.7.
Frank
era dallo psicologo a parlare per quello che aveva fatto.
Gerard
e gli altri si trattenevano sul tavolo della colazione, riluttanti ad
andare a lezione. Continuando a versarsi caffé per
posticiparla il più possibile.
-Okay,
dai, vado a pagare. - sospirò infine Michael, alzandosi con
una smorfia dal tavolo.
Bob
alzò gli occhi dal suo saggio breve e sospirò.
Ray
aveva quel suo strano sorriso, e i suoi occhi erano fissi su Gerard
senza motivo. La faceva spesso, quella cosa di fissare qualcuno senza
dire nulla.
-Non
sto scherzando, smettila con le pastiglie. - disse all'improvviso
Gerard, spazientito.
Bob
risollevò lo sguardo dai fogli, spalancando appena gli occhi.
Michael,
in lontananza, pagava la loro colazione senza aver la possibilità
di difendere l'amico.
-Credi
che mi diverta prenderle? - chiese Ray, irrigidendo l'espressione
vuota che aleggiava sul suo viso stanco.
-No,
non ti fa alcun effetto. Non provi più niente. -
-Se
ti può confortare, in questo momento mi sento infastidito. -
Gerard
soffiò aria fuori dal naso, cercando di non arrabbiarsi.
Strinse i denti. - Sono solo spettri di tuttò ciò che
potresti provare. -
-Gerard,
non conosci i motivi per cui lo faccio. -
-Nemmeno
tu. -
Ray
rise sarcasticamente. - Oh, no, credimi, li conosco molto bene. -
-E
perchè non ce li dici? Siamo amici. -
-Mikey
lo sa. - si limitò a dire, stringendo a pugno una mano posata
sul tavolo.
-E
io e Bob? Non contiamo nulla? -
A
quel punto Bob intervenne. Posò una mano sull'avambraccio di
Gerard, allarmato. - Gerard, non fare leva su questo... -
-Non-
- cercò di ribattere Gerard.
-E'
scorretto. - aggiunse Bob.
Gerard
richiuse la bocca. - Io- io so solo che ho perso un amico per colpa
di quelle merda di pastiglie. E sono stanco di continuare a fingere
di volerti bene come prima. Non sei più quello di prima. Come
posso volerti bene? -
Ray
strinse le labbra.
Gerard
guardò combattuto i suoi occhi, che si stavano colmando di
lacrime.
-Gli
amici non ci dovrebbero essere nel momento del bisogno? - chiese con
voce tremante il riccioluto.
-Non
è un momento, è un'intera vita. Non sono diventato tuo
amico a queste condizioni. Mi ero affezionato al vecchio Ray, non a
questo- quello che sei diventato perchè sei troppo codardo per
accettare la tua natura. -
-Condizioni?
- ripeté, - Da quando per diventare amici si firma un cazzo di
contratto? - tuonò.
Gerard
notò qualcosa, nella sua voce. Qualcosa che proveniva dal
fondo della sua gola. Uno strano brontolio come se... ringhiasse.
Terrorizzato, fissò a occhi spalancati le labbra di Ray
distendersi fino a scoprirgli i denti.
Bob
scattò in piedi, afferrando Gerard per la spalla per
allontanarlo.
Michael
era corso da loro e stava cercando di trattenere Ray fermo sulla
sedia, mentre nella mensa accorrevano le guardie.
Lo
portarono via.
Gerard
era sconvolto. Stordito di fronte all'assurdità di quella
scena. Quella rapida sequenza di cose. L'aveva da sempre saputo,
leggendo fra le righe come tutti in quella scuola facevano. Nessuno
di loro dichiarava mai apertamente la loro natura, soprattutto perchè
spesso gli esseri umani avevano affibbiato loro nomi fin troppo
imbarazzanti. Lupo mannaro, licantropo... lo sapeva. Ciò che
lo preoccupava era il fatto che Ray non riuscisse a controllarsi
nemmeno sotto trattamento. Credeva fosse perfettamente in grado di
trattenersi.
-Gerard
Way. -
Si
voltò, ancora allibito. E guardò senza capire la donna
che aveva visto un paio di volte alla segreteria. - Il signor Terrace
la vuole in ufficio. -
-Cosa?
- . Lo psicologo? Ma se era quello più normale dell'intera
scuola!
-Mi
segua. -
Gerard,
il fiato ancora corto, si voltò a guardare con aria smarrita
Bob e il fratello.
-Andiamo.
- insistette la donna.
Senza
veri motivi per cui non farlo, decise di seguirla senza opporre
resistenza. Non voleva essere trascinato a forza da un'altra decina
di quegli uomini alti e muscolosi, come avevano fatto con Ray.
Percorsero a passo sostenuto i corridoi in fase di svuotamento, e
Gerard riuscì a confortarsi vagamente nel pensare che almeno
avrebbe perso un po' di lezione.
Sperò
di trovare Frank nell'ufficio di Terrace, ma quando entrò
trovò entrambe le sedie di fronte alla scrivania vuote.
E
la tozza figura del signor Terrace appoggiata al tavolo.
-Grazie,
Melanie. - ringraziò educatamente la signora, con uno dei suoi
vecchi sorrisi pacati.
La
donna uscì dall'ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.
-Buongiorno,
Gerard. -
-Dov'è
Frank? - chiese, guardandosi intorno come se fosse potuto sbucare
dalla carta da parati.
-Non
c'è. E' appunto di lui che ti vorrei parlare... -
-Cosa?
- domandò, alzando involontariamente la voce.
Il
signor Terrace abbassò per un attimo le palpebre prima di
riprendere a guardare Gerard da sotto le folte e spettinate
sopracciglia brizzolate. - Siediti. -
Soffocò
l'infantile istinto di non farlo e obbedì. Non gli era mai
andato a genio il signor Terrace. Aveva l'impressione che fosse una
di quelle persone sopravvalutate e forzatamente bonarie. Anche se,
c'era da ammetterlo, Gerard Way tendeva a odiare qualsiasi cosa o
persona gli altri amassero.
-Io
e Frank abbiamo parlato a lungo di come si trova qui, e di come si
sente. Mi ha nominato spesso il tuo nome. Mi sono fatto raccontare un
po' delle cose che fate insieme... -
Gerard
arrossì violentemente, chiedendosi a cosa si riferisse,
esattamente. Indugiando sul genere di cose che avrebbe potuto fare
con Frank. Riempiendosi la testa di immagini che non avrebbe mai
voluto avere con il signor Terrace di fronte. Soffocò
freneticamente i propri pensieri.
-Credo
che tu non debba prenderti la libertà di esplorare il suo
passato umano. Il fatto di non ricordarsi della sua vita precedente
fa parte del suo Dono, e non sei tenuto a scavare nei suoi pensieri.
E' contro la sua natura, la sua nuova natura. -
Gerard
corrugò la fronte. Era possibile arrabbiarsi così
spesso nella stessa mattinata? - Ma non sapere nulla di com'era prima
lo fa stare male. -
-
Sono condizioni che vanno accettate, non respinte. E' abusivo. A
lungo andare, col formarsi della sua nuova vita associato allo
spirito della vecchia che state cercando di resuscitare, potresti
causargli disturbi dissociativi dell'identità. -
-E'
un suo diritto sapere cos'è successo prima. Come potrebbe
costruirsi un futuro senza un passato su cui basarsi? -
-
Il suo passato è iniziato una settimana fa quando è
arrivato in questa scuola. Non è tenuto a sapere nient'altro
di ciò che è successo prima di quello. - ribatté
con calma l'uomo, - E non costringerlo più a provare emozioni.
Non fa parte di ciò che è ora. -
-Costringerlo?-
ripeté Gerard, ridendo con tagliente sarcasmo, - Si rende
conto di ciò che sta dicendo? Che razza di psicologo è?
E' vivo, e ha il diritto di vivere. Vivere significa provare cose.
Non glielo può impedire solo perchè una volta è
morto. Che senso avrebbe, altrimenti, avere una seconda possibilità
di vivere e farlo basandosi solo sugli aspetti biologici, che fra
l'altro nel caso di Frank sono davvero ridotti? La vita non è
fatta solo di organi funzionanti, singor Terrace. E se crede che sia
così, allora deve avere davvero molto fegato per definirlo
“Dono”. E' una condanna, piuttosto. E ora, se mi
permette... - disse, posando le mani sui braccioli della sedia per
alzarsi.
-Non
ho ancora finito. Se ripeterai gli stessi errori con Frank sarò
costretto ad allontanarvi. -
Gerard
scoppiò di nuovo a ridere. Si alzò in piedi. - Senta,
oggi non è davvero giornata. Prima uno dei miei migliori amici
mi ha quasi azzannato e non ho davvero intenzione di prestare ascolto
alle sue stronzate philofobiche. Le auguro una discreta giornata. - .
Uscì dall'ufficio e si sbatté la porta alle spalle,
furioso.
Bussò
alla porta ed entrò nell'aula, fremendo ancora.
-Buongiorno.
- lo salutò il professor Zane.
-Buongiorno.
Scusi il ritardo. - sbottò, andando a sedersi accanto a Frank.
Frank
sorrise e lo salutò a bassa voce, riportando mansuetamente gli
occhi sul libro.
Il
professor Zane riprese a parlare di Cervantes, come sempre beatamente
ignorato dalla maggior parte degli alunni seduti.
-Che
ti ha detto Terrace? - sussurrò concitatamente Gerard,
ricatturando i suoi occhi.
Frank
lo guardò, vagamente preoccupato dall'agitazione dell'amico.
-Mi ha parlato insieme a un medico. Mi hanno spiegato che ho meno
sangue in corpo rispetto alle altre persone e che ho rischiato di
morire. -
-Che
altro ti hanno detto? -
-Che
è normale sentirsi confusi e fuori posto ma che dovrei parlare
con uno di loro invece di sezionarmi. Perchè tutte queste
domande? -
-Mi
hanno convocato. Cioè, il signor Terrace ha voluto parlarmi.
Quel pezzo di merda. -
Frank
sbiancò, spalancando gli occhi verdi. Che un tempo sembravano
color fango ma che ora erano limpidi e luminosi. - Perchè? -
-Non
gli sono piaciute le cose che gli hai raccontato su di noi. Che gli
hai detto, di preciso? -
-Oh
merda, scusa... - farfugliò, sollevando irrequieto le mani.
-Non
sono arrabbiato. Dimmi che gli hai detto. - insistette,
avvicinandosi.
-Gli
ho detto della cosa- che abbiamo ascoltato insieme musica e mi hai
fatto ricordare di che gruppo si trattava, che mi hai spiegato che ho
ancora la capacità di provare sentimenti come tutti gli altri.
-
-Terrace
è contrario a questo genere di cose. Essenzialmente, dice che
sei morto e che devi sentirti tale. -
Frank
socchiuse le labbra, quasi disgustato.
-Senti,
noi continueremo a fare quel cazzo che vogliamo. Però non devi
farne parola con nessuno. E probabilmente è meglio se in
pubblico mantieni un atteggiamento piuttosto distaccato dal
sottoscritto. Okay? -
Il
ragazzo annuì, spaventato.
Gerard
gli afferrò una mano fredda. - Non preoccuparti. -
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