Disclaimer: I personaggi non mi appartengono. Sono
di proprietà
della ABC e di Silvio Horta e di chiunque altro stia dietro alla serie.
Questo racconto è stato scritto con fini di semplice
divertimento e
certo non di lucro.
Note dell’autore: Questo è,
almeno
nelle mie intenzioni, il primo di una serie di racconti pre-serie
incentrati sul primo incontro, narrato più o meno
estesamente, di vari
personaggi. Qualcuno sarà più legato al canon,
qualcuno meno (come ad
esempio quello che spero stiate per leggere…ehm)..
“La
prima volta che ti ho visto non mi aspettavo poi molto da te. Non sono
mai stata abituata ad aspettarmi qualcosa di particolare dagli altri,
tanto meno qualcosa di buono.. e probabilmente neanche tu pensavi a
qualcosa del genere. Eppure è successo quello che sappiamo,
e in quei
momenti sì, è vero, sei riuscito a farmi sentire
un po’ meno sola. Mio
Dio, devo sembrarti una dannata ragazzina romantica e sentimentale in
questo momento.. beh, ragazzina lo sono ancora! E anche romantica e
sentimentale, eccessivamente romantica e sentimentale, ma questo
è
meglio che non si sappia in giro..”
Il loro primo incontro era avvenuto al reparto contabilità.
Amanda Tanen, centralinista alla redazione di Mode
da un mese esatto, lì si era recata per cercare di chiarirsi
le idee su
l’enigmatico documento che aveva appena ricevuto, una busta
paga.. La
discesa verso il basso era stata abbastanza penosa (aveva dovuto
dividere l’ascensore con due strani individui della rivista Nani
da giardino e altre creature fantastiche),
ma l’impatto con il reparto fu anche peggiore: sulla destra,
una gara
di bevute di succo d’uva; sul fondo, scommesse su una corsa
di criceti;
a farla inorridire furono però soprattutto tutti quei
piccoli, sudici,
decorati in ogni modo immaginabile, cubicoli,
lì a proteggere le tristi scrivanie degli impiegati.
Amanda
Tanen si guardò un attimo intorno spaesata, quando a un
trattò vide ciò
che faceva per lei. Continuò a fissare il suo contabile
ancora per
qualche secondo, poi, quando lo vide collegarsi al sito SoCuteItsSick.com,
ebbe la certezza di aver fatto la scelta giusta.
“Ehi tu .. tu” (Egli a questo punto aveva alzato
gli occhi sorpreso) “Sì, proprio tu”
“Ciao” salutò gentilmente il ragazzo,
sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori “Che cosa posso fare
per te?”
“Solo
spiegarmi che c’è scritto qui, tra tutte queste
scritte e sigle.. e
perché quello che credo sia il mio stipendio è
così basso.. non basta
neanche per una borsa nuova!”
“Ah, problemi con la busta paga”
(Amanda pensò che illuminarsi così tanto per
così poco non doveva
essere troppo normale) “Posso vedere?”
La ragazza gli gettò con poca grazia il pezzo di carta.
“Siamo qui per questo..”
“Vediamo.. a proposito, piacere di conoscerti, Amanda
Tanen..”
“Come sai il mio nome?”
“E’ scritto qui.. Io comunque sono Henry, Henry
Grubstick”
“Sì ok, piacere Lerry, ora vai al dunque”
Henry
non si scompose minimamente. Probabilmente, non era la prima volta che
qualcuno sbagliava il suo nome in quel modo. Semplicemente
tornò a
interessarsi al documento, interessato solo ad essere di qualche aiuto
alla bella fanciulla.
“Non ci vedo nulla di strano.. anche la
somma che dicevi è perfettamente in linea con quanto
dovrebbe prendere
una centralinista di questi tempi” disse infine.
“Come nulla di strano?” strepitò Amanda
“E’ meno della metà di quanto mi avevano
promesso!”
“Ti
avevano promesso il doppio dici.. beh, da quel che vedo, credo che
stessero parlando di quale sarebbe stato il tuo stipendio al
lordo.”
“Al che?”
“Senza contare le tasse”
“Che tasse?”
“Sì, e poi le quote per l’assicurazione,
per il fondo pensionistico..”
“Io non invecchierò mai”
“Oh.. comunque, sembra tutto apposto qua.”
Amanda rimase in un silenzio stizzito per qualche istante.
“Mmm.. va bene, grazie lo stesso Lerry..”
“Mi
dispiace non sia quello che ti aspettavi” provò a
consolarla Henry.
Vedendo però che il tono patetico non l’aveva
mossa, tornò più formale
“Adesso però è ora che torni al lavoro.
E’ stato un vero piacere
conoscerti, Amanda, spero di riv-“
Amanda si era già
allontanata, e tutto quello che il ragazzo ottenne in risposta fu una
scia di essenza alla vaniglia che tardava a dissolversi.
***
Il
secondo incontro fu invece nell’habitat di lei, proprio al
centro del
suo mondo: fu presso la sua grande, tonda scrivania da centralinista. E
quella volta Henry riuscì ad esserle d’aiuto.
“Allora, cara,
piccola, dolce, svampita, stupida ragazzina.. riesci a darmi una
spiegazione plausibile sul perché invece di ricevere i
modelli che
aspettavo mi sono ritrovata nell’ufficio degli orrori di cui
avevo
espressamente ordinato di sbarazzarsi?”
Wanda “Wilhemina” Slater, la perfida
direttrice creativa di Mode stava di fronte alla
grande scrivania, con uno sguardo che non si faticava a giudicare quasi
crudele
(qualcuno giurò di averle visto spuntare sul capo un paio di
cornetti
rossi). Amanda, da dietro la sua scrivania, si limitava dunque ad
annuire e tremare, incapace di proferire parola o anche solo di
guardare la sua accusatrice in volto.
“Niente da dire in tua difesa?”
Wilhemina
la guardò per qualche istante, incerta sul da farsi. Lo
sguardo di
qualcuno da uno degli uffici in fondo l’aveva fatta
desistere, senza
che volesse, dalla linea dura.
”Dammi una giustificazione
anche solo minimamente plausibile, e forse potrai conservare il tuo
posto per qualche altra settimana. Non sono così cattiva in
fondo..”.
Prima o dopo l’omicidio?
“Ecco io” provò più o meno a
balbettare Amanda “è stata..”
“E’ stata colpa della terribile somiglianza tra i
nomi”
Tutti
i presenti spostarono istantaneamente gli sguardi dalla vittima e dalla
sua carnefice a vantaggio di un individuo appena arrivato
dall’ascensore. Qualcuno lo riconobbe come il contabile Henry
Grubstick.
“I
nomi dei due stilisti sono molto simili, anzi identici se guardiamo
solo la pronuncia” continuò a spiegare Henry
“Che differenza c’è in
fondo tra Christian Le Roi e Christian Leroy?”
“E tu come lo sai?”
“Oh.. è solo qualcosa.. qualcosa che so.”
Wilhemina
guardò dubbiosa Henry per qualche istante, infine
accennò una smorfia e
tornò con lo sguardo sulla sua ormai mancata vittima.
“Vada, per stavolta sei salva. Ma ricorda, non avrai sempre
un cavaliere pronto a salvarti..” e
così dicendo si allontanò.
“Un cavaliere..?” mormorò Amanda
dubbiosa. Poco dopo, Henry le si avvicinò sorridente.
“Spero non ti abbia dato fastidio la mia intromissione nella
faccenda-”
“Cavaliere.. tu?” La ragazza non aveva nemmeno
ascoltato quanto Henry le aveva detto. Si mise a fissarlo
però.
“Uh.. suona bene però.. tu che ne dici?”
Amanda continuava a non rispondere. Lo fissava solamente, con aria ora
dubbiosa, ora sognante.
“Puoi
venire un attimo con me in un posto?”. Stavolta fu Henry a
trovarsi
sorpreso. “Solo un attimo, per favore” e gli tese
la mano.
Henry la prese dopo qualche istante, e la seguì.
***
Ancora
dopo venti minuti non aveva smesso. Ma al tempo che scorreva, e a
qualsiasi altra cosa, Henry aveva smesso di pensare proprio venti
minuti prima quando, senza più dire neanche una parola,
Amanda lo aveva
condotto nello stanzino delle fotocopie.
In un attimo lei
aveva chiuso a chiave, in un altro gli aveva tolto gli occhiali, e
prima ancora che lui potesse dire, fare, pensare qualsiasi cosa, aveva
cominciato a baciarlo. Così, senza una
spiegazione, una scusa,
una sola parola. Semplicemente da venti minuti continuava a baciarlo,
inarrestabile, inappagabile, come se soffocarlo di quei baci irruenti
fosse l’unica cosa che le interessasse al mondo.
In realtà ad Henry non interessava poi molto come
la cosa avvenisse. Era troppo concentrato su quel profumo alla
vaniglia…
Ma poi improvvisamente Amanda smise di baciare.
Henry la sentì riprendere fiato, poi vide che lo stava
guardando dritto negli occhi. Un attimo ancora, ed era tutto finito.
“Grazie” disse infine lei.
“Oh..
quindi tutto questo.. questo era per ringraziarmi.. per prima..
?”
Henry si sentì un po’ deluso, ma non sapeva dirsi
il perché.
“Forse sì.. o forse no..”
Aveva ripreso quel tono un po’ canzonatorio e petulante di
quando era scesa per la prima volta da lui.
Stava ormai uscendo quando disse:
“Naturalmente quello che è successo qua dentro, in
realtà non è mai successo. E non
succederà mai più.”
Naturalmente non sarebbe successo mai più.
***
Naturalmente invece era successo un’altra
volta, sebbene questa volta a prendere l’iniziativa fosse
stato lui.
Già dal giorno dopo al fatto si era reso
conto di ritrovarsi più spesso del dovuto al 28esimo piano, ufficialmente
per prendere e portare documenti e scartoffie varie, e
perché la loro fotocopiatrice era la migliore, praticamente
per poterla vedere, e magari provare a salutarla.
Lei
però sembrava aver dimenticato ogni cosa, perfino che si
fossero mai
parlati. E così ogni volta Henry se ne andava senza
concludere nulla,
con niente se non quel profumo di vaniglia impresso nella mente. Ne
erano già stati impregnati i suoi vestiti, e quelli non
aveva avuto
ancora il coraggio di lavarli. Figurarsi se gli andava di toglierselo
dalla testa. Lo faceva sentire stranamente bene.
Poi, quando fu
trascorsa quasi una settimana, lui si presentò alla sua
reception, la
prese per un braccio, la fece uscire da dietro la scrivania e la
trascinò in ascensore.
Fece richiudere le porte, lo bloccò. Infine prese un bel
respiro, e stavolta fu lui a baciarla.
Contrariamente
a quel che il contabile si aspettava, Amanda non aveva opposto alcun
tipo di resistenza né mentre veniva trascinata via,
né tanto meno
quando lui aveva cominciato a baciarla. Ben presto anzi si mise a
rispondere al bacio, quasi con più irruenza della volta
precedente.
E decisamente
non oppose resistenza neppure quando Henry – probabilmente
senza
rendersene molto conto – lasciò che le sue mani
scivolassero sulla sua
camicetta, e andarono a cercarne i primi bottoni per aprirli. Non
opponeva certo resistenza quando, a un certo punto, gli prese le mani e
prese ad aiutarlo nell’opera. (Il contabile aveva trovato
problematica
la doppia fila di bottoni).
Ma a pochi centimetri dalla meta Henry si bloccò.
Lei in silenzio riaprì gli occhi, che aveva tenuto chiusi, e
si limitò a fissarlo, delusa, sorpresa, infine arrabbiata.
“Scusami”
cominciò a farfugliare il ragazzo “è
solo che è così strano.. ci
conosciamo a malapena.. e tutto quello che so di te l’ho
letto sulla
tua busta paga!”
“E non ti basta?”
“Beh… e che ne dici di me? Non sai niente, se non
il mio nome.”
“So anche dove lavori, Lerry”
“Ok, sai solo dove lavoro”
“E allora? Sono solo baci! Mai stato in un locale?”
“Non frequento molto, sai non sono molto bravo a ballare.. e
comunque tecnicamente avremmo già raggiunto la seconda
base..”
“Vero..”
Amanda dondolò un attimo con un sorrisetto soddisfatto.
“Ad ogni modo”
(aveva riassunto un tono solo vagamente più serio)
“non mi importa
quasi nulla di cui tu sia, mi interessa solo quello in cui eravamo
impegnati prima che ti tirassi indietro..”
“Solo quello? Non ti interesso, non ti interessa il mio
carattere, le mie passioni, il mio modo di fare..
nient’altro?”
“Uhm.. sei molto carino, quando fai il broncio” e
lo baciò di slancio.
“Quindi..
è solo attrazione fisica?” Henry l’aveva
respinta ed era tornato sulla
questione. Amanda cominciò a trovare la cosa irritante.
Non
rispose nulla comunque. Si limitò a dargli un ultimo bacio
(ed Henry
notò che fu il più tranquillo che ci fosse stato
mai fino a quel
momento.. qualcun altro avrebbe potuto trovarci perfino una nota di
dolcezza), si riabbottonò la camicetta e, sbloccato
l’ascensore, se ne
andò.
Di nuovo, lasciava solo una scia alla vaniglia.
***
Dopo
il loro terzo incontro, e dopo il quarto, e il quinto, e dopo tutti
quelli che vi furono nel mese che era seguito, Henry continuava a non
sapere nulla di Amanda ad eccezione di quanto aveva letto sulla sua
busta paga, ed Amanda continuava a non conoscere nulla di Henry se non
il luogo dove lavorava. In compenso ben presto seppe che cambiava
dopobarba a cadenze regolari, che portava spesso camicie color pervinca
chiaro, che metteva la canottiera di lana già dai primi
freddi.
Di
lei lui aveva imparato a conoscere più o meno tutte le
abbottonature di
più o meno tutte le sue camicette, che aveva un neo sul lato
destro del
collo, e che la prolungata esposizione a quell’ essenza alla
vaniglia
poteva creare dipendenza.
A circa un mese da quel primo
incontro, ormai non c’era giorno in cui o lui, o lei, si
recasse
dall’altro con una scusa (o anche senza) per prenderlo a un
braccio e
trascinarlo in un luogo qualsiasi adatto ai loro incontri. Qualunque
andava bene: bastava che fosse piccolo, stretto, e facilmente
sottraibile all’uso altrui.
Cambiava il luogo, ma non il
contenuto. A circa un mese da quel secondo incontro, non si erano
ancora svincolati da quella seconda base che Henry così poco
faticosamente aveva potuto raggiungere. In pratica erano come due
adolescenti tanto smaniosi di pomiciare, quanto incapaci anche solo di
immaginare di andare oltre.
E in effetti Amanda un paio di volte si sentì davvero come
se fosse tornata al liceo. (Al tempo delle visite d’orientamento
da studentessa delle medie, per essere precisi.)
***
Da
due settimane però non era più venuta a
trascinarlo nel solito
stanzino. Henry provò ad andare da lei con
quell’intento, ma non riuscì
a trovarla. Un’altra volta la trovò che stava
disperatamente tentando
di capire quale fosse il pacco giusto da ritirare, e sebbene la
tentazione di aiutarla di nuovo fosse molta, uno sguardo lontano di
Wilhelmina Slater gli fece capire che quella volta non gli sarebbe
stato concesso. Una terza volta la trovò impegnata a
rispondere al
telefono, e non vacuamente e distrattamente come il solito, ma
– Henry
rabbrividì al solo pensarci – con zelo. Allora
capì che, se pur di
evitarlo si era messa perfino a lavorare, beh,
sicuramente qualcosa era successo.
Poi tutto cominciò ad essergli più chiaro.
Come ogni martedì aveva lasciato la sua scrivania
rapidamente e con gioia, per andare incontro al consueto Martedì
del tacos offerto dalla caffetteria. Non aveva avuto
però il tempo nemmeno di guardare il
desiderato pranzo, che i suoi occhi erano caduti su qualcuno, o meglio
qualcosa, da lui molto più bramato: Amanda.
La gioia di rivederla però durò tanto quanto un
battito di palpebre: l’istante necessario a rendersi conto
che non era sola al tavolo.
Henry
squadrò l’individuo. Era un giovanotto vestito in
modo alquanto vistoso
(per lo meno, Henry non avrebbe mai indossato calzini a righe viola o
cravatte oro). Un mare di riccioli costituiva la sua capigliatura. Dopo
un po’ gli venne in mente dove lo aveva già visto:
era il nuovo
assistente di Wilhelmina Slater. Henry si sforzò per
ricordare il suo
nome. Mork? Bart? Marc! Ma non gli riuscì di ricordare il
cognome.
C’entrava qualche santo..
Mollò il tacos che aveva in mano. Si
alzò e cominciò a dirigersi verso gli altri due,
ma dopo pochi passi si
bloccò. Sarebbe arrivato lì, e poi? Che avrebbe
detto? Amanda non era
la sua ragazza, era libera di mangiare, e ridere, e scherzare, e
sorridere radiosa, e farsi imboccare da chi voleva. E anche lo fosse
stata, sarebbe stata libera di farlo lo stesso. Non era un tipo geloso,
lui. (Ma quante confidenze si prendeva quel Marc!).
Fece un respiro profondo. Doveva vederci chiaro. Era per colpa di quello
se non si baciavano più?
Finalmente riuscì a raggiungere il loro tavolo.
Durante
i primi trenta secondi nessuno dei due fece caso al contabile. Nei
successivi dieci Marc alzò lo sguardo su di lui, curioso.
“Che stai guardando?”
“Lui” rispose Marc, facendo cenno col capo verso
Henry.
Solo allora Amanda si accorse di chi si era avvicinato al tavolo.
“Oh, sei tu..”
“Ciao Amanda..”
Marc puntò immediatamente occhi inquisitori sulla ragazza.
“Vi conoscete?” chiese, cercando di non far
risaltare troppo la propria incredulità.
“No.. cioè sì, un
po’..”, gli rispose, poi si rivolse ad Henry
“Che vuoi?” chiese bruscamente.
Era dai tempi del loro primo incontro che non gli rivolgeva la parola
tanto brutalmente.
“Io.. ti devo parlare. E’ importante”
“Devi
consegnarle dei cioccolatini con allegata la tua dichiarazione
d’amore?
Non puoi aspettare San Valentino? E’ tra una settimana
appena” esclamò
Marc, cercando stavolta di non scoppiare a ridere.
“Potrei
dichiararmi anche senza cioccolatini.. o meglio, potrei correre al
negozio qua all’angolo a prenderli, e poi tornare, e
poi..”
E
poi niente, perché era qualcosa d’impossibile,
perché non avrebbe mai
avuto il coraggio di farlo, perché era qualcosa talmente
senza senso
che non aveva potuto nemmeno esprimerlo ad alta voce.
“Devo.. devo parlarle di una questione riguardante la sua
busta paga”
“Oh Mandy, perché non mi hai detto che ti avevano
dato un aumento?” cinguettò Marc.
“Si tratta di un aumento?” chiese distrattamente
lei.
“Non proprio. Puoi venire con me o no?”
Amanda aveva capito fin da subito che non era del suo stipendio che
avrebbe voluto parlarle. Più dubbi aveva sui cioccolatini..
“Arrivo”
Si
alzò, e lo seguì silenziosamente nello stanzino
delle fotocopie. Tutto
quasi come il solito. Quasi, perché nessuno dei due teneva
per un
braccio l’altro, né camminava in fretta pur di non
perdere altro tempo,
né tanto meno guardava l’altro con desiderio. E
per di più stavolta
erano osservati, perché Marc li guardava da lontano, curioso
come non
mai.
***
Non appena ebbe
chiuso la porta dietro di sé, voltandosi verso Amanda, si
chiese perché
mai invece di correre da lei a baciarla se ne stava lì come
uno
stoccafisso, totalmente incapace perfino della minima espressione
facciale. Ah sì, doveva parlarle.
“E’ passato un po’ di tempo dal nostro
ultimo incontro...”.
Dio solo sapeva dove infine aveva trovato la forza di parlare.
“Ho avuto da fare” gli rispose. Henry cercava di
guardarla negli occhi, ma lei continuava a portare lo sguardo altrove.
“Con quello?”
Amanda di scatto riportò gli occhi su di lui. E poi
cominciò a ridacchiare.
“E’ per questo mi hai chiesto di venire qua? Per
chiedermi di Marc?”
“Sì. Voi due.. voi due uscite insieme?”
Amanda smise un attimo di ridere per annuire.
“Siete una coppia allora...?”
“Oh mio Dio, no... ma poi a te che importa? Noi due non siamo
niente.”
Non
erano una coppia, perché non erano mai neanche usciti
insieme. Non
erano amanti, perché non erano mai riusciti a schiodarsi da
quella
maledetta seconda base. E non erano neanche amici, perché a
nessuno dei
due era mai venuto in mente di prendere un caffè con
l’altro, o di
mandargli un messaggino con il cellulare. E, in effetti, nessuno dei
due aveva il numero di telefono dell’altro.
“Perché non rispondi?”, chiese
continuando a sghignazzare “Allora è vero! Allora
sei veramente geloso di me!”
Di
nuovo smise di ridere. Poi cominciò ad avvicinarsi a lui,
tentando di
apparire il più seducente possibile. Come se avesse bisogno
di
sforzarsi, pensò Henry.
Ora gli stava baciando il collo.
Continuava con tanti piccoli baci, da una parte all’altra del
collo, e
le mani avevano cominciato a scivolare lungo il corpo del contabile.
Era tornato tutto come il solito? No.
Non profumava più di vaniglia.
Henry
la bloccò e cercò di allontanarla almeno un poco
da lui. Senza quel
profumo ad incantarlo riusciva a darsi un minimo di contegno.
“Hai cambiato profumo?”
Amanda fece una smorfia. “Sì. Problemi?”
“No. è solo che ormai ero abituato alla vaniglia.
Come mai questo cambiamento?”
“Marc mi ha regalato questo. E’ alla rosa, ti
piace?”
“Oh. Sì, certo.”
Aveva risposto distrattamente. Sentire il nome di quello gli aveva
fatto tornare in mente il vero motivo dell’incontro.
“Prima hai detto che noi due non siamo niente. E se
provassimo ad essere qualcosa di più?”
Espose tutto in un fiato. Il coraggio andava aiutato a venire fuori.
Amanda sorrise. “Stai cercando di dirmi che vuoi venire a
letto con me?”
Non si aspettava una domanda tanto diretta. La risposta era in ogni
caso scontata: sì, certo che lo voleva.
“Allora?” La voce di Amanda lo distrasse da ogni
possibile speculazione su dove e quando realizzare la cosa.
Doveva
solo rispondere sì, doveva solo pronunciare uno stupido
monosillabo.
Ma, con grande rammarico del contabile, la forzata interruzione
dell’esposizione alla vaniglia non gli aveva dato ancora tutto
quel coraggio.
“Io.. intendevo che potremmo provare a diventare, non so..
amici?” Amanda lo guardò stranamente.
“Magari anche solo conoscenti. Sai,
parlando un po’ di più…”
“Tutto quello che vuoi da me è parlare?”
“Se sei interessata anche tu..”
La
ragazza sospirò, poi andò a sedersi su un grosso
scatolone che stava in
un angolo. Henry la seguì, sistemandosi accanto a lei.
“Che vuoi che ti dica?”
“Non lo so.. potresti iniziare con qualcosa di semplice,
come.. il tuo colore preferito?”
“Mmm.. rosso carminio.”
“E’ un bel colore..”
“Già.. ti piace andare a teatro?”
“Oh sì, moltissimo. Amo i musical. Lo hai mai
visto Wicked?”
“Veramente
no. Ma se vuoi, una sera potremmo andare a vederlo… posso
procurarmi
facilmente i biglietti. Mio zio ha a che fare con quasi ogni teatro di
Broadway.”
“Sarebbe bello.. “
Rimasero in silenzio
qualche minuto. Ognuno aveva all’incirca un milione di
domande da
rivolgere all’altro, ma non il coraggio di porle.
La verità era che Henry stava cercando di raccogliere tutto
quello che aveva per provare a chiederle qualcosa di più.
“Tra me te c’è solo attrazione
fisica?”
“Uh?” Finse di non aver capito la domanda. Quando
però vide che Henry non ripeteva, si morse un labbro e
rispose.
“No”
Sebbene Henry sperasse in una risposta del genere, non si sarebbe mai
aspettato di riceverla veramente.
“E allora che cos’è?
Perché..?”
“All’inizio volevo solo ringraziarti, per quella
faccenda dei pacchi. Poi..”
Tacque di nuovo. Si mordicchiò ancora un po’ il
labbro.
“Ce l’hai una caramella?”
“Uh?”
Henry riportò veloce gli occhi su di lei (fino a quel
momento entrambi
li avevano tenuti fissi davanti a sé, portandoli
occasionalmente a
fissare il pavimento, o mani impegnate in complicati giochi con le
dita).
Amanda si accorse che era rimasto sorpreso dalla richiesta.
“Mi viene fame, quando sono nervosa.”
Istintivamente le prese la mano. All’inizio la
sentì irrigidirsi.. ci mise qualche secondo a lasciarsi
andare.
“E’ questo.”
“Cosa? Dici.. la mano.. io” fece per ritirarla, ma
lei glielo impedì. Anzi, gliela strinse ancora di
più.
“Per
qualche inspiegabile ragione.. quando stiamo insieme, soli, nei posti
più assurdi.. e ce ne stiamo lì, a baciarci.. non
mi sentivo così bene
da moltissimo tempo..”
“Ti faccio sentire meglio?”
“Moltissimo.”
“Allora perché ora mi eviti? Non potremmo
semplicemente..”
“Uscire insieme, diventare una coppia?”
“Sì. Perché no?”
Amanda
gli lasciò la mano. Si voltò e, senza aggiungere
nient’altro, tornò a
baciarlo. Niente irruenza però, niente desiderio
incontenibile: fu solo
un bacio quasi a fiori di labbra. In un attimo era già
finito.
“Non voglio rovinare tutto..”
Lo aveva detto quasi in un sussurro, dolcemente, malinconicamente..
Rimase
qualche istante ancora a fissarlo negli occhi, tenendogli la testa con
le mani.. infine si alzò di scatto, e cominciò ad
avviarsi verso la
porta.
Aveva già una mano sulla maniglia, quando disse
“Ah, Henry..”
“Naturalmente quello che è successo oggi, e quanto
è successo in passato, in verità non è
mai accaduto.”
“Bene.
Se poi dovessi sentire nostalgia, sei sempre autorizzato a pensare a
me, uhm.. ad esempio sotto la doccia. Io lo farò con
te.”
Entrambi sorrisero.
Amanda uscì. Henry rimase nello stanzino ancora qualche
minuto.
Ma allora sapeva il suo nome.
In
seguito molte volte si chiese se sarebbe cambiato qualcosa se quel
giorno non l’avesse lasciata andare, se l’avesse
convinta che non c’era
niente di cui avere paura.. se non avessero passato tutto il tempo che
venne dopo a fingere che niente era mai successo tra loro.
Non si concedette mai di pensare a lei sotto la doccia. Ma da allora la
vaniglia fu il suo profumo preferito.
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