Let’s make love
(and listen death from above)
Non
sembrava particolarmente speciale, all’inizio.
L’unico tratto distintivo, all’inizio,
era quell’aria sofisticata e stracciona insieme (unita a quell’espressione strafottente
– oh sì – uno che atteggiava le
labbra in quel modo doveva saperci fare di
tutto con la bocca) che nello splendore perennemente ostentato degli Hamptons risaltava come un pugno in un occhio, quasi più
del furgone scompagnato a bordo del quale erano arrivati – la ragazza che
diceva di essergli sorella e non gli somigliava per niente, la bambina e lui. E Nolan ne aveva parlato con Emily,
ovviamente – era impossibile non parlare con Emily di qualsiasi cosa succedesse
e qualsiasi nuovo arrivato sbucasse in giro – e, all’inizio, Emily si era preoccupata; era stato il secondo (terzo) accenno di novità, perché di
solito non era quello il genere di pericolo che si profilava all’orizzonte della
vendetta Clarke, e di solito la gente cui Emily rovinava sistematicamente la
vita frequentava posti molto diversi dal pub di Jack e ti parlava solo con
mezze frasi e mezze parole (mentre lui parlava con gli occhi – dannazione – non aveva neanche bisogno
di aprire bocca, lui, ma quando lo
faceva non girava certo attorno ai cespugli e sceglieva sempre le paroline
giuste per seccarti del tutto, mai a metà).
Sul
conto della famigliola d’oltreoceano non era però emerso nulla, e a un certo
punto Ems, che pure guardava con sospetto in
particolare agli scatti nervosi di quella Sarah Manning che pareva sentirsi
braccata dal diavolo e si animava soltanto con la figlioletta e il presunto
fratello, aveva stabilito che il loro unico interesse nella zona fosse la fuga:
ogni tanto veniva menzionato un nome, una Rachel o
una Helena – non era chiaro chi fosse la preda e chi la cacciatrice – ma non c’era
da preoccuparsi. Tra loro e i Grayson doveva passare
un universo di distanza, aveva concluso Emily bevendo il suo caffè mattutino, la
luce del sole che mandava a fuoco la casa di David Clarke. E forse era quello
il terzo (quarto) motivo per cui lui di colpo sembrava così interessante:
chiunque non c’entrasse niente coi Grayson costituiva
una piacevole novità, di quei tempi e da quelle parti – piacevolissima, nel
caso specifico.
Nonostante
tutto, Emily aveva continuato a storcere il naso per un po’, all’inizio, quando Nolan aveva dato il
via a una fase di piccoli approcci più o meno casuali. Era una cosa buffa,
soprattutto quando gli riservava la sua migliore espressione alla Amanda Clarke
dopo che lui era tornato a premere sul suo tasto preferito («Non sarai mica gelosa, Ems?»),
ma aveva avuto breve durata – dopotutto, quello era stato solo l’inizio.
Come and erase me and take me with you
Kiss me – I’m drunk – and don’t worry – it’s true
(La
sua bocca.)
«Non
hai nessuna intenzione di raccontarmi la tua storia, non è vero?»
Felix
si guardava intorno con un entusiasmo tutto inglese. Dovresti tenerci esposto anche uno dei miei aveva detto, sfiorando
i quadri alle pareti mentre percorreva in quei suoi passi così oscenamente sensuali tutta la lunghezza del suo soggiorno. Ora
si fermò e si voltò a lanciargli sopra la spalla un sorriso, quello stesso
sorriso sfrontato che non lasciava niente all’immaginazione, che era stata la seconda
o prima cosa sulla lista (ingoiami
sembrava dire la sua bocca appena schiusa apri
la bocca e ingoiami) delle cose diverse.
«Non
mi crederesti mai.»
Ogni
parola che pronunciava portava Nolan di un passo più vicino alla pazzia. Si impose
di mantenere una facciata credibile – non era poi così difficile, Ems era un’ottima insegnante – mentre gli si avvicinava con
le braccia flesse, i bicchieri pieni per metà di qualcosa che neppure ricordava
di aver versato. «Non si tratterà certo di improbabili missioni in incognito
con tanto di identità segrete... Oppure sì? Ho una certa passione per l’argomento.
Mettimi alla prova.»
Felix
si voltò del tutto e accettò un bicchiere, prendendosi tutto il tempo di
sfiorargli la mano con la sua, e Nolan ne ricavò l’impressione non così assurda
di una gatta ancheggiante che gli si strusciasse addosso. «Ma questo è uno di
quei casi in cui vale la politica ‘se te lo dicessi, temo che poi dovrei
ucciderti’... Oh, e poi ho promesso a un’amica di non usare mai la parola con
la C.»
Nolan
ritenne di aver raggiunto il limite dell’umana sopportazione. «D’accordo, non
ho assolutamente idea di cosa tu stia parlando. E non m’importa. Mi piace non sapere niente di te.»
«Alla
buon’ora» sbuffò Felix, petulante come una ragazzina – appena prima di
afferrargli i capelli con la mano libera e attirarlo a sé – «cominciavo a
pensare che ti piacesse più il genere della tua signorina perfettina.»
Rispondergli
fu una cosa che Nolan non prese nemmeno in considerazione. Uno schianto di
vetro rotto gli disse che il suo bicchiere era finito da qualche parte ai loro
piedi – l’inguine di Felix premuto sul suo, la sua lingua in bocca gli dicevano
altre cose, le uniche che volesse sentirsi dire da lui. Il solo pensiero
confusamente coerente che gli passò per la testa, mentre lo sollevava di peso e
chiamava in aiuto a sostenerlo il muro e si sentiva bagnare il collo da un drink
subito dimenticato, fu che non gli sarebbe affatto dispiaciuto tenere esposto
uno dei suoi quadri (o magari anche lui stesso che dimenava i fianchi e
miagolava il suo nome col suo accento inglese assurdamente erotico).
(Sapeva
farci di tutto con la bocca.)
I’m gonna get what I’m
willing to take
This gotta worth the miles
you made
Non
c’era nulla di cui sorprendersi, alla
fine.
Se te lo dicessi, temo che poi dovrei ucciderti.
Sarah
Manning aveva ricevuto la chiamata di una certa Cosima, così Emily aveva
sentito dire da Jack, e in un battito di ciglia erano spariti – tutti e tre più
il furgone.
Nolan
apprese della sparizione, forse l’unica nella quale Ems
finora non c’entrasse effettivamente nulla, senza scomporsi. Sedeva in poltrona
con gli occhi fissi sul suo dipinto più compromettente, il computer sulle
ginocchia alla disperata ricerca di attenzioni, e addirittura sorrise – non lo aveva ucciso, non ci
sarebbe riuscito: aveva visto andarsene troppe cose belle e troppe cose diverse per non aver ormai imparato a
svegliarsi la mattina dopo.
Come back, I’ll warm you up
Make me breakfast, I’ll make it up
You are so talented, I’m in love
Let’s make love and listen death from above
Spazio
dell’autrice
Io ESIGO il
crossover tra Revenge e Orphan Black anche solo per il gusto di poter
spargere l’amore per la ship Nolan/Felix. Ciò detto,
questa mezza PWP che ho scritto è tutta per mia MogliaH
che una volta ha apprezzato un mio accenno infinitesimale alla cosa e chi lo
sa, forse nemmeno se lo ricorda, ma è troppo tempo che non le regalo qualcosa e
boh, spero che questa stupidata le piaccia pur nel suo non avere motivo di
esistere ♥
La timeline è molto libera, perché favoleggio di un’ipotetica
fuga di Sarah e Felix e Kira negli Hamptons senza
però avere bene in mente da chi o cosa fuggano di preciso, LOL. Stessa
cosa per Emily, immaginatela in qualsiasi momento della sua vendetta – anche se
le ultime righe vogliono presupporre che la vita sentimentale di Nolan abbia
già subito qualche duro colpo... Per contro spero si siano colti i piccolissimi
accenni Nemily, perché loro sono canon
e io non sono nessuno per non metterlo in evidenza anche se c’è Felix in giro,
toh. Ciò vale anche per la bromance Felison che doveva
esserci, anche solo di sfuggita. Sulla natura del dipinto compromettente vi lascio carta bianca as well ù__ù
Le lyric sono tratte dalla stessa canzone che dà il titolo al
tutto, firmata CSS.
Aya ~