L'ingranaggio del Tempo

di Nolc
(/viewuser.php?uid=797425)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Mi svegliai. La vista inizialmente era offuscata, ma capii di essere sdraiato. Ci misi qualche minuto prima di mettere a fuoco quel che vedevo, e di certo vedevo qualcosa di strano. Quella che inizialmente sembrava una macchia bianca si rivelò essere qualcosa dalle sembianze umane che mi stava guardando, anche se non era un umano: era un robot. La testa bianca, vista da davanti, era molto simile a un esagono, da cui spuntavano due corna blu, che fuoriuscivano dalla testa verso l’esterno, ma si ripiegavano quasi subito verso l’interno, andando quasi a toccarsi sopra la testa. Al posto degli occhi si trovava una zona nera, che circondava tutta la testa come una fascia, e, proprio in mezzo a questa zona nera, si trovavano due macchie rosse, che simulavano degli occhi. Non v’era una bocca, e per il naso solo un lieve rialzamento sulla liscia superficie metallica della testa.
Al posto del collo c’era un tubo molto stretto, di metallo grigio, che riconduceva a delle spalle strette, da cui partivano degli spuntoni molto lunghi simili a spade, con decorazioni blu. Sotto le spalle si trovava un grosso busto, anch’esso decorato di blu. Le braccia, come le gambe, erano costituite da cavi di tutti i tipi, che si intrecciavano in modo apparentemente casuale. I cavi si intrecciavano sotto dei guanti bianchi per le mani e sotto delle scarpe bianche per i piedi.
Mi accorsi di essere sdraiato poco dopo aver capito cosa avevo davanti, e subito prima che la mia base d’appoggio (probabilmente un tavolo, ma non lo scoprii mai) si ritirasse velocemente nel pavimento, facendomi cadere a terra con un tonfo. Un tonfo pesante. Cercai subito di mettermi in piedi, fallendo miseramente, perché avevo qualcosa di pesantissimo sulla schiena che mi impediva di alzarmi.
Il robot mi guardava mentre cercavo di alzarmi, fermo, in attesa. Dopo un tempo interminabile mi porse una mano; io ero diffidente e cercai ancora di alzarmi da solo, ma alla fine mi arresi e la afferrai. Mi aiutò ad alzarmi, ma io caddi di nuovo a terra. Il peso sulla schiena era tantissimo e non riuscivo a sostenerlo.
-E’ uno scudo- disse una voce profonda.
-Come?- chiesi.
-Il peso che hai sulla schiena, è uno scudo- disse la voce, che mi accorsi proveniva dal robot.
-Toglimelo-
-Non posso-
-Perché?-
-Ti serve-
-Mi servirebbe alzarmi, questo coso pesa tantissimo, toglimelo-
-Non posso- disse di nuovo.
-E a cosa mi servirebbe?-
-A proteggerti-
-Perché uno scudo sulla schiena dovrebbe proteggermi?-
-Perché tu non hai una schiena. Tu hai un cuore. Un’anomalia ti ha donato questa malformazione.-
-Cosa?- chiesi io, che non avevo capito nulla della sua ultima frase.
-Ti abbiamo trovato poco distante da qui. Non sappiamo come tu ci sia arrivato, ma ci sei arrivato, e ora starai qui per un po’. Entrando nell’atmosfera di questo pianeta per la prima volta si subiscono delle mutazioni. Tu ti sei mutato in un essere umano, ma un’anomalia ti ha fatto crescere un’enorme cuore sulla schiena. Eri ferito, dal tuo cuore usciva del sangue e la ferita si sarebbe infettata dopo poco se non ti avessi fuso questo scudo sul cuore. Inoltre senza di esso, ricevendo un colpo sul cuore, moriresti quasi sicuramente- spiegò.
-Un attimo, mi hai trovato insieme a qualcun altro?- chiesi, sempre più confuso.
-Di questo parleremo più avanti- mi disse
Io annuii, confuso, sempre sdraiato per terra. Lui mi porse di nuovo la mano, io la ripresi e lui mi rialzò. Questa volta riuscii a mantenermi in piedi per qualche secondo prima di cadere a terra.
-Non potevi mettermi uno scudo più leggero?- chiesi io, che in realtà non credevo a nulla di ciò che diceva.
-Così ti sarà più utile-
-E come?-
Non rispose, ma mi fece una domanda:-Come ti chiami?-
Restai paralizzato. Mi accorsi solo in quel momento che non ricordavo nulla.
-Immaginavo- disse, deluso –Allora devi sceglierti un nome-
Stavo ancora cercando di ricordare qualcosa, invano, e non gli risposi.
-Come vuoi chiamarti?- chiese, scocciato.
Mi distolsi subito dalle mie ricerche di una memoria che non avevo, poiché il robot aveva cambiato tono di voce. Fino a quel momento aveva parlato sempre con lo stesso tono, e anche se la sua voce non era robotica, il tono non era minimamente cambiato, durante tutta la discussione, dando un effetto un po’ irreale alle sue parole. Ma nell’ultima richiesta sembrava scocciato, cosa ancora più irreale, siccome era un robot.
-Rei- risposi senza pensarci.
-Bene, Rei, ti spiegherò il resto domani-
Detto questo alzò una mano, io mi sentii pesare le palpebre e mi addormentai.
 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2965775