Disclaimer: I
personaggi
non mi appartengono. Sono di proprietà della ABC e di Silvio
Horta e di
chiunque altro stia dietro alla serie. Questo racconto è
stato scritto con fini
di semplice divertimento e certo non di lucro. La canzone presente
nella storia
è “You’re my best friend” dei
Queen.
Lo studio era in piena
attività. Decine di assistenti, parrucchieri, truccatori
schizzavano da una
parte all’altra per cercare di accontentare questa o quella
modella, per dire
ad una di sbrigarsi, ad un'altra che no, la vodka sarebbe arrivata solo
a
servizio completato, o che se al Ringraziamento non avesse mangiato
tutto quel
tacchino forse sarebbe stata in grado di indossare quel top. E gli
assistenti,
parrucchieri, truccatori correndo da una parte all’altra
pensavano a quando
avrebbero finalmente potuto fermarsi un attimo, per bere un sorso
d’acqua,
mangiare un boccone, anche solo respirare.
Non avevano il coraggio di considerare il fatto che finché
tutti i servizi non
sarebbero stati completati, finché il nuovo numero di Mode non sarebbe arrivato in tipografia
(considerato che il
precedente aveva rischiato di non vedere la luce) no, non avrebbero
potuto
nemmeno respirare.
L’unico a non
mostrare
sintomi da isteria pre-uscita era il fotografo che stava realizzando il
servizio. Cliff se ne stava placido al centro dello studio con la sua
bella
macchina cercando di far sorridere la povera ragazza che stava posando
in quel
momento, anche se la ragazza (tipica bellezza dell’est) aveva
l’aria di non
capire neanche una parola di quel che il ragazzo le diceva.
“Caffè?”
Betty
Suarez, la simpatica, tenace, testarda, particolare
assistente di Daniel Meade
(Marc gli aveva parlato non poco di lei – certo, quel simpatica era una considerazione di
Cliff) si era presentata con
una tazza di caffè fumante in mano, e glielo stava offrendo.
“Sì,
grazie mille. Tu sei
Betty giusto? Ti ho riconosciuto dai capelli. Marc ha ancora la
parrucca, e il
poncho. A proposito, bella città Guadalajara.”
Betty era arrossita
visibilmente “Ma conserva ancora quella roba?”
aveva borbottato sottovoce. “Sì,
comunque sono io.” Disse subito dopo per dimenticare quel
imbarazzante episodio
“E’ un piacere conoscerti. I tuoi servizi sono
sempre tra i più belli di quelli
pubblicati da Mode.”
“Qualcuno mi ha
ordinato di
portarti questo.”
Anche Amanda si era
avvicinata
a lui con un tazza di caffè fumante, anche se glielo aveva
porto con molta meno
grazia rispetto a Betty. A dir la verità, ci
mancò poco che non glielo versasse
addosso.
“Ma se due minuti
fa quando
ti ho chiesto di portarglielo mi hai risposto che dovevi finire di
farti la
manicure?”
“L’ho
finita.”
“Grazie Mandy, un
caffè in
più non si rifiuta mai. E’ un bel po’
che non ci si vede.. tu e Marc l’altra
sera non dovevate andare…”
Fu un attimo. Il
caffè, che
si trovava ancora in mano ad Amanda, si ritrovò tutto sulla
t-shirt di Cliff.
“Primo, so
perfettamente che
lo avrai accompagnato tu. Secondo, salutamelo, e auguragli da parte mia
che il
prossimo compito che gli affiderà il suo capo sia quello del
portaspilli. E
terzo” si mise a trafficare con il colletto bagnato del
ragazzo, abbassando il
tono di voce, fino quasi a sibilare
“non
azzardarti più a chiamarmi Mandy. Mai
più.” La presa sul colletto si fece di
tutt’altro genere “Chiaro?”
“Uhm, credo di
sì”.
Nonostante il caffè bollente sul petto, Cliff aveva risposto
con lo stesso tono
amichevole e disponibile di prima. Anzi, Betty era pronta a giurare di
averlo
visto addirittura sorridere.
Amanda se ne
andò,
improvvisamente come era apparsa. A dire il vero, senza più
l’impiccio del
caffè bollente in mano, aveva potuto correre via e sparire
prima che Betty (e
le restanti cinquantasei persone presenti nello studio) avessero potuto
anche
solo rimanere a bocca aperta.
“Oh mio Dio, cosa
ho fatto!
E’ tutta colpa mia.. non dovevo prendermi tutte quelle
caramelle.. è che le ho
viste lì a terra, non pensavo fossero sue.. e ora
è impazzita! .. Perché stai
ridendo scusa?”
Cliff in effetti era
scoppiato a ridere. Sorprendete come si possa resistere così
a lungo al dolore
da ustione.
“Non penso che lo
scatto di Amanda
abbia a che fare con la sparizione delle sue caramelle. Piuttosto, deve
averla
colpita l’accenno alla sua uscita con Marc.”
“Beh, lui ha
lasciato Mode, ma ero convinta che
fuori di qui
avessero continuato a mantenere la loro amicizia. O rapporto di mutuo
soccorso.
O da complici nel reato.. Seriamente, credo che una buona parte dei
loro
complotti qui dentro sia perseguibile penalmente in buona parte degli
Stati
uniti...”
“Non è
stato così, a quanto
pare” Cliff era tornato serio, e cominciava a sentire sulla
pelle il caffè
bollente (A prova di ciò era il suo colorito, passato da un
salutare rosa ad un
inquietante paonazzo) “Non che abbiano litigato. Niente
grida, niente pianti,
niente schiaffi, niente porte sbattute, niente di niente.
Semplicemente, non si
sono più parlati. Marc si rifiuta di parlarne, e anche
Amanda, come hai potuto
vedere tu stessa…” Il paonazzo si stava
intensificando, raggiungendo tonalità
che Betty non pensava una persona potesse assumere.
“Ah.. e ieri sera
dove
avrebbero dovuto andare?” Betty si sentiva stranamente
curiosa.
“Oh, ieri era il
loro Licenzianno. Credo volessero
festeggiarlo andando a vedere qualche musical, o roba simile.”
“Ieri era il loro
cosa?”
“Licenzianno.
Da quel che ho capito, è l’anniversario
del giorno in
cui hanno fatto licenziare per la prima volta insieme qualcuno. Un
inserviente
alla mensa, se non ricordo male.”
“Oh. Dovevo
immaginarmi che
si trattava di qualcosa del genere.. Ehm, vuoi che ti cerchi una
camicia
pulita?”
“Uh..
oh” Ora non poteva più
negare l’evidenza “Sì, grazie”
E corse nel bagno degli
uomini a togliersi di dosso quello strumento di tortura.
***
Come è facile immaginare, dopo la sua scenata nello studio
fotografico Amanda
era corsa nell’unico luogo dove ultimamente si sentisse a suo
agio, e in un
certo qual modo, addirittura al sicuro:
le Segrete dell’Amore. Quelle erano state il rifugio segreto
di sua madre per
tanti anni, e ora – quasi a seguito di una naturale
eredità – lo erano
diventate per lei. (Naturalmente ignorava che ormai erano diventate
tali anche
per metà del personale che lavorava a Mode:
era convinta che oltre a lei ne fossero a conoscenza solo Marc e
Christina, e
invece il primo ci aveva condotto Wilhemina per recuperare il
testamento
perduto del vecchio Meade, la seconda l’aveva mostrata
addirittura ad altre due
persone, suo marito e Betty – e a Stuart si era premurata di
mostrare ogni confort della stanza
segreta.)
L’andarci
piangendo però
comportava sempre una conseguenza ben precisa: dimentica di ogni
precauzione,
Amanda si lanciava lungo le scale a capofitto, e così era
quasi sempre notata
da Christina, sul cui guardaroba si apriva l’entrata alla
(ex) stanza segreta
delle Sommers.
Anche stavolta fu
così, e
prima che la ragazza si rendesse conto che forse sarebbe stato
più prudente
chiudere la porta d’ingresso, Christina era già
entrata, provvedendo lei stessa
chiuderla.
Accortasi della cosa,
Amanda
ritornò all’angolo dove si era rannicchiata
inizialmente. Halston stava lì
vicino, interrompendo di tanto in tanto l’ispezione
quotidiana del luogo per
andare a leccare una gamba o un braccio della padrona in segno di
commiserazione.
“Non vorrei
sembrare
ripetitiva, che ci fai qui? Non dovresti essere alla tua scrivania, a
fingere
di accogliere corrieri e modelle?”
“Non vorrei
sembrare
ripetitiva, che non si vede?” In effetti gli occhi tanto
rossi da lasciare ben
poco all’immaginazione. Accanto a lei, una
quantità enorme di carte di
caramelle. E di cioccolatini. E di ciambelle. E di bagel.
“Ok, stai
piangendo.. e hai
cercato di provocarti un infarto per eccesso di colesterolo.
Cos’è successo
stavolta, hai scoperto che il tuo paparino che tanto vai cercando
è in realtà
un pericoloso serial killer ricercato dalle polizie di mezzo
mondo?”
“Sì,
certo, magari.” (Christina
aveva aggrottato un sopraciglio) “Beh, almeno lo avrei
trovato no? Comunque non
è questo.” Smise un attimo di parlare,
accarezzò Halston, si mise a sedere più
comodamente. “A quest’ ora avrai certamente sentito
cosa è successo nello
studio fotografico..”
“Veramente
no.” Christina ci
pensò su un momento, poi esclamò “Oh
mio Dio, hai fatto qualcosa a Betty?
Guarda che noi scozzesi possiamo essere molto sgradevoli, se ci
arrabbiamo!”
“No, la regina
dei conigli
sta bene. Ho solo versato del caffè bollente addosso a
Cliff”
“Chi, il
fotografo? Quello
simpatico che regala caramelle dietetiche alle modelle? Oh Amanda, non
puoi
gettare caffè bollente addosso a tutte le persone che non si
comportano da
nevrotici! Aspetta.. e stai piangendo per questo? Per
un’azione di ordinaria
amministrazione?”
“No!”
Amanda alzò gli occhi,
poi li portò sul fidato Halston, poi di nuovo su Christina.
“E’ solo che si è
presentato stamattina, tutto contento come una pasqua, e poi si
è messo a
parlare di ieri sera e tutto quanto.. e non ci ho visto più.
Mi manca,
maledizione!” E ricominciò a singhiozzare
copiosamente.
“Chi,
Cliff?”
“No!”
rispose ancora,
stavolta con tono esasperato. Halston intanto guardava Christina con
uno
sguardo che lei stessa avrebbe azzardato essere quasi di biasimo.
“Ok, non lui. E
allora che
centra? Vediamo.. è il fotografo.. però
l’ho visto anche davanti l’ufficio di
Wilhemina.. portava un sacchetto del pranzo.. e parlava con Marc.. poi
prima di
andarsene Marc lo ha tirato in un angolo.. lo ha baciato, e poi Cliff
se ne è
andato.. l’ha baciato! Cliff esce con Marc! Quindi se il
ragazzo che ti manca
non è Cliff.. deve essere per forza Marc!”
Nonostante ci avesse
azzeccato, Amanda non rispose nulla. Solo Halston la degnò
di un guaito di
approvazione.
“Sai che vuol
dire per me che
lui se ne sia andato? Niente più pettegolezzi, furti nel
guardaroba (a questo
punto Christina aveva lanciato uno sguardo carico di sdegno)
– ehi che hai da
guardare, come se non lo sapessi..”
“Continua..”
“.. e poi niente
più scherzi
a Betty, o al suo contabile, o a te (Christina l’aveva di
nuovo guardata male)
e poi..”
Qui si interruppe, e
tornò a
portare lo sguardo sul cagnolino “E poi mi aveva detto che
non ero sola, perché
c’era lui. Che mi avrebbe aiutato a trovare mio
padre.”
”E ora?”
“E ora non
c’è.” E lei era di
nuovo sola. Ma non lo disse ad alta voce, semplicemente si
limitò a prendere in
braccio Halston, e si mise ad accarezzarlo. Forse almeno lui le sarebbe
rimasto
vicino. O forse neanche lui. (Ma che aiuto può dare, un
cane?)
***
“E’
stato un attimo e, tac!
Sono diventato un biscottino al caffè” Marc
sorrise. Era qualcosa che ci si
poteva aspettare da Amanda. “Puoi
immaginarti poi cosa ha dovuto passare Betty per trovare una camicia
della mia
taglia lì dentro..”
“Non e' il tuo
tipo? Sembra
che se lo sia mangiato il tuo
tipo”
Quel commento di Cliff gli aveva fatto tornare in mente la prima
reazione di
Mandy la prima volta che aveva visto il suo ragazzo. Non era stata tra
le
reazioni più entusiasmate in effetti.. certamente non
pensava sarebbe arrivata
a cercare di ustionarlo. (Comunque,
il pensiero del caffè caldo gli fu di sollievo in quel
momento. Stavano infatti
sulla Fifth Avenue, dove Cliff aveva raggiunto Marc con il pranzo
intercettandolo
mentre quello faceva commissioni a Wilhemina, e in Dicembre il clima di
New
York poteva essere davvero sgradevole – simpatica parafrasi
per dire che
c’erano due gradi o giù di lì.)
“Eppure mi
sembrava alla fine
ti avesse accettato..”
“Sì,
ricordiamo tutti il suo
accorato appello al matrimonio di Wilhemina..” Quel Cliff
urlato a squarciagola gli faceva ancora male ai timpani.
“Comunque non
credo che il caffè fosse diretto a me.”
“Dici che ha
sbagliato mira?”
“No, non dicevo
in quel
senso. Penso solo che sebbene abbia colpito me,
in realtà volesse colpire te”.
“Eh?”
“Ecco, il
caffè è arrivato
sulla mia camicia quando ho accennato al vostro Licenzianno..”
“Tu cosa? Non ho
intenzione
di diventare vedovo così prematuramente.”
“Ci siamo
trasferiti ad
Amestardam e non me ne sono accorto?”
“Uhm, no . Il
punto non è
questo” Marc si fermò all’improvviso
(rischiando di far cadere a terra la spesa
di Wilhemina e il proprio pranzo) “il cielo solo sa quanto ci
sarà rimasta male
per ieri sera.. ah, cambiamo discorso, che è
meglio.” E riprese a camminare.
“Ferma cowboy” Cliff era rimasto fermo
dov’era. “La smetti di rimandare e
mi fai capire come stanno veramente le cose o devo continuare a
scoprirlo da
solo?”
“Non
c’è proprio nulla da
capire.”
“Oh, e invece
sì. Lasci Mode, ma
lavori dieci volte tanto, un
lavoro dal quale sei talmente preso da non trovare neanche il tempo per
festeggiare
con la tua migliore amica.. ah, e poi ti sei praticamente trasferito a
casa del
tuo capo!”
Marc non rispose nulla.
Cliff
aveva colpito nel segno.
“Non è
vero che mi sono
trasferito da lei..”
“Dove hai dormito
stanotte?
Da quando tempo non dai da mangiare a Schmoopy? Ma soprattutto, dov’è Schmoopy?”
“A casa, supp..
Oh mio Dio, è
fuggito? E’ stato rapito?”
“Sì,”
Marc strabuzzò gli occhi
“da me. Quel poveretto stava morendo di fame.”
“Ok, ho capito
l’antifona.
Promesso, cercherò di liberarmi un po’. Promesso
davvero” aggiunse, quando si
accorse che Cliff lo guardava con aria scettica.
“E chiamerai
anche Amanda per
chiederle scusa?”
Gli occhioni dolci non
erano
bastati a chiudere il discorso.
“Io?”
“Mi pare che tu
l’abbia
bidonata ieri sera..”
“Non sono stato
io il primo.”
“Oh giusto.
C’è stata prima
lei a mollarti per Mode.”
“Ecco,
sì.” Si guardò un
attimo in giro, diede un morso al sandwich ormai semi congelato, poi
riprese
“Senti, è andata come è andata. Ognuno
è andato per la propria strada. Alla
fine, non eravamo che due persone che lavoravano nello stesso
posto.”
Ma non apparve tanto sicuro
di quel che aveva appena detto.
***
Nick Pepper si considerava
un
ottimo assistente. Da quando lavorava per Alexis Meade questa non aveva
mai
perso una chiamata, un appuntamento, un appunto, una lettera e il suo
bagel
mattutino si era sempre materializzato puntuale sulla scrivania. Nick
sarebbe
presto arrivato dove voleva, bastava solo continuare così.
Una volta aveva
parlato delle sue ambizioni a Daniel Meade, e quello gli aveva
assicurato che
con le conoscenze (femminili) e le cravatte giuste, le avrebbe
realizzate
presto. Di cravatte nuove ne aveva comprate. Quanto alle donne
però, all’attivo
in quei giorni aveva solo lo “scontro” con Amanda
durante la battaglia a
paintball, e una centralinista lunatica certo non avrebbe dato grande
impulso
alla sua carriera – al massimo solo qualche ustione su collo
e petto. (Ormai il
racconto sulla triste sorte della camicia nuova di Cliff aveva fatto il
giro
della redazione.)
Approfittando del fatto che
il bagno degli uomini fosse vuoto, rimase qualche istante di
più a guardarsi
allo specchio, per cercare di vedere quanto risaltava il suo neo, se la
lampada
del giorno prima si notava sulla sua pelle, se la cravatta –
e quella era
fondamentale – gli stava bene..
“La cravatta ti
sta
benissimo, se è questo che ti stai chiedendo”
Nick Pepper si
voltò di
scatto, e si ritrovò di fronte a un enorme
ragazzone dal grande sorriso. E
con
il collo ancora arrossato.
“Ci
conosciamo?” chiese, ma
consapevole di aver averlo già visto da qualche parte.
“Oh no, non
penso. Cliff St.
James, sto realizzando un servizio per il prossimo numero. Tu sei Nick
Pepper,
l’assistente di Alexis Meade, dico bene?”
“Sì..
sono io”. Continuava a
fissarlo in modo sospettoso. Cosa voleva quel bisteccone col collo
rosso da
lui? “Qualche problema?”
“Oh
sì. Cioè, no. Non per noi
almeno. Non direttamente, voglio dire.”
“Eh?”
Nick ci capiva sempre
meno. “Ma cosa.. ci stai provando con me?”
“Prego? Oh no no
no.. in che
strano modo pensi cerchino approcci i gay?”
“Non ne ho idea,
e non sono
sicuro di volerlo sapere.” Nick era scattato, si era
irrigidito, aveva
cominciato a sudare. “Se non è questo, che cosa
vuoi da me?”
“Giusto. Immagino
che tu
abbia saputo quel che è successo stamattina nello
studio.”
“Uhm..
aspetta” gli occhi
tornarono sulla vistosa macchia rossa sul collo dell’altro
“Tu sei quello che
Amanda ha inzuppato di caffè?”
“Confermo. Ed
è proprio per
questo che ho bisogno di parlarti.”
A questo punto non sapeva
più
se sperare di riuscire a capirci qualcosa “La cosa dovrebbe
interessarmi
perché..?”
“Perché
esci con Amanda. O
sei uscito con lei. O ci uscirai, non lo so.. il punto è che
potresti
aiutarmi.”
Per tutto il tempo Cliff
non
aveva smesso di guardarlo come fosse stato la persona più
importante al mondo.
Sicuri che non ci stesse provando con lui?
“Ehm, mi sa che
sei un po’
confuso a riguardo. Io non sono mai uscito con lei, non ci esco, e
probabilmente non ci uscirò mai. E in ogni caso non capisco
come questo possa
avere a che fare con te.”
“Se non
c’è niente perché
prima stavi cercando di farle arrivare un mazzo di fiori? Ah, la
prossima
volta, prova con delle rose, di quelle belle rosse.. qualcuno mi ha
detto che
il rosso intenso è il suo colore preferito.”
Nick aveva aggrottato un
sopracciglio “E tu come lo sai? Aspetta, non me lo dire.
Credo di aver capire..
sei il suo nuovo amichetto gay, sbaglio? Fuori uno, dentro
l’altro..” e
sull’ultima parte di frase assunse un tono particolarmente
allusorio.
“Molto
divertente, sì. La
condizione del mio collo ti dovrebbe aver già risposto.. ah,
nel caso te lo
stia chiedendo, io sono il ragazzo di Marc. E’ di loro due
che si tratta.”
“Cosa?”
“Mi aiuteresti a
fare in modo
di farli riappacificare?”
“Veramente non
sapevo neanche
avessero litigato.”
“Non importa. Mi
aiuterai o
no?”
“Mi darai altre
dritte?”
“Potrai chiederle
direttamente a chi la conosce meglio.”
Nick fissò Cliff
per un po’.
Magari poteva davvero guadagnarci qualcosa. C’era rimasto
solo un po’ male che
il bisteccone aveva capito prima di lui che la centralinista lunatica
tutto
sommato gli piaceva.
“Va bene. Cosa
devo fare?”
Nick Pepper si considerava
un
ottimo assistente. E non solo per il suo capo.
***
“Mi rispieghi
come mai ho
accettato di venire?”
Scendendo dal taxi, e
alzando
gli occhi all’insegna del locale, Amanda non aveva potuto
fare a meno di chiederlo
di nuovo (Nonostante fosse la dodicesima volta solo da quando avevano
svoltato
l’angolo). La taverna del vecchio
ubriacone non le infondeva molta fiducia, ecco.
“Perché
oggi pomeriggio ti ha
chiamato la banca per informarti che avevi superato il limite massimo
di spesa della
carta di credito, ed io sto per offrirti la cena”.
Ma non aggiunse che anche
lui
quel pomeriggio aveva ricevuto una comunicazione analoga dalla sua
banca, e che
la cena di entrambi sarebbe stata pagata da altri. (Quali ottimi
argomenti era
ancora riuscito a trovare Cliff!)
Si sentì un
po’ meglio quando
una volta entrata si accorse che la clientela non era composta da
vecchi
marinai ubriachi in licenza come poteva suggerire il nome del locale, e
quasi
fu contenta quando avvistò un palco per il karaoke.
“St. Paul, tavolo
per
quattro” sentì dire da Nick a uno dei camerieri.
“Perché
per quattro? E quel St. Paul cos’è,
un nome di copertura per
posti dal nome equivoco come questo?”
Ma Nick non fece in tempo a
risponderle,
dal momento che gli altri due invitati erano appena entrati nella Taverna. Amanda ci impiegò
circa trenta
secondi per vedere Marc, vedere Cliff, capire l’inganno e
puntare alla porta.
“E la
cena?” gridò Nick, in
un disperato tentativo di salvare la situazione.
“Mi sono
ricordata di avere
da parte un’altra carta di credito” e
sparì dietro la porta scorrevole.
“Me lo spieghi tu
cosa ci
fanno Amanda e Pepper qui o ci devo arrivare da solo?”
“Dico che invece
di fare
domande ovvie potresti andarle dietro e dare un senso a questa serata..
Marc?”
Gli aveva dato retta.
***
“Amanda aspetta!
.. Ahia!”
Maledette porte girevoli. Marc stava tentando di raggiungerla,
nonostante lei
non avesse nessuna intenzione di lasciarsi acchiappare.
Da quando
l’inseguimento
aveva avuto inizio aveva già fatto in modo di mettere tra di
loro un gruppo di
turisti giapponesi, tre corpulenti ragazzoni dall’aria ben
poco amichevole,
quattro piante ad altezza d’uomo, e per l’appunto,
la porta girevole. Quando
arrivarono il ragazzo aveva così male al naso e
all’alluce destro da non fare
neanche caso al fatto di essere uscito senza soprabito (E
sì, la temperatura
era ulteriormente scesa rispetto all’ora di pranzo).
“Che
vuoi?”
Si era fermata finalmente
e,
senza nessun altra ferita a cui dare priorità, mostrava di
sentire perfettamente
il freddo pungente di quella sera.
“Parlare. Solo
parlare.” Marc
la raggiunse e si fermò accanto a lei.
“E di
cosa?”
“Non lo so, ma un
buon
argomento potrebbe essere il perché appena mi hai visto sei
schizzata fuori dal
locale e hai tentato in tutti i modi di seminarmi – e
ferirmi.” L’alluce lanciò
una fitta di dolore in accordo a quanto detto.
“Non mi va di
parlarti.”
“E
perché?”
“Sono
arrabbiata.”
“Lo avevo
intuito.. è per
ieri sera?”
“No. O almeno,
non solo per
quello.” Amanda rabbrividì. Quando aveva scelto
quell’ abito non aveva previsto
che le spalle scoperte avrebbero potuto costituire un problema.
“Perché
te ne sei andato?”
“E tu
perché sei rimasta?”
“Pensavo avessimo
già
chiarito questo punto.”
“Oh sì
certo, per tua madre.
Lei però non si è fatta troppi problemi a
lasciarti, mi pare.”
Aveva capito di aver
esagerato prima ancora di finire la frase, e la conferma era arrivata
da
Amanda, che si era voltata in un colpo e avviata a passo veloce,
lanciando i
tacchi in un epica sfida contro il sottile strato di ghiaccio. Marc si morse la lingua.
“Uh, non volevo
dirlo, davvero!”
gridò Marc nella sua direzione “Davvero, non
volevo! Cosa posso fare per farmi
perdonare?”
Lei si fermò di
scatto, si
voltò e torno alla carica verso di lui. Marc
indietreggiò di qualche passo:
quando aveva quell’ andatura non era mai un buon segno.
“Devi solo stare
fermo dove
sei!”
E difatti non appena fu
alla
distanza giusta lo colpì con un ceffone.
“Questo
è per mia madre” Marc
provò a indietreggiare ancora per sfuggire al secondo,
invano “Questo è per
aver fatto saltare la serata ieri”. Il terzo stava per
schivarlo, ma si rese
conto che in fondo lo meritava, così incassò
anche quello “E questo è per
avermi lasciato sola.”
Si era fermata. Marc vide
chiaramente che aveva gli occhi lucidi.
“Oh,
tesoro.” L’abbracciò, le
asciugò le lacrime che stavano cominciando a cadere
“Mi dispiace tanto. Facciamo
così, il nostro Licenzianno lo
festeggiamo stasera, ti va?” Amanda annuì piano
“E
per il resto.. farò in modo di venirti a trovare a Mode, ok? Non ti lascio più da
sola..”
“Ne sei
sicuro?” Amanda si
era staccata improvvisamente da lui, e aveva indietreggiato di qualche
passo.
“Chi mi dice che poi non scompari di nuovo?”
“Beh, nessuno. Ma
puoi sempre
contare sul fatto che continuerò a tornare da te, ogni
volta.”
Marc si rese conto che gli
serviva quanto prima un argomento convincente. Velocemente, prima che
Amanda
gli sfuggisse ancora. Fece la prima cosa che gli venne in mente.
Ooo. you make me live
whatever this world can give to me
It's you, you're all I see
Ooo, you make me live now honey
Ooo, you make me live
You're the best friend
that I ever had
I've been with you such a long time
You're my sunshine
S’era messo a
cantare. Quale
miglior modo per comunicare? Non ricordava neanche di saperla quella
canzone.
Gli era venuta in mente all’improvviso, ed era apparsa
così brillantemente
adatta allo scopo. La parte migliore del tutto comunque stava nel fatto
che,
dopo l’iniziale titubanza, a un certo punto aveva cominciato
a cantare anche
Amanda.
And I want you to know
That my feelings are true
I really love you.
Erano rientrati, erano
saliti
sul palco. Non potevano certo privare un così gentile
pubblico del loro
straordinario talento, no? Improvvisamente si erano ritrovati con
giorni e
giorni di complicità da recuperare, e l’occasione
si era presentata come
perfetta per lo scopo.
“Certo che
però eri messa
davvero male. Insomma, Pepper!”
“Ehi, io non ho
mai detto
niente su Cliff!”
“Com’è
che dicevi.. oh sì .. sembra che
si sia mangiato..”
“Oh, come
vuoi!”
Ooo, you make me live
I've been wandering round
But I still come back to you.
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