Capitolo
10: Sulla nave dei ricordi
“I giorni in cui dimentico sono
finiti,
stanno per cominciare i
giorni in cui ricordo.”
«Ancora con quel libro, Matt? Non ti ha stancato?»
Matthew sedeva nella hall della “Città
di Smeraldo”, sprofondato in una poltrona elegantemente
ricamata e dal morbido cuscino colorato. Aveva deciso di affrontare
quel viaggio, alla fine. Era stata una decisione improvvisa e
irrevocabile. Ci aveva pensato per giorni, rimanendo sveglio fino a
tardi, nudo nel letto, con gli occhi fissi contro il soffitto. A
riflettere. Una di quelle notti, alla fine, gli aveva portato
consiglio. Così aveva messo tutto quel poco che aveva nel minuscolo
appartamento in valigia ed era partito.
La “Città di Smeraldo” era stata pronta ad attenderlo. Si trattava di
una modesta nave passeggeri vecchio stampo, di quelle antiche che
mantengono ancora il fascino del secolo scorso, delle lunghe traversate
oceaniche, delle feste e dei gala. A Matthew non importava nulla di
tutto questo, purché arrivasse a destinazione.
«Come potrebbe mai stancarmi, Walt? Ti ho già raccontato di cosa parla?»
L’uomo lo fissò divertito.
«Si, almeno… dieci volte direi!»
I due risero. Il professor Walter era un uomo di mezza età, tozzo e dai
radi capelli bianchi. Portava un paio di microscopici occhiali
toneggianti dalle lenti spesse come fondi di bottiglia sopra i quali si
scoprivano folte sopracciglia nere. Il naso era grosso ed adunco, e
spiccava netto su quella faccetta da rospo. Indossava una camicia
almeno due taglie più grandi della sua statura, il che, su quel corpo
magrolino, era un autentico controsenso. Ma a lui sembrava non
importare.
«Avanti», disse Matt, «La
Collina dei Conigli di Adams è uno dei libri più
significativi di fine Novecento! La storia di questi conigli che
sfuggono alla distruzione della loro conigliera fa riflettere sulle
azioni degli uomini, no? E poi, il veggente è un personaggio
interessante. Quando lui ritorna a casa ad avvisare gli altri conigli
del pericolo, questi non gli credono! Mi sono sempre chiesto cosa avrei
fatto io se mi fossi trovato in quella situazione. Probabilmente non
avrei creduto alle parole di Quintilio… Non lo so...»
«Sono certo invece che uno come te gli avrebbe creduto. Matthew, da
quando ci siamo incontrati qui sulla Smeraldo non ti sento che parlare
di quel libro.»
Il professore si sedette sulla poltroncina di fianco a lui, fissandolo
intensamente.
«Lei però non è da meno con i suoi discorsi sugli insetti!», protestò
Matthew.
«Touché!», rispose ironico l’altro, «ma è il mio lavoro e la mia
passione, cosa posso farci?», disse mentre si passava una mano fra i
pochi capelli argentei che gli rimanevano, «a proposito, ti ho già
detto che durante questo mio ultimo viaggio sono riuscito a mettere le
mani su un raro esemplare di Farfalla Monarca?»
«Si, più o meno… centomila volte!», rispose, con un sorrisino ironico.
Il professore sbuffò in segno di stizza, ma poi estrasse un piccolo
taccuino nero dalla tasca e si immerse nei suoi pensieri.
I tre giorni precedenti trascorsero così, per Matthew, fra la
contemplazione dell’oceano e lo scambio di qualche parola con quel
buffo ometto amante degli insetti che aveva conosciuto a bordo. Vedeva
il sole tramontare e risorgere dal mare come una fenice e i suoi
pensieri si perdevano spesso nei più oscuri abissi dell’oceano.
Ripensava a Charlotte, a quello che aveva fatto, a quanto stupido era
stato.
Ma stava tornando, avrebbe rimediato e tutto si sarebbe sistemato. Come
un tempo.
«Domani a quest’ora dovremmo essere in porto.»
Una voce ruvida e grinzosa fendette le sue orecchie. Capitan La Roche
si ergeva di fronte a lui nel piccolo salottino. La sua presenza era
accompagnata sempre da gesti molto teatrali che il capitano,
involontariamente, compiva mentre parlava o teneva un discorso. Anche
questa volta, discutendo con lui, lo si poteva vedere allargare le
braccia e distendere le mani, gesticolando.
«Molto bene, capitano, molto bene», disse il professore.
Matthew annuì. Il suo cuore perse qualche battito al solo pensiero che
l’indomani sarebbe giunto a destinazione.
«Sono venuto ad avvertirvi che questa notte sarà un po’ movimentata per
via del cattivo tempo», continuò il capitano, «quindi vi consiglio di
ritirarvi nella vostra cabina per evitare problemi a bordo.»
«Nessun problema, capitano», rispose il professore, «tanto qui c’è
qualcuno che non vede l’ora di giungere a destinazione», disse
riferendosi a Matthew, il quale gli lanciò una frecciatina
impercettibile con lo sguardo, «faremo i bravi, promesso», concluse
sorridendo amabilmente.
«Benissimo, allora buona notte!», disse il capitano e si allontanò.
Matthew a quel punto si alzò dalla poltroncina, squadrò il professore
che gli sorrise di rimando, e uscì dalla sala senza dire una parola.
«E’ davvero tanto grave la situazione, capitano?»
La Roche sedeva, visibilmente agitato, in cabina di comando, di fianco
al primo ufficiale, Sebastian Leroux.
«E’ disastrosa, Leroux. Quella che vedi è solo la calma prima della
tempesta, ma la strumentazione non mente. Ci aspetta un vero uragano,
di qui a poco. Dobbiamo essere preparati. Dai ordine a tutti gli uomini
di tenersi pronti a qualsiasi condizione di emergenza», disse
congedando Leroux, «Ah, Leroux, niente errori», concluse serio.
Matthew era disteso mezzo nudo a pancia in su nella sua cabina. Gli
ormai vacui riflessi del tramonto già spento mettevano in risalto il
suo petto glabro e i suoi addominali leggermente scolpiti. I lunghi
capelli castani appiattiti sul cuscino.
Charlotte…
Ancora una volta la focosa chioma di lei fece capolino sui suoi
ricordi. Non basterebbe una vita forse a raccontare tutto. Di lui. Di
lei. Di loro. A Matthew era stato insegnato che ogni storia ha sempre
un principio e una fine ma la vita vera non funziona allo stesso modo.
E’ un continuo divenire. Un mutevole riflesso nello specchio. Nessun “e
vissero tutti felici e contenti” nella realtà perché tutto cambia e si
trasforma, elevandosi verso picchi di gioia o crollando in abissi di
disperazione. E chi lo sa dove ti porta, poi, il domani.
Charlotte… Sto tornando
da te.
Sembrava non riuscire ad articolare le parole né a delineare con
esattezza la lunga catena di eventi che lo avevano condotto lì, sulla
Città di Smeraldo. Tutto era accaduto velocemente, così velocemente da
non dare il tempo ai ricordi di formarsi. Erano stagliati lì, su quel
margine onirico, ma impalpabili e irraggiungibili. Tutto ciò che
contava era il futuro. Era Charlotte.
Con questo pensiero, sprofondando nel cuscino, Matthew si lasciò andare
al più mite dei sogni.
Quando Matthew si svegliò era già troppo tardi. Era sempre stato troppo
tardi. Matthew venne sbalzato dal letto come se un terremoto avesse
colpito un edificio fino a farlo crollare. L’acqua salmastra, oscura
come quella notte senza stelle, lambiva già buona parte della cabina.
Tutto era in pezzi, nelle stanze della mente e fuori. Tutto era
perduto. All’improvviso venne risucchiato da un gigantesco buco che si
era aperto al centro della piccola stanza, finendo per annaspare nei
sotterranei paludosi d’oceano.
Non riusciva a respirare, non sentiva niente. Nessun grido d’aiuto,
nessuna campana squarciava il silenzio attonito. Perfino la paura si
era attutita facendo spazio alla rassegnazione.
Sto per morire.
Forse fu proprio questo pensiero a dargli la spinta per non arrendersi,
ad usare tutte le sue forze, fino alla fine, comunque sarebbe andata.
Lo doveva a Charlotte. Lo doveva a se stesso.
Un battito d’ali e risalì in superficie, respirando aria pulita,
nell’andirivieni violento delle onde. In lontananza vide la Città di
Smeraldo. Distrutta. Non dalla Strega dell’Ovest, ma da un avversario
molto più concreto, e temibile, e sottovalutato.
Matthew non riusciva a decidere cosa fare. Cercava solo di restare a
galla e pregava che le energie non lo abbandonassero proprio in quel
momento.
Poi accadde il miracolo.
Credeva – no, non poteva essere vero – di aver visto qualcosa
stagliarsi nell’alto di quella notte oscura, dal lato esattamente
opposto a quello in cui il relitto della Città di Smeraldo stava
affondando.
Iniziò a nuotare con forza, Matthew. Forte sempre più forte.
La testa mi scoppia.
Grida più forte, non ti sento!
Le onde si infrangono al contrario!
Se solo riuscissi ad arrivare lì, se solo riuscissi a raggiungere quel
miraggio! Se.
L'Angolo
dell'autore
Vedere questa storia incompleta mi dava una stretta al cuore. Dopo un
periodo di "crisi creativa" e varie difficoltà di sorta che mi hanno
tenuto impegnato ho deciso di concluderla. Chiedo scusa a quanti hanno
seguito questo racconto per poi vederlo interrotto proprio alla fine. Ho
ultimato i due capitoli finali che mancano, pubblico questo oggi e il
prossimo fra qualche giorno. Grazie per la pazienza e un commento è
sempre gradito!
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