Salve a tutti!! Allora, questa
è la mia prima fic... Parla di quello che secondo me ha
pensato Ettore prima di morire. Premetto che, come invece c'
è nell' iliade, qua non ho messo l' ideale eroico, la morte
coraggiosa etc... Ho cercato semplicemente di "umanizzare" un po' il
personaggio di Ettore, che è anche il mio preferito. Spero
che vi piaccia^^
Ettore
Sono davanti alla morte. Il momento tanto agognato alla fine
è giunto. Strano, non è come me lo immaginavo...
Insomma, pensavo che sarebbe stata una cosa gloriosa, che mi sarei
sentito pieno di orgoglio, ma l' unico sentimento che sono in grado di
provare adesso è semplice e banale vergogna. Per non aver
saputo difendere il mio popolo, per non aver saputo tener testa ad un
solo nemico quando i battaglia ne ho uccisi a migliaia ma, soprattutto,
per non essere stato più tempo accanto a mia moglie e a mio
figlio. Non è colpa di Elena, no, lei non c' entra,
nonostante si senta sempre responsabile di tutto ciò; non
attribuisco nemmeno a quel codardo di mio fratello Paride
ciò che sto per subire, nè a mio padre, che in
questo momento starà pregando gli dei perchè mi
risparmino, nè di Achille, irto su di me come una fiera che
sta per uccidere la sua preda. Sapevo fin dalla nascita che questo
sarebbe stato il mio destino, come anche mio padre prima di me sapeva
quale sarebbe stato il suo. Sono cose che tu sai perchè gli
dei vogliono che tu le sappia, così da non illuderti e da
seguire beatamente la strada che loro hanno tracciato per te. Me le
immagino in questo momento le tre Parche, regine della morte, mentre
stanno per tagliare quel filo sottilissimo che è la mia
vita, ghignanti e beate nel loro ruolo di potenza che ogni essere
vivente teme. Mi vien voglia di rigngraziarle: almeno non
vedrò mia moglie ridotta schiava e mio figlio ucciso da uno
degli anchei. Mi concentro sulle mie emozioni, non credevo che se ne
potessero provare così tante contemporaneamente. Intravedo
speranza, dolore, orgoglio, amore, delusione, ma anche gioia per aver
reso onore al mio nome, quello che per anni è stato il
terrore degli achei e che per sempre renderà giustizia a
Troia. Non esiste paura nel mio cuore. Non provo mai paura. Non nel
senso vero e proprio. E, se c' è una cosa per cui vale la
pena ringraziare gli dei, è che a loro non piace farti
morire con la paura in corpo. E gliene sono grato. Dall' Ade non
sopporterei il ricordo di un Ettore confuso e spaventato davanti ad una
lama come ce ne sono tante, come mio figlio spaventato dal mio
abbigliamento da battaglia. Oh, quanto mi mancheranno quei momenti. I
migliori in assoluto. Andromaca. Astianatte, il piccolo re di Troia. Mi
mancheranno entrambi, erano l' unica cosa per cui io continuassi a
restare in prima fila nelle battaglie, per difendere loro, in un gesto
di amore sconsiderato. Non capirò mai come abbia fatto
Paride fin' ora a scappare dalla battaglia e a guardare ogni sera in
faccia Elena senza provare un minimo di vergogna, di pentimento, di
umiltà. E non capirò mai la scelta di Elena di
non opporsi a lui, di restargli fedele pur sapendo che razza di
vigliacco sia. Ancora un pensiero ad Astianatte, il mio piccolo, grande
Re, e ad Andromaca, non solo mia sposa ma mio unico amore. Diceva
sempre che io ero tutto per lei: padre, madre, fratello e sposo,
perchè sotto le armi achee aveva visto morire la sua intera
famiglia. E io l' ascoltavo, e la capivo, e cercavo di essere per lei
tutto, per renderla felice, per renderla la degna sposa di Ettore. Non
so se ci sono mai riuscito, a giudicare dai momenti felici trascorsi
insieme direi di si. Non credevo di poter pensare così tante
cose prima di morire, credevo fosse solo un attimo, invece mi ritrovo
ad analizzare attentamente ogni attimo della mia vita, come fossi un
aedo che canta una sua storia: quella della propria vita. Ora vedo la
lama di Achille a pochi centimetri da me, ne osservo le venature e le
decorazioni, il sangue che la macchia e il riflesso del sole che mi
appanna la vista. Lo sento. Mi ha colpito. Il sangue prende a scorrere
dalle mie mani. E' come sempre, denso e rosso scuro. Mi avvicino a lui
e sento Apollo farsi largo tra i miei pensieri e farmi dire cose che
non riesco a focalizzare bene. E di nuovo Apollo torna in cielo,
lasciandomi debole e stremato. Ho solo la forza di chiedergli di
riportare il mio corpo a Priamo, mio padre, ma lui scuote la testa, e
mi rimprovera per ciò che ho fatto a Patroclo. Leggo
cattiveria e odio nei suoi occhi, niente pena. Vedo già la
mia fine, divorato dagli uccelli e dai cani. Prima di morire focalizzo
bene un' immagine nella mia mente: io, Astianatte e Andromaca sulle
mura di Ilio, con la nutrice in un angolo. Voglio morire pensando a
loro, a quello che ho fatto per la mia famiglia e a quello che avrei
potuto fare.
Spero vi sia piaciuto... è la prima fic che posto e mi
farebbe piacere se voi poteste recensire, anche per dirmi se vi
è piaciuto o se lo immaginavate diverso... Bacioni,
Gelb_augen
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