“Io
voglio combattere,” aveva spiegato Tonks quando aveva scelto
di
informare i suoi genitori dell'arruolamento nell'Ordine della Fenice,
piuttosto che propinare loro delle menzogne.
Rammentava
chiaramente quel giorno: sdraiata nel letto del San Mungo, aveva
osservato risoluta i visi stravolti di Andromeda e Ted.
“Ma...
ma tu combattevi già!” aveva balbettato suo padre.
“Sei
un'Auror, Dora, non è sufficiente?”
“Fiato
sprecato, Ted, Ninfadora ha già deciso,” aveva
reagito d'impeto
sua madre e Tonks non era riuscita a mantenere il giusto distacco da
quell'attacco dettato, ora lo sapeva, dalla paura di perderla.
“Questa
è la
mia
vita!”
“Lo
è,” le aveva concesso Andromeda, “ma
è anche la nostra e tu non
lo capisci!”
Tonks
sapeva che i suoi genitori l'amavano, ma non riusciva a calarsi
realmente nei loro panni. Remus si offriva regolarmente per le
missioni più rischiose pur di non ammettere cosa provava per
lei, ma
non immaginava che il dolore di Andromeda e Ted potesse essere
persino peggiore di quello patito da lei per i rischi che correva
l'uomo che amava.
Solo
da poco Tonks aveva avuto un assaggio di ciò che dovevano
aver
provato quella sera, nell'asettica stanza del San Mungo. Aveva
conosciuto un sentimento nuovo, mai provato prima pur essendosi
trovata spesso in situazioni rischiose: era la paura di morire.
Tonks
si accarezzò meccanicamente il ventre ancora piatto.
Non
era solo paura per i pericoli a cui rischiava di esporre il suo
bambino,
che sarebbe stato più che comprensibile, mai
in lei era stata così viva la consapevolezza di poter
perdere la
propria vita. Non aveva scelto la carriera di Auror e successivamente
di arruolarsi nell'Ordine perché credeva che essere giovane
la
rendesse immortale, solo, banalmente, non aveva mai considerato il
valore di ciò che rischiava di perdere, ma solo quello che
poteva
offrire, perché combattere per una causa in cui credeva era
la sua
più grande ambizione.
Tonks
non riusciva ad accettare il proprio cambiamento, si sentiva una
vigliacca e si vergognava profondamente di quello che interpretava
come mero egoismo, al punto da tacere i propri timori persino al
marito.
Remus
e Tonks, seduti alla tavola del loro cucinino con le mani allacciate
sotto al piano di legno, come in segreto, rafforzarono la stretta
quando un luminoso Patronus balzò sulle mattonelle
scheggiate del
pavimento, lasciando dietro di sé una scia argentea.
“Attacco
a Babbani, Londra, St John Street.”
Tonks
sentì male al petto.
“Remus,”
disse precipitosamente, “restiamo qui, andrà
qualcun altro... i
nostri amici capiranno.”
Lui
la osservò confuso e Tonks, temendo che avesse
già deciso di
intervenire, scelse di umiliarsi pur di proteggere la sua famiglia,
confessandogli la vergognosa verità: “Io
ho... io ho paura.”
Remus
sobbalzò per la sorpresa.
“Anch'io,”
ammise dopo un lungo istante, ma il sollievo di Tonks fu breve,
perché lui sfilò comunque la bacchetta dalla
cinta dei pantaloni.
“Remus...”
supplicò.
Il
Patronus era svanito e Remus pronunciò lentamente:
“Cave
Inimicum.”
Fu
il primo di una lunga serie di incantesimi di protezione.
Ho scritto questa ff per un
contest che chiedeva di spiegare perché un determinato
personaggio aveva scelto di diventare un 'soldato'. Mi rendo conto che
in questa storia ho apparentemente
spiegato cosa ha spinto Tonks a NON combattere, almeno nella seconda
parte, invece di cosa l'ha spinta a farlo, ma mi sembrava banale
parlare del perché aveva scelto di scendere in campo nella
battaglia
finale. Anche prima dell'uscita della biografia di Remus era palese,
per me, che l'aveva fatto per la sua famiglia, perché se
avesse
vinto Voldemort, Teddy sarebbe stato sicuramente ucciso. Scrivendo
questa ff ho voluto sottolineare quanto coraggio deve aver avuto
Tonks per decidere volontariamente di rischiare la propria vita,
quando aveva un motivo tanto grande per non volerla perdere per nulla
al mondo.
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