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Ciao e buon 2015 a tutti! Sono molto contenta che questo
nuovo anno sia finalmente iniziato e sono altrettanto contenta di
poterlo cominciare pubblicando una nuova storia! Il 2014, che è appena
finito, è stato un anno molto pesante per me, ma scrivere questa fiction
mi ha aiutato a liberare buona parte dello stress.
Non ho mai letto niente del genere e penso che possa rappresentare una novità anche per voi.
Siccome
io ascolto moltissima musica ci tengo a dire che l'idea di questo
racconto mi è venuta proprio ascoltando l'incredibile voce di Lana del
Rei e nello specifico "Born to die" che mi ha fatto da colonna sonora durante tutto il lavoro. Ma oltre a Born to die
mi sono fatta ispirare anche da moltissime altre canzoni; quando una
nuova playlist appare sul mio ipod è il segno più chiaro che ho
cominciato a scrivere qualcosa di nuovo! E per questo motivo che ho
deciso di fare qualcosa di nuovo e che nei vari capitoli della fiction
troverete sparse le strofe della mia personale playlist per Crime
Sorcière. Potete provare a riascoltarla mentre leggete!
Ma adesso non perdiamo altro tempo! Vi aguguro buona lettura!
Fairy
Tail non mi appartiene e tutti i diritti vanno ad Hirmo Mashima, che
con la sua fantasia continua a battermi e a pubblicare un capitolo del
manga sempre più stupefacente dell'altro. Nemmeno le canzoni che cito mi
appartengono e i diritti vanno a rispettivi autori.
Crime Sorcière
Quante
persone hai ucciso in questi anni, Erza? Lo sai che non fa molta
differenza se sia stata tu a brandire la spada o qualcuno al posto tuo?
Quante persone hai ucciso? Te le ricordi tutte? La verità è che non mi
importa se la mia anima un giorno brucerà all'inferno, perché c'è una
cosa più importante che ho giurato di fare. Perché nessuno sarà
veramente libero, veramente sicuro e veramente felice finché Tartaros
sarà ancora lì fuori ...
Contenta di rivedermi?
Don't make me sad, don't make me cry
Sometimes love is not enough and the road gets tough
I don't know why
Keep making me laugh,
Let's go get high
The road is long, we carry on
Try to have fun in the meantime
Come and take a walk on the wild side
Let me kiss you hard in the pouring rain
You like your girls insane
Choose your last words,
This is the last time
Cause you and I
We were born to die
(Born to die - Lana del Rey)
Quando
quella sera Erza fece ritorno a casa si sentiva terribilmente stanca.
Anche se l'avventura sull'isola dei demoni si era conclusa per il
meglio, lo scontro era stato molto duro e per di più non era stato
facile spiegare al master e ad i compagni, rimasti alla gilda, cosa
fosse successo. Accidenti! Perché Natsu, Gray e Lucy facevano di tutto
per metterla nei guai? Lei di guai ne aveva già abbastanza da gestire,
senza bisogno di doversi occupare dei loro ... Ma non c'era niente da
fare ... Un sorriso le sfiorò le labbra a quel pensiero ... Non riusciva
proprio a tenersi lontana dai casini e dalle cattive compagnie.
Erza
si richiuse la porta di casa alle spalle ma si accorse subito che c'era
qualcosa che non andava. I suoi sensi si misero in allerta ed il suo
corpo si irrigidì ma in fondo non c'era nulla di cui aver paura. Era già
successo un milione di volte ed Erza non aveva nemmeno bisogno di
accendere la luce per capire quale fosse il problema. Le finestra era
spalancata e la brezza fredda della sera agitava la tenda.
- Sei qui. -
Alla
sua voce seguì subito un movimento fulmineo ed una figura incappucciata
emerse dall'ombra, bloccandola per i polsi e spingendola contro la
parete. - Jellal ... - Erza non riuscì a pronunciare altro, prima che
l'uomo le tappasse la bocca, premendo le labbra contro le sue. Anche se
il suo mantello nero ed il cappuccio lo nascondevano quasi per intero,
qualche ciocca di capelli blu faceva ancora capolino con aria ribelle.
Nonostante l'ombra anche il tatuaggio rosso, che gli decorava metà del
viso, era ben visibile: sembrava una complessa runa che gli incorniciava
l'occhio destro.
- Jellal ... - Chiamò di nuovo Erza, cercando di
guadagnarsi un po' di spazio per respirare. Per un attimo i loro
sguardi si incontrarono, i suoi occhi nocciola e quelli dell'inaspettato
visitatore, blu e profondissimi, come gli oscuri fondali dell'oceano.
Jellal le concesse appena un sorriso prima di tornare in azione,
accarezzandole questa volta la pelle del collo con le labbra. Ne seguì
lentamente tutto il contorno, fino alla base, e quando raggiunse il
punto desiderato morse, forte, strappando ad Erza un gemito.
- Non
sei contenta di rivedermi? - Jellal la costrinse ad aprire le gambe,
usando un ginocchio come leva e soltanto in quell'istante lasciò andare
la presa sui polsi della sua vittima. La sua mano destra cominciò a
tracciarne il contorno della spalla, sfregando il pollice nel punto in
cui l'aveva morsa. Poi scese più giù, lungo il braccio, esaminando
delicatamente tutte le scanalature e le giunture dei guanti d'acciaio
che la ragazza indossava. Poi risalì ancora una volta, passandole dietro
la schiena per staccarla dalla parete. La mano sinistra di Jellal,
invece, strisciò più giù, lungo la coscia e con un leggero strattone la
tirò su, facendo in modo che aderisse al suo fianco. La gonna di Erza si
ritirò immediatamente, dando finalmente all'uomo la possibilità di
accarezzare la sua pelle nuda.
- Togliti l'armatura. - Sussurrò
Jellal, sfiorandole l'orecchio con il naso ed Erza ubbidì, stringendogli
più forte le gambe attorno ai fianchi mentre lui la sollevava e la
metteva a sedere sul tavolo più vicino. Le mani Jellal adesso potevano
accarezzarla liberamente e infilarsi sotto la stoffa dei vestiti.
Dovunque si posassero lasciavano una scia infuocata.
Uno dopo
l'altro i bottoni della camicatta di Erza vennero staccati ed il capo
venne sfilato, scartato e buttato in un angolo della stanza.
- È passato troppo tempo dall'ultima volta che ci siamo visti, non è vero? -
- Un bel po' ma ... -
Jellal
non la lasciò finire, le prese il viso tra le mani e tornò a baciarla,
questa volta con ancora più passione di prima. Quando Erza si separò da
lui, cercando disperatamente un po' d'aria, il ragazzo non le permise di
allontanarsi nemmeno di un millimetro. L'attirò ancora più vicino
mordendole il labbro inferiore per convincerla ad aprire di più la bocca
per lui. Le loro lingue si incontrarono e subito tutto si trasformò in
una lotta per la supremazia.
Adesso non c'era davvero più tempo per respirare.
Erza
spinse via il cappuccio di Jellal, infilandogli le dita tra i capelli,
stringendoli, arricciandoli. Le sue dita poi scivolarono più giù, lungo
il collo e poi dietro le spalle, mentre l'altra mano cercava sul davanti
l'ultimo bottone rimasto che teva ancora fissato il mantello. Fu
proprio mentre scorreva le sue dita sulla stoffa che Erza ad un certo
punto incontrò qualcosa di denso e appiccicoso. Una sostanza
inconfondibile - Il tuo mantello è sporco di sangue. -
- Non ti
preoccupare non è il mio. - Fu proprio Jellal a staccare l'ultimo
bottone e a lasciar cadere il capo insanguinato a terra. - E allora? Non
mi hai ancora risposto. - Le sussurrò di nuovo il ragazzo all'orecchio.
- Non ti sono mancato neanche un po'? - Il suo respiro era sempre più rovente, la sua voce più rauca.
- Che cosa ci fai in città? -
Erza
sentì Jellal sorridere contro la sua spalla - Domani leggerai sui
giornali della mia ultima "impresa". - E poi tornò a baciarla. Le sue
mani questa volta non esitarono oltre ad infilarsi sotto l'orlo della
gonna, sollevando Erza giusto quel po' che gli serviva per sfilarle lo
slip.
- Dobbiamo smetterla di vederci. - La ragazza riuscì a stento a guadagnarsi un po' di spazio per mormorare
-
Lo sai cosa succederebbe se ci dovessero scoprire? Tu finiresti alla
forca e io insieme a te! E tutta la mia gilda verrebbe messa alla gogna!
-
- Lo dici ogni volta che ci incontriamo Scarlet, eppure sono
anni che andiamo avanti così e non ci hanno mai presi. - Il ragazzo le
prese una guancia, costringendola a guardarlo negli occhi, mentre con
l'altra mano armeggiava per sbottonare il pantalone. - E ti prometto,
Erza, che nessuno sarà mai preso fino a che non avremo compiuto la
nostra missione. E ti prometto anche che quando tutto sarà finito
metteremo la testa a posto e che anche io ritornerò a camminare alla
luce del sole. -
Era evidente che Jellal non voleva perdere tempo in preliminari.
- Stenditi. -
Ed
in fondo nemmeno Erza ne aveva voglia. Alla fine la ragazza appoggiò la
schiena sul legno del tavolo ed aprì le gambe senza aggiungere altro.
Contemporaneamente
in un posto completamente diverso ed in un'altra camera da letto, la
lunga notte del regno di Fiore stava appena per cominciare. Il duca
Junelle si era appena chiuso la porta alle spalle, reggendo una candela.
Ridacchiava tra sé e sé immaginando le montagne d'oro che avrebbe
sognato quella notte, dopo un'ultima, fruttuosa giornata di lavoro. Ma
ancor prima che potesse avvicinarsi al letto e spostare la tenda una
figura incappucciata emerse dalle ombre con un movimento elegante e
felino. Il conte non riuscì nemmeno a gridare. La figura incappucciata
mosse una mano ed una corda stregata lo intrappolò bloccandogli braccia e
gambe, serrandogli il collo e la bocca. Il duca rimase così, immobile
come una statua, con la candela ancora stretta in mano. La luce della
luna filtrava leggermente dalle grandi finestre illuminando a stento il
viso della strana figura incappucciata che lo aveva appena aggredito. Un
sorriso bestiale, canini affilati e baffi da gatto dipinti sulle
guance. La mano che sporgeva tesa verso di lui aveva delle eleganti
unghie affilate ed una lunga coda ondeggiava sotto il bordo del
mantello.
- Io so cosa hai fatto. - Sussurrò la misteriosa figura
con voce femminile ed il duca cominciò a tremare ancora più forte di
prima, cercando di scuotere la testa, ma invano.
- Tu sei un
usuraio che non si fa scrupolo ad usare la sua posizione per rovinare la
povera gente di questo villaggio. A causa della tua avidità molte
persone sono state costrette sul lastrico oppure al suicidio. -
Il duca stava sudando copiosamente, ma non aveva modo di ribattere.
-
Ma ti prometto una cosa. - Disse la sconosciuta sorridendo - Se mi dici
dove sono i documenti che ti incriminano farò la brava e mi limiterò a
consegnarti alle autorità. Allora? -
Nonostante la corda che gli bloccava la bocca il duca si sforzò di gridare la sua risposta.
-
Dietro il quadro? Ho capito, grazie. - L'attimo dopo un rumore di ossa
le fece eco ed il corpo senza vita del duca si afflosciò sul pavimento,
legato come un salame e con il collo rotto.
- Nyaahahan! Quanto mi
piace giocare al gatto col topo! - La misteriosa donna incappucciata
scavalcò con grazia il corpo del duca e si diresse nella direzione
indicata, rimuovendo un quadro. Dietro c'era una cassaforte ma le bastò
usare uno dei suoi lunghi artigli per far scattare la serratura. Dentro
c'era un grosso faldone di fogli, lo raccolse e lo sfogliò rapidamente.
Non aveva bisogno di luce per leggerne il contenuto grazie ai suoi occhi
da gatto. Le riuscì di pronunciare solo una frase - È incredibile
quanta gente possa truffare una sola persona. -
Nel frattempo la
vita notturna continuava a scorrere caotica a movimentata come sempre
nel grande casinò di Hargeon. Un uomo aveva appena fatto il suo ingresso
spalancando le porte con un colpo secco. Indossava una lunga pelliccia
nera e aveva le dita coperte da anelli d'oro con grosse gemme preziose.
Insieme a lui c'era un sospetto gruppo d'uomini vestiti di scuro, ma il
buttafuori li lasciò lo stesso entrare senza battere ciglio. Era un
omaccione grosso e con le spalle larghe; al posto della mandibola aveva
una protesi di ferro ed un turbante che gli copriva parte della faccia e
l'occhio destro.
- Cuprier! - Esclamò il tizio coperto di anelli,
sedendosi al tavolo da gioco. - Oggi sento che è la mia serata
fortunata, voglio puntare alto! - E detto questo rovesciò giù da un
sacchetto una grossa manciata di fiches, ma a quelle parole il mazziere
sorrise mescolando le carte. - Se sei proprio sicuro che questa sia la
tua serata fortunata, perché non puntiamo ancora più alto che delle
semplici fiches? Facciamo un gioco in cui sono messe in palio le nostre
vite. - Era poco più di un ragazzo, con i capelli biondi e la pelle
scura ma il suo sorriso era agghiacciante. Un tatuaggio scuro, simile ad
una S stilizzata gli decorava il lato sinistro del mento, ed un unico
orecchino gli pendeva giù dall'orecchio di quello stesso lato,
sfavillando sotto le luci del casinò.
- Io so cosa hai fatto. -
Sussurrò il mazziere e gli occhi dell'uomo che gli stava davanti si
allargarono per lo stupore - Hai usato i tuoi poteri per costringere una
lunga lista di innocenti a pagare il pizzo, con la minaccia di
trasformare loro e le loro famiglie in schifosissimi insetti. Ma qui
l'unico verme sei tu. - Il ragazzo ed il buttafuori si scambiarono un
cenno impercettibile e nella sala calò improvvisamente il buio. Ci fu un
rapido flash e quando la luce si riaccese entrambi erano già spariti
nel nulla ma l'estorsore giaceva a terra con una carta da gioco,
affilata come un rasoio, conficcata in gola. Attorno a lui stava già
cominciando ad allargarsi un lago di sangue mentre tutti i suoi
scagnozzi coprivano il pavimento come bambole di pezza esanimi.
Contemporaneamente
in un bar di periferia, un gruppo di uomini dall'aria poco
raccomandabile stava ridendo a squarciagola mentre uno di loro, in piedi
sul tavolo, raccontava della sua ultima bravata e di come aveva
rapinato e violentato una ragazza. Nel bel mezzo della confusione anche
altre due persone sedevano in disparte al bancone. La prima era un uomo
vestito in maniera elegante e impeccabile, con tanto di occhiali scuri,
nonostante fosse piena notte. La sua faccia aveva qualcosa di spigoloso,
sembrava quasi fatta di cubi. L'uomo seduto accanto a lui invece era un
colosso con i baffi e i capelli lunghi; la sua faccia aveva qualcosa di
altrettanto strano e sembrava fatta di pietra. Stringeva una Bibbia
sotto il braccio.
- Avreste dovuto vedere come mi implorava di
smetterla! - Continuava a gridare il tizio sul tavolo - E sapete io cosa
ho fatto? -
- Io so cosa hai fatto. - Lo interruppe l'uomo
vestito in maniera impeccabile, girandosi verso di lui e puntandogli una
mano contro, mentre imitava il gesto di una pistola - E credimi non è
cool da dire in pubblico. - L'attimo dopo il tizio cadde a terra con un
foro di proiettile dritto in mezzo al petto. Ci fu un istante di
silenzio e poi la banda raccolta nel bar scoppiò a gridare, minacciando
di gettarsi sui due sconosciuti, ma l'uomo con la Bibbia scosse la
testa. - Anche io so cosa avete fatto e so che avete molto peccato. Il
Signore dice che rubare è sbagliato. -
Poi sollevò una mano ed in
un attimo fu: il terremoto. Un mare di terra e di fango eruttò dal
pavimento inghiottendo i criminali e tutto il locale, sgretolandolo
pezzo per pezzo. Lo strano incantesimo durò pochi secondi eppure quando
il suo effetto si esaurì del malfamato bar di periferia non rimaneva più
nulla, solo una pozza di fango da cui si ergevano a stento qualche asse
di legno ed un paio di mani. Soltanto i due misteriosi uomini ed il
barista con il suo bancone erano rimasti incolumi.
- Che il
Signore benedica le vostre amine. - Il tizio con la Bibbia fece il segno
della croce con una mano per aria e poi si rivolse al pover'uomo che
era rimasto a tremare dietro di lui. - Ci scusi per il disturbo. Questo
dovrebbe bastare a ripagare i danni. - E gli tirò un sacchetto,
allontanandosi insieme al suo compagno. La stoffa mezza aperta lasciava
intravedere al suo interno un mucchio di jewel d'oro, abbastanza per
poter compare un bar completamente nuovo.
Nel frattempo in un
vicolo buio, una donna stava camminando mentre fumava. Ridacchiava tra
sé e sé che il suo lavoro era fin troppo facile, ma d'un tratto un'ombra
le bloccò la strada. Si trattava di una ragazzina dai capelli rosa con
un mantello nero ed un cappuccio calato sulla testa. - E tu chi cazzo
sei? - Le strillò la donna.
- Levati di mezzo! -
- Io so
cosa hai fatto. - Disse la ragazzina sollevando un braccio e mostrandole
il braccialetto rosa che vi teneva. La donna replicò il gesto a sua
volta e si accorse con orrore che anche lei aveva un oggetto simile al
polso. Il suo corpo sembrava fosse diventato improvvisamente di pietra,
non riusciva più a muoverlo come aveva sempre fatto.
- So che usi i
tuoi poteri in modo crudele. - Continuò la piccola figura incappucciata
con un tono freddo, quasi meccanico. - E che costringi delle ragazzine
come me a prostituirsi per i tuoi sporchi guadagni. - La donna avrebbe
voluto gridarle contro e chiederle come faceva a saperlo ma la bocca non
si mosse e la sigaretta le cadde dalle labbra. Una lama affilata le
aveva appena trapassato il petto, sbocciando come un sinistro fiore di
metallo insanguinato. Alle sue spalle a stringere saldamente l'elsa
della katana tra le mani era apparsa una seconda donna incappucciata,
con gli occhi castami e dei lunghi capelli lisci e scuri che ricadevano
ribelli fuori dal mantello. - Non temere, la mia Archnemy laverà via
tutte le tue colpe col sangue. Brucia all'inferno. -
Più tardi,
quella stessa notte, una delle guardie in ronda al castello del duca
Junelle sollevò la torcia per illuminare meglio le mura esterne che
stava pattugliando. Erano tappezzate di fogli e sul portone era inciso
uno strano simbolo. Sembrava che una bestia selvaggia lo avesse impresso
con i suoi artigli. - Che cos'è questo? - Alcuni servi stavano correndo
fuori mentre una folla di curiosi cominciava già a raccogliersi intorno
a loro. Gridavano che il duca era stato strangolato.
- Guardate
quel simbolo! - La voce acuta e terrorizzata di una donna scosse il
casinò - Quelle carte a terra non formano una specie di Cs? -
-
Sulla C c'è un cappello da strega ... - Sussurrò tra sé e sé l'uomo
lasciato tra i resti del bar, esaminando il simbolo impresso sul
sacchetto di monete.
- Crime Sorcière ... - Constatarono impotenti
i cavalieri runici, osservando il simbolo inciso sulla schiena della
vittima abbandonata nel vicolo. La luce dell'alba cominciava appena a
rischiarare Fiore.
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