8 - La prima missione
Legenda:
https://www.facebook.com/notes/parole-cozzate-cre-attiva/legenda-il-destino-scelto/294400400727412
La
prima Missione
Poltur
era un labirinto intricato di viottoli e sentieri. Salivano,
scendevano, s'inabissavano sotto il letto del fiume in cunicoli
stretti e si arrampicavano sulle alture della Cima Solitaria in
nastri di terra e pietre. Runne si muoveva nella parte bassa della
città, dove le strade serpeggiavano in un complicato intreccio di
umidi sotterranei. Fino a qualche tempo prima avrebbe avuto paura di
un luogo sinistro e malfamato come quello. Era risaputo che Poltur
fosse divisa fra le grandi potenze del Graäm: i sacerdoti di Gorä e
la gilda dei ladri.
Borseggiatori
e tagliagole si erano moltiplicati dalla scomparsa del signore di
Fiandher che, malgrado la cupidigia, aveva mantenuto un discreto
ordine nel Graäm. I sacerdoti di Gorä, già organizzati in una
casta, si erano impadroniti della flotta del commerciante. Trais fu
posta a difesa della terra sacra al dio Gorä. Di fatto, l'armata
navale dipendeva dalla carpenteria di Rodramino. Questa città era a
sua volta sotto il controllo della gilda dei ladri di Poltur. Si
poteva dunque pensare che il potere fosse in mano a loro; in realtà,
nessuno avrebbe osato sfidare i sacerdoti di Gorä e la sacralità
del suo tempio. Persino la gilda temeva gli dei. Runne non era mai
stata una credente devota: preferiva agire piuttosto che credere
nell'aiuto divino.
C'era
stata ben poca azione fino ad ora. Solo nascondersi, rifugiarsi,
sgattaiolare e procedere. Dal momento in cui aveva ricevuto il suo
incarico, Runne era partita con Thomas da Fiandher, coprendo in una
notte la distanza che li separava dal villaggio di Oned. Quindi
avevano marciato per un giorno intero fino a Poltur. Durante il
viaggio non avevano sostato in alcuna locanda; si erano cibati delle
provviste nelle loro borse e avevano trovato riposo sugli alberi.
Runne aveva lanciato un incantesimo feliano per camuffarli con la
corteccia, lo stesso usato da Arghenteo sugli Scindri tre anni
addietro.
Camminando,
si erano tenuti ai lati della strada, sfruttando spuntoni rocciosi e
macchie di alberi per non farsi vedere dai viaggiatori e (impresa più
difficile) dai membri della gilda. I ladri, infatti, svolgevano la
ronda per controllare i commercianti che si spostavano di città in
città.
Ogni
famiglia del Graäm pagava una tassa alla gilda, e le attività
dovevano essere autorizzate dalla stessa. La tassa era comunque
adeguata al reddito familiare: invadente, ma non eccessiva. Con
l'osservanza delle norme i ladri erano soddisfatti e non compivano
scorribande; si poteva condurre una vita pacifica. Chiunque cercasse
di sfuggire allo strozzinaggio o non rispettasse l'autorità della
gilda, era fortunato a cavarsela con uno scippo o una rapina. I più
cocciuti venivano ritrovati con un sorriso insanguinato sulla gola.
Thomas
e Runne avevano rischiato molto più della gola durante il tragitto.
Nonostante le precauzioni adottate, la coppia era stata avvistata da
una sentinella. Per fortuna Thomas se n'era accorto in tempo: aveva
inseguito e raggiunto la spia, riducendola al silenzio. L'uomo aveva
assicurato a Runne che quell'incidente non avrebbe compromesso la sua
valutazione. Le aveva spiegato che nel lavoro degli Scindri gli
imprevisti possono capitare.
Non
era la propria promozione a preoccupare Runne: piuttosto era
mortificata per la sua inesperienza, che aveva portato alla morte un
uomo innocente... o, nello specifico, un criminale che svolgeva solo
il suo mestiere. In ogni modo era una vittima che si poteva evitare.
Rimandò
a dopo i sensi di colpa e focalizzò l'attenzione sul presente. Aveva
bisogno di una mente libera e pronta a rispondere ai suoi sensi.
Ringraziò il suo udito feliano e l'adattabilità della pupilla alla
tenue rarefazione di luce. Avrebbe volentieri fatto a meno
dell'olfatto reptile in quel luogo putrido, ma questa sua metà la
aiutava a muoversi silenziosamente. Lei non indossava ancora il
mantello rosso incantato, vestito invece da Thomas, che non doveva
sforzarsi di nascondere la propria presenza. La ragazza si acquattò
nell'oscurità per eludere la luce di una torcia. Era quasi strano
non vedere il costante bagliore sbiadito dello smeraldo. Il cielo era
irraggiungibile per i bassifondi di Poltur.
Davanti
ai due Scindri le vie claustrofobiche si congiunsero in un’area
spaziosa, sostenuta da un’impalcatura più solida ed elaborata
delle precedenti. Un edificio in pietra spiccava in mezzo alle
catapecchie di legno e ai budelli scavati nel terreno. La sua
struttura massiccia pareva sorreggere i soffitti delle gallerie, che
poggiavano sul suo tetto. Thomas le indirizzò un cenno d'intesa: era
il momento di ottemperare alla vera parte della sua missione. Secondo
le informazioni reperite dagli Scindri, il capo della gilda dei ladri
era a Rodramino per affari. Si era portato dietro gran parte dei suoi
membri, perciò la sede era sguarnita. Il compito di Runne era
introdursi negli alloggi del capo e indagare sui suoi programmi.
Thomas
attese in disparte, osservando la ragazza all'opera. Runne seguì le
procedure che le avevano insegnato. Fece un giro completo
dell'edificio, studiandone la struttura e la sorveglianza. Due soli
piani, dalla pianta estesa e alti cinque metri l’uno. Assenza
di ulteriori sotterranei, come dimostrava la mancanza di sfoghi per
l’aria. Il lato posteriore dell’edificio poggiava direttamente
sulla parete brulla della galleria.
Nei
tempi meno redditizi per la gilda, i ladri avevano usato quel colosso
di pietra come rifugio dalle guardie. Dopo la scomparsa del signore
di Fiandher, la gilda sarebbe potuta uscire allo scoperto e vivere
nel lusso; ma il suo capo aveva preferito non spostare la sede,
mantenendo la propria identità. Questa volontà fu mantenuta anche
da Luther, il suo successore. Runne la ritenne una scelta saggia: in
quei cunicoli l’unica forza in grado di opporsi alla gilda, i
sacerdoti di Gorä, si sarebbe trasformata in una preda impacciata.
Solo una minaccia silenziosa avrebbe osato penetrare quel labirinto,
come un sicario estremamente abile. O come una spia estremamente
inesperta qual era Runne. A differenza dell’ipotetico assassino, la
giovane apprendista non avrebbe eluso dozzine di tagliagole e la
scorta personale del capo della gilda per poi scontrarsi con lui; si
sarebbe invece intrufolata in una residenza semivuota sgattaiolando
via a missione conclusa.
Terminato
il sopralluogo, decise di sfruttare il retro dell’edificio, che
forniva una stretta insenatura fra l’angolo sinistro e la parete.
L’arrampicata non fu semplice come aveva pianificato: a ogni
movimento rischiava di alzare un polverone strusciando contro il
terriccio, e le pietre erano umide e scivolose. Raggiunse il
marcapiano, quindi si mosse con cautela verso la prima finestra. La
sua meta si trovava sulla facciata: doveva percorrere tutto il fianco
e girare l’angolo. Valutò se aggrapparsi al davanzale per superare
le persone che discutevano di là dal muro a cui era appoggiata. Notò
allora delle protuberanze sporgere dal soffitto. A una spanna dal
sopraccielo, una serie di braccia di pietra si allungavano in
orizzontale e si chiudevano a pinza su qualcosa sospeso nell’aria.
Runne ebbe un giramento di testa quando mise a fuoco la barriera
magica che avvolgeva il perimetro del palazzo come un velo. Da terra
quelle estensioni apparivano semplici decorazioni del cornicione.
La
ragazza non aveva idea della funzione di quella barriera o di come
l’avesse attraversata indenne (e inconsapevole); decise di
ignorarla e di sfruttare come appiglio proprio quei diffusori.
Soffitti elevati e finestre piccole fornivano un riparo da attacchi
esterni, ma anche un notevole punto cieco. L’agilità feliana le
agevolò l’arrampicata fino ai pioli, e in breve entrò negli
appartamenti di Luther.
Corse
alla porta e udì con sollievo il pesante respiro di una guardia
addormentata.
«Sei
stata imprudente.» Thomas l’aveva appena raggiunta.
«La
barriera?»
«È
ancora attiva; ho aperto solo un varco. Ringrazia la tua resistenza
alla magia se ora non sei in preda a tremende allucinazioni.»
Runne
ricordò le lezioni sulla specialità dei maghi del Graäm: gli
incantesimi illusori. Le tecniche di combattimento invece
rispecchiavano il flusso dell’acqua, con movimenti sciolti e
ondeggianti, molto simili a quelli di Moe durante lo spettacolo.
Thomas le intimò di procedere e Runne interruppe il ripasso mentale.
Si accinsero a rovistare fra le carte della stanza. Lo studio era
modesto, arieggiato dalla finestra per la quale erano passate le due
spie; sulle pareti erano appese armi e alcuni quadri con simboli
votivi al dio Gorä. Esaminarono la scrivania e la cassettiera,
cariche di pergamene, rimettendo al loro posto ogni oggetto mosso
durante la ricerca. Lessero liste di negozi con i nomi dei
proprietari, riscosse, debiti e provvedimenti. Trovarono anche mappe
e schemi che collegavano la gilda all’assalto di Yequiza, l’isola
a sud-est che aveva cercato di sottrarsi alla tassazione credendosi
al sicuro per la sua lontananza dal continente. Nulla però che
facesse supporre una collaborazione con re Endrun. Runne iniziò a
pensare che non ci fosse nulla da scoprire, che si trovasse lì solo
per dimostrare le proprie capacità agli Scindri.
Un
nome in mezzo al mucchio la attirò: era il suo. La giovane avvertì
un’improvvisa agitazione e controllò i documenti. Era una
descrizione accurata di Runne, con riferimento ai suoi genitori:
Runne
di Fiandher – 14 anni – Minaccia elevata
Statura
minuta, capelli dorati e occhi rossi. Madre: Judith di Fiandher
(probabile sopravvissuta del Raion), feliana. Padre: sconosciuto.
Forti sospetti di origini reptili. Apprendista sarta. Alleati fra gli
umani e i sinhilari.
Runne
si mise a rovistare fra le pagine e vi trovò dati altrettanto
dettagliati sui suoi amici: solo sul suo profilo era annotata la
pericolosità. Sotto a quel materiale il piano della scrivania era
graffiato e inciso da solchi. Il pugnale piantato come una bandiera
nell’angolo dello scrittoio era presumibilmente il responsabile di
quello sfacelo. Un lieve fessura, più lineare delle altre, la
indusse a esaminarla a fondo. Quando comprese di cosa si trattava
chiamò Thomas ad aiutarla. L'uomo capì il meccanismo più
rapidamente di Runne: estrasse un temperino e fece leva sulla
fenditura, sollevando un'anta celata nel legno. Studiarono il
contenuto del cassetto segreto e individuarono fra le pergamene un
piano di attacco che prevedeva lo sbarco di truppe a Rodramino. Un
esercito avrebbe spazzato via il tempio di Poltur e i suoi sacerdoti.
«È
peggio di quanto immaginassimo. Ecco perché lo smeraldo di Fiandher
brilla con tanta insistenza.»
«L’esercito
che rientra in questo piano» chiese Runne «di chi è?»
«Guarda
il sigillo sulla lettera di consegna.»
La
ragazza rabbrividì alla vista del simbolo di Kradit: le due lune
gemelle raccordate da una “E” nel mezzo.
«Questo
cambia tutto.» concluse Thomas, riponendo i fogli sotto al mantello
«Non possiamo lasciare che questo piano si compia. Dobbiamo
intervenire.»
«D’accordo;
che facciamo?»
L’esaminatore
guardò negli occhi l’apprendista, trasmettendo una certa
esitazione. Pose una mano sulla spalla di Runne, comunicandole:«Non
era previsto che tu ti spingessi fino a questo punto, ma la nostra
missione ha già comportato degli imprevisti. Alla sentinella ho
pensato io; ora è il tuo turno. Attenderemo che Luther faccia
ritorno e tu lo ucciderai.»
Runne
trasalì. Per diventare una guerriera e combattere Endrun aveva
tenuto conto del fatto che presto avrebbe dovuto uccidere qualcuno.
Tuttavia non era preparata a togliere la vita in quel momento; non
rientrava nella missione che le era stata assegnata.
«Forse
dovremmo informare Arlenan prima di decidere.»
«Arlenan
ti ha affidata a me.
E ti ha detto espressamente di eseguire i miei ordini. Vuoi fare
qualcosa per fermare questa guerra? Uccidi quell’uomo e il re
tiranno avrà un’arma in meno contro la pace.»
Thomas
controllò di nuovo la porta, lasciando la ragazza imbambolata a
fissare il vuoto. Runne attese che lui aggiungesse qualcos’altro,
che la sottraesse a quella responsabilità. Ricevette solo
suggerimenti e istruzioni sul compimento dell’assassinio.
Il
Maestro Luther era amareggiato. L’uomo catturato sull'isola di
Yequiza e scortato a Rodramino
non aveva ceduto alle torture, rifiutando di tradire il proprio
padrone. Luther si
era recato personalmente alla città-cantiere, pensando di
confrontarsi con un nemico che meritava il suo rispetto. Ma il
prigioniero si era dimostrato solo un pazzo dalle informazioni
fasulle. Il capo della gilda si era scomodato per ascoltare i deliri
di un mentecatto.
Lasciò
che la sua scorta si riposasse al piano inferiore. L’Assistente del
Maestro insistette per accompagnarlo nelle sue stanze, ma Luther lo
liquidò con un gesto scocciato. Non voleva tra i piedi nessuno.
Aveva bisogno di fumarsi una pipa nel suo studio, e di rivedere le
carte. Quel rimbambito che gli aveva fatto perdere tempo lo aveva
allontanato dai suoi obiettivi.
Sbraitò
contro la guardia dei suoi alloggi, che giaceva sonnecchiante su una
sedia. L’incompetente si allontanò profondendosi in scuse prima
che Luther avesse la tentazione di ucciderlo. Il Maestro entrò nello
studio e sbatté la porta dietro di sé. Riordinò il caos che
regnava sulla sua scrivania borbottando seccato. Estrasse la pipa e
cercò il tabacco: dove l’aveva messo? Mentre frugava nei cassetti
e inveiva contro quel ladro dell’Assistente, un’ombra calò alle
sue spalle. Una mano fece tacere la sua bocca, e un coltello ne
disegnò una nuova sulla gola. Il cadavere cominciò a sgretolarsi
fra le dita di Runne, che mormorava una lenta litania. L’incantesimo
di incenerimento funzionò sui resti di Luther, cancellando persino
le tracce di sangue. Del capo della gilda di Poltur non restò
nemmeno la polvere.
Runne
seguì Thomas in una silenziosa e complicata fuga. Il
sicario su cui aveva fantasticato per alleggerire la tensione era
diventato reale, materializzandosi nel suo corpo e agendo attraverso
le sue mani.
«Dovresti
lasciarla uscire qualche volta, Judith cara.»
«Runne
sta imparando il mestiere. E ho molto da lavorare in questo periodo:
sa, dalla morte di Caroline...»
«...
sei l’unica sarta della zona nord di Fiandher. Ma si ammalerà se
resta sempre tappata in casa.»
«Sta
forse dicendo che non so prendermi cura di mia figlia?»
«Oh,
no! Non intendevo questo, mia cara.»
«Bene.
È stato un piacere vederla. Torni presto a farci visita.
Arrivederci.»
Judith
richiuse la porta tirando un sospiro di sollievo. Quella farsa andava
avanti da quando Runne si era unita agli Scindri: per nascondere gli
allenamenti della figlia, fingeva di tenerla segregata in casa. Fra i
vicini, alcuni erano più comprensivi, riconoscendo l’amore di una
madre per l’unica cosa che le era rimasta al mondo; altri, invece,
la consideravano una dispotica egoista. Judith non dava peso alle
voci che circolavano sul suo conto: non aveva mai visto Runne così
felice, e condividere un segreto tanto importante con la sua bambina
la colmava di gioia. La vedeva crescere giorno dopo giorno, affinando
tecniche e carattere, sempre più vicina all’essere una donna. Ma
per lei sarebbe sempre rimasta la sua piccola Runne.
Quella
mattina, però, Runne era stata molto pensierosa e taciturna. Non
aveva toccato la colazione, e si era messa al lavoro senza che Judith
le avesse chiesto aiuto. La madre decise di non porle domande,
ritenendo più saggio distrarla con qualche chiacchiera.
Runne
cuciva badando solo all’ago e alla stoffa, mentre Judith le
raccontava un piccolo scandalo sulla figlia del ceraiolo. Quando
entrambe ebbero finito, la ragazza andò a riposarsi. Aprì la porta
della camera e qualcosa la colpì sulla fronte.
«Ahia!»
«Ci
è cascata!» esclamò una vocina, lanciandosi in un risolino acuto.
Runne
si massaggiò la fronte, centrata da un laccio che era stato legato
alla porta. Sul comodino sedevano Daeb e un’altra sinhilare, quella
che aveva riso prima (e che stava continuando a farlo). Se la memoria
non la ingannava, si chiamava Jiya.
«Potevate
cavarmi un occhio!» li sgridò la vittima dello scherzo.
«E
tu eri convinto che l’avrebbe evitato!» ridacchiò Jiya.
«Ne
ero sicuro. Come succede sempre.» confermò Daeb, che al contrario
non era mai stato tanto serio «Stai bene?»
«Vorrei
stritolarti con il tuo laccio, ma a parte questo non mi hai ferita
mortalmente.»
«Avevi
ragione su di lei: questa ragazza è proprio uno spasso!»
Runne
fissò in tralice la graziosa sinhilare dai capelli biondi e si
soffermò sulla sua vicinanza con Daeb. «Ho interrotto qualcosa?»
«No.»
disse l’amico, che aveva appena sottratto la sua mano dalla presa
di Jiya «Lei se ne stava giusto andando.»
«Come
sei cattivo!» si lamentò Jiya, facendogli la linguaccia «E va
bene: lo so che sei molto timido.»
«No!
Per gli dei, non hai capito quello che ti ho detto?»
«Non
capisco perché tu non voglia darmi almeno una possibilità.»
Daeb
non rispose. Incrociò le braccia e guardò altrove. Jiya,
indispettita, gli sfilò dalla testa il cappello a cilindro e volò
via, fuori dalla finestra.
«Ehi!
Ridammelo!»
Daeb
la inseguì e Runne rimase sola. Aveva sperato di potersi sfogare con
lui prima che scendesse la sera. Si sfiorò ancora la fronte, benché
il dolore fosse passato; quantomeno quello fisico.
L’atrio
della base degli Scindri era più buio del solito e vuoto, il che
donava un tono spettrale all’ambiente. Le fiaccole erano disposte
parcamente a indicare il cammino. Runne le seguì, stringendo un
lembo del mantello per domare il nervosismo. Giunse nella Sala
d’Addestramento, dove fu accolta dalla Compagnia degli Scindri
riunita a semicerchio. Si fermò al loro cospetto, in attesa.
La
voce di Arlenan risuonò con fermezza:«Benvenuta, apprendista. Hai
intrapreso un duro percorso di addestramento, specializzandoti
nell’uso delle armi corpo a corpo e in diversi stili di lotta. Hai
imparato a lanciare alcuni incantesimi reptili e hai ottenuto il
controllo della bestia che alberga nel tuo animo. Questo fa di te
un’ottima guerriera, ma far parte degli Scindri significa molto di
più: analizzare l’ambiente che ti circonda, confonderti e
mescolarti con esso, carpire informazioni vitali da piccoli indizi.
Tali sono gli insegnamenti che ti sono stati impartiti, e nei scorsi
giorni li hai messi in pratica sul campo.» Tese un braccio verso
l'interessata «Consegnami il tuo mantello.»
Runne
se lo sfilò e lo porse al maestro. Arlenan lo tenne dinanzi a sé e
pronunciò la formula della cenere. Il mantello nero si sbriciolò,
perdendosi nell'aria cupa della caverna. Arghenteo passò ad Arlenan
un lungo panno ripiegato e il reptile lo distese: il nuovo mantello
rosso di Runne.
«Da
questo momento» decretò Arlenan posando il mantello sulle spalle
della ragazza «tu non sei più un'apprendista, ma un membro
effettivo degli Scindri.»
La
compagnia batté il pugno sul petto e Runne li mimò con orgoglio.
Arlenan fece cenno agli altri per comunicare che la cerimonia era
finita. Quindi esclamò:«E ora festeggiamo con del buon sidro di
Joor!»
Runne
sedeva sul ramo di uno zigado marittimo, non distante dall'albero
secolare che torreggiava sul nascondiglio degli Scindri. Le
particolari foglie di quella pianta, larghe e bucherellate, giocavano
con la brezza notturna, disegnando occhielli di luce smeraldina sul
corpo della ragazza. Runne accarezzava il suo nuovo mantello, così
leggero da far dubitare della sua esistenza. Avrebbe dovuto
rallegrarsi di quel traguardo; eppure un senso di inquietudine
sopprimeva il suo entusiasmo.
Arlenan
salì sullo zigado seguendo un ritmo volutamente rumoroso, in modo da
essere udito; Runne capì che le veniva offerta l'opportunità di
allontanare il maestro prima che la raggiungesse, qualora non fosse
gradito. Permise all'uomo di sedersi accanto a lei e di appoggiarsi
al tronco fessurato.
«È
un momento di festa, un evento troppo lieto perché tu mostri
quell'espressione cupa. Qual è il problema?»
«Ho
ucciso un uomo.»
«Hai
estinto una minaccia per il mondo. Luther avrebbe consegnato il Graäm
a Endrun. I suoi reptili avrebbero ucciso gli uomini, stuprato le
donne e schiavizzato i bambini. Per merito tuo siamo di nuovo al
sicuro.»
«Allora
perché lo smeraldo della torre non si spegne?»
«Altri
pericoli attendono in agguato. Gli Scindri sono gli unici in grado di
sventarli. Capisci ciò che intendo dire?»
Runne
annuì, accettando il peso delle proprie responsabilità. Arlenan le
cinse le spalle e la strinse a sé. «Rendi onore a tuo padre, ex
apprendista.»
I
due rimasero abbracciati in un muto conforto, mentre la notte
scivolava al termine per accogliere i raggi del mattino.
(S)parla
con l’autrice
Dia
dhaoibh,
lettori!
Capitolo
un tantino corto per i miei standard, ma fermarmi qui era necessario
per la trama.
Avete
domande sulla politica del Graäm? Ho paura di non essermi spiegata
bene... o di essermi soffermata anche troppo nelle descrizioni. Sarò
felice di fornire altre informazioni a chi ne vuole ^_^ a patto di
non cadere nello spoiler. L’assetto politico e geografico del Mondo
dell’Avvento è piuttosto complicato, ma ve lo esporrò a dosi
digeribili ;-)
E
la legenda all’inizio di ogni capitolo potrebbe esservi utile
quando vi dimenticate di un nome (lo faccio persino io!).
Qualsiasi
recensione, anche negativa, è ben accetta: sono qui soprattutto per
migliorarmi e divertirmi.
Fate
un salto anche sulla mia pagina facebook: Parole
Cozzate – CreAttiva
Al
prossimo capitolo! Slán
libh!
CreAttiva
|