Cosmic Love
Dopo una lunga attesa, rieccomi qui
con l'ultimo capitolo della love story tra Hades e Persefone. Un unico
piccolo avviso per chi si accinge alla lettura: dopo la parte in
corsivo, ho riportato un pezzo, riguardante Hades, già scritto
nel primo capitolo di questa storia, L'incontro. Era funzionale alla trama e tornava bene per la chiusura.
Buona lettura :3
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Le Isole Fortunate sono un luogo
magico, si dice Hecate. Ama molto, quando sosta negli Inferi,
recarsi in quel paradiso, dove le anime scelte conversano placide con
gli dèi e con Ascafalo, il giardiniere dell'Eden. Apprezza quel sole gentile e così diverso
per intensità da quello di Grecia, quasi Febo decidesse di omaggiare
il sovrano degli Inferi con una grazia più leggera e più adatta al
luogo del non ritorno e dell'eterno riposo.
La panchina su cui siede, in marmo
fregiato, è meno fredda di quel che si aspetta e ciò le fa godere
ancora di più l'attimo di calma e la coppa piena di golosa ambrosia
che stringe tra le dita nodose. I suoi occhi di colomba indugiano
dolci sulle divinità bambine che si rincorrono nei Campi Elisi,
giocando in mille modi diversi, dimentiche dell'orgoglio perché ciò
che conta è l'allegria e il divertirsi insieme.
Indugia, più a lungo, su tre bambini
in particolare. Li ha aiutati lei, a venire al mondo. Forse è per
questo che li considera tanto cari. Forse è merito del cosmo ctonio
che li rende affini alla dea degli Incanti. Hecate ha vegliato sugli
dèi dell'Ordine e del Chaos da tempo immemore, e sa che proteggerà
questi piccini fino a che il Fato non si mostri avverso.
Dopotutto, Hecate possiede la Vista e
sa quando è il caso di agire. Ma quei tempi e quegli affanni sono
ancora lontani per quelle tre creature ingenue.
Li osserva, quindi, divertita.
La più grande, dai lunghi capelli neri
e la pelle di neve, stringe tra le braccia una piccola arpa e delizia
i compagni con trilli acuti e ritmati mentre i bimbi si contorcono
divertiti, quasi tentassero di imitare una danza di baccanti.
Aggraziata come una libellula è la
seconda bimba, dai ricci biondi e selvaggi e le lentiggini sul
nasino. Ogni gesto è accompagnato da una risata e mille campanellini
d'argento vibrano con lei e riempiono l'aria di gioia. Infine, gli
occhi di Hecate si posano su un bimbetto ancora malfermo sulle
gambette grassoccie, ma dal sorriso birichino che rispecchia in modo
inconfutabile la sua appartenenza alla stirpe infera per parte di
madre. E' dorato di pelle quanto le sue sorelle son candide come
alabastro ma non di meno il cosmo ctonio si irradia da lui.
Hecate sorride pensando a ciò che è
successo nel corso dei secoli. Parole di vendetta che son scemate,
colmate da un amore nuovo e profondo. Ira ed orgoglio che han
lasciato il posto a bontà e calore. Gli Inferi, adesso, son davvero
luogo di pace.
Sorride, la dea. Chi Vede sa.
<< Hecate! >> la richiama
allegra la bimba più grande, mettendo in mostra occhi di tempesta.
Passa l'arpa a Morpheus e presi per mano i fratellini, corre dalla
dea degli Incanti.
<< Piano, o mi farete rovesciare
l'ambrosia. >> ride vezzosa la dea antica all'assalto.
<< Raccontaci una fiaba. >>
chiede la bimba bionda << Tu conosci storie bellissime come
quella della Magnolia! >>
<< Sì, una fiaba, nonnina. >>
cicala il bimbetto, mettendo in mostra un sorriso sdentato.
<< Una fiaba. Uhm, ne conosco una
e vi stupirò: ne fate parte anche voi, un certo senso. >>
I tre bimbi si guardano incuriositi e
si accomodano sull'erba fresca ancora ricca di gocce di rugiada. <<
Raccontaci. >> la pregano, già avvinti.
<< Inizia così. >> la dea
si schiarisce la voce << C'era una volta... >>
*
<< Sembri irritata, madre. >>
notò Persefone, mentre le due dee procedevano tranquille su un
sentiero di montagna, impreziosito da foglie dorate e bronzate.
<< Lo sono, non lo sembro. >>
<< Per quale motivo? >>
<< Guardati intorno. Cosa ti
sembra? >>
<< L'Autunno. >> rispose
stanca Persefone << Un Autunno che scema, ad esser precisi. I
mortali già raccolgono le scorte per l'Inverno, per metterle al
sicuro. Il grano, i vari cereali, saleranno la carne, faranno
composte coi frutti che avanzano, e ciò che potranno, lo
nasconderanno nelle ghiacciaie che han imparato a creare. >> la
piccola dea sospirò << Ma non per questo la terra smetterà di
nutrirli. Laggiù, nel Sottosuolo, già si preparano rape, verze, spinaci e dolcissime arance. >>
<< E' questo! E' questo! >>
gridò esasperata Demetra.
<< Madre? >>
<< Hades mi ha usurpato del mio
ruolo. >> berciò la dea << Mai, mai, gli uomini hanno
goduto di tal privilegio. La nuova stagione è mia colpa, è vero, ma
su di loro deve ripertersi l'empio scempio del mio cuore che il dio
oscuro fece. Che la mia disperazione ricada su di loro, questa
è stata la maledizione di Demetra al tuo ratto. >>
<< E intanto te ne disperi. >>
<< Il furore di una divinità è
cieco. >> spiegò Demetra, contrita << Ero sconvolta ed umiliata.
Hades ti aveva sottratto alle mie cure e rinchiuso nel gelo
dell'Oltretomba. Zeus non mi prestava ascolto ed Hera già ti
immaginava pregna. Dovevo agire. >>
<< Ora ne soffri. Hai donato così
tanto ai mortali che adesso ti struggi. Non ti infastidisci della
nuova stagione, ciò che ti preoccupa è perché non sia vincolata al
tuo controllo. >> sospirò Persefone.
<< La mia ira potrebbe aver
germinato veleno in quello che ci aspetta. In quello che i mortali si aspettano. Per noi l'ambrosia, ma per
gli uomini? Sangue al posto di biada? >>
<< Che sciocchezza. >>
soffiò Persefone dopo un attimo di silenzio.
<< Come? >>
<< Perché prendersela con i mortali e non Zeus
che s'ostinava a non ascoltarti? >>
<< Perché su qualcuno deve
perpetrarsi la mia ira. Puoi dirlo, tanto gli ho insegnato negli
anni, ma resta il fatto che Hades è l'unico che davvero prova pietà
per loro. >>
<< La tua ira per colpire lui,
non per riavere me. >> notò Persefone mesta, staccando una
foglia arancione e lasciandola volare via nel vento.
<< Non dirlo, mia piccola Kore.
E' l'unico punto debole di Hades. Era, anzi. Mi ha sottratto pure
quel minimo piacere. >>
<< Non è stato lui. >>
<< Che intendi? >>
<< Che ben hai compreso, madre.
Non è stato lui. Il dio oscuro, il Re dell'Oltretomba. Il mio
amante. Sì, madre, leva quell'espressione stupita dal volto. Il mio
amante per quanto mai carnalmente uniti. >> svelò Persefone <<
Davvero volevi opporti al Fato? >>
<< Tu hai detto...che lui non...
>> deglutì sconvolta la dea delle messi.
<< Ed è la verità. Hades non mi
ha sfiorato mai. >>
<< E tu sembri rimpiangerlo. Non
devi, Kore. Ti ha obnubilato la mente, la mia povera bimba... >>
Demetra provò ad accarezzarle il viso ma Persefone si scostò. <<
Non sono più una bambina, madre. Quando lo capirete? >>
<< Tu hai bisogno di me. >>
si ostinò Demetra.
<< E sempre l'avrò. Ma devi
lasciarmi andare, madre, perché, come un frutto, anch'io son
maturata. Non sono più la bimba dalle trecce bionde che correva nei
campi, conducendoti mortali e ninfe. Ho preso il sole e la luna e il
mio cosmo è cresciuto con me. Nell'Oltretomba ho messo alla prova
ciò che tu mi hai insegnato ed il giardino dell'Eden è sbocciato
come se tu stessa vi avessi imposto le mani. Come sopra così sotto,
madre. Mi hai dato l'Inverno e io l'ho fatto fiorire. >>
<< Tutto ciò è opera tua? >>
<< Sì. Non di Hades. E' mia, la
colpa. E' mia, l'opera. Ma non poteva essere diversamente. Io presidio la Primavera e
son dea della vita, ma come si può comprendere la vita se prima non
si è provata la morte? Ecco cos'è, madre. E' l'amore. Non capisci?
>>
<< Non capisco cosa? >>
chiese Demetra.
<< Non è colpa tua. Non l'hai
creato tu. L'Inverno non è opera tua. E' vero, tu hai reso marce le
sementi ma la neve, il freddo, il gelo non sono che un preludio
dell'Averno. E la nuova linfa, i melograni terrestri, son ciò che io
ho donato ad Hades. Come sopra così sotto. Come in alto così in
basso. Come dentro così fuori. >>
<< Questo è un Mistero.
>> esalò Demetra, una nuova luce nei suoi occhi. Comprendeva,
ora. Comprendeva, finalmente.
<< Proprio così, madre. >>
*
<< E quindi, i mortali ne faranno
un Rito. >> scherzò Mnemosine << Cara Hecate, lascia che
trovi il mortale ispirato e vedrai come ciò sarà celebrato. >>
<< Non ne dubito, cara la mia
Madre delle Muse. >> le fece eco la dea antica, rimestolando il
suo intruglio. L'odore che si levava dal calderone, in quell'abbaino
buio, era sulfureo e intorno a loro veleggiava una nebbia verdastra.
<< Conosci il tuo compito. >>
<< E sarà un piacere eseguirlo.
>> sorrise la bruna dea << Mi chiedo quale delle mie
figlie sia più degna. >>
<< Una che semplifichi il tutto,
ma tieni Talia, Tersicore ed Urania lontane. Son divine nei loro
intenti, ma inadatte a questa missione. Forse Clio, sì Clio.
Dopotutto, è un rituale che resterà nella storia. >>
<< E vada per Clio. >>
concesse Mneme << Ma non mi hai ancora raccontato come l'han
presa tutti, la situazione. >>
<< Perché non tempesti Lete,
piuttosto? Non è la tua amante? >>
<< Lete tende a dimenticar le
cose, lo sai. >> ridacchiò la dea. Lete, la Dimenticanza.
Bellissima dea infernale dei fiumi e la più grande sbadata prodotta
dalla Cosmogonia divina.
<< Che dire...a me han solo
ordinato di riferirti ciò. Zeus era già sceso dabbasso, >>
indicò il Sopramondo << a cercar nuove fanciulle e
fanciulletti con cui far infuriare Hera. >>
<< Non mi dire. >>
<< Già, una novità. >>
sorrise maligna Hecate << Credo lo infastisse di non aver colto
il fiore, se mi spiego. La piccola Kore sarà anche vergine ma la sua
pelle produce già l'odore dolciastro della morte. >>
<< Lo stesso odore che circonda
Hades. Magnolia, se non erro. >>
<< La Magnolia è sacra negli
Inferi. >> le ricordò la dea degli Incantesimi.
<< Quindi? >>
<< Quindi...Zeus ha acconsentito
– dopotutto, è lui che ha ordinato che i Re avessero delle Regine
-, Hera ha sorriso trionfante – una rivale in meno -, Demetra ha
chinato il capo e Poseidone ha sospirato soddisfatto. Nessuno cercava
una nuova guerra tra dèi, e il Chaos solo sa cosa Hades nasconde nel
Tartaro. >>
<< Per Urano da cui fui generata,
Hecate, sappiamo fin troppo bene cosa c'è in quel regno brullo o
sbaglio? >>
<< Sì, ma è forse il caso di
riferirlo a Zeus? >>
Le due dee si guardarono negli occhi –
occhi di colomba contro occhi d'acqua – e di colpo si misero a
ridere, divertite. No, molto meglio che il Re degli dèi temesse le
minacce che la sua mente stessa creava. Il Tartaro era territorio
strambo, ma meno pericoloso di quanto i Luminosi potessero
immaginare. Ben lo sapevano, Hecate e Mnemosine, antiche com'erano.
<< Sai cos'è che mi diverte? >>
<< Sentiamo, Mneme. >>
<< Che da quell'imbecille mi
siano nate nove figlie tanto geniali. >>
<< Zeus non ha mai brillato per
intelligenza. Dopotutto, l'unico lampo di genio che ebbe, fu quando
gli nacque Athena. Dalla testa, per dire. >>
*
Per Hades, è come se il tempo non
fosse mai passato. Per essere precisi, il tempo si è cristallizzato
nel momento stesso in cui Persefone ha posato i suoi occhi del tramonto –
quell'assurdo miscuglio di colori che a volte sfocia nel sangue, ma
si sa, è nel sangue che siamo nati – su di lui, tutto si è
fermato.
E' un ricordo preciso, indelebile.
Nessun dettaglio è andato perso ed ogni cosa è vivida come se stesse
accadendo proprio in questo esatto momento.
Ricorda perfettamente ciò che ha
sentito in quell'attimo: un lento fuoco, un leggero languore e la
strana voglia di ridere e piangere insieme.
Finalmente ha smesso di sentirsi
un'entità astratta nell'Universo, una creatura solitaria – per
quanto la solitudine l'abbia sempre cercata e voluta -, un qualcosa
di unico e solo. In quel momento, un filo rosso – si torna sempre
al colore del sangue – si è dipanato dal suo anulare sinistro per
congiungersi, con un piccolo nodo, all'anulare sinistro di quello
della piccola dea. Da allora i loro destini sono legati, sia che
procedano sulla terra degli uomini, sia che volino nelle lande del
Sogno. Niente si può frammettere tra loro, un Uno diviso.
Ha aspettato.
Ha aspettato tanto.
Ha aspettato talmente a lungo che ha
creduto di non potercela fare più.
Eppure, ha insistito e ci ha creduto
e sempre continuerà a crederci. Perché di amare non può smettere
più e l'amore vince anche la morte.
Ed è buio e non ci sono stelle, ma
lui lo sa: la luna nuova ha in sé la magia dell'inizio.
*
Hades si svegliò di soprassalto, nel
suo letto morbido, nel palazzo della Giudecca da lui presieduto da
secoli.
Ogni volta che sognava della sua
liberazione, della nascita e dell'accordo tra gli dèi dell'Ordine,
un evento catastrofico si prospettava all'orizzonte: Pandora, il
diluvio universale, l'ennesima battaglia con qualche divinità
ostile, le vendette di Hera o gli amori folli di Afrodite. L'Olimpo
s'era accresciuto in ricchezza e bellezza con gli anni, ma Hades non
amava salire in Superficie. Il suo Regno era la sua pace e si
potevano contare le occasioni in cui calpestava il marmo sonante del
Palazzo del Cielo.
Eppure, un simile sogno rivelava
qualcosa e bisognava approfondire la questione. Si rigirò tra le
coperte, indeciso se chiamare o meno le Moire e chieder loro la
verità sul futuro. Se interrogare Hypnos sui sogni e chiedergli il
perché di tali manifestazioni notturne. Se inviare le Furie a
qualcuno che lo malediceva, convinto che fosse suo desiderio strappar
le vite ai mortali.
Hades si sollevò sul letto e si guardò
attorno. La sua stanza, dalle grandi dimensioni, era spartana. Il
letto piazzato al centro della stanza e ricoperto di morbide
pellicce, dei cassoni istoriati regalatigli da Efesto, in cui
conservava le sue vesti e la kuiné, un tavolo, ricavato da un
ontano, su cui v'era poggiata una brocca d'acqua e una ciotola piena
di melograni.
Il suo Regno era stato una continua
scoperta. Era immenso e diviso in varie regioni, come le chiamava
lui. L'Averno era attraversato da cinque fiumi e il Muro del Lamento
separava i Campi Elisi ed il Tartaro dal luogo in cui lui prendeva
dimora. Il Tartaro, scuro e multiforme, era un luogo che di rado
visitava, recandosi solo per controllare che coloro che avevano
sfidato gli dèi fossero ancora lì segregati e tenuti sotto stretta
sorveglianza dai loro carcerieri.
I Campi Elisi, divisi in tre isole
minori, erano l'unico luogo degli Inferi che gli dèi della
Superficie potevano visitare. Erano strane le leggi degli Inferi:
solo chi possedeva un cosmo ctonio, permeato di terra, poteva
attraversare tutte le regioni governate da Hades, ma se non si
possedeva neanche un barlume di tale potere, si poteva accedere solo
ai Campi Elisi. E badando comunque alle regole degli Inferi, che il
Regno di Hades perdonava assai poco gli stolti e gli sbadati che
osavano sfidarlo.
Gli Inferi producono ciò che a loro si
adatta: gli asfodeli, i fiori di loto, la grande Magnolia, simbolo
della casa di Hades. Non ha bisogno di produrre vivande. E per chi
poi? Le anime che qui indugiano non si cibano che di aria. I daimon,
invece, creature semidivine, possono gustare i frutti del giardino di
Ascafalo, l'Eden, territorio sacro e perfetto.
Il sole brillava nei Campi Elisi mentre
nell'Averno vi era quel tenue chiarore dell'alba e la notte si
annidava dolce nel Tartaro, riflettendo le costellazioni che amavano
i mortali.
Hades sospirò, soddisfatto. Lontano
dagli dèi aveva trovato il suo ambiente ideale e le care anime che
gli giungevano erano un dono più prezioso di qualsiasi fiore che
Demetra avrebbe potuto creare. E allora, l'avvertì. Una piccola
stilla luminosa e viva.
Viva.
Nel suo Regno. Il sogno consueto si
rivelava ancora una volta presagio.
Hades scostò le coperte con uno scatto
repentino. Il tempo si era compiuto e colei che tanto a lungo aveva
aspettato, finalmente era tornata da lui.
*
Persefone sorrise dolcemente quando
intuì che il suo amante la osservava nascosto nell'ombra. Oh, poteva
sentirlo fin nelle più profonde fibre del suo essere che lui era lì,
che i suoi occhi d'agata, pietosi e terribili, la stavano osservando
curiosi e forse perfino stupiti.
Probabilmente, si era aspettato una folta schiera in pompa magna, ninfe e dèi dell'Ordine, ma a Persefone era bastato il
bacio di benedizione di Demetra e il suggello posto da Hera alle
nozze, ben simboleggiato dalla runa Bjarkan.
Bastavano a loro stessi, Hades e
Persefone, e non necessitavano dei finti sorrisi del Palazzo del
Cielo.
Cerbero, che subito aveva riconosciuto
l'odore della sua padroncina, era corso da lei, ben più grosso del
cucciolo dolce che aveva lasciato un anno prima, e le si era
accucciato ai piedi, come una fedele guardia. Persefone si guardò
attorno, chiedendosi perché Hades non si manifestasse ancora a lei e
fu quasi tentata di chiamarlo, quando si accorse di qualcosa di
incredibile che era avvenuto ai suoi piedi. L'erba dell'Averno, di
solito secca e giallastra, brillava ora di un tenero verde e piccoli
fiorellini bianchi facevano capolino tra i cespugli. Non erano simili
a niente che lei avesse mai visto, ma non si preoccupò.
Gli Inferi
erano fertili. Gli Inferi producevano.
L'Averno l'aveva accettata
come Regina e si piegava alle fantasie della dea della Primavera e
della Vita, dando mostra dei suoi frutti.
Ecco perché Hades attendeva, si rese
conto, anche l'Oltretomba deve accettarmi, proprio come secoli fa
accettò il mio amato.
La dea si guardò attorno, nuovamente,
e vide ciò che serviva per il suo atto di vassallaggio agli Inferi.
Una nera Magnolia troneggiava su di lei e Persefone la circondò con
le sue esili braccia, udendo ancora una volta quella voce dolce e
legnosa che tanto aveva amato da bambina. << Son tornata, >>
sussurrò al tronco maestoso << son tornata a casa. >>
E l'albero, proprio come se l'avesse
udita, vibrò e una leggera brezza sfiorò il corpo di fanciulla di
Persefone. Un lieve peso le posava sul capo e Persefone intuì che
l'Oltretomba – la terra brulla, i daimon, le ninfe infernali – le
aveva fatto dono di una corona di ametiste e magnolie, incoronandola
Regina.
Il tempo, ora, si era davvero compiuto.
<< Hades? >> domandò la
dea, allungando una mano verso l'oscurità. A quel gesto, nuovi fiori
nacquero ai suoi piedi.
<< Mia Regina. >>
l'apostrofò di rimando lui, uscendo dal cono d'ombra. La fanciullina
fece un passo in avanti, baldanzosa, nel vederlo. Tale gioia, tale
felicità si irradiava dalla dea, che l'intero Averno sembrò
pervadersi di una nuova dolcezza acquosa.
Hades perse un battito e le strinse la
mano << Vi piacerebbe visitare il vostro Regno, dolce
Persefone? >>
I
took the stars from my eyes, and then I made a map
And knew that
somehow I could find my way back
Then I heard your heart beating,
you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you
Cosmic love - Florence and the Machine
*
Nda.
Ed eccoci giunti alla conclusione :) Spero che l'ultimo capitolo vi sia piaciuto^^ I tre bambini che vediamo all'inizio sono Melinoe, Macaria e Zagreo, i figli che nacquero dall'unione di Persefone ed Hades. Il rituale a cui si riferiscono Hecate e Mnemosine è a preferenza del lettore. Ovvero, potete immaginare che stiano discutendo di un rituale qualsiasi che i mortali andranno a comporre. Se si vuole restare in tema con la storia, possiamo facilmente pensare ai Misteri Eleusini ;)
Grazie a tutti coloro che hanno seguito/recensito/inserito nelle preferite/ricordate questa storia. Grazie davvero :*
Chiedo scusa se non sono riuscita a
rispondere alle recensioni dell'ultimo chap, ma devo ancora capire come
ho fatto ad aggiornare oggi xD In ogni caso, vi ringrazio sentitamente,
carissime Floryana, Titania, Ellie_x3.
disclaimer:
i pg presentati mi appartengono solo in questa personale disposizione,
non scrivo a scopo di lucro e blablabla. Il titolo dato a questa storia
è tratto dall'album dei The Moon and the Nightspirit.
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