La vera historia dello gobbo de Nôtre Dame.

di Dmitrij Zajcev
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Giunto alle porte della chiesa, lo cavaliere legò lo suo destriero a un pozzo lì vicino e bussò alle porte de la cattedrale.

 

«Padre, o Vescovo di Parigi! Mi siano aperte le porte, giacché è mio desiderio incontrare lo campanaro, uomo che conosco da assai molto tempo.»

 

Un prete dalla lunga et canuta barba aprì le porte.

 

«Il signore sia con voi, figliolo. Entra ordunque. Avviserò lo campanaro de la tua visita.»

 

«Non è necessario, Padre Jean-Pierre. Già lo vidi giungere alla piazza. Vi prego di lasciarci soli, padre. Et tu, fraterno amico, lascia che io veda lo tuo viso.»

 

A parlare, con una voce strascicata, era stato uno monaco alto al massimo uno metro et quaranta. Mentre lo prete si allontanava, e lo Markov si avvicinava ad un altare, abbassandosi lo cappuccio, lo monaco si avvicinò a lui, strascicando.

 

«Est dallo venti et ottesimo anno di codesto secolo che non ti vedevo, Amicus.»

 

«mancata mi è la tua presenza, o Quasimodo.»

 

«Cosa ti porta qui, nell'Urbe di Parigi?»

 

«Un epistula mandatami da Esmeralda Ravnos. Dove è lei?»

 

«Sei dunque giunto fin qui dalle lontane steppe de lo impero Russo solo pel la Gitana?»

 

«Non certo per salutarla, amico mio. Leggi qui, dunque.»

 

Il vampiro russo porse una lettera al monaco. Dal saio apparve una mano deforme, avente lo medio et lo anulare fusi in uno dito solo, che prese la lettera. Con l'altra mano, lo monaco si abbassò lo cappuccio et si tolse la maschera de ferro che copriva li lineamenti.

Li capelli rossi come lo rame erano radi sullo lato destro et folti sullo lato sinistro. L'occhio sinistro sembrava uno faro, perennemente aperto, mentre lo occhio destro era costretto a rimanere socchiuso a guisa di crepa.

Dopo aver letto la lettera, lo nosferatu la ridiede al Markov e ricoprì lo proprio viso.

 

«Fra sette giorni inizierà lo Carnevale. Sarà allora che la troveremo.»

 

«Quasimodo, non ho ove riposare, et lo viaggio fu lungo ed assai estenuante.»

 

«Seguimi, Markov. Ti porterò alla mia cella. La potrai far riposare le tue membra.»





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