seize the day

di _hell_inside_
(/viewuser.php?uid=787252)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


BURIED ALIVE
 
-Signorina Benns, siete espulsa da questa scuola. Ciò che avete fatto è inaccettabile anche per gli altri membri del consiglio di istituto. Avete un mese di tempo per trovare un’altra scuola, ma è mio dovere avvisarvi che potrebbe essere alquanto difficile, date le severe motivazioni di questa decisione- il verdetto della preside mi cadde addosso di colpo, senza che potessi reagire. Mia madre e suo marito erano visibilmente seccati dall’ennesimo casino che avevo combinato.
-Può… Potrebbe dirci ancora una volta le motivazioni?- domandò pallida quella specie di arpia che è mia madre.
-È veramente un fascicolo abbastanza corposo, sono pochi i casi come questi, complimenti signorina Benns, avete battuto ogni records. Vi impegnaste così anche nello studio, sareste una studentessa modello… Comunque: ha dato fuoco a un banco, risposto male a un professore, trovata a fumare nei bagni, trovata a spacciare, ha introdotto senza permesso alcolici alla festa di Natale, ha ingaggiato risse e, ultimo caso, sei scappata da scuola uscendo da una finestra- elencò la preside. Mia madre sbiancò.
-Scusi il disturbo, signora, spero che questo non accadere più. Credevo che fosse venuta su un po’ più educata- chiuse il discorso il mio patrigno trascinandomi per un braccio. Dio se lo odiavo!
 
Il tragitto fino a casa fu silenzioso, mia madre si limitava semplicemente a scuotere la testa in segno di disapprovazione. Decisi di rompere il ghiaccio.
-Beh, allora che si fa? Scuola pubblica o trovo dove posso andare a lavorare?- chiesi.
-La scuola pubblica sarebbe una vergogna! Domani vedo se ti prendono alla Queen’s High School Of Belleville- si oppose mia madre.
-Ancora scuola privata?!- urlai
-È una scuola cattolica, magari ti metteranno in riga- spiegò il mio patrigno, Joseph.
-Ah, che palle- scesi dall’auto sbattendo la porta e corsi in camera mia.
Mi buttai sul letto perennemente sfatto e mi allungai fino alla vicina mensola che custodiva il mio giradischi e i miei vinili. Scelsi American Psyco dei Misfits, che sparai a tutto volume, sfottendomene di quelli di sotto. Mi addormentai subito, stanca morta e preparandomi psicologicamente a ciò che potrà accadere tra due giorni: lunedì.
 
 
 
<>
 
Mi guardo i vecchi anfibi, come se fossero la cosa più interessante del mondo. Almeno, riesco a distrarmi dal mio patrigno che mormora felice da circa una settimana “me l’hanno affidata, la mia piccola…” e da mia madre che sistema la tovaglia in maniera quasi maniacale per l’ennesima volta.
-Mamma? Posso sapere cosa sta succedendo? Non mi avete spiegato nulla!- obbietto
-C’è tanto da spiegare. Ti diremo poi. Fai il bravo, con lei- mia madre mi rifila un tenero buffetto in testa, come se avessi tre anni. Sentiamo una macchina fermarsi sul vialetto. Mia madre si sistema le pieghe del vestito e corre fuori. Io la seguo a debita distanza.
Dalla macchina del mio patrigno esce una ragazza di circa la mia età.  Ha i capelli tagliati a caschetto, più lunghi davanti, a causa di qualche dreed che le incornicia il volto, e sono biondo cenere, tinti di blu elettrico sulle punte. Indossa una maglia dei Misfits, dei jeans strappati sulle ginocchia e degli anfibi. Non è alta, anzi azzarderei che sia più bassa di quel nanetto di Johnny, e è parecchio magra.
-James! Non stare lì impalato! Su, aiuta Kim con le valige!- mi rimprovera la mamma, dato che senza accorgermene, mi sono bloccato sulla porta e quello scriciolo di ragazza sta quasi per fulminarmi con gli occhi. Mi sposto di lato e mi avvicino per prenderle il borsone, mentre il mio patrigno sta tirando giù un’altra valigia dalla macchina.
-Serve aiuto?- chiedo
-No, grazie, ci sono cose delicate qui dentro. Signora Sullivan, mi può dire dov’è la mia stanza?- cerca di apparire educata, ma di certo ha un bel caratterino.
-Jimmy! Falle strada! Ah, cara, puoi chiamarmi anche Elizabeth se vuoi- aggiunge mia madre comparendo in corridoio.
La accompagno di sopra, nella stanza degli ospiti che è stata arredata per lei.
-Beh, e quindi tu sei Kim…- inizio.
-Si. Anche se odio il nome Kim. Puoi chiamarmi Syd- sorride allungandomi la mano. Per un attimo resto spiazzato dal riconoscere che effettivamente sia una bella ragazza.
-Suoni?- chiedo dopo qualche secondo, indicando con lo sguardo una custodia.
-Si, diciamo che me la cavo. Tu suoni qualcosa?-
-Bah, diciamo che ho una specie di band- mi vanto un pochino.
-Davvero?- sembra illuminarsi.
-Si, io suono la batteria, posso farti conoscere gli altri, se vuoi- le propongo.
-Certamente!- esclama entusiasta.
-Non mi hai ancora detto cosa suoni, bellezza- le ricordo. Lei sorride di sbieco e si avvicina alla custodia, che solo adesso noto che è più spessa del solito. Quando la apre, capisco il motivo: contiene una chitarra, una Epiphone Les Paul, se lo sguardo non mi inganna, e un basso, probabilmente un Fender Precision.
-E dentro al borsone c’è una batteria Tama. Sono tra le tue grazie, Jimmy?-
 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3062313