“I MIGLIORI”
Nel nostro mondo, come tutti
sappiamo, esistono cose brutte, come le guerre, ma anche cose belle, come
l’amicizia, questo racconto parla di una di queste ultime e, più precisamente,
dello sport.
Con la parola sport s’identifica
un insieme di attività, per lo più fisiche, con la quale una persona o un gruppo
di esse dà il proprio meglio per raggiungere un obiettivo.
In questo racconto viene presa
sotto esame una di queste ossia il calcio, uno sport tra i più famosi, se non il
più famoso, al mondo, dove il diverso colore di pelle e le diverse culture
vengono messe da parte per un unico obiettivo: fare gol!
La città dove si svolge questo
racconto si chiama Engla e, come in tutte le città che si rispettino, ad Engla
vi sono molte scuole, tra cui una delle più rinomate è la Fota.
In questa scuola si è appena
trasferito un nuovo studente, il suo nome è Giacomo Paci e la sua più grande
passione è il calcio, di cui abbiamo parlato poco prima, ed ora sta giusto
andando nella palestra scolastica per iscriversi alla squadra della scuola ed il
suo unico pensiero è: “Speriamo che mi accettino!”.
Essendo nuovo della scuola, una
volta arrivato in palestra, non sa a chi rivolgersi…per fortuna in suo aiuto
arriva un ragazzo a cui lui presentandosi chiede “ciao sono Giacomo Paci, sono
nuovo della scuola e vorrei iscrivermi alla squadra scolastica, te sai per caso
a chi mi devo rivolgere?”.
Il ragazzo gli risponde “ti devi
rivolgere al professore Bianchi, che ora è impegnato con una sua classe”.
“Ah…e te sai quando finisce?”
chiese Giacomo.
“Si, tra una quindicina di
minuti…se vuoi aspetto qui con te” propose l’anonimo, per ora, ragazzo.
“Non sarebbe una brutta idea
visto che non lo conosco neanche!” disse Giacomo.
“Ok, tanto anch’io lo sto
aspettando per parlare della squadra” rispose l’altro.
Dopo questa affermazione, nel
cervello di Giacomo, cominciavano a crearsi numerosi quesiti riguardanti
l’identità del ragazzo con cui aveva appena parlato.
Passati cinque minuti in
religioso silenzio, il nostro eroe decise di dare una risposta hai suoi
interrogativi e chiese “scusami ancora, ma te chi sei?”.
Il giovane rimase un po’ sorpreso
da questa domanda arrivata in un modo così diretto, ma subito dopo rispose “io
sono Gabriele Cento, regista e capitano della squadra dell’istituto Fota!”.
Un attimo dopo questa risposta
Giacomo rimase impietrito, come se avesse visto chi sa quali apparizioni, non
trovando parole migliori che “ah scusa…non lo sapevo!”.
“E perché dovresti scusarti? Hai
detto che sei nuovo della scuola”.
Dopo questo primo imbarazzo
iniziale i due ragazzi fecero subito amicizia, grazie soprattutto alla grande
passione di entrambi per il calcio, e, sempre in attesa che il prof. Bianchi
termini la sua lezione, i due si scambiarono diverse opinioni sul loro sport
preferito.
Alla fine li raggiunse anche il
tanto voluto prof. Bianchi, che accetto molto volentieri l’ingresso nella
squadra di Giacomo.
Bene ragazzi, scusate se non mi
dilungo sui particolari, ma adesso dobbiamo avanzare di nove mesi rispetto al
precedente avvenimento, nel mese in cui il campionato interscolastico è quasi
giunto al termine e, con un po’ meno importanza, gli studenti devono svolgere un
piccolo esame per essere ammessi alla classe superiore, non vi preoccupate
questa è una caratteristica solamente della scuola Fota!
Come avrete sicuramente capito,
per il nostro eroe è uno dei periodi più impegnativi dell’anno, e Giacomo è
impegnatissimo nel far rientrare, nello stesso arco di tempo, studio e
calcio.
Al secondo poi non può proprio
rinunciare visto che la sua squadra, l’istituto Fota appunto, con una vittoria
per 1-0 si è qualificata alla finale per il primo e secondo posto, lui stesso è
molto migliorato rispetto ai primi allenamenti, grazie anche all’aiuto del
capitano, e suo amico, Gabriele, che gli ha insegnato come muoversi nel campo di
gioco e a mettere le proprie gambe al servizio della squadra, insomma ad essere
un grande centrocampista.
Purtroppo, a rovinare questa
storia, arriva un terribile imprevisto che si manifesta come un foglio di carta
dove è scritta la data della finale.
Quel giorno per Giacomo era
cominciato come tanti altri, la mattina le solite sei ore di scuola, mentre il
pomeriggio c’era l’allenamento con la squadra, che invece aveva assunto una
particolare importanza essendo una settimana prima della sfida finale,
all’arrivo nell’ingresso degli spogliatoi, il giovane aveva subito notato un
consistente accalcamento di suoi compagni davanti al muro dove venivano appesi i
fogli con le notizie importanti.
La curiosità spinse Giacomo a
chiedere “che c’è di tanto interessante ragazzi?”.
Uno dei suoi compagni gli rispose
“c’è la data della finale!”.
Allora il giocatore penetrò
nell’agglomerato umano per sapere finalmente il giorno in cui si sarebbe
verificata la partita da lui tanto attesa, la vide e subito esultò, come avesse
fatto un euro gol.
Un altro suo compagno lo vide e
subito gli chiese “ma che hai da esultare?”.
L’altro, un po’ sorpreso da
questa domanda, gli rispose “come? Non siete contenti anche voi di sapere il
giorno della nostra vittoria finale?!”.
Il compagno scosse la testa e gli
disse “ma l’hai vista bene la data?”.
Giacomo si girò per osservare di
nuova la data, ritornò con la faccia verso il suo compare e rispose “si, e
allora?”.
Il ragazzo, che stava
visibilmente perdendo la pazienza, gli domandò “non ti sembra la stessa degli
ultimi esami?”.
A questa domanda il nostro eroe
cominciò a sudare freddo, si girò un’altra volta verso il foglio, e rimase in un
silenzio tombale, silenzio rotto dall’esclamazione del capitano che, uscito
dallo spogliatoio, disse “ragazzi, venite dentro che il mister ci deve dire una
cosa”.
Non ci vuole certo la palla di
cristallo per indovinare cosa il prof. X doveva dire loro, nonostante ciò i
ragazzi entrarono, si sedettero sulle panchine e rimasero in ascolto.
Allora l’allenatore cominciò
“ragazzi…penso abbiate già visto tutti il foglio attaccato fuori e quindi non vi
dico cosa fare, poiché siamo obbligati a farla, quindi sono vi ho convocato qui
per dirvi che sono fiero dei risultati ottenuti quest’anno”.
Dopo queste parole un applauso
scrosciante avvolse tutto lo spogliatoio, con anche X commosso dall’affetto che
i suoi ragazzi gli dimostrarono.
L’ultimo allenamento della
squadra dell’istituto Fota si svolse circondata da un’aria di sconforto totale
da parte di tutti i giocatori, dei quali il più sconfortato è proprio Giacomo
che vedeva io suoi sogni venir spazzati via in un attimo.
Un vecchio proverbio, ma sempre
di moda, dice: “la speranza è l’ultima a morire” e questo racconto n’è la prova,
infatti, dopo aver fatto la doccia, il nostro eroe parlava dell’ultima terribile
novità con il capitano “certo non ci voleva questa cosa a rovinare tutto il
nostro impegno!”.
Gabriele rispose “hai ragione…non
hanno imparato niente dagli errori passati!”.
Quest’ultima affermazione
sorprese il ragazzo che domandò “che vorresti dire?”.
“Che non è la prima volta che
succede ma la seconda!”.
“Cosa???” disse Giacomo rimanendo
bloccato sulle gambe.
Allora il capitano raccontò
all’altro che già tre anni prima, quando lui era appena arrivato all’istituto,
si era verificata una situazione uguale a quell’attuale: tutti gli studenti
decisero di fare l’esame tranne undici che giocarono la finale!
“Chi sono? Posso sapere i loro
nomi?” chiese Giacomo.
Il capitano rispose “li
chiamavano i “Migliori”, se t’interessa tanto domani ti posso dare un foglio con
scritto che cosa fanno adesso”.
“Si, grazie capitano!” fu la
risposta del giovane centrocampista.
Nei suoi occhi si era riaccesa la
luce della speranza, infatti nella sua mente si faceva sempre più spazio un idea
tanto strana quanto difficile da realizzare.
L’idea di Giacomo era infatti
quella di, una volta ricevuto il foglio da Gabriele, andare a cercare questi
undici misteriosi giocatori per proporgli di tornare a giocare con l’istituto
Fota.
Il giorno seguente i due ragazzi
s’incontrarono al luogo e l’orario stabilito il giorno prima e, sempre come
stabilito, Gabriele diede a Giacomo il foglio, che a questo punto aveva assunto
un importanza elevatissima, ricordandogli che “avrai dieci giorni per
trovarli…fai del tuo meglio!”
Dopo aver rapidamente salutato il
capitano, il nostro eroe salì in sella alla sua fidata mountain bike e partì
subito alla ricerca degli undici cavalieri pronti, com’erano nelle sue speranze,
ad aiutarlo in questa impresa; il primo della lista era il portiere Luca Jani
che, secondo i dati riportati nel foglio, non aveva lasciato lo sport passando
dal calcio al basket.
Dopo aver messo la bici sul
cavalletto Giacomo esclamò “Allora… secondo le indicazioni di Gabri, la palestra
dovrebbe essere questa” mentre controlla in un foglio l’indirizzo
dell’impianto.
Una volta entrato, assiste ad un
incredibile intercettazione da parte di uno dei ragazzi che si sta
allenando.
Ciò fa esclamare al giovane “Non
c’è dubbio è proprio lui!”
Mentre il n. 8 del Fota si
avvicina alla sua “preda” arrivano spontanei i commenti degli altri giocatori di
basket come: “Ehi! Chi è quello?” oppure “a me non sembra un giocatore di
basket…”, ma Giacomo non curante di loro si fermò davanti a Luca e gli chiese
“Tu sei Luca Jani, giusto?”.
Il pivot gli rispose “esatto, e
tu chi sei?”.
“Mi chiamo Giacomo Paci ma
comunque…Luca, saresti disposto a difendere la porta dell’istituto Fota ancora
una volta?”.
Dopo quasi un minuto di pausa
arrivò la risposta, “Lo farò ma ad una condizione…”
Giacomo, che non era certo
sorpreso da questo imprevisto, chiese “E sarebbe?”.
Il portiere fece un sorriso
beffardo “ Che tu mi batta a basket!”.
Nella scuola Fota non è solo il
calcio lo sport praticato dai professori di educazione fisica, quindi, il nostro
protagonista non si tirò indietro e rispose “Ok, ti dimostrerò che hai fatto
male a cambiare sport!”.
Dopo 3 minuti per i preparativi i
due giocatori erano pronti per iniziare la sfida, ma prima Luca detta le regole
dell’incontro “Vince chi arriva prima a 10, visto che sei un principiante ti do
5 punti di vantaggio!”
Giacomo prese al volo questa
opportunità e sbuffò “Fai come vuoi”.
La partita ebbe inizio e, dopo
neanche mezzo minuto, Jani riesce a pareggiare con una delle sue schiacciate e
ad un tiro da tre, ma il robusto Paci non si arrese e con un altro tiro da tre
punti si portò a 8, ma questo non fa altro che infuriare il portiere che con
un’altra schiacciata e due tiri liberi, conseguenza di un fallo in difesa di
Giacomo, la partita ricomincia sul 9 a 8 per Jani.
Il ragazzo in svantaggio pensò:
“Cavolo! Non pensavo fosse così bravo anche nel basket, ma non mi devo
arrendere, devo vincere questa sfida per dare alla mia scuola un portiere forte
e imbattibile!”
Fatte queste considerazioni
Giacomo si portò in avanti e, soprattutto grazie alla sua forma fisica, riuscì a
fare una schiacciata facendo cadere pure Luca, ma ecco che uno dei compagni di
quest’ultimo, che si era offerto volontario per fare l’arbitro di questo
particolare incontro, fischia, i due giocatori si girarono e lui decise per…
“fallo in difesa, non importa effettuare i tiri liberi perché la partita è stata
vinta dal ragazzo sconosciuto!”
“Si!!!!! Ce l’ho fatta!!!!!”, il
n. 8 non si preoccupò del soprannome datogli ed esultò come se avesse segnato un
gol.
Jani accettò la sconfitta e
decise “Va bene, mi unirò a voi, ma prima ti volevo chiedere una cosa… hai mai
pensato di cambiare sport?”
Il nostro eroe non rispose a
questa domanda “provocatoria” e ripartì verso la sua prossima meta: l’istituto
privato Seirin.
Qui ritroviamo Giacomo nella
classe di Roberto Crosti dove si stanno svolgendo le lezioni pomeridiane, e dove
il nostro amico ha rintracciato il prossimo acquisto per la sua squadra.
Giacomo entrando chiese
un’informazione ad uno degli studenti “salve è questa la classe di un certo
Roberto Crosti?”
L’altro gli “sì Roberto è là nel
suo banco che studia ma se fossi in te non lo disturberei”
“Mi dispiace ma devo farlo,
grazie lo stesso”.
Detto questo Giacomo si avvicinò
al banco del terzino, che era talmente concentrato negli studi da non essersi
accorto della presenza del n. 8 del Fota.
Ma, nonostante ciò, Paci non si
fermò “ciao Roberto faccio parte della squadra di calcio dell’istituto Fota e ti
volevo chie…”
Il ragazzo non fece in tempo a
finire la frase che l’altro subito gli rispose “Non ora, devo assolutamente
risolvere questo problema aritmetico!”
Quest’affermazione sconvolse il
povero Giacomo che doveva a tutti i costi convincere Roby ad unirsi alla
squadra.
Il nostro eroe pensò “e ora come
faccio a convincerlo ad unirsi a noi?”
Mentre stava pensando questo si
accorse di un errore di cui lo studente non si era accorto, ma preferì
tacere.
“Accidenti devo assolutamente
finire questo problema prima della fine delle lezioni!” esclamò seccato
Crosti.
A questo punto Giacomo usò
l’astuzia e propose “senti Roberto, io sono dell’istituto Fota, ed inoltre ho
trovato l’errore che ti farà risolvere il problema, ora ti faccio una proposta,
se l’errore è giusto ti unirai alla squadra con me e se, invece, l’errore è
sbagliato me n’andrò via da solo ci stai?”
Il povero Crosti, pensando che il
ragazzo che gli era comparso davanti stesse bluffando, accettò dicendo “Va bene,
avanti dimmi dov’è l’errore!”.
“Eccolo qua”, disse Giacomo
indicando con il dito.
Dopo qualche minuto di
riflessione…Crosti chiese all’altro “Dove li svolgete gli allenamenti?”.
Dopo che anche il terzino dei
migliori ha deciso di unirsi alla squadra, la mountain-bike di Giacomo riparte
per una nuova destinazione, un luogo in cui il ragazzo aveva sempre desiderato
andare, il Milan Camp di Engla per “catturare” il terzino sinistro Paolo
Mazzini.
Quest’ultimo era il fratello
minore di un vero giocatore di calcio quale Patrizio Mazzini, difensore appunto
del Milan, un uomo di cui Giacomo ammirava la correttezza sia in campo che fuori
e per questo l’emozione era tanta.
Dopo aver chiesto ad un
inserviente notizie sul calciatore, il nostro protagonista si sedette su una
panchina in attesa del suo arrivo.
Passati cinque minuti Paolo
salutò il ragazzo e gli chiese il perché lo stesse aspettando.
Giacomo rispose “sono qui per
chiederti se vuoi tornare a giocare con l’istituto Fota per la finale del
campionato scolastico!”.
Allora l’altro gli chiese “e
secondo te perché dovrei tornare in una squadretta come la vostra quando ora
sono nel Milan?”.
L’affermazione del ragazzo non
aveva neanche bisogno di risposta, e questo Giacomo lo sapeva, ma in suo aiuto
arrivò una persona a lui sconosciuta che disse “però come prova non sarebbe
male…”.
Paolo si girò e riconobbe subito
il personaggio cui chiese “che cosa intende dire mister?”.
L’uomo, che altri non era che
l’allenatore di quel Camp, con un sorisetto in viso gli espose il suo pensiero
“voglio dire che non è ancora deciso se ti unirai a noi o no, quindi potresti
utilizzare quest’opportunità per convincere, me e gli altri, a puntare su di te
invece che su altri giovani”.
“Quindi, se ho capito bene, se io
vinco questa partita, posso far parte del Milan, se invece la perdo, ci devo
rinunciare!” disse il terzino alquanto perplesso.
“Esatto” concluse
l’allenatore.
Dopo un attimo di riflessione il
ragazzo si girò verso Giacomo e gli disse “ok, sono dei vostri!”.
Quindi anche il terzino sinistro
aveva accettato e il centrocampista centrale, deciso come non mai di rimettere
insieme questa squadra di fenomeni, si avviò verso una struttura che altri non
poteva essere se non un’officina meccanica.
L’obbiettivo di questa visita era
“l’acquisto” del difensore centrale, e anche libero, Franco Bechi.
Appena entrato il ragazzo si
trovò davanti solamente due operai, intenti ad effettuare il loro lavoro, ma
nonostante ciò Giacomo domandò “scusate…è qui che posso trovare Franco?”
Dopo un attimo di silenzio
totale, l’uomo che continuava a girare nella stanza alla ricerca dei vari
strumenti di lavoro disse, riferendosi all’altra persona distesa sotto un
macchina che effettuava delle riparazioni, “Franco, c’è un ragazzo che vuole
te!”.
“Ok arrivo!” fu la risposta.
Una volta che il giovane
meccanico si pulì le mani con un straccio ormai del tutto annerito, i due si
presentarono, stringendosi la mano, e Giacomo poté quindi spiegargli il motivo
per cui lui era lì.
Dopo averci riflettuto Franco si
spiegò “vedi Giacomo, a me piacerebbe tornare a giocare a calcio, ma ormai ho
preso un impegno con mio padre per aiutarlo qui all’officina…”, mentre il nostro
eroe si stava deprimendo per la non riuscita di questo quarto giorno, ad
aiutarlo arrivò ancora una volta la parola di un adulto “e perché no? In fondo
avevo l’intenzione di prendermi le ferie in questa settimana quindi potresti
anche andare a giocare!”
“Dici sul serio papà?” chiese
Franco.
“Certo basta che mi fate un
ultimo lavoretto: rimontate a nuovo questa macchina!”.
Così, grazie ai preziosi
suggerimenti di Franco, i due ragazzi completarono il lavoro che gli era stato
affidato e si accordarono per la riunione della squadra.
Il prossimo obbiettivo era forse
il più difficile di tutti, poiché si trattava di Giorgio Basti, ex-ala destra e
ora capo di una banda di teppisti: i Red Devils.
Appena entrato nel bar dove,
informandosi, aveva saputo che si riuniva il gruppo, riconobbe subito i
componenti e, soprattutto, il giocatore.
Con il cuore che gli batteva a
mille, il giovane si avvicinò al loro tavolo e chiese “sei tu Giorgio
Basti?”.
A sentire nominare il suo nome,
il più capellone del gruppo si girò e chiese “e tu chi sei?”.
“Il mio nome è Giacomo, ti volevo
chiedere se tornavi a giocare a calcio con il Fota?” fu la risposta.
Dopo questa frase il ragazzo col
giubbotto di pelle nero si alzò, si avvicinò al nostro, e gli tirò un fortissimo
destro che lo fece stramazzare al suolo.
Giacomo, con il sangue che gli
usciva copiosamente dal naso, non fece in tempo a rialzarsi che fu vittima di
altri 5-6 colpi da parte di Giorgio, visibilmente irritato.
Nonostante tutto Giacomo non si
arrese, e cominciò a urlare ad alta voce “ti prego rientra nella squadra…abbiamo
bisogno di te…dobbiamo giocare la finale tra 3 giorni…ci saranno anche gli altri
migliori…”
Dopo l’ultima affermazione, il
pestaggio si fermò, con l’aggressore che rimase immobile per un po’ di tempo
fissando il pavimento del locale.
Poi chiese “davvero ci saranno
anche gli altri?”.
“Si” rispose il pestato con un
filo di voce.
Dopo un altro attimo
interminabile di silenzio, Giorgio disse “ok! Ci si vede sabato al campo
d’allenamento” ed uscì.
Anche questa era fatta; seppur
ancora un po’ malridotto, Giacomo stava raggiungendo il prossimo obbiettivo:
Michele Plato, trequartista sinistro della squadra.
Per l’ennesima volta le notizie
di Gabriele erano esatte, poiché il nostro protagonista trovò Michele nella
strada segnata nel foglio intento a dipingere.
“Strano davvero il cambiamento da
artista del campo di calcio ad artista della tela!” pensava Giacomo mentre gli
si avvicinava.
“Ciao io sono Giacomo e sono qui
per chiederti…” non riuscì a finire la frase che venne subito zittito
dall’artista.
Proseguirono altri vani tentativi
per almeno mezz’ora poi, per la prima volta in questa storia, Paci perse
completamente le staffe e, con un potente calcio, buttò a terra la tela di
Michele, rovinandola.
A questo punto Plato si alzò, si
girò verso colui che gli aveva rovinato il dipinto, e disse “ti avevo detto di
non disturbarmi…”.
“Ascoltami, io sono dell’istituto
Fota e ti cercavo per chiederti se volevi tornare a giocare a calcio con
noi?”.
“Dopo quello che hai fatto, non
credo proprio” rispose lui con un aria seccata.
Dopo un attimo di silenzio arrivò
inesorabile la trovata di Giacomo: “ok…se te lo rifaccio poi mi prometti che ti
unirai a noi?”.
“Anche se non penso che tu ce la
farai, accetto la tua scommessa!” fu la risposta.
Ora Giacomo mise tutto l’impegno
che lo caratterizzava e che, unito a sue esperienze nel campo della pittura
risalenti alle medie, gli diede la spinta per accettare anche questa sfida.
Dopo aver preso una nuova tela,
il numero 8 si mise a rappresentare su di essa il pezzo di strada che Michele
prima di lui stava dipingendo, anche se non ne capiva il motivo.
Durante la prestazione, lo stesso
novello pittore era interessato dallo stile di pittura, semplice ma non
primitivo, del giovane.
Finita l’opera, subito Giacomo
chiese un parere all’altro che gli rispose “si…non è certo il mio stile…il
tratto è ancora grezzo…però nel contesto è accettabile…”.
“Allora vieni con noi?” cosa che
gli interessava ancora di più che dell’analisi precedente.
“Va bene, hai vinto te” e così
anche Plato era arruolato.
Ma subito un’altra strana
metamorfosi attendeva il nostro eroe: si tratta di Gianni Riva che aveva
lasciato il calcio per la religione.
Giacomo arrivò nella chiesa dove
ora risiedeva Gianni, parcheggiò la bicicletta ed entrò.
Una volta entrato chiese ad un
chierichetto informazioni sul suo obbiettivo e lui rispose “ora è in preghiera,
se vuole può aspettarlo qui…”.
Allora si sedette su una sedia lì
vicina, deciso ad aspettarlo ma, forse per la stanchezza che aveva addosso o
forse per il silenzio che vi era lì dentro, si appisolò sul posto.
Dopo un periodo di tempo non
precisato una voce svegliò Giacomo “su svegliati ragazzo…ho sentito che mi
cercavi…”.
Il ragazzo, ancora assonnato,
riconobbe il suo possibile compagno di centrocampo nella figura che aveva
davanti allora, con un rapido scatto, gli chiese “sei Gianni Riva? Sono qui per
chiederti di unirti a noi…”.
Il novizio lo fermò “non urlare
qui, sei in un luogo sacro”.
“ah…ok…ti dicevo che sono qui per
chiederti di tornare a giocare a calcio per l’istituto Fota insieme ai tuoi
vecchi compagni”.
L’altro non rispose ma andò a
pregare in ginocchio davanti al crocifisso del santuario, e vi rimase per quasi
un’ora.
Durante questo periodo di tempo,
Giacomo si chiedeva perché era tornato a pregare visto che ci era stato per chi
sa quanto tempo prima, e poi non gli aveva ancora spiegato bene la
situazione.
A questo punto Gianni si alzò, si
avvicinò, mise una mano nella spalla all’altro e disse “va bene…verrò con te…ma
solo perché capisco che siete in una situazione difficile…”.
Giacomo sorrise, e poi uscì dal
monastero per riprendere la sua ricerca, che si sta avvicinando alla
conclusione.
Per il prossimo obbiettivo doveva
pure affrontare un viaggio con il traghetto, per raggiungere l’isola Buca, dove
la maggior parte delle persone andava per giocare a golf.
Infatti, stando alle informazioni
lasciategli da Gabriele, Diego Marano, il terzultimo giocatore da cercare,
passava molto tempo su quest’isola, per lo più a giocare a golf e a fumare, un
suo brutto vizio.
Giacomo lo raggiunse in uno dei
campi da gioco e gli espose subito il suo quesito “vuoi tornare a giocare con
l’istituto Fota?”.
Lui non rispose e cercò di
sfuggire a quello scocciatore salendo sul caddie, ma il nostro lo inseguiva da
dietro porgendogli sempre la stessa domanda.
Alla fine si fermò davanti
all’uscita del club di golf e prese una sigaretta che stava per accendersi
quando, in un attimo, Giacomo lo raggiunse, gli prese la sigaretta dalla bocca e
se la strinse in mano per sbriciolarla il più possibile.
A quest’ultimo atto, Diego per la
prima volta parlò “ma che vuoi?”.
L’altro, dopo aver ripreso il
fiato, gli rispose “te l’ho già detto…voglio che tu torni a giocare con noi a calcio!”.
“Il Fota mi ha già scacciato una
volta…tu pensi che non lo rifaccia ancora?” gli osservò Marano mentre scendeva
dal caddie.
“Ma questa volta è solo per una
partita…” lo informò Giacomo.
E così gli spiegò tutta la
faccenda, che anche noi ora sappiamo a memoria, per poter suscitare in lui un
minimo d’interesse in questa nuova impresa.
Dopo aver ascoltato tutto il
giovane disse “bene, ho deciso…” e intanto si stava accendendo un’altra
sigaretta.
Giacomo, seccato, gliela prese e
gli chiese “allora cos’hai deciso?”.
“Sono dei vostri!” disse lui
mentre buttava via il pacchetto di sigarette e l’accendino.
Nel raggiungere il penultimo
obbiettivo della sua infinita odissea, il centravanti Marco Vanni, al nostro
protagonista venne il dubbio che l’attuale capitano del Fota si fosse, in
qualche modo, sbagliato nell’indicargli il posto dove l’avrebbe, quasi
sicuramente, trovato.
Infatti lo trovò proprio
nell’ospedale cittadino, nel reparto che era scritto nel foglietto, e la prima
cosa che attirò l’attenzione di Giacomo fu il gesso leggero che avvolgeva la
caviglia destra.
Nonostante questo, però, arrivò
la solita proposta che fece rimanere perplessi entrambi.
“Come tu noterai bene, Giacomo,
sto per terminare il mio periodo di riabilitazione, dopo un serio infortunio che
ha colpito la mia caviglia, quindi non so se ce la farò a recuperare per la
vostra partita” disse Marco.
L’altro ragazzo rimase per un po’
di tempo in silenzio, poi concluse “ok Marco, in bocca al lupo per la tua
caviglia…”.
Detto questo si salutarono e si
diressero in direzioni opposte l’uno dall’altro.
Fu così che Giacomo, deluso da
questa sua ultima visita e stanco da questo suo lungo viaggio, si apprestava a
trovare l’ultimo giocatore della sua squadra: Emanuele Pellegrini, il migliore
dei precedenti nove grandi calciatori.
Prima di levare il cavalletto
alla sua adorata mountain bike, Giacomo osservò nel foglietto l’ubicazione del
suo ultimo obbiettivo e ci rimase di sasso; infatti vi era nel biglietto il nome
del ragazzo ma mancava completamente il luogo dove l’avrebbe potuto trovare.
Preso dallo sconforto, si sedette
su una panchina del parco davanti all’ospedale a fissare il vuoto.
Fu svegliato da questo suo stato
solamente dalle urla di alcuni bambini che giocavano, tanto per cambiare, a
pallone.
Nel girarsi verso questi notò che
non era l’unico a fare da pubblico a questa semplice partita, vide infatti un
ragazzo, che doveva avere all’incirca la sua età, che, in piedi, osservava il
modo di giocare dei ragazzini, non certo impeccabile, per poi girarsi ed
incamminarsi lontano.
A questo punto, Giacomo senti
come una specie di sesto senso che lo spingeva a fermare quel ragazzo perché
sentiva, senza prove certe, che quel ragazzo era proprio Emanuele.
Allora si precipitò
all’inseguimento e, una volta raggiunto, lo afferrò per un braccio e, ancora in
affanno, gli chiese “Scusami ma posso sapere come ti chiami?”.
Il giovane si voltò, gli sorrise,
e rispose “Certo! Mi chiamo Emanuele, perché lo vuoi sapere?”
“ah…ecco…vedi…” per un attimo
Giacomo si era scordato la sua solita “filastrocca” che aveva ripetuto finora
anche agli altri nove, sorpreso dalla reazione del ragazzo, poi si decise “io
sono del Fota e sono qui per chiederti un favore…”.
Vi risparmio il solito pezzo in
cui lui chiede all’altro di partecipare alla partita, chiaramente avrete capito
che accettò di buon grado.
Ora, con un salto nel tempo,
passiamo alla mattina del giorno fatidico, dove Giacomo ripensava, mentre faceva
colazione, agli allenamenti che aveva svolto con i dieci campioni, vedendo in
tutti loro lo spirito del vero calcio, fatto di impegno e di divertimento, e,
nello stesso tempo, era orgoglioso di affrontare quella delicatissima sfida
insieme a loro.
Il calcio d’inizio era fissato
per le 10 di mattina, ma i ragazzi si ritrovarono fuori dal campo alle 9 e 30
per un ultima discussione riguardante la loro tattica e gli avversari.
“Sono contento che voi tutti
abbiate accettato il mio invito…anche se per alcuni di voi non è stato affatto
facile, vi ringrazio in anticipo del vostro prezioso aiuto, comunque vada questa
partita”.
A rispondere fu Emanuele,
capitano di quella dinamica selezione, “io spero di parlare a nome di tutti e ti
ringrazio per questa nuova chance che ci hai dato, nonostante abbiamo lasciato
il mondo del calcio e l’istituto Fota in quella maniera.”
“Che fate ancora lì?! Andate a
riscaldarvi!”.
Tutti e undici i giocatori si
girarono verso la persona che aveva pronunciato quelle parole e videro,
incredibile ma vero, mister Bianchi, lo stesso allenatore che tre anni prima li
aveva abbandonati al loro destino lasciandoli giocare una finale che, vinta dai
nostri con una straordinaria prestazione, fu data vinta 3-0 agli avversari per
la “non ufficialità” della squadra del Fota.
Il nuovo arrivato fu accolto con
gioia e gratitudine solamente dal nostro protagonista, mentre i restanti dieci
perdonarono comunque il loro ex-allenatore, ma il loro saluto si limitò ad una
stretta di mano, che in fondo voleva dire molto più di altri saluti.
La partita poteva finalmente
avere inizio: gli avversari dei nostri ragazzi, l’istituto Alstra, aveva
conquistato la finale con gare giocate al massimo dell’impegno e con una classe
che solo una volta fu vista nel cammino verso la finale del torneo, proprio la
stessa finale menzionata precedentemente, e certo non erano i tipi di avversari
che i ragazzi speravano di incontrare per il loro rientro nel calcio.
I primi 5 minuti della partita
furono i classici minuti di studio reciproco da parte delle due squadre a
qualcosa non andava da parte del Fota, infatti i giocatori avevano avuto solo un
giorno per allenarsi insieme dopo tre anni di inattività in cui avevano perso
ognuno le tracce dell’altro, per questo motivo, all’8’ minuto, la difesa del
Fota fu infilata da un’azione personale del numero 9 avversario, che batte senza
problemi il portiere Jani.
Quella squadra che aveva tanto
entusiasmato tre anni prima ora era irriconoscibile: sbagliavano i passaggi più
semplici, non riuscivano a fare scattare la trappola del fuorigioco, non
centravano la porta nei loro pochi tiri degni di nota, ma soprattutto non
avevano più fiducia l’uno nell’altro.
Nell’ultimo minuto del primo
tempo l’Alstra riuscì a raddoppiare con una cross dalla sinistra messo dentro
dal loro numero 10.
Durante l’intervallo negli
spogliatoi l’aria che si respirava era tutt’altro che tranquillizzante, nessuno
disse nulla e l’unico a parlare fu il mister che disse, durante il rientro in
campo delle squadre “ora andiamo a giocare a calcio ragazzi…”.
Chi sa se fu per conseguenza a
quella frase provocatoria, o per la voglia di non fare ulteriori figuracce, i
ragazzi entrarono in campo con uno spirito nuovo, forte e vigoroso, e già dopo 5
minuti accorciarono le distanze con Vanni, i cui problemi alla caviglia
sembravano non essere mai esistiti, che di testa insaccò alle spalle del
portiere avversario un cross dalla destra di Basti, imprendibile sulla fascia
come non lo era mai stato.
Ma l’Alstra non era squadra da
arrendersi e allora ci provò subito dopo con un tiro da fuori area, che Jani
levò dal sette come fosse la più facile delle palle.
Ad un certo punto la palla arrivò
sui piedi di Crosti, forse il meno tecnico dei 10 magnifici ma in possesso di un
passaggio millimetrico, che ovviamente sfruttò appena vide Marano sulla linea di
centrocampo in attesa di un pallone giocabile.
Il fantasista appena stoppata la
palla si girò e lasciò un primo avversario fermo sul posto; davanti a sé aveva
cinque avversari compreso il portiere e, con la meraviglia di tutti, riuscì a
superare i primi quattro nei modi più svariati, passandogli a sinistra, poi a
destra, con tunnel incredibili, per poi saltare il portiere con una facilità
disarmante e depositare il pallone in rete: al 55’ il risultato era sul 2 pari.
La partita era riaperta ma a tale
match mancava ancora un protagonista: Emanuele Pellegrini.
Il nostro numero 10 infatti aveva
solo fatto da spettatore ai quattro gol precedenti ma, a sei minuti dal meritato
pareggio entra in scena anche lui; Riva, anche lui al massimo della forma, apre
sulla destra per Basti che, dopo aver saltato un avversario, mette l’ennesimo
cross in mezzo, in area, a spiccare il volo su tutti, c’è proprio Emanuele che
con una splendida rovesciata porta in vantaggio il Fota.
Quindi 3-2 per noi; alla ripresa
del gioco, la partita subisce un “periodo di stanca” dove entrambe le squadre
fanno vedere ottime azioni, ma nessuna conclusa con il gol del pareggio o
dell’aumento delle distanze.
Al 70’, con appena venti minuti
alla fine, ai nostri viene fischiata una punizione dal limite sulla sinistra, il
nostro mancino è Marano ma da quelle parti ha migliori risultati un tiro ad
effetto di un destro, ed è per questo che a battere va Plato.
Con tanti fantasisti in squadra,
Michele è stato dirottato sulla sinistra ma, nonostante questo, ha dato un
grosso contributo alla partita con giocate sempre spettacolari; una di queste
avviene proprio al 70’: il suo destro a girare non lascia scampo al portiere
dell’Alstra e porta il risultato sul 4-2.
A questo punto sale in cattedra
la difesa a 3 del Fota, guidata dal grande Bechi in posizione di libero, con i
due ottimi marcatori Crosti e Mazzini e con uno strepitoso Jani che riesce a
togliere le palle dai sette con una grande facilità, e il risultato rimane
saldamente bloccato.
Nelle battute finali della
partita, anche Riva prova ad aggiungersi alla lista dei marcatori con una gran
botta da fuori area che il portiere avversario devia in angolo, siamo al 90’ e
l’angolo viene battuto da Basti.
La palle scende morbida in area
dove i giocatori dell’Alstra cercano in tutti i modi di bloccare i ragazzi del
Fota ma, nonostante questo, uno di loro riesce comunque a svettare di testa e a
segnare.
Che ci crediate o meno a chiudere
la partita sul 5-2 è proprio il nostro Giacomo, il ragazzo con cui abbiamo
condiviso questa particolare avventura e che ha disputato, come tutti gli altri,
una partita incredibile con chiusure a centrocampo e rilanci quasi degni dello
stesso Riva, e che ora sta piangendo come un bambino per il suo sogno
realizzato.
Mister Bianchi entra in campo ad
abbracciare tutti i suoi ragazzi chiedendogli ancora una volta, e questa volta
ufficialmente, scusa per il suo comportamento risalente alla finale di tre anni
fa, ed infine lancia una marea di complimenti a chiunque di questi 11 eroi gli
capiti a tiro.
Dopo la premiazione, i
festeggiamenti e le promesse per prossimi incontri, si torna alla realtà con
Giacomo bocciato d’ufficio, il professore Bianchi cacciato dalla scuola e i 10
Migliori scomparsi ancora una volta nel nulla; quello che non sapevano i ragazzi
e che sulle tribune, oltre ai normali spettatori di quell’incontro, vi erano
presenti gli osservatori dei più grandi club di calcio europei, e quindi: Jani
venne acquistato dalla squadra inglese del Liverpool, Crosti venne acquistato
dalla squadra spagnola del Barcellona, Mazzini venne confermato al Milan insieme
ad altri suoi due compagni, Bechi venne acquistato dalla squadra tedesca del
Bayern Monaco, Basti venne acquistato dalla squadra inglese del Manchester
United, Plato venne acquistato dalla squadra italiana della Juventus, Riva venne
acquistato dalla squadra italiana del Milan, Marano venne acquistato dalla
squadra italiana del Napoli, Vanni venne acquistato dalla squadra italiana del
Milan ed infine Pellegrini venne acquistato dalla squadra spagnola del Real
Madrid; anche mister Bianchi passò ai professionisti ed andò ad allenare la
squadra argentina del Boca Juniors.
Bene, mi sembra che sia
tutto…ansi no, c’è ancora una persona di cui bisogna parlare: dovete sapere che
Giacomo, dopo essersi diplomato al prestigioso istituto Fota, fu notato da molte
squadre ma infine a credere davvero in lui è stata la squadra italiana del
Parma, dove milita attualmente.
Ora penso sia davvero tutto…
FINE
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