Buonasera
a tutti!
Questa
one-shot ha catalizzato per giorni interi la mia attenzione, mi ha
emozionato, forse scioccamente, come raramente era capitato. Non ho
idea se questo sarà un sentimento condiviso, ma francamente
me lo
auguro.
Desidero
fare alcune brevi precisazioni: innanzitutto, il testo che segue
è
appunto basato sul cortometraggio The Uncut Story of Mewtwo's
Origin, che
potete trovare in
rete. Ho deciso di conservare il nome giapponese della bambina che vi
compare, Aitwo al posto di Ambertwo, perché mi sembrava
molto più
adatto. Desiderio inoltre specificare che conosco il corto soltanto
grazie a versioni sottotitolate, dunque se ci saranno errori o
fraintendimenti me ne scuso anticipatamente.
Per
finire, ho messo l'indicazione OOC perché, per quanto mi sia
sforzata di attenermi al personaggio di Mewtwo quale appare nel film,
ne ho ovviamente data una mia interpretazione e in ogni caso lo
reputo un personaggio troppo complesso per le mie modeste
capacità. [Edit: avvertimento rimosso in seguito alle bellissime recensioni!]
Detto
questo, non posso che augurarvi una buona lettura!
Afaneia
Come
l'avresti visto tu.
T'ho
insegnato io forse ad amare, ed a piangere?
(Ugo
Foscolo, Ultime
lettere di Jacopo Ortis)
La
luce del tramonto
infuoca il mare, soffondendo l'orizzonte di una luce sfumata che
annega nei banchi di nubi. Tra poco il sole sprofonderà
nelle acque,
il cielo si tingerà di tinte livide, i volti diverranno nere
pozze indistinguibili col progredire della notte. Poi ascenderà
la
luna, e ancora una volta, come ogni notte, accetterà di
splendere
sulla mia anima colpevole, illuminando per me una strada che ancora
non sono in grado di percorrere.
Ai,
avrei voluto
percorrerla con te. Unica amica del mio cuore, sola sorella concessa
alla mia carne: so che tu mi avresti guidato lungo questa strada
scoscesa verso la redenzione di quell'oscura colpa che sento gravare
sulla mia anima, come un peccato originale che non ho direttamente
compiuto, ma che macchia le mie mani per il solo fatto d'essere
venuto al mondo...
Sono
trascorsi molti
mesi dall'attimo fatale in cui sei scomparsa davanti a me,
trascolorando nella luce della luna, abbandonandomi sulla terra tra i
miei dubbi e le mie lacrime e lasciandomi soltanto quella frase che
non sono riuscito subito a comprendere, e che per troppo tempo ho
creduto essere una bugia: la vita è meravigliosa. Ho
creduto
a lungo che ti sbagliassi. Come poteva la vita esser meravigliosa,
con tutte le sue ingiustizie, che io vedevo e non riuscivo a
comprendere: la crudeltà e la solitudine e la morte...? Ma
soprattutto, come poteva essere meravigliosa la vita in un mondo che
ti aveva rifiutata?
Ci
sono tante cose che
vorrei raccontarti e ancora di più che vorrei domandarti. So
che tu
conosceresti la risposta alle mie domande. Ho ammirato la tua
saggezza, Ai: rimpiango di non avere avuto il tempo di dirtelo.
Conoscevi poche cose, ma con una serenità che io posso solo
desiderare, con la saggezza di qualcuno che abbia vissuto infinite
vite anziché pochi anni di una sola che neppure era
veramente tua,
avevi già compreso il funzionamento del mondo e vi avevi
accettato
il tuo posto.
Ai,
tu sapevi chi eri.
Quando ricordo le tue parole, la gioiosa semplicità con cui
le hai
pronunciate: Sono Aitwo, ma in realtà sono Ai,
il mio cuore
pare stringersi come di uno spasmo doloroso d'invidia e desiderio
impotente. Noi allora non lo sapevamo, ma in queste parole c'era
tutta la tua saggezza. Tu sapevi chi eri. Capisci, capiresti cosa
voglio dire? Tu sapevi di essere Aitwo, un due, un clone, come me,
come lo erano i nostri compagni; ma contemporaneamente e senza alcuna
contraddizione, sapevi anche di essere Ai, solo Ai. No, non due, Ai
solamente. Tu conciliavi l'essere due con l'essere uno, l'essere una
copia - una copia, ancor priva di corpo, di una bambina morta! - con
l'essere un individuo unico, irripetibile, autentico.
Sono
trascorsi troppi
mesi da allora, ma ancora il mio cuore urla al pensiero che avrei
dovuto chiederti da dove ti veniva questa sicurezza, questa serena
consapevolezza di essere un individuo autonomo. Ai, come lo sapevi?
Io so, sento, che se solo potessi conoscere anch'io questo tuo grande
segreto, ecco!, allora finalmente troverei la mia pace...! Ai, come
facevi a sapere chi eri?
Il
mondo è ingiusto,
Ai: questo è tutto quello che riesco a vedere. In questo
universo
che lentamente sta sprofondando nella notte, dov'è
l'inindagabile
giustizia che ha preferito far nascere me, col mio fardello di
disperazione, e annegare te, con la tua saggezza e il meraviglioso
sguardo che sapevi gettare sulla vita? Se veramente a
quest'atrocità
c'è una ragione, perché non mi è stata
rivelata? Perché non mi è
stato detto qual è la ragione del mio affacciarmi su questa
terra?
Per quale motivo sono stato lasciato da solo a cercare la mia
verità?
So
che tu non saresti
d'accordo con me. Ma ascolta, ascolta, se in qualche luogo del creato
hai ancora orecchie per udirmi, ascolta: tu non puoi sapere
ciò che
ho compiuto negli anni della tua assenza.
Ai,
tu avevi accettato
il tuo essere con una serenità che a me era e per sempre
sarà
impossibile: non possiedo la tua saggezza. La mia mente è
infinitamente possente, ma vi sono misteri che essa non è
sufficiente a sondare – quegli stessi misteri che tu, con la
candida semplicità del tuo animo, sei stata in grado di
penetrare
con una sola occhiata.
Ai,
questa nostra
diversità che tu avevi accettato tanto naturalmente, io
l'avverto
come una colpa che non riesco a scontare. Mia ingenua sorella, tu
sorridevi affermando di essere un clone, e in quel sorriso che era
come un inno alla vita (vita che ti piaceva benché tu non ne
avessi
una tua propria), io so che tu avevi scoperto la tua verità.
Tu ti
eri accettata per quello che eri, e se mai fossi venuta al mondo,
avresti saputo proseguire per la tua strada: avevi già
scoperto la
vera ragione della tua esistenza. Ai, tu volevi vivere, questo lo so,
l'ho capito, perché ai tuoi occhi innocenti la vita era
meravigliosa, proprio in quanto non l'avevi richiesta e ti era stata
donata.
Oh,
Ai, allora perché
per me non è stato così? Perché io ho
vissuto questa mia creazione
come un'oscura colpa indicibile di cui i miei generatori si erano
macchiati, ma che mi avevano trasmessa nell'atto della mia creazione?
Ai, la verità è che non so perdonarmi per essere
diverso.
La
tua anima era tutta
protesa verso una vitalistica affermazione di se stessa: tu
dichiaravi con forza la vita che ancora neppure avevi, affermavi la
tua identità con un vigore gioioso e privo di dubbi che io
tuttora
t'invidio, consapevole come sono che mai ne sarò in grado a
mia
volta. Quando tu proclamavi la tua identità, io ancora mi
domandavo
chi ero, chi avrei dovuto essere... e me lo chiedo tuttora. Vorrei
possedere la tua sicurezza.
Ai,
se mai ci
incontrassimo di nuovo, avrei il coraggio di raccontarti cosa ho
fatto? I tuoi occhi che sapevano vedere la bellezza persino nel sole
che moriva saprebbero vederne ora in me? Il tuo cuore, che amava la
vita anche quando essa si esprimeva attraverso le lacrime, saprebbe
perdonarmi per quelle che ho fatto versare?
Anche
io ho cercato di
affermarmi in questo mondo, ma la verità è che
non ho saputo come
farlo. Ai, io non ero in grado di conciliare, come te, l'essere due
con l'essere uno, l'essere un clone con l'essere unico. Mi
perdoneresti mai, sola sorella che mai potrò avere, per le
scelte
sbagliate che ho compiuto, per i peccati di cui veramente mi sono
macchiato, stavolta con le mie proprie mani, nel tentativo di
scontare quello che esiste unicamente dentro di me?
Nel
mio avido tentativo
di affermare la mia identità, l'ho fatto con tutti e soli i
mezzi
che conoscevo: la vendetta, la violenza. La mia anima non era in pace
come lo era la tua, Ai! Io ho ucciso, io ho tentato di...
Sai,
Ai, ho conosciuto
Mew, e su di lui si è riversato l'odio, la rabbia, lo
sgomento che
provavo. Mew, Ai, era tutto ciò che avrei voluto essere:
sereno,
ineffabile, etereo, leggiadro. Unico, primo, autentico. Come avrei
potuto non odiarlo? Egli, io lo sentivo, era l'ostacolo sulla strada
che credevo erroneamente di dover percorrere per trovare finalmente
chi io fossi: su di lui ho proiettato quei limiti che esistevano solo
nella mia mente. L'ho reso mio nemico, perché egli incarnava
ciò
che volevo essere ma che mi sembrava irraggiungibile. So che avrei
potuto amarlo se non l'avessi percepito come un rivale: ma se lui era
l'originale, io come potevo essere altro che una copia? Tutto
ciò
che mi era chiaro, era che io ero molto più potente di lui:
allora
ho creduto che, sopraffacendolo con la mia forza, mi sarei liberato
di quella rivalità, avrei redento la colpa di cui mi sentivo
colpevole...
Ai,
io sono malvagio,
allora perché sono nato al tuo posto?
Ai,
la luna mi ricorda
la tua assenza con un'intensità che si fa insopportabile,
perché è
davanti alla luna che ti ho perduta. Esisterai ancora in qualche
luogo, amica mia, magari assieme ai nostri tre compagni...?
Ci
sono tanti come
noi, qui, mi
dicesti, in quella
regione delle nostre menti che avevamo creato per il grande desiderio
che avevamo di parlarci, di comunicare, di condividere almeno una
piccola parte delle nostre vite che sentivamo crescere pulsanti
dentro di noi. A contarci tutti, non eravamo che in cinque. Ma in
quel piccolo nostro mondo, che ci apparteneva poiché noi ci
appartenevamo, in due eravamo in molti, in cinque un universo...
Non
ci è stato concesso molto tempo da trascorrere insieme sulla
terra.
Eppure, per quanto brevi siano state le ore – o i minuti?
– della
nostra amicizia, essi hanno significato come ere intere nel mio
cuore. Forse la tua morte ha imperscrutabili ragioni che io non
conosco, ma tutte le parole che la mia mente sovrumana conosce non
sono sufficienti a esprimere il mio bisogno della tua presenza. Ai,
io so che se tu fossi qui, o se solo nel tempo della nostra amicizia
avessi potuto interrogarti più a lungo, tu mi avresti
indicata la
strada da percorrere, mi avresti aiutato, guidato; mi avresti
mostrato il mondo come lo vedevi tu, colla tua voglia di vivere e la
tua gioia sconfinata. Col tuo aiuto, mia cara maestra, contenta
com'eri della poca vita che avevi, so che avrei trovato la mia
identità.
Ai,
tu mi dicesti che la vita è meravigliosa, mi promettesti che
viverla
mi sarebbe piaciuto. Non voglio più credere che tu mi abbia
mentito.
Ai,
voglio vivere la vita che avresti dovuto vivere tu... per entrambi.
Voglio imparare a vedere il mondo come l'avresti visto tu, voglio
leggere la promessa di un tramonto, provare il conforto di un soffio
di vento, voglio sentire la compagnia delle stelle, scoprire la
dolcezza del pianto. Ai, voglio vivere in tua vece quella vita che
avresti meritato di conoscere, voglio apprezzare anche a tuo nome
questo dono che mi è stato fatto. Voglio perdonarmi per
essere
diverso, accettare l'anima che è in me... Ai, voglio fare
tante
cose.
Perché
so che un giorno, quando finalmente avrò compreso anch'io
quel
segreto che il tuo sorriso celava, quando i miei occhi vedranno di
nuovo il mondo come un tempo l'hanno visto attraverso i tuoi occhi e
la tua bocca... quel giorno, Ai, io so che finalmente ti
ritroverò
di nuovo, in una regione del mio cuore che ancora mi è
ignota e
irraggiungibile, e tu potrai vivere attraverso di me, e mi
ringrazierai ancora, non più per il mio pianto, ma
finalmente per il
mio sorriso.
|