "Che
cos'hai?"
Blu scosse lentamente il capo: Rosso, che lo conosceva bene, seppe
che stava trattenendo le lacrime. Quando parlò, la sua voce
suonò
leggermente più alta del normale.
"Sono già passati nove anni, Rosso. Tra un anno
vorrà avere il
suo primo Pokémon, partirà per qualche viaggio...
non potremo più
proteggerlo."
"Oh, Blu..." incominciò Rosso, ma subito Blu lo
interruppe: "No, Rosso. Non sono paranoie da mammina
iperprotettiva: è la verità. Quando dico che non
potremo
proteggerlo non mi riferisco ai malintenzionati, agli incidenti...
parlo di lui, delle scelte che potrebbe compiere."
"Drake è un bambino intelligente."
"È tuo figlio" ribatté Blu. Non c'era rancore
nella sua
voce. "È testardo, impetuoso..."
"Non è affatto ambizioso, però." Rosso aveva
capito dove
portava il discorso di Blu, o almeno così gli sembrava. "La
danza gli interessa quasi più dei Pokémon." Era
vero: da
quando Drake aveva insistito per essere iscritto a scuola di danza,
due anni prima, questa era diventata una delle sue più
grandi
passioni. Rosso aveva avuto il sospetto che all'origine di questa sua
scelta vi fosse una graziosa bambina con le trecce nere, ma in ogni
caso Drake adorava veramente ballare.
"Non esiste solo l'ambizione, Rosso" disse Blu. "Ci
sono altre passioni... altri difetti."
Rosso sorrise nei suoi dubbi, intrecciando lentamente le dita nei
suoi capelli. "Hai paura che diventi come me?" domandò
dolcemente. Blu scosse il capo.
"Ho paura che diventi infelice, come sei stato tu" replicò
semplicemente. "Non parlo solo del suo viaggio. Noi non ci
saremo per sempre e non sempre saremo coinvolti nella sua vita. Non
potremo sempre esprimere il nostro parere quando sceglierà a
chi
legare la sua vita, che lavoro fare..."
"Ma Blu" insisté Rosso, afferrando le sue spalle come se
volesse riscuoterlo da questi pensieri "Drake non ha ancora
dieci anni!"
"Appunto, mio caro" mormorò Blu teneramente, come se
questo fosse esattamente il fulcro del problema. "Dieci anni!
Tanto poco l'avremo avuto con noi!"
Dieci anni. Loro stessi ne avevano quasi trenta, li avrebbero
compiuti l'anno seguente: voleva dunque dire che erano trascorsi
quasi vent'anni da quel giorno in cui avevano scelto i loro
Pokémon,
si erano sfidati in quel laboratorio...? Per la prima volta Rosso
vide quei vent'anni incisi, scavati nel volto di Blu; li lesse nella
piccola ruga verticale che gli vide per la prima volta tra gli occhi,
mentre era così accigliato... l'accarezzò
pensierosamente con un
dito. Vent'anni...
"Scendiamo, altrimenti mia madre penserà che ci siamo
appartati, alla nostra età" si costrinse a dire
scherzosamente
nel tentativo di esorcizzare quel pensiero. Anche Blu rise all'idea e
si asciugò per l'ultima volta gli occhi con la mano.
"Giusto, scendiamo."
"A proposito, Drake vorrebbe andare a dormire da tuo nonno
stanotte. Gli ho detto di sì" lo informò mentre
si avviavano
verso le scale. Blu assentì.
"Hai fatto bene. A mio nonno fa bene un po' di compagnia. Ed
è
tanto che noi due non stiamo un po' da soli" soggiunse
superandolo lungo le scale con una risata maliziosa. Rosso ne
sorrise: era tanto che non udiva quella risata.
Anche se la casa del suo bisnonno distava forse cinque minuti e
sarebbe stato di ritorno il giorno seguente, Drake si portò
dietro
come al solito una piccola valigia piena di giocattoli, libri e
vestiti adatti a tutti i climi. Rosso e Blu andarono a salutare lui e
Oak in giardino e Drake li salutò seriamente come se fosse
in
procinto di partire per una piccola guerra.
"Addio, papà: ci rivedremo domani mattina!" furono le sue
ultime parole prima di scomparire aldilà del cancello.
"Chissà da chi ha imparato a parlare così"
commentò Blu
a mezza voce, in tono divertito. Rosso lo guardò sorpreso:
"Da
chi?"
"Ma da te! Non fosti tu a dirmi, quando avevamo undici anni, che
la mia serenità placava il tuo animo avido e ambizioso o
qualcosa
del genere?" lo rimbeccò Blu ridendo apertamente. Neppure
Rosso
poté trattenersi dal ridere a quel ricordo, quello dei suoi
discorsi
infantili elevati e altisonanti. Gli diede una pacca sul sedere e Blu
si scostò divertito da lui, apprestandosi a rientrare in
casa.
"Vado dentro a sistemare un po' di quegli avanzi. Tu vieni?"
"Arrivo tra un minuto" rispose Rosso distrattamente. Blu
rientrò in casa socchiudendo la porta.
Era una serata calda, piacevolmente ventilata. Immobile sul vialetto,
Rosso inspirò profondamente quell'aria tiepida e profumata,
l'aria
della sua casa a Biancavilla, e quasi per un'abitudine
lasciò vagare
lo sguardo sull'orizzonte. Quella sera l'aria era limpida, ogni cosa
aveva un contorno nitido, nettamente definito. Si vedeva anche,
piccolissima a quella distanza, la cima della Torre dell'Avvento -
così era stata chiamata l'elevata Torre che Missingno aveva
innalzato per celebrare l'inizio della sua Età dell'oro.
Quella sera
Rosso v'infisse lo sguardo con particolare fissità: per
qualche
motivo, aveva sempre sentito quell'edificio come la risposta a ogni
suo affanno.
"Avvento di Missingno" ripeté tra
sé, rievocando
le parole che su quella Torre erano incise. Erano davvero trascorsi
dieci anni da quel giorno in cui Luisa gli aveva descritto il vero
significato della sua maledizione, gli aveva spiegato che il suo
sacrificio l'aveva portata a salvare il mondo intero dal destino che
Celebi, senza volere, aveva imposto a tutti compiendo il peccato
originale? Sorrise pensierosamente, riflettendo su quell'idea che gli
era balenata in mente nel momento in cui Blu gli aveva confidato i
suoi timori sul futuro di Drake. Ecco, concluse finalmente levando
gli occhi su quella Torre, quella sera, dopo anni, aveva compreso
qual era veramente il dono che Missingno gli aveva fatto per
ripagarlo di tutti i suoi dolori, come gli aveva promesso nella
Città
dei Numeri: era lo stesso dono che aveva fatto a tutta
l'umanità, ma
lui solo, ancora, sembrava esserne consapevole. Missingno gli aveva
permesso di liberare suo figlio, facendolo contribuire al supremo
atto di redenzione compiuto da Luisa, e mai nessun dono, nessun
risarcimento al mondo avrebbe potuto costituire per lui maggiore
fonte di felicità in quel momento. Drake sarebbe stato
veramente
libero anche grazie a lui, che libero non era stato. Ne era valsa la
pena, dunque, di perdere dieci anni di vita, per poter vivere e
morire sapendo di aver lasciato in eredità a suo figlio non
un
destino inestricabile, ma un'infinita libertà...
Per la prima volta in vita sua, quella sera Rosso fu grato a
Missingno per averlo scelto per quella missione. Levando la mano in
direzione della Torre, egli finalmente si riconciliò con lui
e poté
salutarlo come un vecchio amico. E poiché egli sapeva che
Missingno
è in tutti i luoghi e in tutte le cose, non ebbe bisogno di
essere
troppo vicino alla Torre per percepire la sua risposta: era il dolce
frusciare del vento, era la serenità che prese le sue
membra, era la
risposta che poteva dare al suo uomo.
Rientrò lentamente in casa. Trovò Blu in cucina,
intendo a
sistemare gli avanzi della festa del pomeriggio nel minor numero
possibile di contenitori. Scivolò in silenzio alle sue
spalle e
circondò con le braccia la sua vita sottile. Blu
sobbalzò per la
sorpresa, ma rise quando sentì le sue braccia avvolgerlo e
poggiò
quello che aveva in mano. "Oh, Rosso..."
"Blu" mormorò Rosso, affondando il volto nell'incavo del
suo collo. "Ho capito."
"Capito cosa?"
"Che Drake è libero, Blu. Che tutto ciò che
farà, lo farà
non per un destino impostogli, ma perché lo avrà
scelto
liberamente. E che tutto ciò che noi potevamo fare l'abbiamo
fatto,
nel miglior modo possibile: l'abbiamo allevato, educato secondo i
nostri valori. Non ci era possibile nulla di più."
"E quindi?" chiese Blu con calma. Facendo leva sui suoi
fianchi, Rosso lo fece voltare verso di sé e infisse lo
sguardo in
quelle iridi azzurre soavemente amate. Scorse di nuovo tra i suoi
occhi quella piccola ruga verticale, dolorosa, e la baciò.
In quel
momento sentiva che non avrebbe potuto amare nulla di più di
quella
ruga accigliata.
"Da un certo momento in poi non ci sarà più nulla
che potremo
fare per Drake, se non rimanere qui, esserci sempre se avrà
bisogno
di noi, pregare che non gli accada nulla e che sia sempre felice. Non
potremo dargli nulla di più di noi stessi, del nostro amore
incondizionato... so che non è nulla di più di
quello che mi hai
detto tu oggi pomeriggio" soggiunse vedendo un'ombra di
melanconia nei suoi occhi "Ma è questa la verità,
Blu. Nessuno
può garantire per la felicità di Drake. Tuttavia..."
"Tuttavia?"
"Tuttavia io ti prometto che Drake sarà veramente libero. E
ti
prometto anche che se dovremo rimanere qui, soli, ad aspettare che
ritorni o che ci dia sue notizie, o che ci telefoni una volta
all'anno dalla sommità di un monte dove si è
ritirato per
allenarsi" proseguì con una lieve nota ilare nella voce "Io
attenderò con te vicino a quel telefono, per tutta la vita,
se sarà
necessario."
Per un attimo Blu chinò gli occhi confuso a queste parole:
non
sembrava che fosse quella la risposta che voleva da Rosso. Ma dopo un
momento levò di nuovo lo sguardo e sorrise.
"Grazie" mormorò cingendogli il collo con le braccia. "E
chi te lo ha detto che Drake sarà libero? È uno
di quei discorsi
filosofici che fate tu e mio padre quando io non ci sono?"
chiese poi in tono canzonatorio. Rosso sorrise: "Più o meno."
"A proposito, viene domani a cena."
"Nessun problema" commentò Rosso distrattamente, facendo
per allontanarsi a questo punto dalla stretta delle sue braccia. Ma
Blu non sembrava affatto intenzionato a lasciarlo andare: era
stupefacente quanta forza potessero esercitare le sue braccia magre
quando si stringevano per abbracciarlo. A Rosso piaceva quella forza:
gli pareva che fosse l'espressione fisica della grande dolcezza del
suo cuore. Perciò rimase tra le sue braccia e lo strinse
ancor più
a sé.
"Rosso..."
"Sì?"
"Ti amo ancora come tanto tempo fa."
Rosso sorrise. Aveva affondato il volto nei capelli di Blu, quei
riccioli rossi che gli parevano emanare un profumo meraviglioso, il
profumo della sua casa. "Ti ho amato un po' di più per ogni
giorno che abbiamo trascorso."
Blu lo guardò dolcemente. "Allora spero che mi ami davvero
tanto. Abbiamo quasi trent'anni, Rosso. Sto cominciando a sentirmi
incredibilmente vecchio. Anche tu ti senti più vecchio?"
Sì, qualche volta si sentiva vecchio. Tuttavia
provò a minimizzare:
"Mi sento più maturo."
La meravigliosa risata di Blu, cristallina, immutabile, liberatoria.
"Smettila! Stiamo invecchiando tutti e due. Scommetto che non
saresti più in grado di portarmi al piano di sopra in
braccio come
hai fatto la prima volta..."
Blu sapeva perfettamente che Rosso non poteva resistere a una sfida
lanciatagli.
Drake aveva adorato l'idea del campeggio in giardino sin dal momento
in cui Rosso gliel'aveva proposta. Quel pomeriggio Blu era partito
alla volta della Lega Pokémon per presenziarvi come
Capopalestra:
Rosso, che forse ipocritamente detestava i giorni e le notti che
trascorrevano divisi, come ogni anno l'aveva lasciato andare con un
velo di malinconia, ma sforzandosi di non farglielo notare, e
semplicemente gli aveva ricordato di invitare a cena Luisa e i suoi
fratelli il prima possibile. Tuttavia quell'anno reputava di aver
avuto davvero una buona idea per ignorare quel senso di vuoto
destinato a durare pochissimi giorni, e soprattutto per farlo
superare meglio anche a Drake.
Avevano riesumato la sua vecchia canadese blu e l'avevano montata sul
prato al tramonto. Avevano mangiato carne alla brace nel giardino
ammantato d'ombra e, anche se non era neppure la prima volta che
usavano il barbecue quell'estate, il cibo aveva davvero un sapore
migliore se consumato in "campeggio". Poi, circondati dalle
lucciole, avevano parlato a lungo nella notte, con voci
progressivamente più basse e più simili a fruscii
via via che tutte
le luci, a Biancavilla, si spegnevano. Quando divenne troppo tardi e
troppo freddo, si spostarono all'interno della piccola tenda e
continuarono a parlare ancora più a lungo, al buio, stretti
l'uno
all'altro nel sacco a pelo.
"Papà, mi racconti perché sei salito sul Monte
Argento?"
"Oh, Drake, ma te l'ho raccontato centinaia di volte!"
"Dai papà, per favore..."
Al buio, Rosso non poteva vedere Drake, eppure riusciva a immaginarsi
perfettamente il suo volto pallido e lentigginoso tutto speranzoso e
ansioso di sentire per l'ennesima volta la sua storia preferita, con
gli occhi pesanti di sonno. Certo, Drake sapeva più o meno
tutto
della vita dei suoi genitori: sapeva vagamente che lui aveva vissuto
grandi avventure, aveva sconfitto l'impero di suo nonno, era stato
considerato per anni un allenatore invincibile e quasi leggendario,
vivendo in isolamento sulle cime del Monte Argento... sapeva che lui
e Blu erano rimasti separati per anni prima di tornare insieme e
adottarlo, ma lo sapeva come una semplice curiosità, come
una
sciocchezza tra adulti, e nulla di più. Conosceva anche la
follia di
Rosso, la sua ambizione, non nei dettagli, certamente, ma la vedeva
come una grande qualità eroica del suo papà.
Nessun significato
avevano per lui quei dieci anni trascorsi in completa solitudine:
dieci anni erano un tempo tanto lungo per lui da non essere nemmeno
concepibile, un po' come quando diceva: cento milioni di
miliardi
di milioni di miliardi di anni. Un tempo tanto lungo da non
essere niente, insomma.
Così Rosso gli raccontò di nuovo della sua
ambizione, della
leggenda della Prescelta Creatura, della sua volontà di
diventare
realmente invincibile... Drake lo ascoltava nell'oscurità
col fiato
sospeso: la sua parte preferita era quando lui scalava per la prima
volta il pendio ripido del monte.
"Papà, ma c'erano gli Ursaring?"
"Già, c'erano anche degli Ursaring" spiegò Rosso
per
l'ennesima volta.
"E anche i Misdreavus?"
"Certo. Un sacco di Misdreavus." Drake adorava i
Misdreavus. Rosso doveva trattenersi all'idea di rivelargli quale
regalo avesse in serbo il professor Oak per il suo prossimo
compleanno e ci riusciva solo pensando a quale stupore si sarebbe
dipinto sul suo volto alla vista di quel Misdreavus shiny...
"Ma tu non avevi paura?"
Questa domanda era nuova. Rosso fece una pausa prima di rispondere:
"Sì, qualche volta ho avuto paura."
"E non avresti mai voluto tornare a casa?"
Come dirgli che tornare a casa era il suo più grande
desiderio, ma
tornarvi da vincitore, da Prescelta Creatura, col consenso di Ho-Oh,
col beneplacito di Missingno? Nell'oscurità di quella tenda,
Rosso
rivide la sommità estrema della montagna dove solo lui aveva
osato
mai spingersi: da quella cima, da quella guglia rocciosa elevata
verso l'infinito, nei suoi momenti di pazzia, Rosso si era scagliato
contro il cielo, urlandogli la sua rabbia e la sua disperazione,
disperatamente desiderando gli occhi di Blu, ma sempre senza poter
rinunciare alla tragica fatalità di dover compiere la
maledizione di
Missingno. Da quella cima, quando follemente si era sentito
invincibile, aveva furiosamente urlato contro il cielo che era lui la
Prescelta Creatura, che era il più forte del mondo; da
quella cima,
finalmente, disperatamente aveva pregato e pianto, supplicato e
implorato Ho-Oh di discendere a lui, di riconoscerlo, aiutarlo,
salvarlo; aveva pregato Celebi, non osando nominare il nome di
Missingno per timore di udire ancora la sua voce, di sciogliere le
sue catene, di dargli la forza di tornare a casa.
"Certo, molte volte."
La voce di Drake cominciava a farsi più lenta e impastata di
sonno.
"E allora perché non sei tornato?"
Intuendo che stava per addormentarsi, Rosso lo fece sistemare meglio
col capo sul proprio petto, prima di rispondere molto lentamente.
"Perché ero troppo ambizioso, perché non
m'importava di niente
e di nessuno, fuori che del mio sogno. Perché..."
Ma Drake si era addormentato. Rosso rimase immobile ancora a lungo,
accarezzando con la mano i suoi sottili capelli biondi, con lo
sguardo infisso nel tessuto scuro della tenda sopra di lui. Attorno a
loro, fuori da quella tenda, la notte era silente e immota. Drake gli
aveva appena posto la domanda che da sempre paventava da lui, ma
ancora non si era reso conto dell'importanza di quella domanda,
né
delle implicazioni della sua risposta.
Un giorno forse non troppo lontano, un Drake più alto,
più adulto,
con gli stessi limpidi occhi azzurri gli avrebbe probabilmente fatto
la stessa domanda e non si sarebbe più accontentato di
quella
risposta solamente. Quel giorno Rosso avrebbe dovuto parlare molto
più a lungo, dare molti più dettagli, dire infine
ad alta voce
quella verità che profondamente l'aveva tormentato in quei
lunghi
anni, che ancora non aveva avuto il coraggio di rivelare a nessuno
sebbene tutti, probabilmente, la sapessero già; la
verità che gli
faceva bruciare la gola e gli occhi se appena provava a mormorarla...
"Neppure per te sarei tornato, Drake."
Sentì una lacrima bruciagli all'angolo dell'occhio e se
l'asciugò
piano, attento a non svegliare il suo bambino addormentato. Un
giorno, si disse stringendosi ancor più Drake al petto, gli
avrebbe
rivelato anche quella verità guardandolo negli occhi,
fronteggiando
la sua reazione... e confidava che quel giorno suo figlio l'avrebbe
compreso e perdonato, finalmente.
Fine.
È
per me quasi un dolore finire questa storia, dopo avervi lavorato per
quasi un anno, anzi di più. Tuttavia, tutte le cose devono
finire, e
devo dire che non potrei essere più soddisfatta di questo
epilogo.
Dopo aver provato a scriverlo per mesi e mesi, ieri sera ho avuto
un'illuminazione improvvisa: ho cambiato completamente l'idea
iniziale e l'ho buttato giù tutto d'un fiato. E lo
preferisco così.
Non
so se qualcuno starà ancora seguendo questa storia a
distanza di
mesi dall'ultima pubblicazione; in ogni caso, come mio solito, tengo
a fare i dovuti ringraziamenti.
Un
sentito grazie ad Animalia1Dfan, cristal_93, Giandra, Linnea, Marie
Claire, Sky98 per aver aggiunto la storia ai Preferiti; grazie a
DanaYume, Linnea, pikaendpichu98 per averla aggiunta alle Seguite;
grazie a pikaendpichu98,cristal_93, Sky98 e Fiulopis per le cortesi
recensioni.
Aggiungo
un sentito ringraziamento personale a Fiulopis per il suo continuo
sostegno personale. La parte in cui Rosso e Blu discutono sul modo di
parlare di Drake la dedico ovviamente a lei, che mi rinfaccia questo
aspetto della storia da quando ho postato Storia
di Rosso e di Blu.
In
generale, grazie vivamente a tutti anche solo per essere giunti fin
qui, per avermi sostenuta e letta durante tutta la pubblicazione
della mia Saga.
A
presto!
Afaneia
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