MSC 29
fragolottina's time
ve lo devo dire, lettrucciole, per
essere la piccola personcina iperperfezionista e paranoica che sono, mi
ritengo piuttosto soddisfatta di questo capitolo.
l'ho temuto, ehi, se l'ho temuto, c'ho messo millemila anni a
scriverlo! ma penso che ne sia uscito qualcosa di discretamente buono...
perchè questo preambolo? vi chiederete voi.
perchè questo è l'ultimo capitolo de "Il Mitronio di
Synt"... buone, buone... stiamo, calmi. Ci sarà un Epilogo, ma
in realtà si tratterà più che altro, di
"anticipazioni sadiche e per niente anticipanti" sul prossimo capitolo
della saga... ve lo ricordate, vero? che è una saga?
ci vediamo più giù...
29.
Te lo prometto
Courtney si svegliò nel
letto di Jared e rimase ferma, con gli occhi aperti nella penombra
delle tapparelle abbassate. Era consapevole del suo respiro dietro di
lei, come lo era della pesantezza del suo corpo sul letto.
Percepì la propria nudità come una colpa e non per quello
che aveva fatto, ma come l’aveva fatto. Avevano abbozzato:
ignorato discussioni e disaccordi ed avevano fatto l’amore.
E Courtney si sentiva sporca e vigliacca.
Non aveva mai
pensato che qualsiasi cosa ci fosse tra lei e Jared non avrebbe
funzionato come in quel momento, nel suo letto, la mattina dopo aver
deciso che le sue motivazione non valevano quanto il suo abbraccio.
Perché lo aveva deciso, ma non ci credeva. Aveva sempre creduto
di essere nel giusto, ne era certa da quella mattina.
Il telefono
della caserma suonò, strappandola dalle sue riflessioni.
Courtney si alzò, mentre Jared apriva lentamente gli occhi ed
andò a rispondere avvolta nelle lenzuola.
«Vegliante Williams.» si annunciò con la cornetta all’orecchio.
«Salve, Vegliante, posso parlare con la sua Responsabile? È piuttosto urgente.»
«Sono
spiacente, la Responsabile Roberts non è in caserma in questo
momento. Posso farla richiamare, vuole lasciarmi i suoi contatti?»
Una risata.
«Le dica soltanto che Wood la cerca.» disse. «Sono
sicuro che troverà da sola il modo di contattarmi al più
presto.»
Dawn Dandley andò ad aprire
alla porta dopo essere stata bruscamente svegliata dal campanello
impazzito. Era appena l’alba ed anche se il mondo stesse andando
a rotoli, non le sembrava un buon motivo perché la svegliassero.
Quindi era
pronta a tirare fuori gli artigli e ricordare loro che il suo benestare
era negli interessi di tutti, ma non lo fece: guardò il ragazzo
davanti a lei, la pistola che le puntava contro. Non c’era
sedativo in canna, né Mitronio, ma piombo.
«Conosco
il patto che aveva fatto con Josh: una sola domanda e lei avrebbe
risposto sinceramente.» le ricordò Nate. «Josh
diceva sempre di non sapere cosa chiederle. Io però lo so, so
esattamente qual è la domanda da farle.»
Dawn Dandley annuì. «Se Rom…»
Lui scosse la
testa prima che lei potesse finire. «Romeo non verrà.
Courtney sta dando a Zach il doppio della dose della sua cura.
Qualsiasi cosa succederà, Romeo sarà lì.»
«Il
doppio?!» domandò lei facendo per correre in avanti, Nate
si spostò con lei per impedirle di allontanarsi.
«La mia domanda.» ripeté.
«È
una follia, è pericoloso. Per l’amor del cielo, è
con il suo cervello che state trafficando.» lo rimproverò.
«La mia. Domanda.» disse di nuovo, irremovibile.
Dawn Dandely lo
fissò indispettita e si sistemò la vestaglia addosso con
un gesto secco, prima di incrociare le braccia sul petto.
«Ebbene, Vegliante, qual è la tua domanda?» lo
sfidò.
«Cos’è Zach?»
Dawn Dandley
rimase in silenzio per una manciata di secondi, poi scoppiò a
ridere in modo così spontaneo ed autentico che Nate ne rimase
completamente spiazzato, la sua sicurezza vacillò ed ebbe un
attimo di esitazione nel vederla rientrare, ma poi la raggiunse e la
trattenne per un braccio.
«Aspetti, deve rispondere!» si lamentò.
«”Cos’è Zach”?!»
ripeté divertita. «Non è una domanda, sono almeno
venti!»
«Risponda come se fosse una.»
«Un
esperimento firmato da me.» disse pratica. «Nato
umanissimo, reso Veggente grazie ad una straordinaria manipolazione
genetica, con al suo interno un organo extra che produce una sostanza
tanto simile al Mitronio da produrre gli stessi effetti su di
lui.»
Nate le
lasciò il braccio, fece un passo indietro. Il suo viso era una
maschera di orrore. «Come?»
Per un attimo
Dawn si concesse di osservare la sua espressione sbalordita e goderne,
nemmeno lui, nonostante il suo cervello fosse estremamente vivace e
lucido, aveva pensato così in grande. Poi però si
incupì, le era capitato troppe volte di gioire per la riuscita
di un esperimento che avrebbe portato a conseguenze terribili.
C’erano vittorie che non andavano festeggiate, vittorie che non
valevano la battaglia. Entrò in casa, ma lasciò la porta
aperta sapendo che lui l’avrebbe seguita.
«Logan
Douquette sa essere convincente. Mi ha offerto soldi, protezione. Ha
avvelenato mio marito con il plutonio, mia figlia era già
rinchiusa in una gabbia.» gli lanciò un’occhiata.
«Un’offerta che non ho potuto rifiutare.»
«Ma si rende conto che lo ha reso…»
«Sì, me ne sono resa conto.» disse fissandolo,
decisa e furiosa. «Ma avevo un fratello ed era un Veggente.
Volevo salvare almeno lui.»
Tornò ad
incamminarsi in corridoio e Nate la seguì fin nella cucina.
«Signora Dandley.» la supplicò dalla soglia dopo
averla raggiunta. «La prego, mi spieghi.»
Dawn Dandely lo
guardò, provò ad immaginare la frustrazione, il tormento;
l’essere tanto rivoluzionari, sentirlo scorrere, ma non saperlo
mai del tutto. Pensò ad Helen che giocava nel suo salotto, a
come sorrideva, felice. Nessun Vegliante avrebbe mai potuto provare una
tale felicità e la colpa era sua.
«Perché gli avete dato il doppio della cura?» gli domandò.
Nate si
guardò intorno vago. «Abbiamo motivo di credere che Wood e
di suoi fantastici Veglianti stiano per venire a darci una mano.»
scosse la testa. «Jean è preoccupata e lo sono anche io,
è stato Logan Douquette a chiamarli. Zach non può stare
qui con loro.»
La donna sospirò. «Ti conviene sederti, è una lunga storia.»
Courtney mi guardò prima di
attaccare a Zach il secondo sacchetto di sangue, sembrava quasi che
volesse chiedermi il permesso. Mi aveva spiegato le sue motivazioni, le
avevo anche capite, ma non ero riuscita a dire né sì
né no.
«Fallo e basta, Court.» la incoraggiò Zach.
«Dopo aver inventato il
Mitronio diventai molto famosa, probabilmente troppo.»
iniziò Dawn Dandley mescolando un tè che non aveva
zuccherato. «Non ti sei fermato a pensare a quanto il mio lavoro
fosse buono, vero?» rise. «Il Mitronio non è un
veleno, è più simile ad un virus. L’ho costruito
partendo da un campione di quei famosi cosini che dicono al cervello di
un Veggente “Funziona di più”, li hanno solo loro,
sai? Il Mitronio li intercetta, li muta e li fa diventare come lui.
Intercettatori e cosini lottano finché nell’organismo non
ce ne sono abbastanza da vincere. Ci vuole un po’ di tempo
perché tutto avvenga senza che il paziente se ne accorga. Sai, i
proiettili della ragazzina? Lì il quantitativo e circa tre volte
superiore al limite consigliato: gli intercettatori entrano e li
sterminano, se il cervello è abbastanza forte da resistere a
quel cambiamento così repentino, lo smaltisce lentamente;
altrimenti…»
«Dieci anni.» ricordò Nate.
«Meno in
realtà, l’ADP vuole stare sicura, ma iniziando a
diciassette direi che a ventitré non ci sono più
pericoli.» scrollò le spalle con noncuranza. «Forse
può comparire della febbre.»
«E Zach?»
Dawn Dandley
rise. «Somministrare una sostanza ogni giorno per dieci anni ad
un gruppo di adolescenti è una buona soluzione, ma non è
la migliore. I Veggenti stavano iniziando ad organizzarsi in gruppi di
ribelli, avrebbero messo le mani sul Mitronio, l’avrebbero
studiato e combattuto – lo stanno facendo, con Zach c’hanno
provato, anche se gli avevo detto che non avrebbe funzionato.»
Nate
ripensò all’incidente della Bandiera Svizzera, alle
pillole che Zach aveva ingoiato senza tanti pensieri.
«La cura
prima o poi sarebbe diventata obsoleta, bisognava pensare in modo
diverso.» continuò, ma abbassò lo sguardo.
«Logan Douquette venne da me, mi disse che voleva
un’attenta analisi ed un’eventuale modifica del DNA di suo
figlio. Voleva che fosse un Veggente e voleva che non lo sapesse mai.
Vedi, ragazzo, la Veggenza non inizia a diciassette anni, come non lo
inizia la sessualità. Tu hai un pene da quando nasci, solo non
sai esattamente a cosa serve. Crescendo ne diventi consapevole,
capisci. Diciassette anni è una buona età per iniziare la
cura, ma questo non significa che non ci siano persone che inizino a
vedere prima.»
Nate
continuò a guardarla fisso, non riusciva capire tutto, ma stava
cercando di registrare ogni informazione nella sua mente per esaminarla
poi.
«Ci sono
bambini che iniziano a vedere precocissimi, sono quelli che poi
l’ADP cura come Veggenti appena dopo il test. Ad ogni modo, con
lui non c’era una donna gravida ed io gli dissi che non si poteva
fare, non sapevo fare un Veggente dal niente, non ero Dio. Mi serviva
un ovulo o un seme, o meglio ancora tutti e due. Lui annuì e se
ne andò, pensai che fosse finita lì.»
«E invece no.» suggerì Nate.
Dawn scosse la
testa. «Mesi dopo tornò da me con una Veggente, una
ragazza madre di un Veggente a sua volta. Logan me la presentò
come sua moglie e come la madre di suo figlio. Dissi di no. Dissi di no
così a lungo da sacrificare tutto per quel no. Poi Dhelia Gamley
in Douquette venne da me, avrà avuto vent’anni. “Non
ci riusciranno”, mi disse.» bevve un sorso di tè.
«Feci Zach esattamente come lo voleva Logan, maschio, alto, buon
metabolismo. Decise ogni cosa, colore di capelli, lunghezza del piede,
tutto. Poi mi chiese se avevo risolto il problema della
Veggenza.» rise. «L’avevo risolto la prima volta che
era stato lì.»
«Come?» chiese Nate, Dawn lo vide deglutire.
«Gli ho costruito una specie di tumore su misura.»
Nate aggrottò le sopracciglia senza parole.
«Ho preso
una manciata di cellule che sarebbero diventate ghiandole linfatiche e
ho detto loro di diventare qualcos’altro. Logan era stato chiaro,
voleva che suo figlio fosse un eroe, voleva che vedesse, ma che non lo
sapesse. Veggente a metà, in modo da dipendere per sempre dal
suo giudizio. Così feci in modo che il suo tumore rilasciasse
una sostanza, in risposta agli stimoli più forti, che lasciasse
inalterato un intuito più sviluppato ed inconscio.»
«Quindi dobbiamo asportare quel tumore?» domandò Nate.
«Quel
tumore non c’è più da tempo.» Dawn sorrise.
«Ci ha pensato Sean, per questo adesso il Mitronio ora lo prende
da fuori e per questo lo sta uccidendo. Quello che produceva il suo
corpo era armonizzato al suo organismo, per essere artificiale era
molto naturale.»
«Ma deve
essere stato curato per più di dieci anni, perché
continuare? Se anche in passato vedesse, non ci vede più.»
obbiettò.
Dawn rise.
«Ma l’ho fatto io e Logan voleva che il suo obbediente
soldatino durasse più di dieci anni. È durato quasi venti
se ci pensi.»
«E
perché non…» Nate si morse la lingua prima di
proseguire. «Perché non funziona più?» chiese
anche se si vergognava di parlare di Zach come di una cosa.
«Quando
gli intercettatori diventano troppi, quando sono più dei cosini
che vorrebbero attivare il tuo cervello, se continui ad assumere
Mitronio, iniziano ad andare in giro per tenersi occupati: rallentano
gli impulsi nervosi, i riflessi… Zach era già oltre il
limite quando hanno iniziato a darglielo. È forte, ma se tu
avessi preso tutto il
Mitronio che ha preso lui saresti un vegetale da qualche anno
ormai.»
«Io non sono un Veggente.» disse Nate.
Dawn Dandley
sorrise e si sporse sul tavolo. «Ma certo che lo sei.» si
strinse nelle spalle. «Lo siete tutti.»
Zach ascoltò il resoconto di
Matt con attenzione, seduto su una sedia, non sul letto. Forse avrei
dovuto ascoltare anche io, ma conoscevo quella storia e preferivo
guardare lui. Non era più malato e lui era il primo a saperlo,
si muoveva in modo diverso. Tutto il suo corpo era teso nello sforzo di
mantenersi immobile, sapevo che se i suoi muscoli avessero ceduto anche
soltanto per un minuto avrebbe distrutto quella stanza, forse tutto
l’ospedale.
«Lo voglio vedere.» disse cupo.
«Cosa?» chiese Matt.
«Quella cosa che avevo nel braccio.» spiegò fissando Matt negli occhi.
Lui mi
guardò, come se ci fosse bisogno del mio lasciapassare; mi
strinsi nelle spalle, non spettava a me quella decisione.
Matt prese
l’affarino dalla tasca e glielo porse, rimanemmo tutti in
silenzio mentre se lo rigirava tra le dita.
«Mi controllava.» disse.
«Sì.»
Lo lasciò
cadere per terra, il guscio di plastica nel quale l’aveva messo
Matt si ruppe e l’affarino rimbalzò contro la scarpa di
Zach, che sollevò il piede e lo spiaccicò a terra. Si
alzò in piedi. «Vado a cercare mio padre.»
annunciò.
«Non mi pare una buona idea.» osservò Matt.
Ma Zach lo
ignorò completamente e guardò me. «Tu resta con
Courtney.» disse prima di uscire dalla stanza.
Mi voltai verso
di lei in attesa che dicesse qualcosa, di solito era lei a farlo
ragionare, a spiegargli perché una cosa era folle; non sempre la
ascoltava, ma se non altro era l’unica a sapere cosa dirgli per
provarci.
«Dove sono le pistole di Becky?» chiese questa volta a Matt.
Zach raggiunse la stanza di suo
padre senza farsi domande, sua madre era lì con lui e lo
guardò con aspettativa e complicità, come aveva fatto per
tutta la sua vita. In diciannove anni era sempre stato sicuro di una
cosa: niente di tutto quello che aveva fatto per sua madre era mai
stato sbagliato.
«Però! Stai bene, Zach.» osservò suo padre.
Zach chiuse la
porta ad occhi bassi. «Avevo un microchip che ti diceva
dov’ero?» gli chiese direttamente. Sentiva Sean
nell’aria, se fosse stato vivo, sarebbe stato presente. E gli
avrebbe portato la sua mazza da baseball.
Suo padre fece
scorrere gli occhi su di lui ed il suo sguardo rivelava la domanda che
avrebbe posto se fosse stato molto più stupido: “Non ce
l’hai più?”.
Zach chiuse gli
occhi scuotendo la testa, amareggiato. Non avrebbe dovuto farlo, la sua
mente si riempì di immagini come dopo la morte di Sean, prima di
cercare di ucciderlo: non era mai stato bravo a gestire certi colpi
pesanti. Li riaprì e sbatté velocemente le palpebre per
scacciare tutto tranne il presente. Guardò sua madre in cerca di
aiuto e la vide mimare un respiro profondo.
«Zach, non
so se ti ricordi, ma sei stato un ragazzino piuttosto
problematico.» gli spiegò suo padre con una calma ed una
praticità che lo fecero infuriare ancora di più: facevano
apparire tutto normale. Era normale mettere un chip all’interno
del corpo del proprio figlio, era normale chiuderlo dentro il
portabagagli della propria auto con le costole rotte, era normale
spedirlo in accademia militare perché non obbediva.
«Ero
preoccupato. Prima di mandarti in accademia avevi provato a scappare di
casa e non mi piaceva saperti a zonzo chissà dove. Avevi dodici
anni!»
Non se lo
ricordava. Era scappato di casa? Quando? E per andare dove poi? Dalla
testa gli partì una fitta, si portò una mano alla tempia,
come per non far uscire quello che c’era dentro. Dentro
c’era troppa roba. Faceva caldo, un caldo infernale.
«Zach, dove sei? Stai guardando dove ti trovi?» gli chiese sua madre, un’eco lontana.
Era dentro la
sua giacca da Veggente, era così consumata che ce ne sarebbe
voluta una nuova, Jean non lo avrebbe mai mandato da nessuna parte con
quello straccio rattoppato. Guardò sé stesso come si
sarebbe guardato allo specchio, guardò il taglio che aveva la
giacca sotto le costole, sapeva che la cicatrice lasciata da Romeo era
lì. Si guardò negli occhi.
Lo sapevi, te lo ricordi? L’hai raccontato a Becky, gli disse sé stesso.
“Non
potevo saperlo”, pensò, ma ovviamente sé stesso
intercettò quel pensiero.
Non potevi, ma lo sapevi. Te lo ricordavi, lo sapevi.
Zach
sentì il duro del pavimento quando cadde a terra, poi uno spasmo
familiare al braccio, un muscolo che guizzava indipendentemente dalla
sua volontà: convulsioni.
Dhelia Doquette balzò in
piedi non appena il corpo del figlio toccò terra,
recuperò un portagioie dal proprio comodino e lo usò per
colpire il marito alla nuca. Preso alla sprovvista, Logan Douquette
finì a terra, mentre anni di gioielli e regali si sparpagliavano
sul pavimento e sotto i letti dell’ospedale.
Romeo e Jamie
entrarono nella stanza senza degnare l’uomo a terra di uno
sguardo, ma concentrandosi subito e solo su Zach. Jamie tirò
fuori un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e glielo legò tra
i denti per evitare che soffocasse con la sua stessa lingua, Romeo gli
passò le manette.
«Ehi.» obbiettò Dhelia Douquette.
«Signora,
di Jamie non si ricorda ed io non gli sto esattamente simpatico.»
le fece notare. «Prima o poi si svegliare e non sarà di
buonumore.»
Dhelia sospirò. «Abbiatene cura.» ma stavolta guardò Jamie mentre lo diceva.
Lui
ricambiò il suo sguardo e deglutì. «Sa che lo
farò, signora Douquette, l’ho promesso.»
«In bocca
al lupo con suo marito.» le augurò Romeo, prima di
afferrare Zach sotto le braccia e trascinarlo fuori. Jamie
salutò la donna con un cenno della testa, poi chiuse la porta
inchiavandoli dentro.
Fummo veloci, il tempo di prendere
le mie pistole, il tempo necessario a Courtney di legarsi i capelli e
recuperare un manganello che aveva nascosto chissà dove, il
tempo che Matt ci dicesse “Vado a rubare una macchina, ci vediamo
in garage”.
Non lo fummo abbastanza, la situazione era già precipitata.
In
prossimità della camera dei genitori di Zach ci trovammo
invischiati in una guerriglia tra i Veggenti, che avevano creato un
fronte compatto per non far passare nessuno, e gli agenti
dell’ADP, decisi a raggiungere e liberare il loro più
grande benefattore.
Io e Courtney
rimanemmo immobili a guardarli per una manciata di secondi, senza
capire. Eravamo lì per aiutare Zach a difendersi e liberarsi
definitivamente dal controllo ossessivo di suo padre, ma la
realtà era che forse, a quel punto, avremmo dovuto aiutare lui.
Perché i
Veggenti avevano attaccato Logan Douquette e sua moglie così, di
punto in bianco, proprio il giorno di Zach poi? Non aveva senso,
c’erano state altre mille occasioni migliori di quella da quando
era lì.
Un guizzo rosso
attirò la mia attenzione. Dietro il muro all’apparenza
inviolabile di Veggenti c’erano Romeo e Jamie che trasportavano
qualcosa… qualcuno…
Mi voltai prima
che il mio cervello mettesse insieme tutti i dettagli. C’era un
altro ascensore dall’altra parte e loro dovevano per forza
scendere per uscire di lì.
Jamie e Romeo raggiunsero
l’ascensore ed entrarono non appena le porte scorrevoli si
aprirono. Romeo premette il pulsante del parcheggio, mentre Jamie
appoggiava con delicatezza Zach alla parete, come un giocattolo rotto,
ma prezioso. Aveva smesso di avere le convulsioni da un po’, ma
era rimasto incosciente, ogni tanto il suo corpo era ancora scosso da
un tremito, ma sospettava che fosse per quello che stava vedendo dietro
le sue palpebre abbassate. Sapeva cosa stava vedendo: un mondo
spaventoso ancora lontano da loro, ma che presto li avrebbe raggiunti.
L’ascensore non si mosse.
«Siamo in ritardo.» lo informò Romeo. «Hanno bloccato gli ascensori.»
«Siamo
Veggenti, come facciamo ad essere in ritardo?» sbottò
Jamie facendosi aria. «Non poteva essere un po’ più
piccolo?»
«Che facciamo?»
Lui
continuò ad osservare Zach, somigliava a Sean. «Io resto,
li trattengo, tu prendi le scale. Chiama qualcuno perché ti
aiuti e…»
Smise di parlare
al suono di passi che si avvicinavano e si voltò metà
curioso e metà preoccupato, imitato da Romeo.
Jean Roberts si
avvicinò a loro. Entrò nell’ascensore e si
accucciò accanto a Zach, gli sfiorò il viso; Jamie e
Romeo rimasero immobili a guardarla, senza sapere bene come
comportarsi.
«Perché è svenuto?» domandò lei.
Romeo deglutì e prese fiato. «Sovraccarico.»
«Starà bene?» chiese guardandolo.
Fece di
sì con la testa, Jamie si sorprese di trovare nello sguardo di
Romeo una tale deferenza, come se si fosse trovato davanti un essere
mistico, una regina, qualcuno di intoccabile. Era solo una Responsabile.
«Okay.» Jean si alzò ed uscì
dall’ascensore, recuperò la propria tessera personale
– erano poche le porte che non si sarebbe aperte davanti a lei
con quella – aprì un piccolo sportello, sistemato sotto il
pulsante di chiamata dell’ascensore, ed il coperchio
rivelò una fessura.
«Jean, mi
dispiace per Josh. Non lo sapevo, io pensavo…»
borbottò Romeo fissandola, si sentiva in colpa e Jamie lo
sapeva. Aveva cercato di salvare Josh, si era impegnato, ma lui si era
buttato da quel palazzo comunque; non c’era motivo di
colpevolizzarsi, Josh era già distrutto per sempre, avevano
combattuto una battaglia già persa.
Jean tenne gli
occhi fissi su di lui, mentre infilava con delicatezza la propria
tessera nella fessura. «Non fermarti.» disse, poco prima
che le porte scorrevoli si chiudessero tra i loro due mondi. E Jamie si
disse che in fondo, dopo tutto, Jean Roberts non era soltanto una
Responsabile.
Il mio ascensore e quello che
trasportava Romeo, Zach e Jamie si aprirono contemporaneamente, in un
momento di simbiosi tecnologica che non sarebbe capitata mai più.
Sollevai le
pistole davanti a me, una puntata su Romeo, l’altra su Jamie, non
sapevo a chi sarebbe toccato il Mitronio, non mi interessava. Romeo mi
guardò i suoi occhi erano enormi e nel suo sguardo c’era
determinazione e sfida, perché lui lo sapeva, lo sapeva
dall’inizio, dalla prima volta che ci eravamo incontrati, che ci
saremmo trovati lì, che lui sarebbe stato all’interno del
mio raggio di tiro. Ci aveva pensato, si era preparato, lui aveva
deciso, aveva deciso di non tirarsi indietro; anche se potevo
sparargli, anche se mi ero vista farlo, lui era venuto lì e non
sarebbe scappato.
«Scegli, Rebecca Farrel, conosci le conseguenze di ogni tua azione: le hai viste.»
Zach
sollevò le palpebre, il suo sguardo vagò per il garage,
prima spaesato, cercando di raccogliere più dettagli possibili
del luogo dove si trovava, poi febbrile, mentre realizzava.
Trovò me, i suoi occhi si spalancarono di sorpresa e paura,
verdi come i prati che non esistevano a Synt. Mugugnò forte, ma
non sapevo se stava cercando di dirmi di scappare o di aiutarlo.
Mi sta chiedendo di aiutarlo ed io non so che fare…
Jamie
cercò di tenergli ferme le gambe, ma lui riuscì comunque
ad assestargli un calcio ben fatto. «Ahia! Maledetto marmocchio,
i calci li prendo sempre io.»
Lui non lo stava
ascoltando, guardava me. Non so cosa pensasse: mi odiava perché
ero immobile davanti a lui e non lo stavo aiutando? Era preoccupato
perché temeva mi facessero del male? Avrei avuto modo di
chiederglielo in futuro? Per terra, imbavagliato ed ammanettato, in
disordine e fradicio di sudore, non sembrava niente di più di
quello che era: un ragazzo di diciannove anni.
Un ragazzo che avevano avvelenato per diciannove anni.
«Devi
andare con loro.» dissi abbassando le pistole. «Io lo so
che non capisci e mi odierai per averti tradito, ma…»
deglutii, volevo essere ovunque tranne lì. «Loro ti
aiuteranno.»
Zach smise di
mugugnare, ma nel suo sguardo non c’era accettazione né
comprensione: era sconvolto, offeso, io lo stavo tradendo. Di nuovo.
«Mi
dispiace.» piansi. Ero armata, potevo salvarlo, ma avrebbe
significato condannarlo a qualcosa di peggio. Perché quella
decisione toccava me? Mi avrebbe odiata per sempre.
«Se non lo
faccio, ti consumerai.» deglutii. «Ti ho visto indebolirti,
i tuoi occhi si offuscheranno e diventeranno grigi, perderai i capelli
a manciate.»
Zach mi fissava e basta, immobile.
«Ti serve un alibi, ragazzina.» mi suggerì Romeo.
Distolsi lo
sguardo dal suo perché non riuscivo più a sostenerlo,
scossi la testa. «Vi siete fatti scudo con lui, mi sono lasciata
prendere dall’emotività e non ho avuto il coraggio di
sparare.»
Romeo ghignò. «Hai proprio talento.»
Matt mi trovò seduta per
terra, in mezzo al parcheggio con le ginocchia strette al petto e le
pistole accanto a me. Mi si fermò di fronte e si
accucciò. «Stai bene?»
Non risposi, deglutii. «Si sono nascosti dietro Zach, non ho avuto il coraggio di sparare.»
Lui mi
guardò ed io pensai distintamente che non poteva credermi, non
dopo tutto quello che avevamo fatto, non dopo tutto quello che ci
eravamo detti.
«Davvero?» domandò e si sedette accanto a me.
«Ho consegnato le chiavi del fuoristrada a Ryan perché
portasse Jamie Ross, Romeo e Zach imbavagliato via di qui.»
«Perché l’hai fatto?»
«Ryan mi
ha detto che li avevi lasciati andare.» si strinse nelle spalle.
«Se tu ti fidi, io mi fido.» disse offrendomi la mano.
Io la strinsi, grata di quel piccolo conforto.
Nate ci venne a
prendere circa un’ora dopo con uno dei fuoristrada che erano in
caserma, non ci chiese niente e non ci disse niente, ma tutti sapevamo
che era sparito per ore e tutti sapevamo dove era andato. Salii sul
sedile posteriore, Matt su quello del passeggero. «Dove
andiamo?» chiese.
«Torniamo
in caserma, non abbiamo più niente da fare qui.» ci disse,
mentre usciva dal parcheggio. «E le verdure.» aggiunse, ma
sembrò costargli una fatica immane. «Non si mangiano
verdure che non abbiamo comprato noi, niente di quello che ci arriva
dall’ADP. È un ordine da Caposquadra.»
incrociò il mio sguardo nello specchietto retrovisore, ma lo
distolse subito dopo.
Courtney saltò sul tetto
della caserma dei pompieri, ovviamente non poteva stare su quello della
caserma dei Veglianti, non si sentiva sicura anche se erano passate ore ed era notte.
L’ADP, sotto ordine di Wood, presidiava
la caserma fino al suo arrivo.
Ad un certo
punto i Veggenti in ospedale si erano arresi ed avevano sciolto le righe per
andarsene, Logan Douquette era stato liberato, aveva raccontato che il
Veggente dai capelli rossi lo aveva colpito ed aveva approfittato del
fatto che sua moglie avesse cercato di soccorrerlo per portare via Zach.
Tutte le forze
dell’ordine presenti in quel momento gli avevano giurato che
avrebbero ritrovato suo figlio ed alle orecchie di Courtney quella
dichiarazione era suonata come una sentenza di morte.
Romeo
sbucò fuori dopo quasi un’ora, un’ora durante la
quale Courtney aveva pensato che Becky gli avesse effettivamente
sparato – con quella ragazza non si poteva mai sapere. Solo in
quel momento però, si rese conto che una parte di sé
stessa era stata in pensiero per lui e si sentì sollevata nel
vederlo sano e salvo.
«Hai rapito Zach.» lo accusò.
«Sto cercando di aiutarlo.» ribatté lui.
Lei scosse la testa e si avvicinò. «Sta arrivando Wood.»
«Lo so.» rispose.
«Vi daranno la caccia.»
«Lo so.» ripeté.
«Batteranno tutta Synt a tappeto.»
«Lo so.» la guardò annoiato. «Dimmi qualcosa che non so.»
«Zach sta bene?»
Lui le
posò le mani sulle spalle. «Sta bene e starà bene,
hai la mia parola, Courtney.»
Strinse le labbra e deglutì. «Ti troveranno?»
Romeo scosse la testa con un sorriso divertito a piegargli le labbra.
«Dovrò darti la caccia.» continuò lei, fissandolo.
Lui rimase in
silenzio per qualche secondo, smise di guardarla e la sua espressione
divenne molto seria, poi: «Sì, dovrai.»
allontanò le mani da lei, come se quel paragrafo di vita finisse
lì e tutto, presto, sarebbe rientrato in schemi già
conosciuti, già affrontati.
Courtney prese
la mano che si stava allontanando da lei e si avvicinò. Romeo
non si mosse quando si avvicinò ancora, non era armata, non era
pericolosa, non voleva esserlo. Chinò il viso verso di lei
quando fu troppo vicina perché riuscissero a guardarsi negli
occhi.
«Promettimi di nasconderti, non farti trovare. Scappa quando sarò troppo vicina.»
Romeo
appoggiò la fronte contro la sua. «Ti prometto che mi
nasconderò.» mormorò, le loro labbra si sfioravano
quando parlava. «Ti prometto che non mi troverai, penserai che me
ne sia andato, crederai che io non sia mai stato qui.»
Courtney sapeva di doversi allontanare, ma semplicemente non voleva.
«Scapperò quando sarai troppo vicina, ma non mi piacerà.»
«È
una promessa?» chiese Courtney porgendogli il cercapersone
perché lo riprendesse.
Romeo lo guardò, poi le strinse le dita per farglielo tenere. «Te lo prometto.»
Courtney fece un passo indietro e chiuse gli occhi. «Uno…» iniziò a contare.
Arrivò a cento, quando li riaprì Romeo non c’era più.
dunque... beh, ammetto che tutta la parte che riguarda la genetica di
Zach ed il funzionamento del Mitronio è frutto di ore di
chiacchiere notturne tra me ed il mio ragazzo...
medico? biologo? chiederete voi.
no, ingegnere. ingegnere lui, linguista io, capirete che è tutto
molto teorico, quindi, no, se andate da un genetista, non vi fa Zach.
... era tanto per mettere in chiaro...
scherzi a parte, se tra voi ci sono genetisti, biologi, medici,
tuttolgi che troveranno degli errori, senza alcun rancore, ci sono, lo
ammetterò davanti ad ogni corte con ogni giudice e vi
vorrò bene come prima...
dunque, l'epilogo verrà pubblicato venerdì 12
vi lascio i nostri contatti: la fanpage e twitter
vi voglio bene! baci
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