Correva, doveva correre, lo faceva per salvarsi la pelle. Sapeva che era
inseguito, ma non sapeva da chi, non sapeva dov’era e non sapeva dov’erano gli
altri. Inciampò. Sentiva la paura crescere dentro di se. Si rialzò e riprese a
correre. Doveva farlo, doveva scappare e soprattutto doveva trovare gli altri,
la sua famiglia. Si sentiva solo, immensamente solo, percepiva di essere
osservato e non sapeva dove andare. Il buio lo avvolgeva, ma di questo era
abituato, anche se in quel momento tutto era diverso dal solito. Non aveva
nessuno che per indicargli la direzione gli batteva nella mano, nessuno che gli
parlava. Solo buio. Quel qualcuno che lo inseguiva si avvicinava sempre più.
Nell’aria risuonavano i suoi passi leggeri, si fermò, un rumore attirò la sua
attenzione. Silenzio. Eccolo di nuovo, un urlo simile a quello che emettevano
gli eliminatori quando erano furiosi, quando erano assetati di sangue. L’urlo si
faceva sempre più vicino, sempre più forte. Di nuovo silenzio, nessun rumore,
l’aria iniziava ad essere soffocante e i suoi respiri affaticati. Un ramo si
spezzo, riprese a correre e andò a sbattere contro un muro. Le sue mani
riconobbero quei mattoni, era del rifugio dove avevano vissuto per diversi anni
dopo essere scappati con Jeb. |