.e tutto il resto,
dopotutto.
rincorrevo un sogno che ti assomigliava
per vie di luna tagliate da una notte nera
ed ogni fruscio era scintillio di occhi di gatto
e ogni canzone era un gutturale di un lupo lontano
mi richiamavano indietro a dove sanno i miei piedi
luoghi cui appartenevo, luoghi che fossero casa
non come quelle strade, cemento a grattuggiar
sudore di sangue
e il lamento stretto in pugno in rettifiche dirette
di una rabbia feroce che bruciava via l'anima ad ogni passo
rendendoti la pupilla di brace o nera di deserto chimico
non eri la mia oasi, ma un miraggio abbastanza valido
per cercare di lavarsi in un crogiolo di poche ore sante e
salve
c'era una linea di fuoco molto netta, come una cicatrice su
strada
solcava la distanza che gettavo tra chi era con noi e chi
sarebbe potuto vivere o morire centinaia di volte per quel
che mi riguardava
e ricordo il volo del corvo che ci teneva uniti facendoci
alzare
lo sguardo al di sopra dei palazzi, ad un cielo che forse,
che dopotutto...
e m'arrampicavo sui tetti se necessario, pur di dirgli,
sfacciata sfida reciproca
guarda che anch'io volo, guarda che anch'io posso andare in
alto
e ti confidavo, e lo sapevi: quanto si può precipitare per
lungo tempo
senza mai sentire altro schianto, solo l'eco prolungato
della caduta
ma tu eri andato a solcare la melma fognaria, spuntavi tra i
tombini
occhieggiavi con parole in tono basso un mormorio stanco
e ogni volta che mi fermavo per ascoltarti mi rendevo conto
che non potevo soffermarmi, che dovevo tenere dietro a me
stesso
e che non ti volevo più rendere alcun favore, nessun
trascinarti
solo un richiamo testardo e insistente, vittorie preziose e
rapide e brevi
ogni volta che ti si riusciva a coinvolgere in uno scherzo
di corsa
e tutto il resto del tempo, e il corvo lo sapeva meglio di
me, e tutto il resto del tempo
guardare mentre tornavi sotto il terreno a dannarti l'anima
era forse solo un cielo nero di notte, di tempesta, di sogno
e rivalsa
al di sopra di tutti gli altri che pretendevano
di dormire sonni imbottiti con pasticche di illusioni e
sostanze vane
al di sopra di gesta complici che scaldavano il sangue che
corresse in senso avverso
a tutto ciò che faceva il veleno in cui si affondava per la
maggior parte del tempo
la scommessa era diventata dolorosa e il banco della punta
era vuoto
e imparai penna a penna insieme al corvo, come non contare
mai più
su quello che potevi fare ma, stato per stato, momento per
momento
cercare, provocare, scovare, cavarti la risposta di vita
brano a brano
per questo continuava, l'insegnarci una pazienza di volta in
volta più grande
e che gli altri rimanessero a guardare, cuore in mano e
sguardo sgombro
la meraviglia, l'illusione, la vittoria, la rovina, la
miseria, la fortuna
e tutto il resto dopotutto, e tutto il resto dopotutto...