Capitolo 1 - CdP
Capitolo
2 - Alìce.
Un SUV bianco si parcheggiò davanti all'enorme villa.
La prima ad uscirne fu una ragazza con dei capelli rosso rame.
«Alìce, hai preso tu le chiavi della
villa?» chiese una voce maschile alla ragazza appena scesa.
La rossa non ascoltò, andando ad aprire il portone della
casa.
Appena oltrepassò la porta iniziò a starnutire.
La casa era piena di polvere, che le dava un'atmosfera un po' lugubre.
Nel frattempo anche il resto della famiglia era sceso dalla macchina, e
una bambina corse dietro Alìce.
«Che c'è, Charlotte?» domandò
la ragazza alla bambina.
«È pieno di polvere, tu sei allergica alla
polvere! E se
muori, per colpa della polvere?» disse velocemente la bambina.
«La smetti di ripetere "polvere"?»
«Smettetela! Alìce, hai 18 anni, smetti di
comportarti
come Charlotte!» disse la madre delle due ragazze, o meglio,
la
madre di Charlotte.
La ragazza sbuffò, ma era quello che doveva limitarsi a fare
se non voleva essere cacciata di casa.
«Dove sono le camere da letto?» chiese dopo un po'.
«Al piano di sopra.»
Alìce salì in fretta e furia le scale,
piazzandosi nell'ultima camera di quel corridoio.
La camera era grande e spaziosa, con al centro un grande letto a
baldacchino.
Alla sua destra c'era un mobiletto con un enorme specchio sopra.
I suoi avevano speso una fortuna per comprare quella villa.
Si erano trasferiti a Rëinsburg solo perché
l'azienda del
padre di Charlotte, Thomas Johanson, si era trasferita a pochi
chilometri dalla città.
Alìce si guardò allo specchio.
Completamente ricoperto dalla povere, dava di lei un'immagine opaca,
spenta.
I capelli rossi le ricadevano lungo le spalle, e gli occhi azzurri
contrastavano il grigio della polvere.
Prese il suo iPhone dalla tasca posteriore dei suoi jeans, sbloccandone
lo schermo e attivando la fotocamera interna.
Si scattò una foto, ma a rivederla rimase pietrificata
dall'immagine che quello smartphone le stava mostrando.
Alla vetrata dietro di lei si intravedeva l'ombra di uno strano essere,
piccolo e leggermente rotondo.
Istintivamente, spaventata, si voltò verso la grande
finestra.
Ma non c'era nessuno.
Ricontrollò la foto al telefono. Non c'era nulla di strano.
Solo il suo viso incorniciato dai capelli rossi e le poche lentiggini
su di esso.
Nulla di paranormale.
Dovrei smetterla di
drogarmi, disse fra se e se'.
«Alìce, scendi ad aiutarci con i
bagagli!» urlò Claire, la madre di Charlotte, dal
piano di sotto.
«Sì, arrivo.» urlò la ragazza
uscendo dalla camera e chiudendo la porta dietro di se'.
Quella casa le sembrava strana.
Poco prima della porta d'ingresso notò una stanza dalla
quale si
intravedeva un'enorme libreria ed un oggetto coperto da un enorme telo
grigio.
Spinta dalla curiosità entrò in quella stanza,
scoprendo quel telo impolverato.
Al di sotto di esso c'era un pianoforte bianco panna.
In un angolino c'era inciso "1850".
«Se li porta bene 164 anni, sembra nuovo.»
pensò ad alta voce Alìce.
In effetti sembrava proprio che i vecchi proprietari di quella villa ci
tenessero molto all'integrità di quel piano.
Alìce si sedette sulla sedia, sfiorando alcuni tasti e dando
suono a delle note smezzate.
Toccava il pianoforte con delicatezza, quasi con paura di romperlo.
«Allora Alìce, dove sei finita?» la
richiamò Thomas.
La ragazza si alzò di malavoglia dal pianoforte, dirigendosi
alla macchina.
Intanto era anche arrivato il camion dei traslochi.
«Questi sono tuoi.» disse Claire porgendole degli
scatoloni con su scritto "Alìce".
La ragazza gli prese, trasportandoli in camera sua.
«Allora, cosa ve ne pare della nostra nuova casa?»
chiese
entusiasta Claire, sedendosi a tavola insieme alla famiglia.
Alìce non parlò. In quella casa le sembrava
succedessero cose strane.
«A me piace molto, solo che Alìce si è
presa la camera più grande.» disse Charlotte.
La madre guardò male la ragazza coi capelli rossi.
«Tranquilla, fra non molto quella camera sarà
libera.»
«Ed ora cosa pensi di fare, Claire? Mi caccerai di
casa?» domandò all'improvviso Alìce.
«Perché Alìce non ti chiama
mamma?» chiese Charlotte.
Claire guardò male Alìce, ma non rispose a
nessuna delle due domande.
«Domani dovrò scendere nel seminterrato a
controllare le
tubature del riscaldamento. Anche se siamo a inizio ottobre fa
freddo.» si intromise Thomas, per svariare il discorso.
«Io salgo a dormire.» detto questo,
Alìce si alzò da tavola, andando nella sua nuova
camera da letto.
Non appena entrata nella stanza, si buttò sul letto.
Come primo giorno nella nuova villa, non era stato un
granché.
Ma doveva accontentarsi.
L'indomani le sarebbe toccato sistemare tutte le sue cose nella camera,
e non si sarebbe di certo divertita.
Chiuse gli occhi e, in men che non si dica, sprofondò nel
sonno più totale.
Si risvegliò a causa della suoneria del suo IPhone.
Era il suo ex che la stava chiamando.
Non voleva parlarci, quindi rifiutò la chiamata.
Pochi secondi dopo le arrivò un messaggio, ma non lo lesse.
Dopo aver realizzato che quello era il suo secondo giorno in quella
villa, e che doveva sistemare tutti le sue cose, si alzò di
malavoglia dal letto, scendendo in cucina a fare colazione.
Non c'era un granché in frigo, solo degli yogurt.
Ne prese uno al cocco.
«Non sei ancora uscita a fare la spesa?» chiese
Alìce richiudendo la porta del frigo e andando ad aprire un
cassetto vicino al lavandino, estraendone un cucchiaio.
«Sono ancora le otto di mattina» rispose tranquilla
Claire «dove dovrei andare?».
«Giuro che non lo sapevo.»
Alìce era un po' scombussolata.
Mai le era capitato di svegliarsi così presto.
A Lowerz, se a mezzogiorno era sveglia era già un miracolo.
Thomas entrò in cucina.
«Alìce, ho dimenticato la tronchesi sotto, nel
seminterrato. Potresti scendere a prenderla?»
«Sì, ora vado.»
Appena scesa nel seminterrato, Alìce vide immediatamente la
tronchesi in acciaio che suo "padre" aveva dimenticato.
Ma notò anche un piccolo comodino ricoperto di polvere e
chiuso con un grosso lucchetto.
Un qualcosa la incitava ad aprirlo. Prese l'oggetto che Thomas le aveva
detto di riportare, e cercò di rompere il lucchetto.
All'ennesimo tentativo ci riuscì, ma a causa del
legno vecchio era difficile aprire lo sportello del comodino.
Rimase sorpresa quando, appena aperto, nel mobile non c'era nulla. Solo
che, dall'altra parte, il legno era rovinato, lasciando un grande foro.
Richiuse lo sportello, riprendendo la tronchesi e risalendo in casa.
Intanto, fuori, c'era un essere che la guardava dalla sottile finestra
del seminterrato.
Era lei.
***
Ecco il secondo capitolo!
Beh, finalmente ho scritto proprio ciò su cui si
baserà la storia.
Alìce.
Voglio avvisare che più in avanti (o almeno, probabilmente)
si
tornerà a parlare di Clarìssa, e della sua
famiglia.
Per ogni dubbio o domanda potete anche chiedere nella recensione, ma
per la maggior parte si spiegherà nei prossimi capitoli!
In realtà volevo anche mettere un banner, ma non riuscivo a
trovare l'immagine perfetta.
Ci sarebbe qualcuno disposto a farmene uno?
Broken Smile Smoke.
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