Questa fanfiction,
scritta per il concorso del forum sul genere demenziale, è il seguito de “I
vecchi metodi sono sempre i migliori”. Se non l’avete letta vi consiglio di
farlo prima di cominciare questa; nel caso in cui non vogliate farlo, vi
riassumo giusto quanto serve per capire la situazione…
In pratica, Elle ha scoperto la vera
identità di Light mentre ancora erano colleghi di
università, dopodichè è morto. Fine della storia.
Leggete e commentate, gente XD!
Seduta alla scrivania del fratello, Sayu
Yagami era immersa in profonde meditazioni su domande e concetti di portata universale. Rifletteva
sulla vita, sulla morte, sul tempo, sull’amore e sul vero senso del bene e del
male. Sfortunatamente, nessuna di queste considerazioni l’avrebbe aiutata a finire
i compiti di matematica che le resistevano ostinatamente ormai da più di sei
ore.
-
E allora, si può sapere quanto fa due più due? – strillò infine la
ragazzina, armeggiando furiosamente con la calcolatrice.
Il suo cellulare squillò.
-
Pronto?
– rispose stizzita.
-
Sayu…
La voce dall’altro lato del telefono era calda, tenera, ma resa esitante dalla timidezza.
-
Chi
parla?
-
Sayu, io… ti amo.
Sayu restò paralizzata. Di chiunque si trattasse, questa era un’occasione da cogliere al volo.
L’ultima volta che era riuscita ad avere un ragazzo faceva
la prima elementare e non sapeva ancora fare le addizioni.
Ora, invece, andava alle medie.
E non sapeva ancora fare le
addizioni.
-
Chi
sei? – chiese esitante.
-
Forse
ti ricordi di me: sono nella classe accanto alla tua. Ti sto a
guardare per tutto il tempo, durante la ricreazione, ma non ho mai avuto
il coraggio di parlarti.
-
Ah,
si! Ho capito! – esclamò Sayu.
Certo, se lo ricordava bene. Un ragazzo dai capelli scuri, il
naso sottile, molto carino. Sayu aveva il suo volto bene in mente.
-
Però non so nemmeno come ti chiami.
-
Io…
mi chiamo Hikaru. Hikaru Matsumoto.
-
Aspetta
un momento! – fece Sayu ridacchiando imbarazzata – Il
fatto è che io questi nomi giapponesi non riesco mai a
ricordarli…
-
“Questi
nomi giapponesi”? Ma, scusa, sei straniera?
-
No,
no! E’ che la nostra è una lingua complicata, non trovi? Insomma, tutti quei disegnini al posto delle lettere, e si pronunciano pure in
modo diverso a seconda della posizione, ecco! Perciò ti dispiace darmi un secondo? Mi prendo un appunto su questo foglietto strappato che ho trovato
del tutto casualmente abbandonato sulla scrivania di mio fratello… ecco… hai detto… Hikaru Matsumoto, giusto?
-
Sì.
Sayu scrisse velocemente il nome.
-
Bene,
è… fantastico, davvero! Non vedo l’ora di incontrarti, così
potremo… beh…
-
Sì,
beh… sarebbe grandioso.
-
…
-
…
-
Hikaru, amore mio?
-
Sì?
-
Mi
dici quanto fa due più due?
-
Cinque…
credo.
L’amore che già Sayu sentiva di
provare per quel ragazzo crebbe a dismisura,
alimentato dalla gratitudine. Adesso le restavano solo altre dieci pagine di operazioni.
Non dissero più nulla. Restarono così, al telefono, in attesa. Certe volte l’amore non ha bisogno di parole.
Restarono a pensare l’uno all’altro, a sognare la loro futura felicità.
Per circa quaranta secondi.
-
Sayu, ascolta… - cominciò Hikaru.
Si udì un rantolo, un tonfo, poi tutto
tacque.
-
Hikaru? – provò a chiamare Sayu – Hikaru, amore? Ci sei…?
Nessuna risposta.
Il mondo ideale che
l’umanità attende da secoli sta finalmente per arrivare!
Perché ci ha messo tanto?
Beh, c’era traffico…
CHIRA’S CHINGDOM
(un nuovo delirio di Gan_HOPE326)
Era tardo pomeriggio quando Light
rientrò a casa, soddisfatto quanto non mai, dal momento che quel giorno era
finalmente riuscito a fare ciò che più desiderava da mesi, ormai: uccidere
Elle. Certo, la sconfitta di un uomo che era stato il
suo più grande nemico e, bisognava ammetterlo, anche il suo più degno
avversario portava con sé un sapore amaro e molti rimpianti.
“Avrei potuto trascinare il suo corpo con un carro intorno
alle mura della città” pensò Light, triste all’idea
dell’occasione perduta. Ma quel che era fatto era
fatto.
Suonò alla porta di casa e sentì distintamente i passi
veloci di Sayu che veniva ad aprirgli.
La maniglia girò.
-
Ciao,
Sayu, sono torna…
-
AAAAHHHH!
UN MOOOOSTROOOO!!!
La porta si richiuse bruscamente in faccia al ragazzo, che
si guardò intorno perplesso. Al suo fianco svolazzava
il sempre fedele dio della morte Ryuk.
Light si fissò a lungo le mani.
Se le passò tra i capelli.
Si toccò il viso.
Infine disse, sinceramente preoccupato:
-
Ryuk, sono diventato così brutto? Non vorrei perdere il
mio proverbiale fascino… è un elemento fondamentale nel mio piano di
conquista del mondo.
-
Non
temere, Light. – sghignazzò Ryuk – Sei sexy come sempre.
-
Meno
male! Il fatto è che a stare sveglio tutta la notte a scrivere nomi di
criminali mi sono venute certe occhiaie che sembrano
quelle di Elle.
Sospirò. Quanti sacrifici bisognava fare per diventare un
dio!
-
Comunque – ricominciò – mi sa che faccio meglio a non pensarci
troppo. Sayu è una mente semplice,
deve avere avuto una delle sue crisi mistiche.
-
Capita spesso che si metta ad urlare quando uno di voi torna a casa? –
indagò Ryuk.
-
Una
volta ogni anno, più o meno. A Natale scorso è saltata
addosso a papà cercando di trafiggerlo con un paletto di frassino.
Sospirò e tirò fuori le chiavi dalla tasca per aprire la
porta da sé. Entrò in casa, salutò la madre che guardava la TV, si diresse alle scale per
raggiungere la propria stanza. Trovò Sayu
rannicchiata in un angolino che mormorava parole senza
senso e muoveva la testa su e giù.
-
Sayu…
La ragazzina alzò lo sguardo, cacciò un altro urlo e scappò
velocissima in camera sua.
-
Durano
sempre così tanto, le crisi? – chiese Ryuk, sempre più incuriosito dall’incredibile complessità
della mente umana.
-
No,
a meno che non ci sia la luna piena. – rispose Light, preoccupato – Temo che ci sia qualcosa sotto.
-
Forse
si droga.
-
Ma figurarsi! E’ tanto candida che se qualcuno le offrisse una canna lei
risponderebbe che non sa pescare.
-
Allora
magari è me che vede.
-
Te, Ryuk? Non diciamo
assurdità! Per riuscirci dovrebbe aver toccato il Quaderno della Morte, o
almeno un suo frammento, e come avrebbe mai potuto
farlo? Il Quaderno è chiuso nel mio cassetto; ieri ne ho strappato tre
pezzettini, uno l’ho messo nel mio portafoglio, uno nello scomparto segreto del
mio prodigioso orologio e uno…
Ryuk deglutì.
-
…uno
l’ho lasciato a te chiedendoti di sistemarlo in un posto sicuro. – disse
lentamente Light, piantando due occhi freddi come il
ghiaccio in quelli del dio della morte.
-
Credevo
che la tua scrivania fosse un posto
sicuro! – protestò quello – Non ci mette mai le mani
nessuno!
-
RYUK!
– ruggì l’altro – Prega che non scopra mai il modo di
uccidere un dio della morte, o ti giuro che…
-
D’accordo,
d’accordo! Non ti scaldare, Light,
e cerchiamo una soluzione. Che facciamo?
-
Ah,
no, caro mio. A questo ci pensi tu! Possibile che quando si tratta di usare il
cervello debba sempre essere io a scomodarmi? Ora tu ti spremi quella testolina
verminosa e trovi un modo di convincere Sayu che la tua
esistenza è razionalmente giustificabile. Razionalmente! Il
che esclude cose del tipo alieni, demoni, mutanti e, ovviamente, dei della
morte.
-
Ma Light… - piagnucolò Ryuk.
-
Niente
“ma”! PEN-SA-RE! Voglio una spiegazione plausibile e convincente, e la voglio
entro SESSANTA MINUTI!
…
Esattamente un’ora dopo, Light Yagami e Ryuk stavano impettiti
davanti alla porta della stanza di Sayu. La ragazzina
aveva aperto solo uno spiraglio e ora sbirciava fuori, tremante.
-
C-c-che vuoi, Light? Pe-perché
ti porti appresso quel… quel… coso?
-
Sayu, lui non è un coso. E’…
Light si asciugò la fronte sudata. Era
rosso in viso e gli tremava la voce. Pronunciò il resto della frase in fretta e
furia:
-
…è
Ryuk, il nuovo vocalist dei Tokyo
Hotel, che subito dopo essere entrato nel gruppo ha saputo che tu sei la loro
fan numero uno ed ha deciso immediatamente di correre qui ad incontrarti.
Plausibile e convincente, appunto.
Sayu aprì appena un po’ di più la porta.
Era incuriosita, ma ancora leggermente sospettosa.
-
Ma scusa, come sarebbe, il nuovo vocalist? Che ne è
stato di Bill Kaulitz?
Light sfiorò leggermente l’ala destra di Ryuk, un segno che, nel linguaggio gestuale che avevano
prestabilito, significava “ora parla tu”.
-
Non
è più tra noi, purtroppo. – intervenne il dio della morte. I suoi sghignazzi si addicevano poco al terribile lutto che aveva
colpito il gruppo del quale era appena entrato a far parte – Sopraffatto dalla
vanità delle cose di questo mondo, ha voluto compiere un ultimo atto da artista
e si è suicidato infilando le dita in un tostapane elettrico.
Light tirò un violento calcio sui piedi
di Ryuk, un segno che, nel linguaggio gestuale che
avevano prestabilito, significava “questa cazzata non
se la beve nemmeno quella deficiente di mia sorella”. Ryuk
però lo rassicurò sorridendo malizioso e indicando il proprio Quaderno della
Morte, che teneva allacciato alla cintola.
-
Ma sei sicuro che le cose siano andate così? – indagò Sayu.
-
Assolutamente.
Prova a guardare le ultime notizie su internet.
Sayu richiuse la porta e corse al
computer.
-
Ragazzi,
a tavola! La cena è pronta! – chiamò Sachiko dal
piano sottostante.
Light cominciò a scendere le scale. Era
quasi al piano terra quando un urlo atroce riempì la
casa:
-
BILL,
NOOOOOOO!!!
-
…ed ecco un
altro passante da intervistare. Regia, mostrateci un bel primo piano!
Buongiorno, signore, lei è?
-
Uh?
-
Potrebbe dirci il suo nome? Siamo della TV.
-
Ah. Mi chiamo Akira
Yabe.
Il nome apparve in
sovrimpressione sullo schermo, a caratteri cubitali.
-
Bene. Ci può dire cosa ne pensa di Kira, signor Yabe?
L’intervistato guardò
un po’ stralunato verso l’obiettivo della telecamera, che stava inquadrando
perfettamente il suo viso.
-
Penso che sia un vero giustiziere.
Una figata. – disse brevemente, per poi fuggire come
un lampo e infilarsi nella folla che sciamava verso la metro.
-
Avete sentito, amici telespettatori?
Ancora una volta, le inchieste imparziali ed obiettive di Sakura TV portano
alla luce una grande verità: il 100% dei giapponesi
apprezza e ama Kira! Infatti
tutti coloro a cui abbiamo rivolto questa domanda hanno risposto allo stesso
modo. A voi la linea, studio!
-
Grazie. Passiamo adesso…
Mentre la TV trasmetteva il telegiornale della sera, in
casa Yagami ci si sedeva a tavola per mangiare.
L’atmosfera era idilliaca, un piccolo mondo di perfetta felicità familiare, e
le uniche cose che riuscivano appena ad incrinarla erano l’assenza del padre Soichiro, la lieve crisi depressiva della piccola Sayu, in lutto per il suo amato cantante appena trapassato,
e il fatto che il figlio Light scribacchiasse
complessi schemi sul tovagliolo per elaborare nuovi e perfetti piani di
sottomissione del pianeta. Escluso questo, tutto era pace e serenità.
E presto anche il volto di Sayu
abbandonò la tristezza e si illuminò tutto: quando
vide Ryuk e si rese conto che, va bene, il vecchio
cantante era morto, ma quello nuovo era lì, in casa sua, e tutto per lei!
-
Ryuk – disse, un tantino emozionata – Ti fermi a
cena con noi, stasera?
- ;
Naturalmente.
– confermò Light per lui – Dì alla mamma di preparare
un posto in più.
Ryuk guardò il ragazzo stranito.
-
Light, ti ricordo che Sayu può vedermi, ma tua
madre no! O hai intenzione di fare toccare il Quaderno
anche a lei?
Light alzò gli occhi, folgorato:
-
Ehi,
potrebbe essere un’idea! Così, in più, se mai la polizia lo trovasse, ci sarebbero
le SUE impronte digitali e incolperebbero lei!
-
Light!
– esclamò Ryuk, scandalizzato – Non
puoi fare una cosa del genere! E’ tua madre, accidenti!
L’altro annuì, pensieroso.
-
Hai
ragione, Ryuk. Visto che siamo parenti, ci
metterebbero poco ad arrivare a me, partendo da lei. Ad ogni modo, non era
questa la mia idea. Tu siediti e limitati a non mangiare nulla, d’accordo? Altrimenti mia madre vedrebbe i cibi muoversi da soli.
Il dio della morte era poco convinto, ma non fece altre domande.
Si sedette accanto a Sayu, che dal canto suo squittì
entusiasta.
-
Mamma,
ma hai visto chi abbiamo qui? Hai visto? Il nuovo cantante dei
Tokyo Hotel! Si chiama Ryuk!
Sachiko guardò il posto vuoto con occhi
dubbiosi. Rivolse uno sguardo interrogativo a Light,
che scosse tristemente la testa.
-
Capisco,
Sayu. – mormorò la donna,
intenerita – Capisco. Siamo felici di avere Ryuk
con noi.
Povera ragazza! Un po’ la solitudine, un po’ i traumi, un
po’ l’innata precarietà delle sue sinapsi, non c’era
da stupirsi che avesse finito per crearsi un fidanzato immaginario. Capita, a
quell’età.
Sachiko andò in cucina e poco dopo tornò
portando un grande vassoio coperto da una cupoletta di
metallo. Ryuk rimuginava tra sé e sé.
“Peccato non poter mangiare. Avrei proprio voglia di una…”
La cupoletta si sollevò. Ryuk
sbarrò gli occhi. Un filo di bava gli scese dalla bocca. Sul vassoio stava una grassa porchetta arrosto…
…con una rossa, succosissima mela in bocca.
-
Light… - biascicò il dio della morte.
-
Controllati,
Ryuk.
-
Buon
appetito, ragazzi! – esclamò gioviale Sachiko.
Fece le porzioni e le distribuì. Light, essendo il protagonista maschile di uno shonen manga, non poté fare a meno di mangiare velocemente,
ingozzandosi in pochi secondi di quantità industriali di cibo e spolpando la
carne fino all’osso. Francamente, trovava disgustoso e poco appropriato quel
genere di comportamento, ma si sa che fa tanto ridere i lettori. Sayu e Sachiko iniziarono a
servirsi in modo normale. Ryuk, ovviamente, non toccò
nulla.
-
Non
mangi, Ryuk? – chiese Sayu.
-
Eh,
no… sono… a dieta, eh!
-
Già,
che strano, non mangia. – disse condiscendente Sachiko – Già, non mangia.
-
…e adesso un servizio
in diretta da Nagano, dove un drappello di lavoratori
ha inscenato una clamorosa protesta. Assistiamo infatti al primo sciopero dei boia, che a causa
dell’avvento di Kira rischiano di restare
disoccupati, non avendo più condannati a morte da giustiziare. Sentiamo il leader del loro movimento.
-
Innanzitutto, noi non amiamo essere chiamati “boia”. – disse un omaccione corpulento
vestito in giacca e cravatta – Preferiamo una
definizione più politicamente corretta. Noi siamo “terminatori giudiziari delle
funzioni vitali”.
-
Bene, grazie del suo intervento. Oltre
a chiedere vigorosi interventi contro Kira, che essi
ritengono un male per l’economia e la società, i terminatori giudiziari delle
funzioni vitali chiedono l’abolizione di espressioni
potenzialmente offensive quali “BOIA mondo”, “porco BOIA” e “l’Orlando
Innamorato è stato scritto da Matteo Maria BOIArdo”…
-
Che
schifo, ‘sto TG. Queste non sono nemmeno notizie. –
fece disgustato Light.
-
Curioso.
– commentò Sachiko – Dici
così ogni volta che parlano male di Kira. Che strana coincidenza, eh?
-
Già,
mamma, proprio strana.
Continuarono a mangiare. Finita la carne, Sachiko sparì di nuovo in cucina portando con sé il vassoio
e la fatidica mela.
-
Meno
male. – disse Ryuk, tirando un
sospiro di sollievo – Non resistevo più.
-
Arriva
la frutta! Ecco a voi la macedonia speciale di Sachiko Yagami, realizzata
mescolando mele fuji, mele imperatore, mele delizia,
mele golden e succo…
“Di limone?” implorò mentalmente Ryuk,
che già sentiva i primi spasmi della crisi di astinenza.
-
…di
mela! – concluse la donna.
“D’oh!”
-
E per chi è abbastanza grande da bere alcol, potete annaffiare tutto con
del delizioso sidro.
-
Light, cos’è il sidro? – domandò Ryuk.
Non gli interessavano davvero le bevande in uso presso gli
umani, sperava solo che fare conversazione lo avrebbe aiutato a distrarsi.
-
Un
liquore a base di mele, Ryuk.
Vano tentativo.
Mentre la macedonia veniva versata
in larghe coppette di ceramica, Ryuk soffriva come
mai gli era successo in vita sua. Faceva di tutto per mantenere il contegno e
impedirsi di fare la verticale e cominciare a ballare l’hully
gully sulle palme delle mani.
La frutta finì. Ryuk sentì i
brividi attenuarsi.
-
E adesso, il dessert…
Finalmente, la crisi si allontanava.
-
…UNA
GUSTOSISSIMA TORTA DI MELE!
-
Ryuk, – chiese Sayu, fissando incuriosita il dio
della morte – ti capita spesso di fare la verticale e ballare l’hully gully sulle palme delle
mani?
-
Come
no! – rispose lui, senza smettere di danzare goffamente – E’
di gran moda, tra noi musicisti europei.
-
Ah,
come siete avanti voi occidentali… - sospirò la
ragazzina.
-
…ora, per la nostra
rubrica “Tecnologia in casa”, una questione di scottante attualità. Come si fa ad usare correttamente un tostapane elettrico, e quali sono
i pericoli che questo elettrodomestico presenta? Ce ne
parla l’ingegner Kabuki…
-
Grazie. Come vi mostrerò, usare un
tostapane può sembrare molto semplice, ma si tratta invece di una pratica che
richiede grande esperienza e conoscenza tecnica. Come
vedete, questa fessura, qua sopra, è fatta per infilarci due, e solo due!, fette di pane. Perciò non
metteteci le dita! Lo dico soprattutto a voi bambini, a casa. Mai mettere le
dita in questa…
-
Grazie, ingegnere, la sua
spiegazione è stata illuminante. Passiamo adesso a…
La cena era ormai finita. Sachiko
stava sparecchiando la tavola, aiutata da Sayu. Al
piano di sopra, nella stanza di Light, dove il ragazzo si era immediatamente
ritirato assieme a Ryuk, stava avendo
luogo una furiosa discussione.
-
Non
se ne parla, Light! No, no e poi no!
-
Mi
dispiace, Ryuk. Devi stare al gioco o salta tutto.
-
NON
VOGLIO! Ti ricordo che potrei scrivere il tuo nome sul mio quaderno in
qualunque momento, se mi aggradasse, e se tu mi costringi a fare una cosa del
genere, allora io…
-
Dacci
un taglio, Ryuk. – fece Light con
superiorità – Stai bluffando. Se mi uccidessi dovresti tornartene nel
mondo degli dei della morte, ad annoiarti giocando a Carriban per l’eternità.
Il Carriban, per chi non lo
sapesse, è un gioco di carte tradizionale del mondo degli
dei della morte. Si gioca con un mazzo di quaranta carte; ogni giocatore, a
turno, pesca una carta. Quando il mazzo finisce vince
chi ha più carte in mano.
In genere le partite si concludono
in parità. Per questo è tanto noioso.
-
E va bene! – sbuffò Ryuk – Solo per questa
sera, farò come dici tu. Uscirò con tua sorella Sayu.
-
Bravo.
Così lei non sospetterà niente. E mentre voi sarete
via, io farò qualcosa di fondamentale per la riuscita del mio piano definitivo
per piegare il mondo al volere di Kira.
Ryuk tese le orecchie, smanioso di
conoscere ogni dettaglio:
-
E di che si tratta? Ricatterai un capo di stato? Sterminerai i vertici
della polizia? Prenderai il controllo dei mezzi d’informazione?
-
Niente
di tutto questo, Ryuk. – fece
Light, con uno sbadiglio – Mi limiterò a fare un pisolino.
Il dio della morte strabuzzò gli occhi e squadrò il ragazzo
da ogni lato. Gli poggiò una mano sulla fronte, preoccupato,
dopodichè gli tastò il polso. Light se lo
scrollò via di dosso, seccato:
-
Insomma,
anch’io sono umano, no? Non fare tanto il sorpreso. Sono tre giorni che non
chiudo occhio, ho bisogno di riposo. Tu va’ pure fuori con Sayu,
distraiti un pochino anche tu. Io dormirò almeno un paio di orette.
Quando tornerai, di notte, sarò di nuovo in forma, e
allora sì che comincerà il vero divertimento! Il pianeta intero si ricorderà di
questa sera!
E Ryuk,
incuriosito:
-
Perché? Cosa faremo questa sera, Light?
-
Quello
che facciamo tutte le sere, Ryuk…
Light tese i muscoli facciali allo spasimo; gli occhi gli si illuminarono di una strana luce; i nervi furono scossi da
brividi incontrollabili:
-
…TENTARE
DI CONQUISTARE IL MONDO!
E partì con una clamorosa risata
diabolica. Rideva quando Sayu
aprì la porta chiedendo a Ryuk cos’aveva deciso. Rideva quando Ryuk disse sì, va
bene, andiamo pure. Rideva quando la porta si richiuse. Rideva
mentre sua madre augurava buon divertimento a entrambi e li salutava.
Rideva…
-
Congratulazioni!
– esclamò l’incaricato del Guinness dei Primati –
Oggi, lei si è aggiudicato il record per la Risata Diabolica Più Lunga.
Complimenti ancora, e auguri per il futuro!
Imbarazzato ed emozionato, Light
ringraziò, prese il premio e lo mise sulla sua mensola dei trofei, tra un Nobel
per la Fisica
e un Telegatto. Dopodichè si gettò sul letto, spense
la luce e si addormentò.
E cominciò a sognare…
La Light Yagami’s Dreams Productions è lieta di presentarvi…
Dopo il clamoroso
successo di “Mamma ho perso l’aereo”!
Dopo i modesti
apprezzamenti suscitati da “Mamma ho riperso l’aereo”!
Dopo il discreto flop di “Mamma ho preso il morbillo”!
Dopo la scioccante
scoperta, fatta proprio l’altro giorno su Wikipedia,
dell’esistenza di un quarto film della serie che si intitola
“Mamma ho allagato la casa” e che, vi giuro, non avevo mai nemmeno sentito
nominare…
Mamma ho trovato un Death Note
Quando Kevin McCallister si chiuse nella propria stanza, sbattendosi
dietro la porta con violenza, era più che arrabbiato. Era proprio furioso. Perché la sua famiglia doveva essere sempre, sempre così irritante?
-
Vorrei
proprio andarmene da questa casa! – esclamò.
In effetti, avrebbe anche potuto farlo. Giunto al quinto
film, ormai Kevin aveva trentun anni, e nulla gli
impediva di trovarsi un lavoro e una casa propria. Se
non lo faceva era perché gli sarebbe sembrata una soluzione troppo banale al
suo problema.
-
Ciao,
bambino!
Quella voce, suadente e calda, era giunta nella stanza
assieme ad un soffuso chiarore dorato. Kevin si voltò
e, meraviglia!, vide sospeso a mezz’aria un giovane
dall’aspetto incredibilmente attraente, dallo sguardo che lasciava trasparire
un’intelligenza più che umana, dai curatissimi capelli castani, aggraziato nei
movimenti, con un’espressione magnanima e saggia e…
-
Grazie.
– intervenne il ragazzo, con sufficienza – Ma lo so
già, che sono il migliore. Passiamo pure avanti.
-
Tu
chi sei? – chiese Kevin, ammaliato.
-
Io?
Io sono il Divino Kira, bambino, e…
-
Perché mi chiami bambino? Guarda che ormai sono un adulto.
-
Piccolo,
ma certo, sei diventato bello grande. Però, bambino…
-
Bello grande? Ho passato i trent’anni e…
-
SE DICO BAMBINO, TU SEI UN BAMBINO, PORCO CAZZO! NON CONTRADDIRMI!
Di fronte allo scatto d’ira della saggia ma suscettibile
divinità, Kevin si ritrasse. Kira
lo osservava severo dall’alto. Provò ad avanzare un’obiezione:
-
Però,
se io sono un bambino, non dovresti usare parole come “cazzo”
quando ti rivolgi a m…
-
ALLORA
SEI STUPIDO! ALLORA SEI PROPRIO STUPIDO! CHE COSA TI
HO DETTO? DI NON CONTRADDIRMI!
Kevin chinò la testa e tacque.
-
Molto
bene, spero che questo punto sia chiaro. – fece Kira,
seccato – Passiamo a cose più importanti, come la ragione per cui un essere
supremo come me degna un insetto come te della sua
presenza. Ascoltami, bambino: io sono qui per esaudire tutti i tuoi desideri!
Gli occhi di Kevin si illuminarono:
-
Davvero?
Tutti? Qualunque cosa?
-
Qualunque
cosa. – confermò sorridente il dio del nuovo mondo – Guarda:
grazie al mio Quaderno della M… ehm… della Magia dei Desideri, tutto ciò che
vuoi potrà trasformarsi in realtà.
-
Fantastico!
Vorrei proprio che facessi qualcosa per la mia famiglia, allora. Non li
sopportò più.
-
Oh,
davvero, povero bambino? – chiese Kira, pieno di interesse e commossa compassione – Parla, raccontami,
sfogati pure.
-
Mi
trattano sempre malissimo, come una pezza da piedi. Per esempio, oggi è venuto
da me il maggiore dei miei fratelli e mi ha detto “Guarda là!”. Io l’ho fatto,
lui mi ha dato uno schiaffo ed è scappato via gridando “Scemo!”. Poi è arrivato
il secondo più grande e mi ha detto “Guarda su!”. Io l’ho fatto, lui mi ha dato
una sberla ed è scappato via gridando “Scemo!”. Poi è
arrivato il terzo e mi ha detto “Guarda giù!”. Io…
-
Va bene, va bene. – Kira sbuffò. L’interesse
e la compassione scemavano rapidamente – Alla fine che è successo?
-
Alla
fine sono andato dalla mamma. Le ho detto che ero
arrabbiato con i miei fratelli. Le ho detto che li
odiavo! E lei mi ha risposto “Odiare è una parola
bruttissima, Kevin. Non devi dire una cosa del
genere: sono sicura che, in fondo in fondo, tu vuoi ancora bene ai tuoi fratelli.
Guarda dentro al tuo cuore…”
-
Capisco.
E tu?
-
Io
l’ho fatto, lei mi ha dato un manrovescio ed è scappata via gridando “Scemo!”.
Kira restò dolorosamente sorpreso dal
racconto delle disavventure del suo protetto. Scosse la testa, rattristato, e
rivolse a Kevin uno sguardo comprensivo:
-
Allora,
vuoi che risolva il tuo problema? Esprimi un desiderio.
-
Sì,
Kira. Io vorrei
che la mia famiglia sparisse!
-
Bene,
sarà fatto.
Il dio aprì il quadernetto nero che teneva nella mano
destra, estrasse una penna dal taschino e si preparò a mettersi all’opera.
-
Se potessi portarmi un vostro album di famiglia con le foto e i nomi di
tutti voi, Kevin, mi faresti un grosso piacere. –
disse poi, con un sorriso largo ed amichevole.
…
-
Kira?
-
Sì,
Kevin?
-
Io
mi annoio.
Buttato sul divano, con un secchiello di pop-corn innaffiati
di burro d’arachidi, sciroppo d’acero e lubrificante per auto al fianco, Kevin stava guardando alla TV la millequattrocentotrentanovesima
puntata della serie “Dr.House”. Il luminare era alle
prese con un gravissimo caso di verruca alle dita dei piedi, e
contemporaneamente doveva cercare di salvare l’ospedale dalle grinfie di un
malefico clown che, con la scusa della terapia dell’umorismo, aveva fatto occupare le sale operatorie da una ventina di
scimmie e due elefanti.
-
Che
vuoi dire con “mi annoio”?
-
Che mi annoio. Tu hai fatto sparire la mia famiglia; il fatto è che di
solito, a questo punto, succedono delle cose divertenti, come una banda di
ladri incapaci che cerca di svaligiarmi la casa.
-
Ah.
E tu trovi che il crimine sia divertente? – chiese Kira, con una punta di disapprovazione.
-
Beh,
sì. Avevo già piazzato un po’ di trappole in giro per casa, ferri da stiro che
cadono, lavatrici antropofaghe, bombe atomiche nel frigorifero, cose così.
Il dio sorrise.
-
Capisco.
Anch’io ho sempre amato disseminare la mia stanza di
trappole incendiarie.
Su di un tavolino, davanti al divano, stavano una decina di
lattine di birra e un pollo arrosto. Kira si abbassò
fluttuando nell’aria per afferrarne una coscia, ma non trovò nulla con cui
tagliare la carne.
-
Kevin – domandò – dov’è finito il trinciapollo?
-
L’ho preso io, mi serviva. – fece l’altro, sbadigliando – A
proposito, se non vuoi sperimentare un nuovo taglio di capelli, non ti conviene entrare nella doccia.
-
Ok, me ne ricorderò. Però non dovresti essere
triste perché non tentano di derubarti. Non capisci che la diminuzione del
crimine è un grande vantaggio per tutti i cittadini
onesti? E grazie a me il tasso di criminalità è
diminuito dell’84%! Il che non solo comporta un notevole
miglioramento della sicurezza, -67% degli omicidi e -98% delle rapine e dei
furti in casa, ma anche altri benefici per tutto lo Stato. Ad esempio,
sai che le spese di mantenimento del sistema giudiziario e penale sono calate
del 74%? E che…
E fu così, travolto dal fiume di
cifre che il Divino Kira gli riversava addosso con la
passione di un candidato in campagna elettorale, che Kevin
capì cosa fosse realmente la noia.
…
-
Kira?
-
Sì,
Kevin?
-
Mi
manca la mia famiglia.
Il dio del nuovo mondo guardò Kevin
stranito. Questa, poi, non se la sarebbe mai aspettata. Come se a un cane mancassero le pulci.
-
Sono
passati alcuni giorni ormai da quando l’hai fatta
sparire. In genere mi succede sempre così, li voglio
rivedere. Ma direi che non c’è problema…
Kira deglutì.
-
…perché visto che tu puoi esaudire qualunque desiderio…
Kira cominciò a sudare freddo; si passò
un dito nel colletto della camicia.
-
…puoi
farli ricomparire subito, vero?
-
Ma cerr… certo… Kevin…
- balbettò l’imbarazzatissima divinità – Lasciami
solo il tempo di prendere il mio Quaderno della Mo… ehm… della Moglie del
Salumiere…
-
Non
era della Magia dei Desideri? – chiese perplesso Kevin.
-
QUANTE
VOLTE DEVO DIRTI DI NON CONTRADDIRMI! Allora… il Quaderno, sì…
Kira prese Quaderno e penna, poi fece il
gesto di scrivere qualcosa.
-
Ma mi sembra che tu non abbia scritto nulla, hai solo fatto fin…
-
COSA
NE VUOLE CAPIRE UN MISERO UMANO DI QUESTE COSE!
Allora, basta scemenze, Kevin. La tua famiglia
riapparirà. Eccoli, stanno arrivando. Guarda dietro
di te…
Kevin si voltò. Non c’era nessuno. Sentì
un violento scappellotto arrivargli sul collo e una voce che si faceva sempre
più distante:
-
Scemoooo…
Un attimo dopo, del Divino Kira
non c’era più traccia.
FINE (DEL PRIMO SOGNO)
-
Ryuk, cantami qualcosa.
Sayu e Ryuk
erano seduti su una panchina del parco, tra gli alberi che vibravano dolcemente
agitati dal vento e gli innamorati che si scambiavano effusioni, leccando i
loro gelati (puffo e zuppa inglese per lei, mela cotogna per lui), quando la
ragazzina se ne era uscita con quella richiesta.
Il dio della morte cadde dalle nuvole:
-
Cosa? Perché dovrei cantare?
-
Beh,
sei un cantante, no? Fammi sentire qualcosa in anteprima, dai!
Devi avere una voce da favola!
-
Eh,
sì… hai ragione…
Ryuk venne
attanagliato dal timor panico. In effetti, la sua era davvero una voce da
favola. Assomigliava abbastanza ai rantoli agonizzanti di quegli sfortunati
porcellini che, ignorando i principi più basilari dell’edilizia moderna, si
erano fatti sbranare dal lupo.
Ma quando Sayu
insisteva a chiedere qualcosa, non gliela si poteva negare.
-
Uhm…
allora… ti canterò una ninna-nanna del mio paese, che ne dici?
-
Musica
tradizionale, eh? Sì, dai, fammi sentire!
Esiste un vasto repertorio di ninne-nanne nel mondo degli dei della morte. Tuttavia, come è
risaputo, gli dei della morte non dormono, né tanto meno possono avere figli
piccoli. Perciò tale genere musicale, essendo del
tutto superfluo, non si è evoluto un granché, nel corso dei secoli.
Ryuk si schiarì la voce e cominciò a
strillare:
-
FIGLIO
MIO, LA VUOI LA
PAPPA?
VUOI LA PAPPA?
VUOI LA PAPPA?
CON L’ASSENZIO E LA GIALAPPA,
LA GIALAPPA, LA GIALAPPA!
MAMMA MIA, SONO DEFUNTO,
SON DEFUNTO, SON DEFUNTO!
NON M’IMPORTA A QUESTO PUNTO,
A QUESTO PUNTO, A QUESTO PUNTO!
FIGLIO MIO, CHE COSA E’ STATO?
COSA E’ STATO? COSA
E’ STATO?
TI SEI TUTTO SCREPOLATO,
SCREPOLATO, SCREPOLATO!
MAMMA MIA, IO SON CREPATO,
SON CREPATO, SON CREPATO!
ED I VERMI MI HAN TUTTO MANGIATO,
TUTTO MANGIATO, TUTTO MANGIATO!
FIGLIO MIO, CHE STAI DICENDO?
STAI DICENDO? STAI DICENDO?
TI STAI FORSE RIMBAMBENDO?
RIMBAMBENDO? RIMBAMBENDO?
MAMMA MIA, HO TIRATO LE CUOIA,
TIRATO LE CUOIA, TIRATO LE CUOIA!
E LASCIAMI IN PACE, PORCA TR…
Il dio della morte si bloccò all’improvviso, avvedendosi che
qualcosa intorno a lui era cambiato. Gli alberi non vibravano più dolcemente:
alcuni tremavano vistosamente, altri erano seccati. Comunque, non c’era più il vento a sospingerli, perché
l’aria stessa sembrava essere caduta in coma. Gli innamorati erano fuggiti
tutti, a parte due, che si erano sentiti male e adesso
erano in un angolo a vomitare. Sayu fissava il suo
amico con gli occhi sgranati e la schiuma alla bocca, chiari segni di un
principio di attacco epilettico.
-
Ma dovresti sentire che miracoli fa il nostro fonico, poi. – disse Ryuk, con un sorriso imbarazzato.
(Nel frattempo…)
La Light Yagami’s Dreams Productions è orgogliosa di presentarvi…
Il mondo è cambiato…
Lo sento nell’aria.
Lo avverto nell’acqua.
Ma soprattutto, a Sakura TV non parlano d’altro.
Il Signore dei Quaderni
Tutto ebbe inizio quando il Fabbricante
di Quaderni, il Signore Oscuro degli Shinigami,
altrimenti noto come lord Pigna, creò i Grandi Quaderni. Tre di essi, con la copertina di Winnie
the Pooh, vennero dati ai re degli Elfi, che amano le
cose pucciose. Sette, in tinta unita, toccarono ai principi
dei Nani, che desiderando solo oro, gemme e ricchezze li accettarono di buon
grado. Solo Brontolo si lamentò un poco, perché li
trovava brutti. E nove, nove quaderni con la foto di Ronaldinho
che fa una rovesciata, vennero dati agli Uomini, che
più di ogni altra cosa bramano il calcio. Ma tutti
essi furono ingannati, per due ragioni. Primo, perché i quaderni avevano solo
venti fogli, anziché i trenta che diceva la
confezione; e secondo, perché in segreto lord Pigna creò un altro quaderno,
piccolo, nero, più temibile di tutti gli altri. Esso era il Quaderno della
Morte, e racchiudeva in sé un potere terribile: quello di uccidere colui il cui
nome venisse scritto sulle sue pagine, purché chi lo
scriveva conoscesse anche il volto della sua vittima. Servendosene, lord Pigna
instaurò un lungo regno di terrore sul mondo. Allora gli uomini cercarono di
resistergli e marciarono contro la sua fortezza con un vasto esercito. Tremò la
terra e rimbombò il cielo al suono del cozzare delle loro spade! Caddero a migliaia
i seguaci di lord Pigna, e l’Oscuro Signore in persona dovette
scendere in campo, impugnando il suo micidiale Quaderno.
Affrontò il sovrano degli uomini, fissandolo a lungo dritto
negli occhi.
Il re rispose con uno sguardo altrettanto determinato e minaccioso.
-
Come
ti chiami, uomo? – chiese lord Pigna con voce di tuono.
-
Gorgon. – non poté fare a meno di rispondere il re, poiché il
galateo del combattimento imponeva simili scambi di cortesie tra avversari,
prima di passare a mozzarsi braccia e gambe.
Lord Pigna, svelto, mise mano al Quaderno e scrisse il nome.
Il re cadde gloriosamente.
-
C’è
qualcun altro? – ruggì l’Oscuro Signore – C’è qualcun
altro che osa sfidarmi?
I cuori degli uomini furono presi dallo sgomento. Chi poteva
opporsi a un tale spaventoso potere? Ormai sfiduciati, decisero di chiedere aiuto alle altre razze della
Terra di Tre Quarti, sperando che l’unione delle loro forze potesse essere
sufficiente a sopraffare il Male. Dapprima chiesero aiuto ai nani, ma
quelli risposero che non potevano venire loro in soccorso, perché stavano
andando, andando, andando a lavorar. Dopodichè si imboscarono tutti in una miniera.
Allora gli uomini cercarono il soccorso degli elfi, che
desiderando solo la pace e la serenità del mondo risposero
al richiamo e mandarono rinforzi. E fu così che la scena di prima si ripeté: il
re degli elfi e il Signore Oscuro, uno di fronte
all’altro, le rispettive armi in pugno, a fissarsi con occhi spietati in attesa
di combattere.
-
Come
ti chiami, elfo? – chiese lord Pigna con voce di tuono.
E quello cominciò:
-
Ethren di Mirthrir di Gandolien di Pershallant
di…
Dal momento che il vero nome di un elfo comprende i
nomi di tutti i suoi antenati fino alla trentesima generazione. Mentre lord Pigna sudava cercando di trascrivere quella sfilza
di parole impronunciabili, Ethren (ci limiteremo a
chiamarlo così) gli giunse vicino e gli spiccò la testa con un colpo di spada.
Le ultime parole del Signore Oscuro morente furono:
-
Scusa,
ma come si scrive “Pershallant”?
Così un grande male venne sradicato
dal mondo. Ma non tutte le tracce di quella malvagità furono
estirpate! Infatti sarebbe stata cosa saggia
distruggere immediatamente il Quaderno, fonte di tante malefatte; ma,
ahimé, il cuore degli uomini si corrompe
facilmente. Di mano in mano, di proprietario in proprietario, il letale oggetto
venne conservato attraverso i secoli da coloro che in
segreto ne bramavano il potere, pur non osando provarlo: e alla fine il
Quaderno si smarrì, divenne mito o leggenda, e alcune cose che non avrebbero dovuto
essere dimenticate andarono perdute…
…
-
Porca
miseria, dov’è finito il mio raccogli-agrumi
meccanico? L’ho perso!
In una pacifica regione di una lontana isola dell’Oriente,
nota come Kantea, vivevano in
tranquilla serenità alcuni simpatici esserini altrettanto pacifici: gli
Hobby. Era stato loro dato questo nome in quanto la
maggior parte di loro non aveva capacità intellettive sufficienti a fare niente
di meglio che, ad esempio, collezionare francobolli. Un perfetto esemplare
della specie era Tota Matsuda,
il giardiniere che adesso vagava disperato alla ricerca della sofisticatissima
apparecchiatura che aveva appena smarrito.
-
Padron Light, ha visto per caso il mio raccogli-agrumi meccanico?
Light Yagami sollevò gli occhi
dalla scrivania per guardare il proprio fedele servitore, fuori
dalla finestra.
-
Intendi
– chiese – quel marchingegno infernale che fa più rumore di un aereo in fase di atterraggio, consuma tanta elettricità quanto una piccola
cittadina e l’altro ieri mi ha dato l’eccitante possibilità di scoprire cosa
significhi doversi arrampicare sul tetto di casa per ripulirlo da un migliaio
di mandarini spiaccicati?
-
Proprio
quello! L’ha visto?
-
No.
Matsuda fece una faccia delusa. Poi aguzzò
la vista:
-
Padron Light, ma, se non sbaglio, c’è una
cosa che brucia nel camino che gli assomiglia molto.
-
E’
un’impressione. – tagliò corto Light – Questi ceppi di legno
hanno forme strane. Ora lasciami in pace, devo
lavorare!
Light Yagami
era, diversamente dal suo giardiniere, un esemplare alquanto insolito di Hobby.
Era arguto e gran lavoratore, nonostante avesse una certa propensione
all’instabilità mentale. Adesso, comunque, si stava
semplicemente dedicando allo studio scolastico. Aveva un importante compito di
letteratura, l’analisi di un testo poetico, da svolgere entro l’indomani, e
così si era messo di buona lena, con il libro da un lato e un dizionario
dall’altro, a rispondere alle varie domande una dopo l’altra scrivendo sul suo…
-
QUADERNO!
– gridò improvvisamente una voce dalla cupezza sovrannaturale.
Light si voltò scioccato solo per vedersi
di fronte un tipo incredibile. Bianco in viso, capelli neri, labbra larghe e
scure, carico di ciondoli e gioielli dall’aspetto macabro. Uno così, senza
dubbio, doveva essere un dio della morte.
O tutt’al più un membro dei Tokyo Hotel.
-
Il
Quaderno! – ripeté ancora l’essere – Il Quaderno della Morte! L’Unico Quaderno!
Finalmente l’ho trovato!
-
Chi
sei? Come hai fatto ad entrare in casa mia? – Light era fuori di sé – Vattene subito via, mostro!
Quello ghignò.
-
Mi
chiamo Ryuk, bello. Sono un dio della morte…
Meno male, pensò Light. Detestava i Tokyo Hotel.
-
…e
vengo a darti una grande missione.
-
Una…
missione?
-
Proprio
così. Quel quaderno – e indicò il quadernetto su cui Light
stava svolgendo il suo esercizio di letteratura – è “il” Quaderno, il Quaderno
della Morte. Fabbricato da lord Pigna millenni or sono,
smarrito e ora giunto a te per chissà quale via.
-
Non
dire sciocchezze! Questo quaderno l’ho comprato in cartoleria due giorni fa.
-
L’hai
“comprato”? Povero sciocco! L’Unico Quaderno non si fa “comprare”. Esso è
dotato di volontà propria. Va dove vuole andare.
-
Questa
è la stupidaggine più grossa che abbia mai sentito! –
rise Light – Come fa un oggetto ad andare dove
desidera?
-
Guarda.
– rispose Ryuk, additando la scrivania.
Il Quaderno aveva tirato fuori due minuscole gambette e stava cercando di svignarsela alla chetichella. In
fretta, Light prese un fermacarte e glielo buttò di
sopra, immobilizzandolo.
-
Ora
mi credi? – chiese il dio della morte.
-
Lo
ammetto, qualcosina di strano c’è.
Ma si può sapere che vuoi da me? Che
è questa missione?
-
Il
Quaderno – disse solennemente Ryuk
– deve essere distrutto. E’ malvagio, e racchiude in sé la perfida
volontà di lord Pigna. Esso, inoltre, corrompe l’animo di chi lo possiede. Non
hai notato nulla di strano in colui che lo aveva prima
di te?
-
In
effetti – fece Light, pensieroso – il cartolaio non
voleva darmelo, se lo teneva stretto e continuava a dire “il mio tesoro, il mio
tesssoro”. Ma pensavo fosse
uno stratagemma per tirare sul prezzo. – concluse.
-
Probabilmente
era anche quello. Ma ciò non toglie che si tratti di
un oggetto troppo pericoloso. Se restasse in giro,
lord Pigna potrebbe averne sentore, e allora verrebbe a prenderselo. Col
Quaderno in mano, il suo potere sarebbe di nuovo immane!
-
Lord
Pigna? – Light era perplesso – Credevo fosse stato
ucciso più di mille anni fa.
Ryuk si fece serio:
-
Lord
Pigna – disse solenne – è tornato in vita.
-
Sì,
certo, come no. – esclamò il ragazzo, sghignazzando –
Mi immagino quante scartoffie all’anagrafe, allora,
per far annullare l’atto di morte!
…
La fila era lunghissima, sterminata. Lo sportello sembrava
distante come un’irraggiungibile stella del cielo. Con movimento furtivo, e con
la malvagità che lo contraddistingueva, lord Pigna provò a scivolare di un paio
di posti in avanti.
-
Ehi,
in coda come tutti! – protestarono Sauron e Voldemort, all’unisono.
…
-
Non
parlare di lui con tanta leggerezza. – ribatté Ryuk,
severo.
-
Va bene, ho capito.
Light sospirò, rassegnato al suo destino.
-
In
pratica, mi stai dicendo che dovrei prendere il Quaderno,
partire assieme al mio fedele giardiniere…
Matsuda fece nuovamente capolino dalla
finestra:
-
Padron Light, padron
Light! Non ci crederà mai. Ho elaborato un nuovo tipo di cipolle, cipolle che fanno ridere!
-
Davvero,
Matsuda? – chiese Light, con
poco entusiasmo – Sorprendente. Di solito le cipolle fanno piangere.
-
Io
però ho piantato i bulbi al contrario. – disse con un sorriso furbesco il
giardiniere, quindi sparì.
-
…partire,
dicevo, tutto solo, perché è meglio star soli che male
accompagnati. – proseguì Light – Viaggiare per miglia e miglia, inseguito dai
servitori di lord Pigna, attraversando territori in guerra, città assediate,
miniere infestate di mostri, foreste di alberi
parlanti, grotte abitate da ragni giganti, paludi fetide, infiltrarmi in
territorio nemico per poter infine gettare il Quaderno in un vulcano?
-
No!
– esclamò sorpreso Ryuk – Chi ha
parlato di vulcani? Basta far questo.
Con un gesto veloce il dio della morte afferrò il Quaderno e
lo buttò nel camino.
-
Fermo,
che fai! – gridò Light.
La carta prese rapidamente fuoco. La copertina cominciò ad
accartocciarsi. I fogli si arricciarono e annerirono in pochi secondi…
-
…e così, professoressa, questa è la ragione per cui oggi non
ho potuto portare il compito di letteratura. Mi dispiace.
Light Yagami
tacque e si sedette al proprio posto.
La professoressa lo fissò a lungo.
Light deglutì e abbassò lo sguardo.
Il volto della professoressa si imporporò.
Cominciò ad emettere vapore.
-
YAGAMI!
– ruggì infine – Questa è la scusa più assurda, patetica e incredibile che
qualcuno mi abbia mai inventato per non aver fatto i
compiti! Non credere di passarla liscia perché sei il primo della classe! La
legge è uguale per tutti, e quindi ti metto un bel DUE!
Il volto di Light si deformò in un
urlo terrorizzato:
-
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!
FINE (DEL SECONDO
SOGNO)
-
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!
Light si svegliò all’improvviso, col
cuore che batteva all’impazzata. Si ritrovò in mezzo al letto, sudato, sfinito.
-
Mamma mia, che incubo. – sospirò.
Detestava sognare cose del genere, e di solito non gli capitava. Solo
quando mangiava pesante.
-
Saranno
state le patatine “Più gusto”. – bofonchiò, quindi si buttò di nuovo sul letto
e si riaddormentò in un istante.
La Light Yagami’s Dreams Productions non ha niente di meglio da fare che
presentarvi…
Spazio, ultima
frontiera. Questi sono i viaggi della nave spaziale Enterprise,
partita in missione quinquennale per esplorare regioni di spazio sconosciuto, mappare i settori più lontani della galassia, incontrare
nuove popolazioni e sterminare tutti gli alieni inutili e incivili che
potrebbero opporsi al progetto dell’illuminato comandante della nave, il
capitano Kira, di diventare il Dio del Nuovo
Universo. E’ una storia di guerra e avventura, di uomini
che sfidano l’ignoto per giungere coraggiosamente là, dove nessun giapponese è
mai giunto prima.
E, una
volta arrivati, fare qualche fotografia.
Star Trek
DNG - Death
Note Generation
Diario del capitano, data stellare 37
Febbraio Settembrino 2008 e mezzo, ascendente Capricorno. L’intero equipaggio è in allerta da quando la nostra nave è entrata nel sistema Dugr. Io stesso sono preoccupato da possibili scontri.
Sappiamo dalle poche informazioni che le nostre spie ci hanno riferito che
questa zona di spazio è abitata dai Dugrumb, una
razza di alieni feroci e interamente dediti alla
guerra. Convertirli a credere nell’unico vero dio (vale a dire, in me) potrebbe non essere tanto
semplice. Essi sono tanto potenti quanto stupidi, e in
ogni azione si ispirano a quello che chiamano il grande dio Dugrumbo.
Un loro mito racconta che Dugrumbo, desiderando
creare il mondo, avesse bisogno, per riuscirci, della
Chiave Mistica. Non trovandola, sospettò che qualche essere malvagio gliela
avesse rubata; allora scese agli inferi e affrontò uno
dopo l’altro tutti i demoni delle profondità, sconfiggendoli tutti, per poi
confrontarsi in singolar tenzone con il loro re, il
più potente e malefico di tutti, e battere anche lui. Torturò e massacrò da
solo almeno un milione di nemici prima di accorgersi che la ragione per cui
nessuno di loro sapeva nulla della Chiave era che non gliel’avevano
rubata: era stato lui a dimenticarsi di averla nascosta sotto lo zerbino
davanti alla porta di casa.
Questi sono gli esseri che ci prepariamo ad affrontare. Temo
non avremo modo di ragionare con loro, ma confido di poterli sopraffare in
qualche modo, se non con la forza, con l’astuzia.
…
La sagoma del capitano Kira
descriveva un arco magnifico e perfetto, sospesa a
mezz’aria, in un movimento di grande eleganza. Come un ballerino nel momento di
massima intensità della sua coreografia, egli sembrava racchiudere in quel
gesto atletico l’essenza della bellezza e dell’arte. Sfortunatamente, nessuno
ebbe modo di cogliere quel fugace attimo di magia, e un istante dopo il
capitano concluse la propria parabola andando a
schiantarsi, poco graziosamente, contro una console del ponte di comando.
Attorno a lui piovevano scintille e ufficiali della flotta, sballottati qua e
là.
-
Rapporto
danni! – gridò Kira, furibondo – Rapporto danni!
-
Capitano,
ci hanno colpiti.
-
Davvero?
Allora ecco la ragione per cui mi sono appena rotto
tre costole contro lo spigolo di questo dannato computer… DIMMI QUALCOSA CHE
NON SO, DEFICIENTE!
-
Siamo
stati colpiti da diverse armi contemporaneamente. La prua ha
subito danni da raggi phaser, abbiamo preso in
pieno una salva di siluri fotonici, e in più…
L’ufficiale guardò preoccupato un ampio finestrone
che dava sul vuoto dello spazio ed era macchiato da qualcosa di verde e vischioso.
Il viscidume colava lungo il vetro.
-
…beh,
non sono un granché informato sulle secrezioni dei Dugrumb,
ma spero che ci stiano solo sputando addosso dal finestrino.
-
Selvaggi.
– ringhiò Kira sottovoce.
Un’altra esplosione scosse lo scafo, le
scintille inondarono la plancia.
-
Spock! Cosa è stato quest’ultimo
scoppio?
-
Sembra
– cominciò serafico il vulcaniano, consultando un
display inondato di numeri – che abbiamo appena perso il deflettore protonico,
e di conseguenza non abbiamo più controllo sulla velocità del flusso nucleare di anti-fase tra le bobine del plasma antimaterico
a causa di una fluttuazione nelle soluzioni immaginarie dell’equazione di Cochrane.
L’intero equipaggio restò in
silenzio.
-
Cioè, se subiremo un altro colpo esploderà la nave e moriremo tutti. –
concluse Spock.
Scoppiò il panico. Uhura lanciava gridolini isterici correndo qua e là. Sulu
cominciò a sbattersi la testa al muro. Scotty prese
un sorso di whisky rigeliano, l’unico liquore in
tutto lo spazio capace di fare ubriacare un uomo grande e grosso con una sola
goccia, e cominciò a cantare “morire mi va bene / che sia mattina o sera / ma
datemi soltanto / un fiasco di barbera”.
Kira si sbracciava,
era fuori di sé:
-
Ordine,
ordine! Dovete controllarvi! Non tutto è perduto! BASTA SCENATE! Spock, grazie al cielo c’è lei, sempre freddo e razionale.
Mi dia una mano.
-
Veramente,
capitano – obiettò quello con garbo – ero venuto a
chiederle il permesso di unirmi al signor Sulu nello
sbattere la testa al muro.
-
PERMESSO
NEGATO! Tutti calmi e zitti! Apritemi un canale di
comunicazione con la nave nemica e mandatelo sullo schermo, vi farò vedere io
di cosa è capace il capitano Kira. SCATTARE!
In un modo o nell’altro tornò la calma in plancia, e
qualcuno eseguì gli ordini del capitano. Sullo schermo apparve un grugno
ributtante nel quale era difficile distinguere occhi, bocca o qualunque altro
tratto di un volto umano. Il capitano Kira cercò di
mantenersi impettito e severo come poco prima, ma era visibilmente turbato. Gli
alieni brutti e cattivi gli davano la nausea; per questa ragione aveva quasi
rischiato di essere scartato, all’accademia, ed era riuscito a passare gli
esami di ammissione solo corrompendo un professore.
-
Salve… urp… buon uomo… insomma,
uomo… quel che è.
Qui è il capitano Kira che parla.
-
Qui
Capitano Kuntz. Parla in fretta. Noi impazienti di
uccidere te.
I negoziati sembravano prendere una cattiva direzione.
-
Capitano
Kuntz – continuò Kira –
sono sicuro che voi massacriate con sufficiente crudeltà
tutti i vostri nemici così come fate con la sintassi. Ma
la prego di ascoltare quello che ho da proporle...
Il capitano continuò a imbastire
discorsi senza capo né coda, mentre sottobanco si affannava a estrarre da uno
speciale cassetto segreto (protetto da un raffinato sistema di sicurezza: e infatti
a un certo punto Kira dovette soffocare un urlo
mentre la sua mano dolorava, presa nella morsa di una trappola per topi) la sua
arma più segreta e potente, segreta mica tanto, ormai, visto che probabilmente
avete capito tutti di cosa si trattava, comunque io ve lo dico lo stesso: il
Quaderno della Morte.
Il capitano Kuntz stava per dare
al suo equipaggio l’ordine di polverizzare i terrestri, la cui intollerabile
parlantina sembrava di gran lunga peggiore dei loro
deboli armamenti, quando sentì un formicolio al braccio sinistro, una stretta
al petto, e capì che anni passati a non bere, non fumare, a fare jogging e a mettere
poco sale nei cibi non erano serviti a nulla, perché alla fine gli era comunque
preso un infarto. Ebbe il tempo per rimpiangere i piaceri della vita che aveva
sacrificato al suo rigido salutismo e spirò.
Mentre gli altri Dugrumb
si affollavano intorno al suo cadavere, uno di loro, con la divisa coperta di
gradi e medaglie, prese in mano la situazione:
-
Io
sono vice-capitano Kurtz. Adesso comando di nave è
mio, io fa discorsi noiosi con umano.
Kira osservò che, scendendo la scala
gerarchica, sembravano peggiorare anche le già scarse competenze linguistiche
di quegli esseri.
-
Bene,
vice-capitano…
Scrisse rapidamente sul Quaderno. Il graduato cadde
stecchito.
Di nuovo ci fu confusione, di nuovo qualcuno emerse dal caos
per prendere il comando.
-
Io
Kudtz. Terzo per grado su nave. Parlare.
Con questo qui Kira non sprecò
nemmeno una parola. La nave nemica sembrava molto affollata, e se voleva sbrigare
quella faccenda in fretta non c’era tempo da perdere.
E infatti, dieci minuti dopo,
l’inserviente incaricato della pulizia dei bagni della nave, dopo una carriera
fulminante che l’aveva visto passare dalla posizione di trecentoventiquattresimo
membro dell’equipaggio in ordine di grado a quella di capitano, altrettanto in
fretta cadde ed entrò nel novero degli eroi che avevano offerto la propria vita
per Dugr. Il capitano Kira
posò la penna con un sospiro.
-
E questo era l’ultimo.
In plancia scoppiò un sonoro applauso. Uhura
piangeva. Spock e Sulu si
abbracciarono. Scotty passò dalla sbornia triste a quella allegra ed esultò cantando a squarciagola “i Dugrumb sono morti / i Dugrumb
son crepati / beviamo tutti insieme / il vino di
Frascati”. Kira sorrideva soddisfatto e raccoglieva i
complimenti dei suoi uomini, quando…
…iiiight…
-
Cosa è stata quella voce? – chiese il capitano, tendendo le orecchie e
zittendo l’equipaggio con un gesto imperioso.
-
Quale
voce? – fece Uhura.
Liiiiiiight…
-
C’è
una voce che mi chiama. Con il mio vero nome, quello che non usavo dai tempi
dell’accademia!
-
Noi
non sentiamo niente, capitano.
-
Per
il mio popolo – sentenziò Spock –
sentire le voci può avere due significati diversi. Vuol dire o che si è in
comunicazione diretta con Dio…
-
Davvero?
– fece Kira, ispirato – Papà, sei
proprio tu?
-
…oppure che si è completamente pazzi. – concluse Spock.
LIIIIIIGHT! SVEGLIATI,
LIGHT! SVEGLIATI!
FINE (DEL TERZO SOGNO)
-
LIIIIIGHT!
SVEGLIATI, LIGHT! SVEGLIATI!
-
Mmmph… curvatura 6… verso l’infinito… e oltre…
-
Light!
Svegliati, ti dico! E’ mezz’ora che sto qui a scuoterti!
-
Ah!
Light Yagami riaprì
gli occhi. Il bel viso rassicurante di Ryuk, con il
suo sorriso a centoventisette denti distribuiti su tre file concentriche, gli
diede il bentornato nel mondo reale.
-
Ryuk. – mormorò il ragazzo con la bocca impastata – Non
siete ancora andati via, tu e Sayu?
-
Siamo
già tornati. – spiegò il dio della morte – E’ l’una di
notte, Light. Dormono tutti. Siamo stati fuori per tre ore e…
-
E…?
– chiese Light, pregustando il perfido piacere che gli
avrebbe dato il racconto delle sofferenze di Ryuk.
-
…E
CI SIAMO DIVERTITI DA PAZZI!!
Il dio della morte ebbe una trasformazione incredibile. Fece
una capriola all’indietro e saltò sulla scrivania. Era eccitatissimo. Agitava le braccia, faceva gesti.
-
E’
stato fantastico, Light! Siamo andati al Luna-Park! Sulla ruota panoramica! Al tiro a segno! Nella
casa dell’orrore, che risate! Poi siamo andati allo zoo! Ho visto gli elefanti
le giraffe i leoni le zebre i coccodrilli gli orsi le
tigri! Che belle le tigri! Voglio rivedere le tigri!
Light promettimi che andremo a vedere le tigri uno di questi giorni,
promettimelo, dai promettimelo, forza promettimelo…
-
E BASTA! – sbottò il ragazzo, che già sentiva di suo un tremendo mal di
testa che si avvicinava. Essere svegliato nel bel mezzo del sonno non lo
metteva di buon umore – Niente tigri! Niente zoo! Ora io mi siedo qui e mi creo
il mio mondo ideale di cui sarò il dio incontrastato, e tu mi fai il piacere di
sederti in un angolino e stare a guardare!
Mogio mogio,
Ryuk si ritirò in un cantuccio della stanza con un
broncio offeso.
-
Ho
capito una cosa, Light. – disse scontroso – Io ero
venuto qui sulla Terra per divertirmi, e fino ad ora
ero convinto che osservarti mentre facevi i tuoi giochetti malati fosse il
massimo. Ma ci sono un sacco di cose che non mi hai
mai fatto provare. Tu non vai mai al Luna-Park…
Stette a pensarci un po’ su.
-
…o quantomeno, se ci vai, è perché devi far dirottare
l’autobus. – continuò – La sai la verità? Sei un tipo
veramente barboso, Light.
-
Prova
a ripeterlo. – ringhiò l’altro, voltandosi con un’occhiataccia.
-
Uno
show del sabato sera di Rai Uno con Antonella Clerici è più divertente di te. – rincarò la dose Ryuk.
Questo era troppo.
-
ASCOLTAMI
BENE, SOMARO ALATO! – urlò Light – Io sono il Dio del
Nuovo Mondo, e sono PERFETTO! QUINDI SONO ANCHE
DIVERTENTE! GUARDA QUANTO SONO DIVERTENTE!
Fissò Ryuk con un viso stravolto,
bava alla bocca, occhi iniettati di sangue, una smorfia che in confronto Hannibal the Cannibal sembrava un
chierichetto.
-
Hai
ragione. Sei uno spasso, Light. – soffiò
Ryuk con un filo di voce, dopodichè si rannicchiò
tremante in posizione fetale.
-
Molto
bene. E adesso, a noi due, mondo!
Estrasse il quaderno. Sfoderò la penna,
impugnandola come un samurai impugna la sua katana. Stava per scatenare
la sua furia.
-
Stanotte
– gridò giubilante – il male sarà cancellato per
sempre! Senza più quell’intollerabile smaciullamento di coglioni che andava sotto il nome di Elle
tra i piedi, il potere di Kira non conosce limiti!
Giustizia sarà fatta! Il bene trionferà! Gli onesti gioiranno,
i malvagi andranno all’inferno! Preparatevi, delinquenti di tutto il
pianeta, perché stanotte ogni crimine sarà punito, DAL PIU’
GRAVE AL PIU’ INSIGNIFICANTE!
…
Il sole illuminava una landa desolata. Il ragazzo camminava
lentamente, guardandosi intorno con occhi inespressivi. Era
sporco, emaciato, aveva la barba lunga. Davanti a lui,
lo stesso scenario che vedeva da settimane. Una città
abbandonata che iniziava a riempirsi di polvere e piante. Il lezzo dei
cadaveri in putrefazione, abbandonati in mezzo alla strada, ammorbava l’aria.
Accanto al ragazzo fece la sua apparizione un essere
volante.
-
Allora,
Light? – chiese ghignando.
Il ragazzo non rispose. Continuò a camminare. Entrò in un
negozio abbandonato. Quello che doveva essere stato il commerciante
era ora uno scheletro gettato sul bancone. Il ragazzo passò tra gli scaffali,
cercando qualcosa da mangiare. Aveva fame, tanta. Osservò con cupidigia un
sacchetto di patatine.
Centocinquanta yen.
Non aveva in tasca tanti soldi, e non aveva intenzione di
prendere nulla che non fosse suo senza pagare, anche
se il proprietario sembrava sorridergli e acconsentire, con quella bocca
spalancata e quelle orbite vuote. Non era uno che ruba, lui.
-
Allora,
Light? – ripeté l’essere volante.
Ancora, il ragazzo tacque. Uscì. Raggiunse il palazzo più
vicino e schiacciò, uno dopo l’altro, con ordine, tutti
i pulsanti del citofono. Non solo nessuno rispose, ma il citofono nemmeno
suonò. Non c’era elettricità. Le centrali avevano smesso di funzionare giorni
prima.
Niente.
Nessuno.
Come se l’umanità intera fosse sparita dal mondo.
-
Allora,
Light? – fece per la terza volta
l’essere volante, trattenendo a stento le risa.
Light Yagami provò a ignorarlo.
Sbuffò.
Fece una smorfia.
E alla fine disse:
-
E va bene, Ryuk, te lo riconosco, avevi ragione
tu!
Guardò il deserto che la Terra era diventata.
-
Almeno
quelli che scaricano gli mp3 da internet avrei dovuto
lasciarli vivere… - ammise.
FINE (DEL MONDO)
…
(E DELLA FANFICTION)