L'Albero

di Poetessia
(/viewuser.php?uid=149049)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Non rividi più Scaniglia per almeno un anno.
Nonostante ogni tanto ripensassi a quell'esperienza che mi aveva tanto toccata (forse perché non ero stata capace di comprenderla a pieno), dopo qualche tempo la memoria iniziò a sbiadire il ricordo, imprimendolo nella mia mente come si imprimono i film che hai amato: era un ricordo carico di sentimento ma distante, come se non l'avessi realmente vissuto.
Quando lo rividi ero sulla pensilina dell'autobus, annoiata dall'incombente scadere dell'estate. Non feci quasi caso a quel ragazzo dall'aria vagamente conosciuta che mi fissava incuriosito, fino ad azzardare un timido saluto.
«Barbara!» mi chiamò, più sicuro e sorridente: guardandolo meglio, finalmente lo riconobbi. «Leonardo!»
Il ragazzo che avevo visto in fotografia era ricomparso, se possibile ancora più bello: lo sguardo era sereno, sicuro e felice; le occhiaie erano sparite completamente; la pelle aveva un colorito scuro e sano; un pizzetto curato e dei folti baffi gli incorniciavano le labbra; sembrava, inoltre, più muscoloso e forte.
Mi strinse in un abbraccio vigoroso, esibendo un sorriso candido e felice «Come stai?»
Non riuscii a tenere a freno la mia curiosità: «Come stai tu, piuttosto!»
Lui sorrise: «Sto bene. Vuoi che ti aggiorni sulle ultime novità?»
«Certo!» lo esortai, sperando di non vedere il suo sorriso spegnersi. Ma quello rimase lì.
«Gli incidenti non sono finiti.» svelò «Così ho preso una decisione: ho impacchettato quelle due o tre cose che mi erano rimaste integre e sono tornato dai miei. La casa l'ha affittata una coppietta, e non hanno mai avuto da ridire: forse quella casa odia i single, va' a sapere.»
«In effetti...» pensai, senza però indagare ulteriormente.
«Poi però continuavo ad essere in ansia a ogni rumore, odore o che so io. Così ho iniziato a farmi curare da uno psicologo, e credimi, è stato formidabile. Ora sono tranquillo.»
Sorrisi felice: «E ora?»
«Ho mollato il mio posto alla scuola di volo. Sentivo che quest'esperienza doveva significare qualcosa di importante.»
Lo fissai stupita: «Non insegni più?»
Lui fece un cenno di diniego «Tutto quello che mi legava ai miei allievi è andato distrutto dal fuoco, e te l'ho detto, mi è sembrato un segno del destino.»
Ero sbalordita: «Quindi?»
Lui sorrise, indicandomi uno stemmino che non avevo notato sulla maglietta: «Piloto i canadair. Ora scusami, ma devo proprio andare: questa stagione è un vero inferno!» mi spiegò, stringendomi in un altro abbraccio e augurandomi "buona vita", come avevo fatto con lui.
Lo guardai allontanarsi, colma da una particolare sensazione di pienezza.
Canadair. Leonardo era un vigile del fuoco.
Sorrisi al cielo, divertita dall'ironia della vita.

Ancora oggi, a distanza di anni da quell'episodio, ogni volta che sento un rotore di elicottero sopra la mia testa, mi ritrovo a pensare a Leonardo. Qualche volta, se lo vedo passare, gli faccio "ciao" con la mano.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3031471