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Contest: Raccontami l’amore in una One-Shot.
Titolo: Fall Apart.
Generi: Introspettivo.
Rating: Verde.
Lunghezza della storia: 1127 parole, note escluse.
Personaggi: Aomine Daiki, Ryouta Kise (Kise-centric).
Coppia: AoKise.
Avvertimenti: //
Note: //
Pacchetto scelto: Thumos.
NdA: A fine
capitolo.
“Iromeita anshou no you ni,
togareta ha ni kao utsuseba,
kioku wa kieru.
1”
«Aominecchi, giochiamo uno contro
uno?»
Neanche tu che ne sei l’artefice
hai più memoria del preciso istante in cui è iniziata questa pantomima, ma
ormai sei arrivato al punto di non poter fare a meno di ammettere con te stesso
che questa scena si è ripetuta ad oltranza così tante volte da aver perso qualsiasi
parvenza di senso. È come quando si ripete così spesso una parola che questa
smette di avere un significato, diventando nulla più che un’accozzaglia di
lettere che si rincorrono nella bocca di chi le pronuncia.
Ecco, quelle sono un mucchio di
azioni che hanno perso il loro scopo, vengono compiute in modo automatico,
senza il minimo sentimento, senza il minimo scampo da un’esistenza vuota e
miserevole.
Tuttavia non ti piace affatto
indugiare su pensieri del genere, non sono da te, quindi ti stampi il faccia il
miglior sorriso sintetico di cui sei capace e corri verso il campetto da
basket, stringendo sottobraccio la palla e tra le labbra una risata frivola che
ti lascia sulla lingua il sapore disgustoso della menzogna.
“Cosa sei diventato, Ryouta?”
La tua stessa voce ti rimbomba
nella mente, ma è del tutto incolore, insipida; scivola via come acqua e come
acqua porta con sé la distruzione totale.
“Cosa sei? Una marionetta nelle mani del tuo stesso ego?”
Stupidamente ti sei convinto di
poter essere in grado di mettere a tacere la tua coscienza, ma questa riprende
a parlarti, a rimproverarti della miserevole strada che hai scelto. Ti martella
nel cervello senza lasciarti una sola possibilità di salvezza.
No, fuggire dalla tua stessa
mente è fuori discussione.
Ti volti verso Daiki; è rimasto
parecchio indietro rispetto a te e strascica ogni passo come se gli costasse
una fatica immane, mentre il volto è adombrato da un’espressione scocciata.
Senti il tuo sciocco sorriso
morirti sulle labbra e ti costringi a distogliere lo sguardo, aspettando che
l’altro ti raggiunga.
Sposti ripetutamente il peso
corporeo dal tallone alle punte dei piedi, come se ti stessi dondolando;
inutile nasconderlo, sei nervoso.
Più di ogni altra cosa al mondo
vuoi sentirti finalmente accettato, vuoi sentire che l’altro ti ritenga un suo
pari.
Cosa daresti pur di poter vincere
contro Aomine? Un braccio? Una gamba? La tua stessa dignità? Desideri vincere
contro di lui più di quanto desideri lui
stesso e appena ti sfiora il pensiero di quanto ciò sia sbagliato, lo
scacci via come faresti con una mosca molesta.
Senti il fastidioso gelo
dell’inferiorità penetrare nella tua pelle, insinuandosi fino alle ossa dove
affonda i suoi artigli, promettendo tormenti indescrivibili. Alzi gli occhi al
cielo ed hai l’assoluta certezza che, nonostante il pallido sole primaverile
sia ancora lì a scaldare l’aria, questo batta per tutti meno che per te; è un
pensiero molto melodrammatico, lo sai, ma al tempo stesso pensi che renda
l’idea – pensiero che trova fondamenta nel momento stesso in cui ogni colore
inizia a scurirsi, annichilendosi nello sguardo indolente della persona di cui
tanto intensamente supplichi l’approvazione.
L’assurda verità è che non ti sei
mai sentito a tutti gli effetti parte di qualcosa, neanche della Generazione
dei Miracoli.
È la maledizione dell’ultimo
arrivato: ci sarà sempre qualcosa che unirà maggiormente gli altri, lasciando
te in disparte. Persino Kuroko è riuscito ad amalgamarsi agli altri meglio di
te, ma questo perché Tetsuya è ombra, la sua stessa natura gli impone di
adattarsi ad ogni situazione. Tu invece sei uno specchio, sei totalmente
inutile se non hai qualcosa da riflettere, per sopravvivere hai bisogno che
l’attenzione degli altri sia catalizzata su di te.
Stringi i pugni fino a
conficcarti le unghie nella carne; stai mentendo a te stesso, per sopravvivere
non hai bisogno dell’attenzione degli altri, ma solo della sua.
Vuoi essere identificato come
pari da Aomine perché non essere riconosciuto da chi si ama in modo così
viscerale equivale a morire, sparire, annullarsi.
Ne hai bisogno quanto hai bisogno
di respirare.
Lo senti raggiungerti,
finalmente, ed inizi a palleggiare. La mente si spegne e prendi la strada più
semplice: lasci libero arbitrio al tuo ego.
[…]
Crolli a terra, decidendo di
incolpare per questo il tuo stupido ginocchio piuttosto che la frustrazione che
ti sta schiacciando sempre di più contro il terreno.
Batti velocemente le ciglia, nel
pietoso tentativo di costringere le lacrime a tornar da dove sono venute,
lasciando solo un vago rossore nel tuo sguardo, accompagnato dal respiro
irregolare, quasi singhiozzante.
Daiki ti guarda dall’alto e per
un solo rapidissimo istante sembra aver capito tutto ciò che ti passa per la
testa, come se ti vedesse davvero adesso per la prima volta.
Passate in questo modo
interminabili secondi, durante i quali non fai che sprofondare nello sguardo
dell’altro, rapito; ti sembra strano essere guardato tanto intensamente, vedere
tutta questa consapevolezza negli occhi di Aomine. In un certo senso ti senti
spogliato, indifeso, incapace di fare alcunché.
Dopo un tempo che ad entrambi
pare infinito, vedi la mano destra di Daiki allungarsi verso di te per aiutarti
ad alzarti e non ti rimane che sgranare gli occhi, non riuscendo a credere
davvero a ciò che essi vedono.
Nonostante il volto dell’altro
sia leggermente girato di lato, in preda ad un qualche insensato imbarazzo, la
sua mano continua ad essere protesa verso di te, quasi brillando di luce
propria.
Ne sei spaventato; sei terrorizzato,
non osi sperare in tanto, quindi hai l’assurda convinzione che se solo proverai
ad afferrarla, la mano dell’altro sparirà, si dissolverà nel nulla assieme al
ragazzo.
Indugi a lungo sul da farsi,
mentre le zanne velenose del dubbio stringono la loro morsa sulle tue viscere,
facendoti esitare più del dovuto.
Infine, con tutta la lentezza che
senti di poterti permettere, avvicini la mano a quella di Daiki, avvertendone
il calore prima ancora di stringerla.
Ne sfiori la pelle con timore
quasi reverenziale, per poi finalmente afferrarla.
Solo adesso, che finalmente ti
senti del tutto unito a lui, ti rendi conto che prima d’ora non hai mai davvero
amato Daiki. No, hai amato solo te stesso e l‘opinione che volevi che lui
avesse di te. Per troppo tempo hai assecondato il tuo ego fino a diventarne
schiavo, fino a non essere più in grado di distinguere una netta linea di
confine tra chi sei e chi vuoi essere.
Il tepore della stretta,
tuttavia, scaccia via ogni cosa. Scioglie il gelo che si è insinuato nelle tue
ossa, in modo che tu possa nuovamente sentire il calore del sole sulla pelle; i
colori tornano a brillare vividi, sostituendo il buio che fino a poco prima ha
ricoperto ogni cosa.
È una sensazione tanto bella da
inibire per qualche istante qualsiasi percezione, tanto da non renderti conto
di esserti alzato in piedi, mentre un sorriso – finalmente sincero – ti
fiorisce sulle labbra, estendendosi anche agli occhi.
«Aominecchi, giochiamo uno contro
uno?»
“Me sameru mae ni,
kimi no te de fuujikomete kure! 2”
Note:
1 – “Se
specchiassi il mio viso in una spada affilata,
come una scogliera colorata,
ogni ricordo scomparirebbe.”
(CoralZ – Vocaloid).
2 – “Prima di aprire gli occhi,
per favore afferrami con le tue mani!”
(CoralZ – Vocaloid).
Sono una persona
cattivissima che si diverte a maltrattare i personaggi che ama, sì. Prima di
iniziare a scrivere non ho davvero pensato alla contestualizzazione, ma avendo
accennato all’infortunio di Kise, direi che possiamo collocare questa cosa dopo la fine del manga.