storia
Era la vigilia di Natale e la Du Weldenvarden era ricoperta di neve.
Gli animali riposavano, nella foresta regnavano la pace e la
tranquill...
- EHI!!!!!!! Dov'è la mia pipa? -
esclamò Eragon
inferocito - Orik, se non salta fuori giuro che stasera si mangia nano
arrosto"
Orik si affrettò a mandare qualcuno a cercarla. - Non starai
esagerando? Va bene che Islanzadi ti ha ingaggiato per fare Babbo
Natale, ma la pipa non è infispensabile!
- Non m'imprta nulla della sua recita, non la vorrei neanche
fare: non sono bravo a recitare, sono un'amima troppo pura, candida e
innocente per mentire. Ma quell'oggetto era di mio padre: se non posso
avere la sua spada, avrò la sua pipa!
- Fumare fa male, Eragon, dovresti darti all'ippica! - disse Arya.
- Stai scherzando? Saphira mi ucciderebbe!
All'improvviso apparve Saphira, con un enorme cappello da Babbo Natale
in testa.
- Eragon, muoviti! Inizia il nostro show! - esclamò esaltata.
Con un'occhiata da martire ai compagni, lo sfortunato Eragon le
salì in groppa. Arrivarono all'albero di Menoa, al quale
erano
stati appesi decine di nani, che indossavano tutù e alette
dorate, e cantando con voce lugubre, meditavano oscuri propositi di
vendette contro Orik, che li aveva abbandonati. Ma si sa, quando uno ha
una spada fiammeggiante puntata alla gola può fare ben poco.
Drago e cavaliere furono accolti da Islanzadi, che aveva un vestito e
un'acconciatura scopiazzati a Barbie Magia Delle Feste.
- Elfi e Varden sono arrivati, possiamo cominciare. - disse la regina.
- No che non possiamo! - esclamò Nasuada - Deve ancora
arrivare il mio fidanzato!
- Hai un fidanzato? Chi è? - chiese Eragon.
- Come al solito, sei sempre il più lento a capire! -
sbuffò Saphira - Devi proprio avere le fette di prociutto
davanti agli occhi per non vedere tutti i messaggini che si scambia con
Murtagh.
- Murtagh? Intendi il mio fratellastro sfigato? Che ci trovi in lui?
- Beh, è bellissimo, buonissimo, generosissimo,
intelligentissimo...
- Che cosa?!? Ha cercato di uccidermi!
- Ma non l'ha fatto. Sennò sarebbe stato anche un
benefattore dell'umanità... Eccolo che arriva!
Dall'orizzonte era spuntato un drago rosso, con in sella Murtagh e
Galbatorix. Subito Eragon e Saphira li attaccarono. Lottarono
selvaggiamente, mentre gli elfi sotto di loro cantavano "piano piano,
buono buono", finchè Islanzadi non gridò: -
Basta! Siamo
a Natale!
Molto imbronciati, Eragon e Saphira porsero le loro scuse all'Imperatore
e ai suoi oscuri servitori.
Galbatorix, Islanzadi e Nasuada si
scambiarono i dovuti convenevoli, senza badare al fatto di essere
nemici mortali. Poi iniziò lo spettacolo: Eragon, vestito da
Babbo Natale consegnò i regali ai bimbi dei Varden - non
agli
elfi, troppo nobili e leggiadri, e neanche ai nani, occupati a fungere
da decorazioni - esaudendo, con la magia, qualsiasi richiesta, tipo un
pupazzo di Saphira a grandezza naturale. I bambini erano un bel po', e
più volte Eragon supplicò il fratello di
sostituirlo, ma
Murtagh era troppo preso dal fare gli occhi dolci a Nasuada per notarlo.
L'ultima bambina era piccola, con i capelli neri: non appena
Eragon la prese sulle ginocchia, notò che aveva gli occhi
viola.
Questo gli ricordava qualcosa, ma non sapeva cosa. Poi la bimba
parlò: - TU!
- Io?
- MUORI!
Eragon si scansò giusto in tempo: Elva - chi altro poteva
essere - gli stava per bucare la pancia con un coltello.
- Piccola, poggia quel coltello, ti farai male!
- Idiota, è te che vuole uccidere: è Elva! -
disse Arya -
Tu, piccola peste assassina, sai chi sono io? La principessa
nonché ambasciatrice degli elfi. Dammi subito quell'arma.
Elva le tirò un pugno. Immediatamente le guardie elfiche le
furono addosso, ma la bambina le stese tutte a colpi di judo. Poi si
rivolse a Eragon, che la guardava intimorito: - Finalmente ti posso
uccidere, Cavaliere dei miei stivali! Non hai idea di come sia stato
difficile trattenermi, perché sapevo che eri, purtoppo,
l'unica
speranza di vittoria per i Varden, ma non ho intenzione di sopportare
oltre: non ora che ho deciso di passare al Lato Oscuro dell'Alagaesia -
Galbatorix - e di aiutarlo a distruggervi! Ucciderò,
devasterò, farò le cose più orribili,
nel nome del
potente Imperatore e del suo affascinante aiutante, Murtagh...
- Socio alla pari, prego!
-... ah, lui si che è un vero Cavaliere: affascinante,
coraggioso...
- Anch'io lo sono, mi butto nel pericolo senza esitare! - insorse
Eragon.
-... la tua è stupidità, è diverso.
Comunque, signor Galbatorix, posso iniziare subito a sterminarli?
L'Imperatore scosse la testa. - No, mia cara, non ora: è
Natale!
Elva sbuffò. - Quando inizierò la mia carriera di
Galbatorix-manager proporrò immediatamente l'abolizione di
questa festa insulsa.
Eragon inorridì. - No! Non ti lascerò rovinare il
Natale!
Stava per estrarre la spada - una tale Brisingr - ma il fratello lo
fermò.
- Aspetta, non la uccidere: ha scelto la sua strada, non rovinarle la
vita più di quanto non hai già fatto.
A quelle parole Eragon impallidì. Poggiò la
spada, con
l'aria più morta che viva, e disse: - Elva, vai pure se
vuoi. Ma
ricorda che mi dai un gran dolore.
Elva sogghignò. - Lo so.
Poi montò su Castigo e volò via. Murtagh ci
rimase male.
- Il mio drago mi ha lasciato a piedi!
- Così va la vita, fratello.
In quel momento arrivò Roran, con un sorriso a trentadue
denti.
- Signore e signori, nane e nani, elfi ed elfe, regine e Cav...
- Dacci un taglio, Roran. - sibilò Eragon.
- ...ho l'onore di presentarvi l'unico - per ora - inimitabile,
meraviglioso erede del Fortemartello!
Katrina seguiva il declamatore, reggendo fra le braccia un fagotto
informe. Con un gesto teatrale, Roran sollevò una delle
innumerevoli coperte, svelando al pubblico annoiato un comunissimo
neonato.
- Non è bellissimo? - domandò alla non proprio
estatica
platea. Si rispose da solo. - Si che lo è! Mi somiglia!
Eragon sospirò. - Diventare padre non gli ha fatto bene.
Adesso
va in giro canticchiando e recitando brani di Piccole Donne. Ha persino
cucito una tutina al bambino, ricamata con dei piccoli martelli.
- Ma è impossibile! - esclamò Murtagh.
Dovette ricredersi, perché proprio in quel momento passava
Roran, cantando: "la bella lavanderina, che lava i martelletti..."
La lagna fu interrotta da uno schianto. Un esercito avanzava,
abbattendo tutti gli alberi che trovava sul suo cammino.
Cioè,
tutta la foresta. Davanti ai soldati, cavalcava Orrin. - Voi ridete,
festeggiate! E io? Perché non sono stato invitato?
- Ma è facile! - rispose Eragon, lieto di sapere, per una
volta,
qualcosa che un altro ignorava. - Perché ci stai antipatico!
Accanto a lui, Arya gli tirò un calcio. Orrin
lanciò un urlo di guerra. - Attaccate!
Saphira lo incenerì con una fiammata. I soldati se la
diedero a
gambe. Eragon rabbrividì. - Saphira, devi
avvertirmi
quando fai fuoco. Mi sento la gola in fiamme!
Gli altri scossero la testa: quel ragazzo li stupiva sempre.
- Ehi, guardate, è LUI! - gridò Nasuada.
Nel cielo volava alta una slitta. La slitta di Babbo Natale. Il vecchio
planò e scese. Degli elfi lo illuminarono, mentre gli altri
inneggiavano: - Babbo Natale! Babbo Natale! Babbo Natale!
Lui sorrise, mentre sfilava su una passserella di fiorellini. Poi
chiamò: - Rudolf!
Un drago verde, con un gran naso rosso, scese in picchiata. Eragon
boccheggiò. - Ma l'uovo verde non ce l'avevi tu? -
domandò a Galbatorix. Lui si strinse nelle spalle. - Non si
rifiuta niente, a Babbo Natale.
Babbo Natale distribuì i regali. Arrivato davanti
all'Imperatore
si fermò. - Dì un pò, Galbatorix, sei
sicuro di
meritartelo, il tuo regalo? Dalla mia lista risulta che molte persone
ti vorrebbero morto.
- Invidia, di certo.
Eragon tossicchiò. Galbatorix, discretamente, gli
tirò un
pugno nello stomaco. Babbo Natale non notò il giovane
Cavaliere
che si contorceva per terra e porse un pacco all'Imperatore. Lui lo
aprì: conteneva una mitragliatrice. Galbatorix la
puntò
contro Eragon. - Non una mossa, o lui è morto.
- E chissene! - gridò il cugino affezionato.
Fu Babbo Natale a risolvere la situazione: diede una botta in testa a
Galbatorix. Poi gli tolse dalle mani la mitragliatrice.
- Fiuu... grazie, Babbo. - disse Eragon.
- Di niente, figliolo. Qualcuno doveva pur aiutarti, dopo che i parenti
ingrati ti avevano abbandonato.
Roran e Murtagh iniziarono a fischiettare con con aria noncurante.
- Adesso porto questo furfante con me. Mi sarà molto molto
utile, e per lui sarà un'esperienza istruttiva lavorare in
una
fabbrica di giocattoli con degli elfi.
- Un'esperienza traumatizzante, casomai! - disse Eragon.
- Guarda che noi non abbiamo nulla a che fare con quei nanetti
esaltati. Siamo elfi seri, noi. - affermò Arya.
Babbo Natale ripartì, accompagnato dalle note di Jingle
Bells.
Islanzadi sospirò soddisfatta. - Che Natale movimentato!
- Davvero emozionante! - assentì Arya.
- Però è stato bello trovarsi tutti insieme, no?
- disse Murtagh.
- Bah, meno male che è finito. - borbottò Orik.
- Si, questo è finito. - mormorò Eragon pensoso -
Ma
stavo pensando che magari potevamo organizzare una festa per l'Epifania.
I nani sbarrarono gli occhi, terrorizzati. - No, basta, per
carità.
Murtagh si entusiasmò. - Si, dai! Facciamo anche la befana
che distribuisce i doni?
Eragon storse il naso. - Scordatelo. Io non la faccio, la befana. A
tutto c'è un limite.
- Beh, potrebbe farla Arya.
Un attimo dopo Murtagh giaceva a terra, mezzo morto. Mai offendere
un'elfa!
- Arya, non sarai mica stata troppo violenta? - chiese Eragon,
guardando il fratello coperto di sangue e con le ossa rotte, mentre
veniva adagiato su una barella - Mi sembra si sia fatto un
pò
male.
- Forse. - rispose l'elfa - Buon Natale, Eragon.
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