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I° CAPITOLO
SOS
Someone saved my life tonight(*)
Erano le tre di una mattina decisamente poco piacevole, il
freddo penetrava nei vestiti, raggiungendo con facilità la pelle che,
inevitabilmente, reagiva accapponandosi. Le Strade di Cardiff erano buie e,
logicamente considerando l’ora tarda, erano anche deserte e silenziose, fatta
eccezione per l’eco di due paia di scarpe che ticchettavano sul cemento. Il loro
ritmo dei passi era abbastanza sostenuto, ma avrebbe potuto essere molto più
veloce se le due italiane avessero conosciuto, con sicurezza, la strada da
percorrere.
Camminavano in silenzio, spedite verso la loro meta,
sperando vivamente di riuscire a trovarla presto. A nessuna delle due piaceva
l’atmosfera quasi sepolcrale in cui si stavano muovendo. Nonostante questo, era
chiaro come una fosse notevolmente più sicura e impavida dell’altra, o forse era
semplicemente più stupida e ingenua. Al contrario dell’amica, che reagiva ad un
minimo spostamento del sassolino che lei stessa aveva calciato, la giovane
guardava dritto davanti a sé e quando voltava la testa, lo faceva solo per
cercare di leggere il nome delle vie. Impresa tutt’altro che semplice data la
scarsa luce dei lampioni.
“Si può sapere quanto ci manca ancora?” chiese la ragazza
più spaventata.
“E come pensi che possa saperlo. Non sono mai venuta in
questa città. In più su internet non c’erano delle istruzioni dettagliate, vado
a naso.”
“Sarebbe più facile andare all’isola che non c’è, almeno
conosciamo le indicazioni per arrivarci: seconda stella a destra e poi dritto
fino al mattino” recitò alzando gli occhi verso il cielo per ricordare la frase,
di cui non era propriamente sicura.
“Ti sembra il momento?” la riprese l’altra, ora molto
irritata. Con un gesto di stizza si portò dietro un boccolo traditore che era
sfuggito dall’orecchio. Non era arrabbiata con la compagna, ma le scocciava non
avere la situazione sotto controllo, e sentire l’amica vaneggiare la esasperava
maggiormente.
“Scusa, è solo che non sono tranquilla.”
“Non essere sciocca, cosa vuoi che succeda? Sono le tre del
mattino, non c’è in giro un cane e questo è un male dato che se incontrassimo
qualcuno potremmo chiedere informazioni” disse cercando di mantenere i nervi
sotto la pelle.
In quel momento due figure si staccarono dall’ombra,
spuntando all’improvviso a pochi passi da loro.
“Signorine, avete per caso bisogno di un aiutino” chiese
una voce palesemente falsa.
Le reazioni delle due ragazze furono molto diverse, ma
entrambe erano d’accordo sul non fidarsi di quella voce melliflua. Quella più
spaventata si irrigidì, il suo corpo era un fascio di muscoli tesi per la
tensione e tremanti per il terrore; il fiato le usciva dalla bocca come il fumo
di una sigaretta ad un ritmo che faceva a gara con quello accelerato del suo
cuore. L’altra, al contrario, si mise sulla difensiva: gambe divaricate
leggermente flesse, mentre le braccia scattarono verso l’alto in posizione da
pugile.
“Oh-oh guarda un po’ Frankie, le abbiamo spaventate” le
derise la voce di prima, avvicinandosi.
Frankie rispose con una risatina di scherno silenziosa e
pacata.
“Vi assicuro che non avete motivo, signorine.” Ora i due
uomini erano abbastanza vicini da poterli vedere benino. “Se farete le brave e
ci consegnerete le vostre belle borsette firmate, potremmo anche decidere di
scortarvi…potreste fare dei brutti incontri, non si può mai sapere.
La pessima battuta suscitò un altro attacco di ilarità di
Frankie che, come l’amico, si era fermato a due metri di distanza dalle povere e
sprovvedute turiste.
“Corri, vai a chiamare aiuto” sussurrò la più calma delle
due mal capitate.
“Cosa?” chiese inebetita l’altra.
“Ma perché tutte a me?” piagnucolò mentalmente la prima,
ormai al culmine della sopportazione. Con un enorme sforzo di volontà si voltò
verso l’amica urlandole in faccia:
“MUOVITI!”
Come una secchiata di acqua gelida in pieno volto, l’ordine
ebbe l’effetto di rianimare la giovane donna che cominciò a fare un passo, poi
un altro e, finalmente, si girò di spalle cominciando a correre, incurante di
quello che stava succedendo dietro di lei.
Frankie che probabilmente non aveva una buona parlantina
come il suo compare, aveva, al contrario, degli ottimi riflessi e appena si
accorse che una delle due vittime stava tentando di scappare, scattò in avanti
con l’intento di inseguirla. Non aveva fatto i conti, però, con la velocità
della ragazza che era rimasta, la quale allungò una gamba facendolo rovinare
sull’asfalto. Alcuni sassolini gli scorticarono i palmi delle mani che lui aveva
portato prontamente avanti per non sbattere la faccia sul cemento. Si rialzò di
scatto, imprigionando l’italiana nella morsa delle sue forti braccia, riuscendo
addirittura a tapparle la bocca con una mano, ma al contrario di quello che
pensava, la partita era tutt’altro che finita. La ragazza pestò con tutta la
forza di cui era capace il piede del suo aggressore e mentre lui sfogò il suo
dolore con un urlo, lei riuscì a trovare spazio sufficiente per mordergli la
mano.
Infuriato per come quella sgualdrinella straniera li stava
facendo penare, Frankie ripartì alla carica, questa volta, però, usando il poco
cervello che mostrava di avere assestando un colpo a due mani dietro la schiena
della turista che si afflosciò a terra, come una sportina in balia del vento.
Senza che ci fu bisogno di tante parole, i due uomini cominciarono a tirare
calci, mentre lei, sdraiata su un fianco, faceva il possibile per proteggersi,
sebbene tutti i suoi sforzi fossero alquanto vani.
“Vostra madre non vi ha detto che le donne non si toccano
neanche con un fiore?”
Una voce, spuntata all’improvviso, fece fermare i due
malviventi, che si voltarono a guardare con astio chi li aveva interrotti. Anche
la ragazza riuscì ad alzare gli occhi sul suo salvatore e non ne trovò solo uno,
bensì tre: due uomini e una donna. Quello che aveva parlato si trovava al centro
del terzetto e se la situazione non fosse stata quella che era, poco ma sicuro
la turista si sarebbe messa a piangere dal gran ridere, per quanto il suo
aspetto fosse strambo. Aveva dei capelli anormali dalla forma inconfondibile
anche al buio; folti e dritti come la criniera di un leone, ma soprattutto
lunghi a sufficienza perché esprimessero tutta la loro unicità.
“E voi chi cazzo siete?” chiese il capo, il quale aveva
abbandonato il suo tono gentile per adottarne uno furioso.
“Delle persone che vi insegneranno le buone maniere se non
ve ne sarete andati nel giro di cinque secondi.”
Probabilmente la ragazza a terra non era l’unica a trovare
l’inizio della giornata alquanto sgradevole, ma sicuramente non era l’unica ad
essere stanca di tutta quella situazione. A prova di ciò Frankie, senza
aspettare un ordine esplicito da parte del suo compare, si scagliò verso l’uomo
che, impassibile, teneva le mani in tasca con un portamento invidiabile, a
dispetto del suo aspetto trasandato.
La ragazza si alzò, appoggiando il peso del busto sulle
mani, per vedere meglio la scena, e in quel momento notò un piccolo spostamento
alla sinistra del tipo con la criniera. Spostò le pupille e vide l’altro uomo,
che avrebbe potuto avere qualche anno in più di lei, caricare i muscoli delle
gambe, mentre dalla manica del maglione gli scivolò in mano un pugnale. Senza
accennare ad agire prima del tempo, il ragazzo rimase immobile come un predatore
e solo quando Frankie gli fu abbastanza vicino si piazzò davanti all’uomo dai
capelli strani. Con un solo, preciso, fluido movimento della spalla destra, il
ragazzo tagliò la gola dell’aggressore che cominciò a sprizzare sangue come
quelle pistole ad acqua per i bambini.
Spaventato dalla scena l’altro malvivente si piegò sulla
ragazza, rimasta a bocca aperta, sbalordita tanto quanto lui, risvegliandola dal
suo stupore rubandogli la borsetta tanto agognata.
La sua reazione fu immediata:
“maledizione la mia borsa!” urlò con rabbia, voltando la
testa verso il ladro che correva a perdifiato, verso l’oscurità del vicolo.
“Savannah!” sussurrò semplicemente l’unico che avesse mai
aperto bocca del terzetto.
Immediatamente uno spostamento d’aria veloce e aggressiva
fece capire alla turista che qualcuno, anzi non qualcuno la donna, anche lei
presumibilmente molto giovane, era partita all’inseguimento del gallese
sopravvissuto. Ben presto entrambi sparirono nel buio e l’ultima cosa che la
derubata era riuscita a scorgere fu che Savannah, così l’aveva chiamata il
tizio, aveva guadagnato molto terreno.
“Tutto bene signorina?”
L’italiana alzò lo sguardo, trovandosi sovrastata dal
ragazzo che aveva, molto saggiamente, nascosto il pugnale e dall’uomo con i
capelli leonini che le tendeva la mano. Lei la accettò, tanto anche se fossero
stati ladri pure loro, oramai non aveva più niente che le potessero rubare.
“Benone” rispose una volta che le gambe le smisero di
tremare e la testa si decise a fermarsi.
“Ci ha avvertito la sua amica, ora si trova a casa nostra.
Non ci sembrava il caso portarla con noi.”
In apparenza il suo salvatore era una persona gentile e
ora, da più vicino, la donna notò che era ancora più trasandato di come se lo
fosse immaginato.
“Avete fatto bene, grazie dell’aiuto” biascicò a fatica;
conosceva abbastanza bene l’inglese, ma con tutto quello che era successo
faticava a mettere in fila due parole.
Dei passi, provenienti dalla zona in cui erano scomparsi i
due corridori, richiamarono l’attenzione dei presenti. Savannah era tornata con
in mano la borsetta. Più sollevata di prima la straniera allungò la mano per
farsi restituire ciò che le era stato rubato, ma la biondina, che non aveva un
filo di sudore che le imperlasse la pelle del viso, la superò senza un commento,
consegnando l’oggetto recuperato al suo capo. Quello era il colmo, non ne poteva
veramente più. Era stanca e non le sarebbe costato troppo sforzo cedere ad un
attacco isterico se il capellone non le avesse restituito la borsetta.
“Scusa se mi faccio gli affari suoi, ma lei e la sua amica
cosa ci fate qui a quest’ora?”
“Stiamo cercando un’agenzia: i Predators. Non è che voi
sapreste dirmi da che parte devo andare per trovarli?”
Il viso dell’uomo si aprì in un sorriso che avrebbe potuto
fare concorrenza a quello di un bambino, se non fosse stato per un piccolo,
insignificante particolare: era troppo inquietante su di lui.
“Lei è fortunata, signorina. Io sono Richard Heart: il boss
dei predators.”
(*)Titolo di una canzone di Elton John
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