aokaga-ti voglio
A volte il buio si rende complice di un'intimità che alla luce non potrebbe mai esistere.
Aomine non riusciva a dormire.
Si aggirava inquieto per la cucina a cercare nei mobili qualcosa che lo
calmasse, che gli distendesse i nervi come della camomilla.
Ma non riusciva a trovarla dato che quella non era casa sua e non sapeva dove cercare.
In realtà, era da un bel po' di tempo che non aveva più
un posto da chiamare casa: da quando aveva deciso di partire in cerca
di nuove speranze.
Inutile dire che invece aveva trovato solo delusioni.
La fortuna era in un cassetto fuori dalla sua portata, così come
quella dannata camomilla non ne voleva sapere di comparire davanti ai
suoi occhi.
A comparire fu invece Kagami: il ragazzo che lo stava gentilmente ospitando da quando lo aveva trovato a fare l'autostop.
"Che stai facendo?" chiese il rosso con aria assonnata, probabilmente a svegliarlo erano stati i rumori dei mobili.
"Non riesco a dormire" confessò Aomine con un sorrisetto
colpevole, come se fosse stato colto con le mani nel sacco " e volevo
della camomilla" aggiunse in un filo di voce.
"Non ne ho" rispose Taiga, che a quell'espressione del moro proprio
non riusciva a resistere " però se vuoi ti preparo del latte
caldo. Vai in camera, te lo porto io".
"Certo che lo voglio" fece il moro, tornando di nuovo a letto con aria più tranquilla.
Pensava che questa volta gli fosse andata proprio bene.
Era stato difficile convincersi di nuovo a fare l'autostop dopo
l'ultima volta, ma ringraziava di essere stato così fortunato.
Come coinquilino, Kagami non era niente male e ciò che
apprezzava di più il moro, era che faceva tutto senza richiedere
mai nulla in cambio.
Ed era proprio di quella tranquillità che aveva bisogno,
ricordava fin troppo bene come erano stati incasinati i suoi ultimi
anni.
Se ne era andato via di casa una fredda sera di dicembre, ed anche se
sua madre aveva insistito per dargli i soldi dell'autobus, li aveva
rifiutati, preferendo partire all'avventura, coi suoi pochi risparmi e
tanti sogni nel cassetto.
Ripensò alla sua eccitazione quella sera mentre aspettava, zainetto sulle spalle e pollice alzato.
Chissà chi l'avrebbe raccolto, chissà dove l'avrebbe portato.
Il mondo gli sembrava un posto immenso e pieno di meraviglie, allora.
Fu alla fine un camion a decidere di fermarsi e dargli un passaggio.
Il camionista era un quarantenne grasso e dall'aria burbera e
squadrò Aomine da capo a piedi, facendogli cenno con un
grugnito di salire a bordo.
Daiki non s'intimorì, salì sul veicolo e ringraziò il giudatore, per poi contrattare sulla sua meta.
'Che fortuna', pensò, 'ha anche intenzione di affittare una stanza e dormire in hotel'.
Gli venne in mente che nonostante l'apparenza era un tipo gentile e si
sentì in debito verso di lui, nulla di più sbagliato.
Il viaggio, parve durare un'eternità, il camionista non
aveva voglia di parlare o era un tipo taciturno, ed a quel prolungato
silenzio, Daiki si sentì a disagio.
Tuttavia non si scoraggiò e pensò di averne ragione,
quando il camionista gli offrì un panino, prima di fermarsi in
hotel.
Nemmeno quando il camionista prese una sola camera Aomine
s'insospettì e fino a che non vide che nella camera c'era un
solo letto, continuò a credere che fosse gentilezza, la sua.
"Hanno sbagliato alla reception, questa è una camera matrimoniale" disse il ragazzo in un filo di voce, imbarazzato.
"Non hanno sbagliato" grugnì di nuovo il camionista, a quanto pare, quello era il suo linguaggio.
Daiki si sforzò di sorridere educatamente, pensando che fosse
una battuta, anche se come tale non faceva ridere per niente, ma vide
con sua sorpresa che l'altro non sorrideva.
"Devi pagare il viaggio" aggiunse in tono serio, e Daiki stentò a reprimere un brivido di disgusto.
Era ingenuo, ma non fino a questo punto.
Solo che aveva sempre immaginato che cose del genere succedessero alle ragazze, non a lui.
"Posso darti i miei risparmi" borbottò, cercando di sembrare
convincente, anche se in realtà quei soldi gli servivano, erano
gli unici che aveva, ma proprio non aveva voglia di pagare in altro
modo se poteva evitarlo.
"E quanto sarebbe?"
Un luccichio avaro gli comparve negli occhi ed Aomine si
affrettò a mostrargli i suoi soldi, sperando che decidesse di
accettarli e lasciarlo in pace.
Alla fine però, risultò che erano troppo pochi e fu costretto a cedere.
Fu brutto, disgustoso e doloroso, ma dopo una lunga, lunga doccia, si sentì meglio.
Il giorno dopo, ripartì insieme al camionista, ed alla prima città si fermò.
Sospirò di sollievo al pensiero di non rivederlo più e si lasciò l'esperienza alle spalle.
Trovò quasi subito un lavoretto in una rosticceria, ed una sua
collega gli offrì di dividere l'appartamento con lei.
Era una bionda dai capelli lunghi e portava dei vistosi occhiali rossi,
fisicamente era ben fatta, ed anche se aveva una decina di anni in
più ad Aomine, non appena la vide, si ritrovò sedotto.
Forse perchè Alex, sia fisicamente, sia caratterialmente, era il suo prototipo di donna ideale.
All'inizio le cose con lei funzionarono splendidamente.
Era divertente, simpatica e riusciva a tenere a bada il suo brutto carattere.
Amava starsene la sera a guardare insieme partite di basket, mangiare
patatine e bere birra, e molto più della partita, Aomine
guardava lei.
Era splendida mentre rideva, spensierata, coi capelli in disordine ed
il top che le fasciavia il seno lasciandone una buona parte in bella
vista.
Ed Alex, che aveva molta più esperienza di lui, se ne accorse.
"Smettila di guardarmi. Ti dò due minuti" gli disse una sera, quando la cosa era ormai fin troppo evidente.
"N-non ti sto guardando" mormorò imbarazzato Aomine, cercando di
non farle capire quanto ci avesse visto giusto "e due minuti per
cosa?" chiese, incuriosito.
Lei rise, e lui guardò con interesse, non riusciva a capire come
facesse una donna ad essere tanto attraente anche in un gesto così
semplice.
"Due minuti per spogliarmi".
Non gli diede ulteriore tempo per imbarazzarsi ed esitare ed
annullò la loro distanza in un vigoroso bacio, che fu solo
l'inizio della serata.
Il sesso diventò un abitudine.
Era fantastico per lui, farlo con la sua donna ideale.
Gli piaceva da matti, anche se lo imbarazzava notare quanto fosse ingenuo al suo confronto.
Erano una coppia molto affiatata.... solo che non erano una coppia.
E questo ad Aomine faceva male.
Per la prima volta in vita sua, si stava innamorando, e la sensazione non era delle migliori.
Si rodeva dalla gelosia, ad esemprio, quando Alex stava con amici, e
con la sua espansività, di certo lei non si controllava.
La guardava ogni giorno un po' più da lontano, e ne
soffrì, quando comprese che lei non provava altro che sincero
affetto nei suoi confronti.
Fu per questo che decise di andarsene.
Anche se la situazione non era per niente male, non ce la faceva
più a starle così vicino e portarsi dentro tutto quel
bagaglio di sentimenti.
E così, si ritrovò di nuovo al freddo, lo stesso zainetto
sulle spalle, a chiedere di nuovo un passaggio, sperando che questa
volta le cose gli andassero meglio.
Tutto il suo carico di speranze per il futuro era scomparso, ed ora gli rimaneva solo un'infinita nostalgia di casa.
Si sentiva uno stupido per aver lasciato tutto, senza un motivo valido.
Si fermò una macchina grigia, e dentro Aomine vide che c'era qualcuno che conosceva: Kagami Taiga.
Lo conosceva perchè era un cliente abituale della rosticceria
dove lavorava, e qualche volta si era anche fermato a parlargli.
Era un vigile del fuoco, ed abitava in un comune poco distante dalla
sua città, e per lavoro si ritrovava spesso a passare di
lì.
Era famoso per la quantità di cibo che ingurgitava, superava perfino Aomine che si definiva un esperto del settore.
Quel rosso l'aveva sempre irritato.
In realtà, ci litigava per stupidaggini, e gli dava fastidio che
Alex gli desse tanta confdenza (non aveva mai notato però, che
al rosso, lei non sembrava interessare).
Perchè proprio lui doveva fermarsi?
Kagami abbassò il finestrino, e si sporse per parlare con il moro.
"Che ci fai qui?".
'Le sue solite domande stupide' pensò Aomine, sbuffando.
Anche se, in fondo doveva ammettere che era divertente punzecchiarlo e
vedere le sue reazioni spropositate che non tardavano mai ad arrivare.
E forse, ciò che in realtà gli dava più fastidio
di quel rosso, era che si somigliavano, avevano atteggiamenti molto
simili, ed entrambi erano dei testardi che odiavano perdere.
"Nulla, mi piace stare per strada col pollice alzato" lo prese in giro,
e quasi scoppiò a ridere, quando vide l'altro riflettere sulla
sua risposta.
Finalmente, riuscì a capire che il moro era sarcastico.
"Idiota!" sbottò "sto chiedendo sul serio, che ci fai qui?".
Aomine rise sul serio stavolta, divertito dalla sua reazione, da lui c'era da aspettarselo.
"Imbecille, cosa vuoi che faccia? Sto facendo l'autostop!" si decise a rispondergli.
"Ah... giusto" ci pensò un attimo "allora entra, ti dò io un passaggio".
L'espressione di Daiki si fece ancora più divertita, anche se adesso provava una punta di irritazione.
Doveva accettare un passaggio da un tale idiota?
"No, grazie" rispose seccamente.
Mostrò tutta l'indignazione di cui era capace ed aspettò
che il rosso se ne andasse e lo lasciasse in pace, ma non successe.
"Non fare l'idiota, sali in macchina" insistè.
"No!" ripetè il moro, scocciato ed esasperato, ma Kagami era testardo almeno quanto lui.
"Muoviti! Stiamo già facendo troppo casino!".
E Daiki, un po' per l'insistenza, un po' per il freddo che gli gelava
il naso, entrò nell'auto del rosso e subito sentì il
calore della macchina, cullarlo.
S'infilò la cintura di sicurezza e pensò che l'unica cosa
che gli andava di fare in quel momento fosse addormentarsi e non
pensare più a nulla, ma il rosso partì con le domande.
Era curioso di sapere perchè Daiki, in una sera tanto fredda se
ne stesse con quello zainetto sulle spalle a cercare di farsi dare un
passaggio da qualche sconosciuto.
Anche se non glielo avrebbe mai confessato, era proprio Aomine il
motivo per cui andava così volentieri in quella rosticceria.
"Dove stai andando?" gli chiese, pensando che forse stava soltando andando a trovare qualche parente.
"Lontano da qui" fu la breve risposta di Aomine, non gli andava di parlare, soprattutto, non con lui.
"E Alex, avete litigato?" chiese, con voce piena di curiosità ed un filo di speranza.
Era convinto, come altri del resto, che i due stessero insieme, e quasi
si sentiva in colpa nello sperare che avessero litigato, erano una
bella coppia.
"No" replicò il moro, già stufo di quell'interrogatorio.
"E allora perchè vuoi andartene?"
Bella domanda, peccato che il moro non avesse molta voglia di
rispondergli, gli sarebbe servito un bel po' di tempo per spiegargli
tutto.
Ciò che provava, come ne soffriva e perchè aveva preso
quell'assurda decisione di lasciare di nuovo tutto, quando, almeno ad
uno sguardo esterno, le cose gli stavano andando bene.
"Ho bisogno di cambiare" disse semplicemente, rimanendo sul vago.
"Hai almeno un posto dove stare?".
Al 'no' di Aomine, partì un'altra discussione, ed ancora una
volta il rosso la spuntò: Daiki sarebbe rimasto a casa sua a
tempo indeterminato.
Kagami si sentiva come se avesse vinto al lotto.
Quella mattina era uscito di casa senza alcuna particolare intenzione,
ed ora aveva in macchina il ragazzo che gli piaceva, anche se non era
ancora riuscito a capire cosa fosse successo tra lui ed Alex.
Aomine scoprì che Kagami viveva da solo, che sapeva cucinare ed
era bravo a tenere la casa in ordine, cosa alquanto inaspettata per uno
scapolo.
Tutto quell'ordine, gli fece pensare a come invece erano disordinati
lui ed Alexandra, e provò una fitta di nostalgia ad i ricordi
che apparvero, inaspettati, a pungergli i pensieri.
Lei gli mancava molto.
Aveva nostalgia di tutti i loro bei momenti, gli dispiaceva che fosse
finita in quel modo, ma sapeva che aveva fatto bene a staccare.
Erano stati proprio i pensieri di lei a tenerlo sveglio, quella notte.
S'infilò sotto le coperte ed aspettò il suo latte caldo.
Nonostante tutto, Kagami era un coinquilino migliore di quanto si fosse aspettato.
Riusciva a sopportare i suoi difetti, era paziente e non invadeva i suoi spazi.
Il rosso arrivò in camera e porse la tazza ad Aomine, per poi sedersi accanto a lui a guardarlo sorseggiare.
Avrebbe voluto infilargli una mano tra i capelli per accarezzarli e stringere a sè il ragazzo ma si trattenne.
Ebbe invece il coraggio di infilarsi nel suo letto, dopo che Aomine ebbe posato la tazza sul comodino.
"Va meglio?" gli chiese, imbarazzato al pensiero che il moro potesse chiedergli perchè si era messo nel suo letto.
Il moro però, parve non farci caso e si sdraiò sul fianco, di modo da poter guardare Kagami.
Il rosso si sentì ancor di più a disagio da tutta quella
disinvoltura, ma per la prima volta, sentì di volerlo davvero:
voleva che fosse suo.
Forse fu l'istinto a farlo agire, ma se Aomine si fosse sottratto al
tocco delle sue mani sulla schiena, di certo non ne avrebbe avuto il
coraggio.
Appoggiò le labbra alle sue e chiuse gli occhi, lasciandosi
andare a quel bacio, lo stomaco contratto per la paura delle
conseguenze.
Sapeva bene che il blu avrebbe potuto rifiutarlo, che, anzi,
sicuramente l'avrebbe fatto e fu piacevolmente stupito di notare che
non si mosse, rimase immobile a farsi baciare da lui.
Ed allora, quando le labbra si allontanarono,Kagami si lasciò andare ad un timido sorriso.
L'espressione di Aomine invece, era dura.
Stava pensando che quello era il pagamento per tutto ciò che il
rosso gli aveva offerto, ed ancora una volta era stato tanto stupido da
fraintendere.
Lo credeva una persona diversa.
Ed invece, si ritrovava nuovamente a dover decidere se valeva la pena di offrire sè stesso per ripagare dei favori.
Si chiese se gli andasse bene di farsi usare, per tutti quei pranzi, per quel letto caldo... per la sua compagnia.
E forse era proprio questo a fargli rabbia: aveva pensato a lui come ad una persona di cui fidarsi, alla quale affidarsi.
Ed invece, lo scopo del rosso era solo il sesso.
Prese la sua decisione.
Annuì lentamente, e quando vide l'espressione di Kagami, decise di spiegarsi meglio.
Non si sarebbe tirato indietro, non aveva intenzione di mostrargli la
sua rabbia e la sua delusione, il rosso non meritava di sapere come si
sentiva in quel momento, non gli avrebbe dato questa soddisfazione.
"Puoi usarmi" disse.
"Usarti?".
Il rosso si accigliò a quel verbo, di certo 'usare' l'altro, non era nei suoi piani.
"Sì. Puoi farlo, ci sto. Sto bene qui, posso accettare qualche compromesso".
Il rosso stentava a capire, ma la questione centrale, per lui, era quel verbo.
"Aomine, io non voglio 'usarti'".
"Ah, no?" replicò il moro in tono sarcastico, sentiva che tutta
quella situazione lo feriva, ma non voleva essere di meno rispetto a
lui, voleva mostrargli tutta la cattiveria di cui era capace, o almeno,
tutta quella che sperava di avere.
"Io credo sia proprio questo che vuoi" continuò "quello che vogliono tutti".
Sentì il suo tono tremare e dovette fermarsi e stringere le mani a pugno, non aveva intenzione di perdere.
Si girò dall'altro lato, così che il rosso non potesse
guardarlo, e leggergli in viso, tutta la rabbia e l'amarezza che
provava.
"Tieni. Prenditi il mio culo, fanne quello che vuoi" aggiunse.
Il rosso a quel punto, capì interamente la questione e si offese.
"Ma per chi mi hai preso? Io non voglio il tuo
culo...cioè...sì... ma non per quel che credi tu. Ti
voglio perchè mi piaci" confessò ed arrossì
imbarazzato.
Aomine rabbrividì a quelle parole così profonde e ne fu toccato.
Solo che non riusciva a fidarsi, non riusciva a credere che fosse tutto vero.
Si mise a sedere, sempre con la schiena rivolta al rosso.
Sentì le braccia di Taiga stringerlo e le sue labbra posarsi dolci sul suo collo.
Era inebriante quella sensazione, tanto che avrebbe potuto
tranquillamente cedervi e scacciare via tutte quelle inutili
riflessioni, ma ormai si era innervosito, ed aveva paura.
"Non toccarmi".
Il rosso lo lasciò, interdetto e confuso per quella reazione,
non sapeva cos'altro dirgli, e non aveva idea di come fare per indurlo
a fidarsi.
Forse era stato un po' troppo azzardato quella sera, e così, aveva distrutto tutto.
Si alzò dal letto e lasciò la camera, troppo imbarazzato
anche per augurargli la buonanotte, anche se così facendo, il
pensiero di Aomine che l'avesse fatto solo per interesse, si
accentuò.
Il moro cercò di addormentarsi ma adesso aveva paura che il giorno dopo, Kagami lo mandasse via.
La mattina seguente, Kagami si alzò di buon'ora per andare a
lavoro, e come al solito, preparò la colazione ad entrambi.
Quando Aomine si alzò, cercò di trattarlo normalmente e
non parlò di ciò che era successo la sera prima.
Questo comportamento stupì Daiki, che si ritrovò di nuovo a chiedersi se non avesse sbagliato a giudicarlo.
Era vero, dunque, che a Taiga lui piaceva davvero e non lo vedeva solo come un giocattolo da usare a suo piacimento?
Era mortificato per come l'aveva trattato, e si sentiva in dovere di sdebitarsi.
"Kagami, per ieri sera...".
"No... non fa nulla" lo interruppe il rosso.
"No, Kagami voglio chiederti scusa" gli disse avvicinandosi per poi poggiargli un casto bacio sulle labbra.
"Chiedimelo di nuovo, stasera. Riproviamoci"aggiunse, stupito per ciò che stava facendo.
E non era solo per il senso di colpa che provava per averlo respinto in quel modo.
Era fiducioso stavolta, anche se aveva paura di provare di nuovo quei
sentimenti che l'avevano spinto ad allontanarsi da Alex, o che li
provasse Kagami.
Non voleva che soffrisse a causa sua, ma gli aveva comunque promesso un 'sì'.
Forse era stato un errore, ma non voleva tirarsi indietro.
La sera, Aomine si fece di nuovo portare il latte caldo a letto, come
se così potessero davvero cancellare quella serata sbagliata e
rimediare.
Lo sorseggiò lentamente, e Kagami al suo fianco, era imbarazzato ed ansioso.
Aveva passato tutta la giornata, a tentare di immaginare cos'avesse in
mente Aomine, ed ora che stava per scoprirlo si sentiva teso, aveva
paura di sbagliare di nuovo e perdere definitivamente la sua occasione.
Dopo aver posato la tazza, Daiki si draiò, facendo segno all'altro di imitarlo.
"Dimmelo" lo esortò.
Il rosso esitò, abbassò lo sguardo per cercare un po' di
coraggio, chiedendosi quale fosse la cosa giusta da fare, e cosa
potesse andare bene dirgli, ma Aomine gli afferrò il mento,
sollevandogli il viso.
Ed a guardarlo negli occhi, tutti i suoi dubbi si dissiparono.
Le parole, uscirono spontanee dalle sue labbra.
"Ti voglio".
Senza aspettare oltre, Aomine si chinò su di lui e lo baciò a lungo.
Kagami lo spinse per ribaltare le posizioni e stare sopra.
Lo accarezzò con affetto mentre lo spogliava, senza fretta, abbassandosi a baciare la sua pelle.
Il morò si lasciò cullare, sentiva il desiderio farsi
strada in lui, ma non gli mise fretta, sentiva qualcosa di diverso, non
era solo sesso.
Qualcosa che aveva voluto da Alex ma che gli era sempre mancato.
Era nudo ed inerme sotto le mani di Kagami, ma non provava brutte
sensazioni, nemmeno quando le dita andarono a sfiorare la sua apertura.
Si lasciò preparare, cercando di non fargli vedere che gli faceva male, non voleva che si preoccupasse.
"Sei pronto?" gli chiese Kagami, esitante, e lui annuì.
Il rosso avrebbe voluto chiedergli se per lui fosse la prima volta, ma
dopo il suo atteggiamento della sera precedente, aveva paura che gli
rispondesse di farsi gli affari propri e che la prendesse come
un'offesa.
Ed in effetti, era veramente desideroso di sapere se fosse qualche sua
esperienza precedente, il motivo di tanta diffidenza ma decise di
evitare.
Sperò solo di non fargli troppo male.
Voleva che piacesse ad entrambi, che Aomine lo desiderasse, così come lo desiderava lui, ma sapeva di chiedere troppo.
Entrò lentamente, fermandosi per lasciargli il tempo di
abituarsi a quell'intrusione, nonostante l'istinto gli dicesse di
spingere a fondo per assaporare il calore di quell'antro.
Notò la smorfia di dolore che il moro si sforzava di dissimulare
e chiuse le dita attorno al suo membro, di modo da alleviargli la
sofferenza con il piacere, o almeno, sperava che funzionasse.
Dopo che il peggio fu passato, Aomine gli gettò le braccia al
collo, cingendogli i fianchi con le gambe, prendendo il ritmo.
Stava bene.
Lì, tra le braccia di Kagami, sentiva di non dover essere da nessun'altra parte.
Forse perchè lui lo faceva sentire amato, forse perchè poteva fidarsi di lui.
E dopo che il piacere li ebbe travolti, si addormentarono l'uno tra le braccia dell'altro.
Kagami aveva paura che fosse solo un caso quella sera, forse Aomine si
sarebbe risvegliato decidendo che di lui non ne voleva sapere.
Ed Aomin, temeva di illuderlo, ma era anche sorpreso di quanto si fosse trovato in sintonia con lui.
Magari, se non avessero rovinato tutto come due stupidi, avrebbe potuto funzionare.
Sì, avrebbe potuto funzionare.
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