Chiara
Dianthus
[ c i n q u e g u l d e n
]
Quella volta
la stella ad otto punte l’aveva portata in una stradina buia, dietro la Chiesa
Nuova. Anonima, sporca, silenziosa e fredda la strada l’aveva accolta con un
gran sospiro: Griet aveva camminato senza troppa circospezione, sfiorando
l’acqua delle pozzanghere, come se fosse rimasta in una vasca colma d’acqua
calda ed essenza di garofano. Non si sentiva.
I vetri
delle alte finestre si specchiavano in quelle pozze quando lei passava, poi,
come per una stregoneria, sembravano sparire. Griet pensò che anche lei doveva
essere sotto un incantesimo: ad ogni passo vedeva sparire se stessa.
L’uomo che
doveva incontrare l’aspettava a testa bassa sotto un gran portone sbarrato,
sciogliendo i nodi della barba con movimenti placidi; non guardava nella sua
direzione. Griet, ancora nell’ombra della casa che stava alla sua destra, seguì
la traiettoria del suo sguardo. L’attenzione del vecchio era tutta per un
ragazzino che giocava in riva al fiume. Il cappello teneva fermo il suo liscio
caschetto nero mentre con una rincorsa lanciava i sassi sull’acqua ghiacciata.
Griet aveva sentito parlare di un’acqua che non ghiacciava mai e si chiese che
gioia potessero ricavarne i bambini, da un’acqua che d’inverno era solo da
evitare.
L’acqua che
d’inverno non gela è solo fredda.
Il vecchio
si passò le mani sulla bocca, poi sui capelli e infine la vide. Lanciò un’ultima
occhiata al ragazzo – rincorsa lancio, le
pietre che rotolano sul ghiaccio e poi sul legno di una barca – e poi si
rivolse alla donna. La moglie del macellaio, disse. Si, rispose lei. Nessuno la
chiamava più Griet. Quel nome era
solo suo e ora che lui era morto Griet era morto con lui. Non c’era molto altro da fare.
Quando prese
gli orecchini dalla stoffa in cui li aveva riposti, le perle gonfie come due
gocce d’acqua oscillarono davanti ai suoi occhi. L’uomo dei segreti le prese con
lentezza, le osservò in controluce e le saggiò con i denti. Dove ora c’era la
bocca dell’uomo, pensò ancora lei, prima c’era stata la mano di lui e prima ancora quella di Catherina e
di Maria Thins. Infinite mani avevano toccato quelle perle, ma solo una le aveva
condotte sul suo corpo. Sperò che l’uomo facesse in fretta.
Venti
gulden, disse. Si, rispose lei. Andava bene. Tutti sarebbero stati felici e lei,
forse sarebbe tornata a vedere oggetti anziché colori. Forse, liberandosi anche di
quell’ultima magia l’incantesimo si sarebbe rotto per sempre.
Di amore ormai non ne sarebbe rimasto più
niente, dopo la vendita. Lui era
morto, gli orecchini venduti, Griet
era rimasta intrappolata in un quadro, a labbra schiuse. Non restavano che
quei venti gulden.
E che poteva
averne mai saputo, lui? Gli orecchini
quando ticchettavano facevano un rumore leggero leggero, mentre i soldi nella
sua tasca si scontravano fragorosi ad ogni suo passo.
~
{A Val e Livia.}
Ancora una volta.
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