Un mondo nuovo

di mamie
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Nota: partecipa alla challenge Diamo visibilità a chi non ne ha con la citazione letteraria n. 19: "Gli dei ci creano tante sorprese. L'atteso non si compie, e all'inatteso un dio apre la via" (Euripide)

UN MONDO NUOVO
 
Katsuma!
Aveva gridato il suo nome, mentre la spinta inesorabile del gas lo riportava in superficie lasciando il suo compagno incastrato sul fondo dove, nonostante i suoi sforzi disperati, non era riuscito a liberarlo.
Non preoccuparti, Hayami. Ci vediamo dopo.
Non c’era stato un “dopo”.
Katsuma.
Aveva agguantato in un corridoio un’ascia per l’emergenza e ora la teneva mollemente in mano mentre camminava verso la sala macchine. Ora sapeva cosa doveva fare. Non si sarebbe fermato.
Katsuma. La sua faccia sfregiata e allegra quando andavano in missione insieme, il suo ottimismo inguaribile, la sua presenza rassicurante, il vuoto che aveva lasciato.
Nessuno glielo aveva detto, dopo. Era stata deliberata crudeltà? Era stata solo burocrazia indifferente?
 
La porta si apre con uno sbuffo. Nella penombra la vasca di contenimento sembra una bara. Dal vetro lo fissa un volto alieno, un ibrido dalle zanne aguzze e dagli occhi di pesce. Hayami non riesce a trattenere un brivido. Comincia a respirare forte, come se gli mancasse l’aria.
Katsuma. Mi avevano detto che eri morto. Sono venuto a prenderti. Perdonami. Perdonami…
L’essere chiuso nella bara d’acqua non sembra comprenderlo. Lo fissa con occhi che non hanno più niente di umano. Hayami stringe forte il manico dell’ascia e l’abbatte sul vetro. Schegge e acqua salata gli schizzano in faccia. Il corpo di Katsuma gli scivola tra le braccia, improvvisamente pesante.
Corre adesso, attraverso i corridoi del Blue Submarine. Corre con quel peso tra le braccia, per strade che un tempo faceva anche ad occhi chiusi. Corre per arrivare al mare, perché se non è riuscito a salvare il suo amico, vuole almeno restituirlo a quella vita ibrida che ora gli appartiene, insieme a quegli esseri che chiamano nemici, ma di cui non sanno veramente nulla.
Kino è già pronta sul grampus, con la sua faccina ostinata e ribelle.
Io vengo con te.
Vorrebbe protestare, vorrebbe dirle di scendere, che è troppo pericoloso, che non è una cosa per lei, che è lui che deve affrontare i propri fantasmi, ma non ha tempo.
Hayami.
È un suono raschiante il suo nome tirato fuori a fatica da quella gola che non sa più parlare. Hayami ha un sussulto e poi lo lascia andare. Nell’acqua quell’essere si rianima, guizza via come un pesce.
Perdonami, Katsuma. Perdonami. Non voglio più combattere. Voglio capire.
 
‒ Perché non ci attaccano? – grida Kino dalla cabina di pilotaggio del grampus. Sono circondati dai tritoni, zanne snudate e feroci, membra allungate fatte per l’acqua.
Hayami trasale. Dal vetro vede l’ibrido, (no, non può chiamarlo così, quello è Katsuma, è sempre Katsuma) che gli fa un cenno con la mano. Sembra quasi che gli sorrida. Era un sorriso, quello?
Fermeremo questa guerra, Katsuma. Questa volta non ti lascerò da solo.
Il banco di tritoni con un unico guizzo scompare nelle acque gelide, il grampus approda in mezzo alla nebbia, sulla spiaggia di un mondo nuovo.
 
 




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