Corro lungo il
labirinto. Posso avvertire i muscoli delle gambe tendersi
nello scavalcare gli ostacoli, il cuore battere velocemente contro le
costole. La
benda mi oscura la vista, eppure so esattamente dove devo andare e come
evitare
le pareti prima di sbattervi contro con violenza.
Sto guardando la
mappa del labirinto.
Sto correndo nel
labirinto.
Mappa.
L’allarme
suona. So che devo correre più in fretta o presto il
pavimento
sarà percorso da scariche elettriche. Non possono uccidermi,
ma faranno male.
Tanto.
Mappa.
Il colpo contro il
muro in fondo alla via cieca è violento e improvviso.
Fa male. Le ossa scricchiolano. Mi accascio al suolo e
l’elettricità mi
percorre le membra, strappandomi lungi guaiti di sofferenza lancinante.
Grido e
grido, senza riuscire ad alzarmi, finchè le scariche
s’interrompono e posso
poggiare le mani ridotte a zampe artigliate a terra per alzarmi in
piedi,
tremando ancora di dolore, il pelo ritto.
Sarah! Stai
cercando di uccidermi per caso?
Rabbrividisco
riscuotendomi a quel pensiero rabbioso. Quelle sensazioni
non appartengono a me, ma è come se fossi io a provarle,
assieme al senso di
colpa per aver fatto del male ad Ari. Non è colpa mia.
Stanno cercando di farmi
fare qualcosa che non sono e non sarò mai in grado di
svolgere in modo da
accontentarli. Hanno portato Ari in un labirinto per le cavie.
L’hanno bendato
e l’hanno spinto a correre il più in fretta
possibile. So bene che quel
pavimento è elettrificato, io stessa ho corso in quella
prigione di fatica
senza fine.
Quando l’ho
fatto da sola, dovevo semplicemente leggere la mente di chi
stava fissando la mappa del percorso. Ora vogliono che guidi Ari
attraverso il
labirinto, allo stesso modo. Per me è impossibile, posso
entrare in
comunicazione con una sola mente per volta. Per quanto mi sforzi, posso
solo
saltare dall’una all’altra il più in
fretta possibile. Non sono ancora riuscita
a farlo abbastanza velocemente.
La voce di Jeb
risuona nell’altoparlante della mia stanza di isolamento.
-Coraggio mia
cara… ancora una volta. Ari sta benissimo, può
continuare-
Ari?
Vaffanculo!
La sua rabbia fa
più male delle scariche elettriche. È esausto,
anche
nella sua forma completa di lupo non riuscirà ad andare
avanti a lungo.
L’ultimo colpo contro la parete è stato duro e gli
fanno male le ali. Le mie
ciondolano inerti a terra, abbattute dalla preoccupazione per lui. Sa
che mi
ferisce così, sa che non è colpa
mia…non lo faccio apposta. Sembra ignorare
capricciosamente che ogni volta che la mia mente è legata
alla sua in quel modo
sento la sua sofferenza come se fosse mia.
Finiamo questa
cosa in fretta, Sarah… non ce la faccio più.
Torna al punto di
partenza, cercando di riprendere fiato nel frattempo.
Chiede un sorso d’acqua. Viene ignorato. Stringo i denti, con
rabbia. Ho
bisogno del contatto visivo per imporre la mia volontà ai
Camici Bianchi. Non
ce la faccio da qui. Maledetti.
Prendo un lungo
respiro e la corsa ricomincia.
Corri, amore mio.
Corri sulle ali del mio respiro.
*
* *
La stanza grigia mi
sembra ancora più vuota dopo tanto tempo passato
nella mente di Ari. L’hanno trascinato fuori, per gli
allenamenti con gli altri
Eliminatori. Mi sento in colpa, anche se non sono io la causa di tutto
questo.
Siedo per terra con la schiena contro il muro, le ali lasciate flosce
lungo i
fianchi. Fisso la porta, come se potessi vederla, tanto intensamente
che quasi
non mi accorgo del rumore che produce aprendosi. Il passo di Ari
è pesante,
sento l’odore aspro del suo sangue e i lunghi guaiti che non
riesce a
trattenere mentre riprende forma umana.
-Stai bene?- La mia
voce è poco più di un sussurro, esitante,
colpevole.
-No che non sto bene,
per la miseria!- ringhia. Riesco solo a vedermi con
i suoi occhi, non ho modo di vedere il suo viso. Sono una cosetta da
nulla,
sorprendentemente piccola e fragile di fronte alla sua stazza,
nonostante le
mie ali raggiungano una considerevole apertura. –Ed
è soltanto colpa TUA!-
Le sue parole fanno
male. La sua rabbia fa male.
-Ari...-
-Ho corso come un
topo in un dannato labirinto … ero troppo stanco agli
allenamenti e gli altri Eliminatori mi hanno massacrato… E
indovina di chi è la
colpa?-
Non riesco a
rispondere. Nemmeno mi sono accorta del movimento del
braccio di Ari, della sua mano che si serra attorno alla mia gola. Mi
manca
l’aria quasi immediatamente.
Ari…
lasciami…lasciami andare… mi stai
soffocando…
La
stretta si fa più forte…
sento le forze mancarmi…
Ari… ti prego…
-Lo
Stormo esiste perché TU
esisti! Senza di te sarei ancora il figlio di mio padre!-
Ari… tu… sei
tutto quello che ho…
E
poi, d’improvviso, tutto
ciò che provo per lui gli si riversa dentro, nel panico del
fiato che mi manca,
nel dolore che mi stritola i polmoni. Il senso di colpa,
l’affetto che lo rende
ai miei occhi figlio, fratello, amico, amore di una vita. E mi accorgo
che va
bene, che non è un problema se prende la mia vita in quel
modo, se serve a
farlo star meglio per un po’.
Le
sue dita si aprono e ricado
contro il muro, in un groviglio di stoffa, piume e capelli bianchi,
tossendo
per cercare di riprendere fiato.
È
vero.
Sarebbe
stato un modo
dignitoso per morire.
Posso
sentire le lacrime che
gli rigano il viso come fossero mie. È una sensazione che mi
è estranea. Quel
che non mi è estraneo sono le sue braccia che mi avvolgono,
protettive e allo
stesso tempo bisognose di conforto.
Non
ho più voce, ma non mi
serve, non mi è mai servita.
Ari…mi
dispiace…ho lasciato che ti facessero del
male.. non sono riuscita a proteggerti.
-E
tu ti sei fatta male
assieme a me e io ho corso apposta più piano
perché ero arrabbiato con te…
scusami.-
Ari.
Oh, Ari. La tua
innocenza è quasi crudele.
* *
*
Una
serata normale. Per
quanto possa essere normale che una giovane donna con ali al posto
delle
braccia si occupi delle ferite da artiglio sul petto di un giovane uomo
lupo
leccandole dolcemente. Mi dispiace… non ho mani per lavare
quei tagli. Come non
ho mani per massaggiargli la schiena e come sempre sono costretta ad
acrobazie
assurde per farlo con i piedi. Qualsiasi mal di schiena vale il sorriso
di Ari
e il suo sollievo. Questo per me è normale.
E
per voi?
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