Erano 15 centimetri a farmi vivere, solo 15 centimetri.
Nessun centimetro in più, nessun centimetro in meno.
Cercai, con accuratezza quasi chirurgica di prenderli fra le dita,
tutti allo stesso modo, con la stessa attenzione.
Ed era come fosse una cosa normale ed era, per me, come bere un
bicchiere d'acqua, come respirare, come aprire gli occhi all'alba e
chiuderli al tramonto.
Presi il mio organo vitale, sanguinolento e stanco, ancora pulsante fra
le mani, per scagliarlo violentemente tra le fiamme.
Mentre il fuoco ardeva tra la cenere e i residui dei miei errori.
Era una liberazione indescrivibile vedere ogni singola arteria dare
nuova vita a un incedio, così come fino a quel momento aveva
dato vita al mio corpo.
Vedevo il mio cuore annerirsi, le valvole scoppiare nel fumo, una dopo
l'altra.
E il sangue rimasto cercava una via di fuga, era una liberazione
indescrivibile vedere quel cuore affannarsi e arrancare: ma farlo fuori
di me.
Ormai eravamo due cose distinte e separate.
Era in trappola, non avrebbe potuto mai più provocarmi
nessuna sorta di dolore, di nessun genere, in alcun modo.
La mia anima, come fosse la strega di biancaneve, restava a questo
scenario impassibile, imperturbabile, con quello sguardo
stramaledettamente crudele, proprio solo degli assassini.
Con quello sguardo criminale che contraddistingue sempre, l'essere
umano dal resto degli animali.
Con quel lucido sguardo folle e maligno.
Stava guardando la morte in faccia,e questo, le provocava un perverso
piacere.
Potevo sentirmi finalmente padrona di un corpo senza pretese, privo di
vita e volontà, e questo nessuno poteva impedirlo.
Libera, da qualsiasi cosa, persona, illusione.
Tutto questo era imprigionato in soli 15 centimetri.
Che adesso, finalmente, stavano bruciando.
Il tempo di una sigaretta.
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