Il ministro Ransie
Il Ministro
Ransie
- Anche se adesso è innamorata... lei non
dimentica la dieta perché...
Ransie una palla è...
L'ultimo commento di quella sfrontata frase aveva fatto guadagnare a
Ronnie una violenta cuscinata in faccia.
- Mamma! - Piagnucolò il dispettoso fratellino con tono forzatamente
sostenuto. - Mia sorella mi picchia!
- Non credere che non abbia sentito cosa le hai appena cantato. -
Ribatté la signora Lupescu, intenta a lisciare i lunghi capelli biondi
con una spazzola, urlacchiando di dolore per i continui nodi
incontrati. - Uffa, detesto quando i miei capelli si mischiano con i
peli del lupo.
Era lo svantaggio di essere un licantropo, quell'aggiuntivo problema
mensile, oltre a quello noto di tutte le donne.
Avere due seccature periodiche, specialmente quando coincidevano,
rendevano la mamma doppiamente distrutta, dopo una lunga notte a
ululare alla romantica luna di quelle sgangherate vacanze romane.
Sì, perché l'idea che aveva spinto una famiglia di mezzi umani ad
adattarsi a un appartamentino in Trastevere non poteva essere nata che
da quell'imbranato di papà Lupescu.
Boris, scrittore fallito e succhiasangue, capace di bere liquido rosso
(pomodoro, perché dell'altro
aveva ormai anche scordato il sapore), ma incapace di versarne del nero
(inchiostro) per creare qualcosa di decente, aveva escogitato quel
viaggio in
seguito alla visione di un film.
Shela stava ancora maledicendo il fatto di avergli comprato un
televisore per tenerlo un po' occupato durante l'insonnia diurna.
- Ma sì, amore! - Le aveva detto con entusiasmo. - "Vacanze Romane" è
una cosa che tutte le persone importanti fanno.
L'idea, si scoprì in seguito, era partita da un banale film con Audrey
Hepburn e Gregory Peck, due umani che tuttavia avevano avuto molto
successo
nel mondo umano negli anni 'ruggenti'.
Ma Boris, nella sua fantasia di scrittore e la vampirica (vampiresca più
empirica) predisposizione all'aristocrazia, aveva ancora vivo il mito
della principessa Anna e di Roma come meta, anzi, Mecca romantica che
bisognava visitare almeno una volta nella vita.
E se ci andavano proprio tutti, soprattutto gli Americani come Lizzie
McGuire, era più che mai inconcepibile lasciare questa mancanza proprio
a una famiglia di (presumibile) estrazione europea come quella dei
Lupescu.
Sulle prime la donna lupo aveva trovato la proposta entusiasmante, ma
anche per colpa di uno spiacevole equivoco.
Lei aveva infatti confuso "Romane" con "Rumene", a cui aveva associato
Transilvania, e quindi il lontano parente Vlad Tepes Dracula, il
signore dei vampiri e il principe delle tenebre.
E invece alla Luna piena dei boschi gelidi dell'Est Europa si era
dovuto far posto al bollente 'O Sole Mio' della ridente penisola
mediterranea.
Un posto incantevole per gli umani, ma non certo per dei mezzi mostri.
Il colpevole della situazione, intanto, spalancò con aria comatosa il
coperchio della bara nella quale giaceva e protestò per il baccano
fatto
dalla famiglia.
- Si potrebbe avere un po' di silenzio?
- Nello scantinato di casa nostra avresti potuto avere tutto il
silenzio che volevi! - Protestò Shela, incominciando a picchiarlo con
il dorso della spazzola.
E mentre il povero Boris stava imparando a sue spese una
interpretazione del libro "Cento colpi di spazzola prima di tornare a
letto", Ransie si guardava insoddisfatta allo specchio.
- La città più romantica del mondo, ed io sono un disastro. -
Piagnucolava, severa con il suo fisico come e ben più di altre
adolescenti, nonostante il riflesso le restituisse un'immagine
perfettamente snella e avvenente, merito anche dell'eredità genetica
sovrannaturale che possedeva.
I commenti del monello più piccolo non erano per la verità la cosa più
irritante.
Il vero cruccio era il fatto di non aver potuto portare Paul con lei.
Le passeggiate a guardare la luna che si specchia 'dentro ar
fontanone', il giro sulla carrozza con cavalli, una visita al Colosseo
con le sue legioni di gatti randagi, o magari una sfilata trendy in
Piazza di Spagna.
Ma come avrebbe potuto, con la famiglia in mezzo alle scatole? Dove
farlo dormire? Come sopportare l'imbarazzo di fargli assistere le
vicende di una famiglia già stramba di suo?
Anche per quello, no, non ce l'aveva davvero fatta a chiederglielo.
Vedendo l'aria mogia della sorella, Ronnie pensò bene di punzecchiarla
nel suo punto debole.
- Preoccupata che il sederone si noti troppo, cavalcando una Vespa?
La frecciatina ebbe l'effetto sperato: la strega si girò con
l'espressione più minacciosa che si fosse mai vista.
Nella furia, Ransie afferrò la prima cosa a tiro: la sua borsetta.
Accorgendosi dell'accessorio, tuttavia, ogni intento minaccioso venne
spazzato via.
Borsetta, uguale a ...
- Shopping! - Gridò entusiasta.
Un bel giro nei negozi di Roma, magari di abbigliamento. Magari un
gelato con coppa gigante con amarena, fragola e cioccolato (e
chissenefrega del culone). Ma soprattutto aria fresca, lontano da
quell'opprimente monolocale e dall'asfissiante atmosfera familiare.
- Io esco! - Affermò in automatico. - Vado a fare compere!
La proposta fece fermare la colluttazione genitoriale.
Il vampiro, soprattutto, nella maschera ammaccata che era, assunse
un'espressione preoccupata.
- Ma da sola... in una città sconosciuta!
- Non sono più una bambina, papà. - Protestò la teenager.
- Il babbo però ha ragione. - Osservò la madre. - Forse dovrei
accompagnarti. Ma... - Il dubbio riguardava i postumi della luna piena.
Le ci sarebbe voluta mezza giornata solo per la ceretta. Per via del
sole, ovviamente, non poteva mandare il marito. Quindi propose
l'alternativa rimasta.
- Perché non ti porti Ronnie dietro?
- Vorrai scherzare! - Fu la protesta all'unisono dei fratelli.
- Non voglio impiastri! - Fu la motivazione della strega.
- Per annoiarmi a morte con lei, dormo direttamente in camera. - Fu il
responso del secondogenito.
Cogliendo al balzo l'attimo di smarrimento da parte dei suoi, Ransie si
avviò verso la porta con un - Ciao! - senza possibilità di
replica.
Tutto ciò che la mamma lupo poté dirle fu un: - Stai attenta!
***
Poi, dolce vita che te ne vai
Sul Lungotevere in festa
Concerto di viole e mondanità
Profumo tuo di vacanze romane
(Matia Bazar - Vacanze Romane)
La ragazza, nonostante tutto, si trovava a disagio, in mezzo a tutta
quella gente. Non che le cose fossero differenti dal lontano Giappone,
ma l'atmosfera era del tutto diversa, più chiassosa, più... come la
chiamavano da quelle parti? 'caciarona'.
Ed era sicuramente la città che fondeva antiche rovine con il caos
della vita moderna, tra nubi di smog e cacche di cavallo sul
marciapiede da dover
evitare.
Il frastuono dei clacson, poi, e con esso il vociare chiassoso di
passanti rozzi e
particolarmente volgari quasi infransero con un martello l'immagine
romantica della capitale del mondo antico.
Solamente rifugiandosi dentro un vicolo a caso Ransie poté riprendere
fiato ed avere una tregua per le orecchie.
Le parve persino di sentire qualche cinguettìo.
Ma fu un attimo, perché un ringhio la impietrì.
- Un cane randagio? - Commentò, girandosi, per torvare conferma nella
minacciosa figura di un quattrozampe che la stava squadrando con astìo.
- Ma che vuole, da me?
Nemmeno all'estero i guai la lasciavano in pace? Di riflesso mise
davanti la borsetta come scudo, agitandola come per scacciare il cane,
che tuttavia non aveva nessuna intenzione di retrocedere.
- Forse hai fame? - Gli chiese, ben sapendo di non poter ricevere
risposta. Ma sapeva che la motivazione più ovvia fosse quella, come in
genere accade per tutti i randagi.
- Non ho niente da darti, sciò! - Disse, agitando di nuovo la borsa, ma
invano.
Il cagnaccio prese anzi coraggio e balzò. La dentatura si chiuse
attorno alla borsa.
Una parte di Ransie le suggeriva di lasciare il bottino e svignarsela.
Ma dall'altra l'idea di tutti gli effetti personali contenuti in essa
fornì una forte motivazione contraria.
- Questa roba non è per te! - Affermò la mezza umana, nel tentativo di
divincolare il maltolto dalle fauci del randagio.
Ne nacque una colluttazione che vide i contendenti rotolarsi a
terra, in un putiferio che si spostò dall'interno del vicolo fino a in
mezzo ad una strada trafficata .
La lotta era così assidua che nessuno dei due si avvide di una grossa
auto blu che si avvicinava a tutta velocità.
L'autista di quest'ultima dovette letteralmente inchiodare per non
investire i due disgraziati.
Tuttavia la manovra fece sbandare il mezzo, il quale finì contro un
idrante.
In mezzo alle colorite imprecazioni del guidatore, soffocate in parte
dall'airbag che gli copriva il muso, gli uomini della scorta scesero
dal mezzo per verificare le condizioni loro, del VIP, dell'automezzo e
di quegli scalmanati che avevano messo a rischio la vita di tutti.
Il VIP in questione, tra l'altro, sceso dalla macchina, volle a tutti i
costi interessarsi della cagnara ancora in corso.
- Signor Presidente, stia indietro! - Lo avvertì uno degli agenti. -
Non so che stia succedendo, ma sembra una rissa.
- Mi lasci, - Rispose il pezzo grosso. - Voglio vedere di persona che
razza di bischeracci....!
I litiganti in questione, intanto, erano così assorbiti nella contesa
che non si erano accorti di nulla.
In mezzo a graffi e contusioni, il cane non si era ancora deciso a
lasciare la presa.
Ransie aveva ormai perso ogni aria della teenager che si preoccupava
per futili dettagli estetici davanti a un riflesso. In quel momento
mostrava tutta la selvaticità ereditata da mamma Lupescu.
I capelli arruffati, i denti digrignati e gli occhi iniettati di
sangue, nonchè le gambe piegate a mo' di lupo in lotta, restituivano
un'immagine che se Paul l'avesse vista, lei si sarebbe vergognata per
il resto della vita.
L'unica cosa ancora di umano erano le braccia e le mani, serrate sulla
borsa come presse idrauliche, decise a non lasciar andare.
Il cane randagio decise che la seccatrice aveva superato il limite, per
cui lasciò andare la borsa e si preparò a mordere direttamente il
braccio alla ragazza.
La vista di quelle fauci, però, là dove una ragazza normale avrebbe
preso coscienza della sua inferiorità di umana e si sarebbe fatta
prendere dalla paura, ebbe in Ransie l'effetto opposto di incoraggiarla
a
rispondere per le rime.
- Guarda che mordo anche io! - Digrignò, ignorando che però del cane
non aveva né zanne, né l'agilità, né la muscolatura. Solo la forza
dell'esasperazione.
Ransie decise di
giocare d'anticipo, senza pensare alle conseguenze.
Si gettò in avanti, intenzionata ad addentare il cane. E pregò, nel suo
intimo, di aver ereditato in maniera sufficiente le zanne di un vampiro
e le fauci di un lupo.
Il povero Presidente, intanto, da tipo buono e altruista com'era, aveva
solo
visto della scena un cane che minacciosamente stava infastidendo una
signorina.
Si era mosso istintivamente.
- Maremma cagna! - Aveva esclamato in un poco rispettabile italiano.
Era scattato in avanti con la mano tesa, per fare da scudo, da
divisorio tra i denti del cane e la ragazza in pericolo.
Era suo dovere di uomo, di cittadino e di Presidente. Stava facendo
solo il suo dovere morale di fare tutto il possibile per il benessere
dei cittadini.
Non
era un ciarlatano come i predecessori alla carica chr ricopriva, e non
avrebbe permesso a nessuno di insinuare lo stesso di lui.
Per quello era scattato, sorprendendo anche gli uomini che erano pagati
per metterlo al sicuro proprio da quel tipo di situazioni.
Tese il braccio, e ricevette il morso fatidico.
Avvertì un po' di dolore, ma curiosamente, era meno forte di quanto si
fosse aspettato. Forse era stato tutto attenuato dalla soddisfazione di
essere riuscito a proteggere una donna.
Improvvisamente, una grande sonnolenza si impossessò di lui.
Da lì in poi ci avrebbero pensato la scorta, l'ambulanza, i paramedici.
E i giornalisti, naturalmente, con "Presidente eroe nazionale" sui
titoli dei quotidiani del giorno dopo.
Sorrise compiaciuto, mentre chiudeva gli occhi.
Fu invece Ransie a sollevare le palpebre, e immediatamente anche la
bocca.
La rabbia ferina era improvvisamente svanita. Tutto ciò che poté vedere
furono gli occhi atterriti del cane avversario.
- Adesso sono come te. - Abbaiò, forte del suo potere di tramutarsi in
qualsiasi cosa mordesse. - Anche se è strano: sei ancora cosciente? -
Gli chiese, riferendosi al fatto che di solito i soggetti svenissero
dopo il morso.
Il randagio, sopraffatto dalla sorpresa, non perse tempo e levò le
tende, dimenticando borsetta e fame.
- Vittoria! - Latrò Ransie, afferrando la borsa con la bocca e
cominciando a correre a quattro zampe.
- Signor Presidente!
Ransie si fermò. Anche se lei si era trasformata in cane, la voce
sembrava indirizzata a lei.
- Signor Presidente, sta bene? - Rincarò un'altra voce.
- Bau? - Rispose d'istinto la strega.
- Ha in bocca il cordone di una borsetta ed abbaia? - Commentò
incredula la prima voce. - Forse il cane che l'ha morsa aveva la rabbia?
- Quale cane? - Domandò la seconda voce. - E' stata la ragazza ad
aggredirlo!
- Quale ragazza? - Domandò la prima. - Io non vedo nessuno.
- Dev'essere scappata via insieme al cane. - Commentò la prima. -
Forse un attacco terroristico.
- Allora bisognerà far analizzare la borsetta alla scientifica. - Disse
il primo dei due uomini, in uniforme da poliziotto, che strappò la
borsa dalla bocca di Ransie.
- Ehy, ridammela! - Protestò Ransie. - E' mia!
- Signor Presidente, come sarebbe a dire, 'sua'? - Gli domandò
l'agente, incredulo.
Eh? Io parlo? Si chiese
Ransie, sentendo che il suono della propria voce non era un latrato.
Si preoccupò di guardare il riflesso sulla carrozzeria lucida dell'auto
blu. Le venne restituito il riflesso di un uomo sulla soglia degli
'anta', dall'aria perplessa. I lineamenti li aveva già visti da qualche
parte, forse nella televisione dell'albergo, in una trasmissione
comica. Le pareva si chiamasse Teo Mammuccari.
Il fatto però che la chiamassero Presidente sfatava questa ipotesi.
Probabilmente era uno che gli somigliava molto.
- Eh, - Congetturò intanto il secondo agente, - stai a vedere che è un
regalo della ragazza. Altro che attentato, questo è un altro inciucio.
- Un altro Presidente con minorenne? - Si lamentò il primo con gli
occhi al cielo. - Ma allora è proprio un vizio!
Ransie, non capendo cosa i due volessero dire, si preoccupò solamente
di riprendersi la borsa e tenerla stretta.
- Prego, signor Presidente. - Disse il secondo agente, aiutandola ad
alzarsi. - Le chiameremo un taxi, così non farà tardi per il Parlamento!
- Per dove? - Chiese confusa la ragazza dalle sembianze d'uomo, il cui
unico desiderio in quel momento era di tornare dalla cara e vecchia,
incasinata e casinara famiglia.
***
Se non era il Paese dei Mostri,
certamente gli somigliava tantissimo. Ma non nel senso magico del
termine.
Anche se la struttura non era monarchica,
chi stava al potere in quella gigantesca sala rossa con banchi e
panchine disposte a semicerchio, come il tribunale di un girone
infernale, non aveva sembianze meno inquietanti.
Le grottesche figure che danzavano a turno nel centro offrivano a
Ransie uno spettacolo ambiguo, un po' buffo, un po' serioso, e a
tratti inquietante.
Degli argomenti che venivano via via vagliati capiva poco o
niente , ma avevano l'aria di essere cose importanti, dai cui esiti
dipendevano le sorti di milioni di persone.
E ogni tanto arrivava anche a lei qualche richiesta di parere, momento
in cui aveva addosso gli occhi di tutti, anche delle persone che un
momento prima sonnecchiavano, si limavano le unghie dei piedi o
facevano altre cose 'a rating rosso' (queste ultime erano precluse alla
vista della ragazza, per fortuna).
Con così tante pupille puntate contro, Ransie andava nel panico più
totale, e la sua bocca partiva in automatico a raccontare sciocchezze
tali da farla diventare tutta rossa.
Sputava cose non solo fuori contesto, ma anche dannatamente
imbarazzanti e private, di come i famosi canini di papà non
fossero altro che una dentiera, che costui tra l'altro metteva ogni
mattina, prima di coricarsi, dentro un bicchiere di acqua santa ("Per
purificare tutte le impurità").
O ancora di come il fratellino in albergo non riuscisse a dormire,
poiché il pappagallo di famiglia era stato lasciato a casa e lui ne
sentisse la mancanza.
O peggio, della ceretta con pettinata incorporata che la mamma faceva
tramite un ingegnoso pettine adesivo.
L'idea di farlo nei panni di una persona evidentemente importante la
faceva stare ancora più male.
Gli spettatori pendevano dalle sue labbra, sgranavano gli occhi,
bisbigliavano e poi ricominciavano a discutere e litigare come al
solito.
Ransie non aveva neppure idea di ciò che stesse combinando, ed era
sicura che il suo alter ego si stesse rovinando la reputazione facendo
la figura del pazzo.
La ragazza era presa in questo vortice di imbarazzo e sensi di colpa
quando una voce la fece sobbalzare.
Era il Sotto-Segretario Generale al ministero della Repubblica. Era
questa la nomenclatura con il quale si era presentato, ma tanto lei non
sarebbe mai riusccita a impararlo.
- M-mi scusi? - Chiese Ransie.
- Ho detto che oggi è particolarmente strano.
E' fatta, mi credono una pazza.
Ransie cercò di nascondere il volto paonazzo e finse un paio di colpi
di tosse.
- Ecco, in effetti non mi sento troppo bene...
Mi dispiace per le cavolate che ho
detto fino adesso. Avrebbe voluto aggiungere.
L'anziano interlocutore forse comprese, e sorrise.
- Non mi fraintenda, intendo dire che oggi i suoi interventi sono più
apprezzati del solito. Finora non avevano fatto altro che a gara per
ostacolarla.
- Chiedo scusa? - Domandò Ransie. senza comprendere.
- Le metafore che sta usando oggi. - Spiegò il segretario. - Non
suonano come polemiche o di parte. Ma sono sembrate spontanee,
obiettive e sincere.
Fin troppo sincere, Si disse
Ransie: aveva spifferato segreti di stato...di famiglia tali che se
scoperta l'avrebbero esiliata dal Mondo Magico per il resto
della vita.
- E' stata geniale sulla questione dei Marò, sul fatto che al saperli
lontani da casa lei non riesce a chiudere occhio.
Non ho detto esattamente così. Corresse in silenzio la
streghetta.
- Oppure, - aggiunse il sotto-segretario, - Sul fatto che per tutti,
anche i 'lupi', i potenti, gli usurai, tutti i nodi vengono sempre al
pettine.
- Davvero ho detto questo? - Chiese d'impulso Ransie, mentre il signore
continuava.
- E la dentiera da vampiro nell'acqua santa? Un colpo di genio! - Si
congratulò il collega. - Un modo per dire che se un prete agisc
illegalmente non può pulirsi la coscienza con la protezione della
Chiesa. Un diavolo, un orco pedofilo, un vampiro succhiafinanze restano
tali anche se indossano una tonaca.
Ma quante cose ho tirato fuori? Si chiese Ransie, sempre più
confusa.
Si tappò d'istinto la bocca: a quanto pareva, aveva il potere di
cambiare un paese con ogni parola.
Chissà quali stravolgimenti aveva già innescato?
Era meglio non farne altri.
- Lei è così diverso dai precedenti presidenti. - Commentò il
sottosegretario.
La frase svegliò nella ragazza una certa curiosità, che aprì le mani
per concedere alla propria bicca una domanda.
- Perché. come erano?
- Beh, sa, questo è un paese di mostri. - Ironizzò il sotto-segretario.
- Davvero? - Incalzò Ransie, che lo aveva preso in parola.
Questo era dunque un paese magico, o forse, lo stesso mondo magico a
cui faceva capo Sua Maestà Satana?
Il signore, ignaro, continuò.
- Un precedente Presidente del Consiglio era uno strano ometto di nome
Carletto...
Carletto Azeglio, si dimenticò di specificare.
Ransie quindi lo scambiò per un altro famoso Carletto, il principe del
Regno dei Mostri, un reame analogo al Mondo Magico, di cui l'erede al
trono era anch'esso scomparso per andare a vivere nel mondo umano, al
pari del figlio di Satana.
La congettura trovò conferma in una caratteristica descritta dal
signore.
- Era certo molto bravo ad allungare le mani... - Senza specificare sulle casse dello Stato...
E Ransie trovò anche notizie sui suoi seguaci, il Conte Dracula, dalle
parole "Conti in rosso", e riconobbe persino l'Uomo Lupo, un 'uomo
dalle strane e sporgenti orecchie', anche se il nome fornitole
non le diceva nulla. 'Giulio'? Non
si chiamava Wolf?
Ebbe qualche dubbio anche sul Franky dalla testa dura, lo aveva
chiamato Francesco...
Ma sicuramente quel luogo era governato dai Mostri: infatti molti dei
presenti venivano spesso descritti come vecchie mummie.
Purtroppo non poté proseguire l'indagine perché la polvere
decennale di uno dei banchi di Montecitorio arrivò al naso della
ragazzina, che senza riuscire a tratternersi, si sfogò in uno stranuto
che fece alzare un polverone.
Quando il fumo si era diradato, Ransie era tornata la singolare
ragazzina di sempre, di fronte allo sguardo basito del sotto-segretario
e di tutti i presenti.
Senza neppure rendersi conto di cosa stesse succedente, una marea di
flash da macchine fotografiche prese a tempestarla.
Erano alcuni paparazzi, da sempre in agguato nell'edificio alla ricerca
di scoop, che finalmente avevano trovato il pane adatto alle loro fauci.
- E' la ragazzina che è stata vista stamattina insieme al Presidente
del Consiglio. - Fece uno.
Evidentemente l'incidente di quella mattina non era passato inosservato.
Senza riuscire a dir nulla per spiegarsi, la ragazza venne sommersa da
obiettivi e microfoni recanti i simboli di tutto il panorama televisivo
italiano e straniero.
- Può spiegarci cosa sta succedendo? - Le chiesero, tra le altre
domande.
- La sua relazione con il Presidente da quanto dura? - Tentò uno.
- Ci sono suoi selfie con lui pubblicati su Internet? - Chiese un altro.
Oddio, che guaio. Si disse la
povera ragazza. Per una famiglia che doveva passare inosservata davanti
al genere umano, quello scandalo mediatico era il peggiore dei guai.
Sarebbe costato a tutti l'esilio eterno dal Mondo Magico, e sarebbe
stata solo colpa sua.
All'improvviso, una voce di donna interruppe la bolgia generale,
attirando l'attenzione dei presenti.
- Guardate! - Urlò. - Il Presidente del Consiglio, da quella
parte!
- Chiediamogli immediatamente spiegazioni! - Urlò la folla dei
giornalisti, spostandosi in blocco da Ransie a un punto imprecisato
dell'aula, in riferimento a un dito puntato in quella direzione.
L'incredula mezza vampira si trovò improvvisamente sola, per trovarsi
davanti...
- Lisa? - Chiese incredula.
- Che fai lì impalata? - Incalzò la coetanea bionda, senza dare
ulteriori spiegazioni. - Andiamocene, prima che ritornino!
Ransie non se lo fece ripetere. Varcando insieme una porta secondaria
le due ragazze uscirono dal Parlamento.
Ransie rivolse nuovamente la domanda. - Lisa, ma tu cosa...?
- Mio padre mi ci porta tutti gli anni. - Rispose Lisa. - Essendo un
potente boss della malavita, ha frequenti contatti con i colleghi di
questo paese.
- Quindi era un caso che tu fossi qui? - Domandò Ransie.
- Sì e no. - Confessò la bionda. - Quando ho saputo che eri venuta
quaggiù con la famiglia, ti ho cercata, sperando ci fosse anche Paul.
- Delusa di non averlo trovato? - Frecciò la castana, con un mezzo
sorriso sarcastico.
Le due rimanevano pur sempre rivali in amore.
- Sollevata, più che altro. - Ribatté Lisa. - Più sta lontano dalle tue
grinfie, meglio è.
Avevano subito cominciato a guardarsi in cagnesco, quando un soffuso
vociare si faceva sempre più inteso.
- I giornalisti, hanno mangiato la foglia! - Avvertì Lisa. - Meglio se
ci dividiamo qui. Sarebbe un ulteriore scandalo sapere che la concubina
del Presidente del Consiglio ha contatti con la mafia. - Aggiunse con
sarcasmo.
- Piove, governo ladro!
Una terza voce femminile aveva pronunciato quelle parole, come a
recitare una filastrocca. Subito dopo, enormi nuvole coprirono il
cielo, e una intensa pioggia cominciò a tempestare le strade.
L'acquazzone improvviso apparve strano a Ransie.
Lisa invece non ci fece caso. nè aveva prestato attenzione alle parole
della ragazza con l'ombrello che nel frattempo era apparsa sulla scena.
Ne approfittò anzi per salutare la coetanea.
- E' l'occasione migliore per disperderci! - Disse, cominciando a
correre tra le pozzanghere. - Ci vediamo, impiastro!
La mezza vampira rispose al saluto, e successivamente si soffermò sulla
strana ragazza dai capelli ricci e rossicci che stringeva un grosso
ombrello nero.
- Questa... era una magia, vero? - Le chiese, ben sapendo che tanta
repentinità del tempo non era una cosa naturale.
- Certo che sì! - Ricevette Ransie come risposta da una voce familiare.
Ma non era la ragazza ad aver parlato, bensì l'ombrello!
- Papà? - Chiese incredula la figlia, riconoscendo una delle forme di
trasformazione contemplate nel repertorio del padre vampiro.
- Figlia mia! - La rimproverò l'ombrello. - Ti abbiamo cercato
dappertutto! E per uscire ho dovuto chiedere aiuto a questa strega
diplomata per ricoprire il sole, altrimenti ora sarei cenere!
A proposito, si chiama Bia.
- Piacere! - Salutò la strega, strizzando l'occhio.
- E adesso andiamo! - Incitò Boris. - E' il momento di sparire!
***
- Che diavolo è successo? - Si
chiese
il Presidente. Forse il morso era stato velenoso? Ricordava solo che di
aver perso i sensi, ma di averli ripresi il giorno dopo, ritrovandosi
sull'asfalto dove si era accasciato, tutto fradicio, forse per via di
un acquazzone.
Aveva provato a chiamare la scorta dall'I-phone, ma questi era tutto
zuppo e quindi inutilizzabile.
In quel momento era seduto sullo sgabello del bar più, quello solito
dove faceva colazione.
L'avventore lo aveva immediatamente riconosciuto, allibendo per le
condizioni pietose con le quali il VIP si era presentato.
Dopo aver spiegato il misfatto, il Presidente usò il telefono del
locale per farsi mandare a prendere una scorta.
Nell'attesa dei poliziotti, il pover'uomo ordinò un sostanzioso
cappuccino - ne aveva davvero bisogno, - e un fagotto di caldo
cioccolato.
La botta calorica in corpo gli fece dimenticare i brividi dei vestiti
bagnati, e distrattamente posò lo sguardo sul giornale.
Quasi svenne, quando lesse la prima pagina con la foto della ragazza
del giorno prima e un titolo agghiacciante.
"Scoperto inciucio tra il Presidente del
Consiglio
e misteriosa ragazza"
Una misteriosa ragazza ha fatto capolino ieri mattina nell'aula
di Montecitorio.
Molti testimoni affermano di averla vista insieme all'attuale
Presidente del Consiglio.
Stando a diverse fonti, non sarebbe stata la prima volta che i due
abbiano avuto contatti.
Proprio quella mattina, uno strano incidente stradale li avrebbe visti
coinvolti entrambi, e stando ad alcuni testimoni, sarebbero stati
sorpresi in atteggiamenti intimi.
Alle domande rivolte dalla Stampa, la giovane anonima, apparentemente
di 16 anni, non avrebbe rilasciato alcuna dichiarazione.
Il Presidente, dal canto suo, dopo l'apparizione della giovane è
misteriosamente scomparso.
Alcuni ipotizzano che la giovane fosse stata messa incinta dal
Presidente e che lei fosse venuta da lui per metterlo di fronte alle
sue responsabilità.
Se ciò fosse vero, lo scandalo che in questo momento si abbatte su
Montecitorio sarebbe addirittura peggiore di quanto non successe con il
precedente Presidente e l'allora diciasettenne....
Non riuscì a leggere altro. Posò
il giornale sul tavolo e fissò il vuoto, sconvolto.
Il sorriso malizioso del barista che in quel momento lo squadrava
riassumeva tutto.
- Istinto di uomo, eh? - Ironizzò il gestore. - Ma lei è carina?
- Non so neppure di che parli. - Balbettò sconvolto li VIP. - L'ho
intravista solo alcuni secondi.
- Uh! Addirittura appuntamente al buio, eh? - Commentò il barista con
una strizzata d'occhio. - Ma non si preoccupi, io non mi scandalizzo
mica!
- Quello sconvolto sono io! - Sbottò il Presidente. - E' tutto un
equivoco!
- Sarà come dice, - Rispose dubbioso il barista. - Ma è pronto a
spiegarlo alla Stampa che tra poco verrà qui?
- La Stampa? - Chiese incredulo il Presidente.
- Certo! - Spiegò il barista. - Crede che la scorta verrà qua da sola?
- No... credo di no! - Balbettò il Presidente. Conosceva bene gli
sciacalli mediatici. E lo avrebbero spolpato come una carcassa alla
prima occasione.
- Lo sa che ha bisogno di una vacanza? - Commentò il barista,
preoccupato per l'evidente stato di shock del cliente.
- Sì... direi che è quello che ci vuole! - Concordò il VIP.
- Dicono che Hammamet sia splendida in questa stagione. - Propose il
barista. - Se vuole, avrei ancora un biglietto aereo che uno dei
precedenti Presidenti aveva dimenticato...
- D'accordo, me lo metta sul conto insieme al cappuccino! - Chiese con
una certa fretta il Presidente. - Ora devo davvero scappare! - Disse,
strappando di mano il biglietto dalla mano del baristaa e scappando via
dal locale.
Il barista appoggiò i gomiti sul banco, e si gingillò tra i ricordi.
- Quello era il biglietto del caro vecchio Betty... quanto tempo!... E
la storia ancora una volta si ripete...
FINE
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