Para d' erkhet' ora, ego de monos kateudo

di Mirin
(/viewuser.php?uid=129784)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


“A volte ci ripenso, sai, Ino-chan, a cosa ci ha portato qui.”
“Sei stato tu, Shika. Sei sempre stato tu.”

Le mie parole sgarbate, forse?
La mia impossibilità di starti a sentire, credo?
La mia incapacità di sopportare l’amore?
La mia stupidità nel credere che avrei dimenticato tutto tanto in fretta da non lasciare cicatrici?

“Il fatto è che mi manchi, Ino. Mi manchi tanto.”
“Allora vuoi che torni?”
“No. Non voglio questo.”

Perché so che non sarei più lo stesso.
Perché so che non saresti più la stessa.
Io rivoglio la mia Ino di prima, rivoglio quel caldo sentimento, rivoglio tutto, ora che ne ho davvero bisogno.
Mi crederesti mai, dopo tutto ciò che ho fatto?
Mi perdoneresti?

“Allora dimmi cosa vuoi, Shika, perché mi sono rotta le palle dei tuoi fottuti giochetti mentali.”
“Non chiedermi cosa voglio, perché non lo so. Questo mi spaventa più di quanto tu possa credere.”
“Lo so, Shika. Non sei mai stato bravo a capire le cose.”
“Tu lo capisci?”
“No, ma ci ho fatto l’abitudine. Ora ho imparato a stare senza di te.”

È ciò che volevo, che tu trovassi le forze per cavartela da sola.
È ciò che volevo, che la tua vita trovasse un altro punto di ancoraggio.
Un altro. Un altro non significa necessariamente uno nuovo.
Perché sono corso via senza nemmeno interpellare me stesso?

“Non ti aspetterai che io torni da te così, vero?”
“No. Questo so capirlo da solo.”
“Addio, Shika. Spero che la vita ti dia abbastanza sofferenze da farti sentire ogni giorno il gusto sanguinolento ed amaro di questo ricordo.”
 
Terrazza di Villa Sabaku, 23.03
Shikamaru sorseggia il suo champagne con il gomito poggiato sulla balaustra, la testa che a malapena si regge, schiacciata in bilico sopra le nocche nodose.
Calli e cicatrici sono i tre quarti di quell’uomo che ora guarda verso l’orizzonte, verso le stelle luminose che sfilacciano le nuvole contro la riga che spacca a metà cielo e terra. L’istmo di fiato che lo lega, che lo incatena a questa dimensione è inspirato soltanto in parte, mentre la nicotina gli invade i polmoni e gli brucia le memorie proprio come la cenere luminosa che scintilla prima di schiantarsi, suicida, sul marmo sotto le sue ossa.
Sta delirando già, il Nara, ed è probabilmente per l’ora tarda, o per i tardivi sensi di colpa.
La sente accarezzare il pavimento in travertino con il lungo vestito da sera tempestato di brillanti e sa già che, proprio come le spoglie della bionda che gli pende svogliatamente dalle labbra, anche lui è un suicida stasera.
“A volte ci ripenso, sai, Ino-chan, a cosa ci ha portato qui.”

 
 
ladie’s a gentleman! (author’s corner)
Pubblicata più per il significato che ha per me, che come vero e proprio tributo allo ShikaIno. Post 700, credo, Shika ed Ino sono già sposati con Temari e Sai, quindi… credo sia tutto.
Non vi dico di gustarvi la lettura, ma se posso darvi un consiglio: riflettete ogni tanto nella vostra vita, perché a volte si fanno errori imperdonabili a cui non si può più rimediare. A cui non si ha più la forza di rimediare.
Amore per i lettori e venerazione per i recensori.
Kiss,
la vostra pensierosa, addormentata, bisognosa di studio intensivo di letteratura greca [non vorrete mica che prenda tre al compito con la prof Hulkera!] Ladie.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3099006