Arielle guardò prima a destra, poi subito a sinistra. Non c’era nessuno.
L’auditorium deserto la invitava a cantare, ma un formicolio alla nuca – la sensazione di non essere completamente sola – la tratteneva dall’esibirsi di fronte al pubblico fantasma.
Iniziò a intonare l’aria che aveva scelto quasi sottovoce, ad occhi chiusi, stringendosi le mani al petto: chi mai poteva essere rimasto dietro le quinte, a quell’ora? Qualche vecchio e sordo inserviente delle pulizie, senza dubbio.
<< Ricordami, ricordami quando te ne devi andar
e pensami, pensami o almeno dì, ci proverai?>>
Mordendosi la lingua, la ragazza rimase in ascolto per qualche secondo, convinta di aver udito un rumore. Sentendosi sciocca, finalmente si fece coraggio: i versi iniziarono a fluire con naturalezza, mentre la sua voce s’innalzava sempre più sicura e chiara:
<< O se vuoi, se il cuore tuo vorrà
voltarsi indietro verso me,
se quest’attimo verrà...>>
Arielle spalancò le braccia, abbracciando idealmente l’intera platea:
<<...Penserai a me!>>
Inchinandosi alle poltrone vuote, la giovane, dimentica della timidezza con cui aveva esordito, desiderò con tutta se stessa che qualcuno l’avesse ascoltata, accorgendosi a mala pena della propria incoerenza; quando però il nulla che la circondava produsse un sussurro che pareva essersi levato proprio per accontentarla, Arielle sussultò, sbiancando in viso: l’aveva sentito veramente?
<<Brava, brava, bravissima>>
Voltandosi verso i palchi laterali, riuscì a cogliere lo svolazzo di un mantello nero, ma la figura cui l’indumento apparteneva non si palesò in altro modo. |